sabato 21 marzo 2009

“Là dove c’era l’erba…”




Lo (sciagurato) piano-casa avrebbe – a suo dire – conquistato l’Europa e, dunque, diventerà presto esecutivo. A parte la credibilità e la risibilità di tale affermazione, non occorre neppure essere chiaroveggenti per prevedere che, a breve, se non verranno bloccate le onde barbariche, sulla nostra penisola si abbatterà una devastante colata di cemento che deturperà per sempre la qualità alta del paesaggio.  


D’altronde il saccheggio del territorio è parte complementare di un governo incapace di comprendere e valorizzare la bellezza del territorio, colluso con le lobby di imprenditori edili, alla caccia spasmodica del cattivo gusto, già incarnato dal misirizzi Brunetta, o dalla somara Gelmini. Una congrega che evita accuratamente di prendere in considerazione la prima vera Grande opera di cui l’Italia ha bisogno, vale a dire debellare l’illegalità diffusa ad ogni livello, mirabilmente interpretata dal primo ministro, quello con tessera P2 n° 1816 e resa concreta dall’efficace azione capillare delle mafie. Oggi, primo giorno di primavera, celebrato nel ricordo delle tante vittime di questo cancro inestirpabile, per ora e che governa, di fatto, il Paese.


Alcuni mesi fa, Giorgio Bocca si era lasciato andare ad amare riflessioni sulla triste immagine dell’Italia che si vede sfilare percorrendo le autostrade. Mi pare utile condividere quel pezzo, scritto per la rubrica “L’antitaliano” sull’Espresso.


 


L'Italia triste dei capannoni


 


Il dogma dello sviluppo ha ucciso il paesaggio. Da Milano a Firenze ormai è una teoria infinita di fabbrichette, cubi di cemento e trincee antirumore


 


Un amico mi invita nella sua casa di campagna sulle colline di Ascoli Piceno, sopra la valle del Tronto per cui corre la via Salaria, la più famosa delle vie del sale, senza cui i nostri antichi non avrebbero conservato e insaporito i loro alimenti. Quattro ore e passa di autostrada per la Lombardia, l'Emilia, le Marche, regioni ricche, moderne: un'occasione per misurare lo sviluppo del Paese.

Il primo tratto tra Milano e Lodi si merita questo titolo: la scomparsa del paesaggio. La pianura del Po, "la più fertile e ricca regione d'Europa", come diceva quel re di Francia di nome Enrico, illustre invasore, la pianura dei pioppi e delle marcite, dei fontanili che sgorgano nei prati di erba medica, il paese di Bengodi, delle montagne di cacio e di ravioli, dei campanili svettanti nel verde, delle abbazie e delle cattedrali, dei battisteri policromi, degli Stradivari e dei culatelli è scomparso, sommerso da una distesa ininterrotta di fabbriche e fabbrichette. Non le fucine e i fumaioli, i magli giganteschi e i forni per le colate dei metalli, non il mondo di Vulcano, non i colossi siderurgici della Ruhr o della Vallonia, non i Kombinat di Stalingrado, ma le fabbriche e fabbrichette del consumo di massa produttrici di creme e di plastiche, di prefabbricati, e di dadi per brodo, di detergenti e di lampadari e di mobili scadenti e gli autogrill con i percorsi obbligati, che se devi andare alla toilette devi sorbirti tutta la mercanzia, non un futuro titanico, per eroi e giganti, ma il consumo di bassa qualità e di breve durata di cui si compongono il benessere e il progresso che tutti gli umani inseguono, che sono al centro di ogni politica, anzi, sono la politica, con i suoi corsi e ricorsi, le sue memorie drammatiche - ricordate la crisi del '29? - i suoi attori e i suoi speculatori, i suoi 'bagni di sangue', che sarebbero i miliardi divorati dalla Borsa, insomma: le cose importanti della vita di oggi.


C'è poco da scherzare, c'è pochissimo da fare ironia sullo sviluppo, senza il quale pare non si possa vivere. Ma questo si può dire: che alla bellezza abbiamo preferito la quantità, l'abbondanza anche al prezzo del brutto e del volgare. La pianura padana dei campanili svettanti nel verde, dei battisteri policromi, delle certose, delle 'delizie' estensi o viscontee non c'è più. C'è una colata di cemento senza fine, di hangar piatti sui cui spiccano cubitali i nomi dei titolari della fabbrichetta e file di camioncini della ditta, tutti con il nome del padrone e la sua bandiera, che alzano quando è presente e possente.  Ma c'è del nuovo e di orrendo: le coperture antisuono fatte per proteggere le villette circostanti, le possenti paratie di plastica e di laminato che oscurano il sole e hanno creato delle gallerie lunghe chilometri che impediscono di vedere i declivi dell'Appennino, i portici che salgono a San Luca, i boschi, i villaggi. Bologna deve essere da quella parte, oltre i capannoni e i casoni della Fiera.


A dirti che c'è ancora il resto del mondo sono solo i cartelloni che indicano le deviazioni per Ferrara o per Firenze, anche loro dentro le trincee antisuono. Lo sviluppo prima di tutto, se non si cresce si muore, se le percentuali calano è la rovina imminente, il trasporto su strada o su gomma è indiscutibile, da quel giorno del dopoguerra in cui la Fiat e l'Eni decisero di imporlo al Paese, ma a guardarlo così dal vero, un lastrone di cemento sopra la nera terra padana nei fumi e nei rombi delle colonne di camion che vanno da un capo all'altro del Paese per trasportare a Taranto l'acqua minerale della Valtellina e a Sondrio quella di Rionero in Vulture tra le due file di baracconi degli autogrill, hai l'impressione, sbagliata s'intende, ma forte, che questo sia un paese di matti.


L’espresso (13 agosto 2008)

6 commenti:

  1. iosempreiomarzo 22, 2009

    c'è poco da dire: questo piano-casa è l'ennesimo modo per distruggere il paese.

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  2. là dove c'era l'erba... non ci resta che "farci una canna". Per dimenticare.

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  3. Tra le altre infamie di questo "piano casa" c'è la solita ingiustizia: ad essere favoriti sono, come sempre, i più benestanti... ovvero soltanto coloro che possiedono una villa o villetta. E chi possiede un appartamento? E chi paga l'affitto?

    Un abbraccio.

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  4. iosempreio, e poi dover assistere impotenti alla calata dei moderni Attila...

    ross1, ma sì prendiamocela pure così, almeno salviamo il salvabile.

    fioredicampo, verissimo. Ma non solo. Si pensa forse che i lavori verranno fatti gratis? Si propala un falso entusiasmo, fasullo come lo sono i megafoni e i cloni di B. tessera P2 n°1816.

    Un caro abbraccio

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  5. Ma lui confida nel buon gusto degli Italiani....



    .... appunto!

    Artemisia

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  6. Artemisia, hanno talmente tanto buongusto, certi italiani (purtroppo maggioranza) da scegliere come parlamentari il misirizzi Brunetta e la somara Gelmini, per esempio.

    Che tempi cupi, cara amica.

    Un abbraccio

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