mercoledì 4 marzo 2009

La modernità italiana







Luigi Cancrini ha gestito per alcuni anni, su “l’Unità ”, una seguita rubrica intitolata: “Diritti negati”. Lettera e risposta allegata. Il pezzo del 15 settembre 2008 rappresenta un’ulteriore conferma che il rischio dell’inabissamento in un regimo totalitario è sempre più radente sopra le nostre coscienze. Le considerazioni espresse mi paiono molto sensate. A maggior ragione documentando ciò che è avvenuto in quel di Bergamo il 28 febbraio scorso, all’inaugurazione di un circolo di quella sciagurata formazione che è “Forza Nuova”, con la polizia dal manganello facile (gli ordini dall’alto devono essere stati perentori).


Stiamo ormai entrando in rotta di collisione non solo col buon senso, che è stato da tempo disintegrato, ma con le regole fondanti del vivere civile che vennero racchiuse (sembrano millenni) dai Padri costituenti nel testo laico del nostro credo.


 


La pericolosa deriva del berlusconismo


 


Sacconi che dice "O stanotte o mai più!", Sacconi che dice "Si teme il peggio, mobilità subito", Berlusconi che parla degli attuali procuratori della Repubblica come di persone che debbono presentarsi "con il cappello in mano" quando chiedono di parlare con il giudice, Bossi che impone il varo immediato di una legge "che cambia l’Italia" ottenendola nel corso di una cena. Siamo ancora in un paese democratico? Io comincio ad aver paura.


 


Il paese sta scivolando lentamente verso una situazione che con la democrazia ha poco a che fare. Giovedì pomeriggio a Roma, intervenendo ad una manifestazione organizzata dai giovani di AN, Berlusconi si è vestito completamente di nero, camicia nera e pantalone dello stesso colore. Travestito ormai anche fisicamente da Mussolini ha parlato con l’aggressività e la boria del Duce di allora. Dimenticando, come fa ormai sempre più spesso, che il leader politico, in un paese democratico, è uno che fa proposte e discute le proposte degli altri, un primus inter pares investito della responsabilità, di governare tenendo conto, oltre che dei suoi, della volontà e degli interessi di un intero corpo sociale. È di questo che Berlusconi non si rende conto, mi pare, quando enfatizza, in modo sempre più scoperto, il ruolo che questo paese non gli ha mai attribuito di padrone e salvatore della patria: di una patria parlando che ormai dovrebbe essere salvata, invece, prima di tutto da lui. La vicenda Alitalia è, da questo punto di vista, una vicenda esemplare. Quando a marzo la crisi era già aperta, l’acquisto di Alitalia da parte di Air France era ancora possibile. La trattativa era incorso, il governo Prodi cercò in tutti i modi di facilitarla e Berlusconi, dall’opposizione, fece di tutto per farla fallire promettendo una cordata italiana di cui lui personalmente sapeva (senza però documentarlo e senza prendere, dunque, nessun tipo di impegno) che sarebbe intervenuta. Sotto gli occhi di tutti, l’intervento che lui propone oggi non è quello di un gruppo di investitori che immagina di risanare, lavorando e rischiando di suo, un’azienda in difficoltà ma un regalo fatto da lui ad un gruppo di persone furbe che non rischiano nulla, un indecente scarico del debito accumulato dalla compagnia sull’erario dunque sulle tasche dei contribuenti, una dichiarazione aperta di totale indifferenza per la sorte dei lavoratori e degli utenti. Presentato da lui e da Tremonti però, con l’aiuto compiacente di troppi media, come un atto di buongoverno che potrebbe essere mandato in fumo solo dalla "cattiveria" dei sindacati e dei lavoratori "che ce l’hanno con lui" visto che non si sono lasciati zittire. Rifiutando il ricatto di un’urgenza di cui si sono accorti, lui e Sacconi, con sei mesi di ritardo.


Al di là del merito, che pure è di grande importanza, la questione è una questione, sempre più drammatica, di forma e di costume. Non credo davvero di poter essere tacciato di antiberlusconismo se dico che l’idea su cui Berlusconi si sta muovendo in questi giorni è quella per cui vincere le elezioni significa avere la possibilità di instaurare una dittatura che ha il solo limite temporale delle elezioni successive. Con un’attenzione crescente al tema, tuttavia, del modo in cui le elezioni successive verranno celebrate (la legge elettorale) e preparate (il controllo della stampa e delle tv utilizzato ai fini di propaganda invece che di informazione e di dibattito) perché non c’è mai stata al mondo una dittatura che non abbia lavorato al tentativo di liberarsi anche dal peso del controllo esercitato dagli elettori.


Gli obiettivi immediati di questa strategia di medio periodo sono, in questa fase, tre. L’eliminazione dei cosiddetti "piccoli partiti", superando nei fatti il principio costituzionale della libertà di associazione e di voto, il ridimensionamento forte dei sindacati che devono rappresentare, nell’ottica berlusconiana, degli strumenti di controllo invece che di ascolto delle richieste (e delle proteste) dei lavoratori e l’asservimento al potere politico della magistratura inquirente che deve smetterla di chiedere conto della liceità delle scelte di chi governa e deve accettare l’idea per cui nessuno dovrebbe disturbare il manovratore. Che è lui e che altri che lui non può e non deve essere.


Le scelte che verranno fatte su questa strada sono già chiare. Il meccanismo elettorale annunciato in questi giorni (soglia del 5% e liste bloccate senza preferenze) renderà quasi impossibile la rappresentanza parlamentare e il rimborso elettorale per i piccoli partiti già esclusi oggi dal Parlamento. Creando serii problemi anche a quella UDC che ancora non ha accettato di piegare la testa ai diktat del grande capo e mettendo fine allo sconcio (lui così lo definisce) di personaggi politici che apertamente si richiamano alla tradizione e ai valori della sinistra. La vicenda Alitalia e la durezza senza alternative con cui la si è gestita in questi giorni servono a dare, d’altra parte, un colpo mortale al sindacato ed alla sua rappresentatività, nella misura in cui rendono chiaro a tutti che il governo tratta solo con gli imprenditori, imponendole poi ai sindacati, le questioni relative al mondo del lavoro. Riservandosi di ricorrere ai licenziamenti e, ovviamente, alla polizia ed all’esercito, già ben schierato nelle nostre città, se le proteste dovessero diventare troppo forti o troppo politiche. La riforma della giustizia affidata al pragmatismo disinvolto e servile di Alfano e dei peones parlamentari permetterà di mettere in piedi entro ottobre, infine, una situazione in cui l’esecutivo (questo esecutivo, Berlusconi ed i suoi) potrà agire al di fuori di qualsiasi controllo da parte dell’ordine giudiziario. Con tanti saluti all’equilibrio dei poteri di cui parlavano Montesquieu (nel ’700) e i nostri costituenti (nell’ultimo dopoguerra).


I rischi che si collegano ad una deriva di questo genere sono davvero enormi. Un mondo in cui soffiano di nuovo dei venti di guerra, con una candidata alla vicepresidenza Usa che parla di attacco alla Russia, con fronti nuovi che si stanno aprendo in Pakistan, con le incognite legate al futuro dell’Iran, della Palestina e d’Israele, è un mondo in cui un paese democratico di tutto ha bisogno meno che di un nuovo tipo di dittatore avido (nella sua capacità di prendere e inghiottire tutto) e crudele (nella sua capacità di passare sopra i problemi dei lavoratori e dei pensionati, degli emigrati e di chi non la pensa come lui). La storia insegna che sono i dittatori quelli che amano e facilitano la guerra che è sempre utile per rinforzare il loro potere ed a gonfiare il loro narcisismo patologico. Rendersene conto dovrebbe voler dire oggi riprendere a far politica: sul serio, però, e tutti insieme, superando le divisioni che a Berlusconi hanno ancora una volta aperto la strada.





Luigi Cancrini


 




l’Unità



(15 settembre 2008)


 

5 commenti:

  1. E' il popolo della libertà di essere fascisti

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  2. santealtiziomarzo 04, 2009

    c'è Franceschini che ci difende!!!

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  3. schiamazzi, proprio così. Purtroppo. Almeno conserviamo, finché sarà possibile, la libertà di essere antifascisti.

    Sante, eppure, pur non simpatizzando Pd, apprezzo Franceschini nelle sue prime esternazioni da segretario. E' che non esiste più quel famoso zoccolo duro. Ricordi?

    Ciao

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  4. Buona quella del "popolo della liberta' di essere fascisti"!



    Lunga vita a L'Unita'!

    Artemisia

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  5. Artemisia, sì, una buona battuta.

    Quanto a "l'Unità" si stanno addensando nuvoloni e pensare che quel mini formato mi stava piacendo, per questo ho deciso di aggiungere anche "il filo rosso" di Concita De Gregorio,anche perchè i suoi editoriali sono piccolo gioielli di buon senso, oltre che di notevole capacità di sintesi giornalistica. Mi impegneranno un po' di più, ma la causa è giusta.

    Un caro saluto

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