mercoledì 27 aprile 2005

Liberazioni

Vedo casualmente in tv, alla vigilia del 25 aprile, una trasmissione con tre donne protagoniste.

La prima è una staffetta partigiana del bresciano, insignita di medaglia al valore, la quale racconta di quando dal suo negozio di frutta e verdura trasportava materiale bellico per i compagni in montagna. Una volta, ricorda, incrociò una pattuglia di tedeschi che le chiesero cosa trasportasse e lei, senza neppure fermarsi, rispose scherzosamente che erano bombe e proseguì il tragitto in bicicletta. Piccolo esempio di quella lotta di liberazione che infiammò l’Italia occupata dai nazifascisti.

La seconda donna è la vedova di Libero Grassi, imprenditore siciliano assassinato dalla mafia, perché non volle piegarsi alle prevaricazioni. Dopo la sua morte l’azienda andò in fallimento. Più tardi sarebbero seguite le stragi di Capaci e Via d’Amelio. Laggiù, dalla mafia non sono ancora riusciti a liberarsi, perché i tentacoli arrivano fino a Roma, oppure proprio da lì dipartono. Certo che fa effetto vedere, nei salotti televisivi, un Andreotti, contiguo alla mafia fino al 1980, dispensatore  di pareri sui papi vivi e morti.

La terza era una bella ragazza libanese, Joelle, pronta a comunicare, in un italiano molto apprezzabile, la voglia di libertà del suo popolo, oppresso fino all’altro giorno dall’occupazione dell’esercito siriano. Un processo di affrancamento che ha inaugurato la primavera dei cedri e messo in moto la vivace gioventù di quel paese.

Tre modi diversi di interpretare la Liberazione, di esserne portavoci attraverso salti generazionali, perché la storia si ripete anche con gesti piccoli o grandi. L’importante è conservarne la memoria, affinché “il nostro passato non diventi il futuro degli altri”, come ha scritto Elie Wiesel.

venerdì 22 aprile 2005

Il tempo che fa

Mangiare quando si ha fame, dormire quando si ha sonno e svegliarsi quando lo stesso sonno si esaurisce. Precetti di vita ideale, snocciolati dall'autista del solito autobus che prendo al mattino, praticati in una recente vacanza di 24 giorni nella Costarica. Con tali presupposti il suo rientro nella quotidianità è risultato irritante e traumatico.

Le persone che salivano sul mezzo pubblico, i biglietti timbrati, le informazioni richieste, il traffico, i semafori e, soprattutto (chissà perché) il rumore dell'aspirapolvere in casa. Insopportabile. Gli sono stati necessari tre mesi per il lento e ineluttabile ripristino della cosiddetta normalità. L’importanza dei ritmi circadiani nella determinazione del nostro benessere.

Nella devastazione che investe ogni ambito terreno, anche questi parametri vitali hanno subito pericolose trasformazioni, ma più di essi è il tempo a uscire maltrattato e piegato a determinazioni e regole che lo riconducono ad una merce. Per cui, essendo di tutti, il tempo, e non prerogativa di classi sociali, patisce l'asservimento al potere dei ceti privilegiati, conformandosi poi alla tendenza attuale. Il costo del tempo, che diventa esso stesso oggetto di scambio, allungandosi o contraendosi a seconda del caso e della necessità. Procedendo in un parallelismo irregolare con il tempo interiore, con la percezione che possiamo avere dello scorrere delle giornate in relazione al nostro stato d'animo.

La ricchezza risiede proprio nel tempo: quanto se ne ha, come se ne ha e quando se ne ha. Detesto coloro che pretenderebbero di gestire il mio tempo, almeno quello affrancato dal lavoro. Chi vorrebbe organizzare anche il mio tempo libero, incanalandolo in settori già definiti e consacrati, poi, dalla moda. La trasformazione in tal modo si compie e la libertà che risiede in quel tempo è assoggettata ad altri limiti, ad altri confini, da cui sembra impossibile uscire.

lunedì 18 aprile 2005

Senza traccia


Il motorino appoggiato contro il muro, la saracinesca alzata anche se sono le 14.00, perché è sabato e l’orario è continuato. Come il mercoledì. Per chi gestisce una ricevitoria del Lotto si tratta di due giorni campali. E se non fossi passato con l’autobus davanti al negozio non mi sarei neppure ricordato dell’esistenza di F. .


La conobbi alcuni anni fa, quando entrai nel locale per fare alcune giocate. Mi sorrise, come immagino facesse con tutti i clienti. Il viso dolce, carina ma senza eccessi, capelli castano chiari che scivolavano lungo le spalle, già abbronzata. Come la madre del resto, con la quale condivideva la rivendita di “sali e tabacchi”, come riportava l’insegna posta in alto. Ci scambiammo sguardi di sorpresa, forse di interesse e poi parlò, come la sibilla. Mi propose un ambo da giocare, piuttosto che darmi le mille lire di resto. Non mossi alcuna obiezione, accettai la sua proposta e me ne andai. Tornando, pochi giorni più tardi, per riscuotere la vincita realizzata proprio con la combinazione da lei suggerita.


Nacque così un simpatico sodalizio, credo pure una simpatia reciproca. Anzi, l’intimità che si era creata doveva essere stata evidentemente molto forte, se arrivò a chiedermi un prestito. Stava, infatti, trasferendosi proprio a pochi metri dalla tabaccheria e doveva versare, in tempi brevi, una caparra al proprietario, ma si trovava in momentanea difficoltà. Anche questa volta non ebbi nulla da eccepire. Stranamente disponevo di liquidità, situazione certo per me anomala e non mi posi neppure il problema sulle modalità della restituzione. Ne fu così soddisfatta e sollevata che mi promise una cena nella nuova casetta, non appena disponibile e completata nell’arredamento. 


Ma c’era sempre stato qualcosa che non mi convinceva nel suo comportamento, al punto da non coinvolgermi, se non superficialmente. Forse la volatilità nei sentimenti. Mi raccontava storie di abbandoni e di tradimenti. Non solo da parte maschile, ma pure femminile. L’amica più cara, quella che spesso vedevo dietro il bancone del negozio nel tempo libero, medico di rianimazione, era stata sorpresa a sottrarre il denaro dalla cassa. Tracollo e ovvia rottura di qualunque rapporto.


Sarebbe improprio se parlassi di relazione, riferita a F., perché troppo labili i contatti. Un fuggevole saluto prima che aprisse il negozio, se ci passavo davanti, deviando dal consueto tragitto per andare al lavoro. Inizialmente cambiavo spesso strada, ma di lì a poco convenni che non era il caso di disperdere così le energie. Anche un amico fidato mi aveva messo in guardia, raccontandomi poi delle sue vicissitudini.


Per questo motivo, quando non riscontrai più alcun interesse che andasse oltre la normale cortesia, dovuta ad ogni cliente,  non me la presi più di tanto. Anzi, pensai che fosse stato un bene non essermi innamorato, collocando il cuore a distanza di sicurezza. Cosa che non mi impedì di passare a trovarla, qualche tempo più tardi, per ricevere il conguaglio del prestito che, in due rate, aveva saldato.


Curiosa una telefonata che le feci una domenica d’estate. Si trovava in spiaggia, in compagnia adeguata, perché si mostrò infastidita dal fatto che uno “sconosciuto” l’avesse chiamata.  Poi ci fu un chiarimento. La cena restò fredda.


Ormai non la vedo più da almeno un paio d’anni, ma se non fosse stato per quel motorino appoggiato al muro e la saracinesca sollevata fuori orario, chi si sarebbe ancora ricordato di lei?


Sono assai singolari i percorsi della vita che fanno incrociare persone a diverso titolo: alcune saranno destinate a lasciare impronte, talvolta anche profonde; altre passeranno, invece, con l’impalpabilità che le ha contrassegnate, innocue e resistibili.


giovedì 14 aprile 2005

Un libro per amico


Gestire una libreria equivale a vivere su un‘isola meravigliosa, circondati da amici fedeli, immersi in un profumo di carta stampata che non è come quello dei quotidiani, ma produce un aroma raffinato come a voler rimarcare la cesura esistente tra i diversi modi di informazione. Destinato alla conservazione il primo, più volatile il secondo: necessari entrambi. Chi lavora con i libri deve poi essere una persona dotata di sensibilità, tatto, attenzione, senza dubbio vitale e positiva. Da invidiare, ma soprattutto apprezzare.


Ho un rapporto molto fisico con i libri (quelli che ho a casa) una miscela di gelosia e possessività, come si trattasse della donna amata. Mi piace contemplarli, accarezzarli, sfogliarli, annusarli, pregustare il piacere che proverò successivamente. Anche la loro manipolazione avviene con la massima accortezza. Si tratta dei miei libri, quelli che non avranno mai un contatto col mondo esterno, perciò le attenzioni sono accurate, persino maniacali. E anche “lei”, la prima volta che entrammo in una libreria, non mancò di notare  come li prendessi e maneggiassi con cura, quasi sfiorandoli. Uno dei tanti apprezzamenti dell’epoca. Gocce di memoria.


Leggendo faccio attenzione a non rovinarli più del dovuto, piegandoli inutilmente. Sono assenti le sottolineature (in quelli di narrativa), aborro le “orecchie”. Quella pagina piegata nell’angolo alto, a mo’ di segnalibro, mi appare come una profanazione. Quando è presente, devo per forza togliere la sovracoperta, perché mi darebbe fastidio sbirciare inavvertitamente, anche solo per un attimo, la quarta di copertina. Mi concedo la trasgressione solo per quanto riguarda la biografia dell’autore. Evito come la peste la lettura dei titoletti dei capitoli, se sono indicati. Tutto deve risultare intatto, da “prima volta” insomma.


I volumi di saggistica, invece, prevedono un approccio meno rigido, fermo restando il fatto della loro reclusione casalinga. Mi concedo, però, qualche annotazione e una lettura meno ossessionata dai tempi, più rilassante, nel senso che non essendoci una trama, un racconto si possono assimilare i concetti, evidenziare gli spunti, cogliere collegamenti e trovare anche stimoli per ampliare ed integrare la conoscenza su un determinato argomento.


Poi ci sono i libri “esterni” quelli che prendo in prestito dalla biblioteca comunale e che mi accompagnano in autobus, in treno, in vacanza, fuori casa insomma. Capita però, sempre più spesso, che il prestito si tramuti poi in acquisto, perché quel libro mi è piaciuto e desidero conservarlo nella personale biblioteca, immaginando un’improbabile, seconda rilettura, visto che sono ancora numerosi i volumi intonsi.


Eppure l’ultimo rifornimento è avvenuto in Rete, su Bol, un modo freddo,  giustificato soltanto da uno stato di necessità. Alla Feltrinelli non disponevano del romanzo: “La sposa”  di Giorgio Montefoschi, a me invece serviva in tempi brevi e così mi sono piegato alla tecnologia. Appare del tutto ovvia, a questo punto, anche la mia avversione al prestito di libri. La prima e ultima volta che l’ho fatto, mi sono visto restituire pagine sottolineate, tracce di angoli piegati, annotazioni non richieste. Così maltrattato non era più il mio libro. Si trattava de: “L’arte di amare” di Fromm, forse già un segno del destino.

 





 





 





 




lunedì 11 aprile 2005

Il divieto

E’ arrivata alla vigilia del fine settimana e costituirà il principale argomento di discussione al rientro in ufficio.

 



“Per garantire il buon funzionamento dei servizi informatici periodicamente si effettuano dei controlli sull'utilizzo della banda e le ultime analisi hanno riscontrato un impiego notevole della connettività Internet. Sappiamo che Internet è per molti di noi un utilissimo strumento di lavoro, ma l'ultimo report ha ulteriormente evidenziato numerose situazioni anomale e vi chiediamo pertanto di limitarne l'utilizzo ai soli scopi aziendali. L'azienda, come sapete, e' in grado di effettuare stampe e statistiche per siti visitati e per persona, senza per questo incorrere nella violazione delle norme della privacy.

Confidiamo nella vostra collaborazione e porgiamo cordiali saluti a tutti e buon lavoro.

La Direzione & I Sistemi Informativi”

 



A parte la curiosità di sapere come riescano a non confliggere esigenze di privacy con la stesura di rapporti personali sulla navigazione, rimane il fatto che stanno sempre più restringendosi gli spazi all’interno delle aziende. Un’amabile blogger, che manca da un po’ di tempo, denunciava questa situazione proprio alcuni giorni fa in suo post e ne traeva considerazioni amare. La comprendo, soprattutto se poi vengono a mancare altri tempi per potersi esprimere, perché non a tutti è permesso di ritrovare in casa i medesimi spazi che in ufficio ci sono, anzi credo che in molte situazioni si adoperi il pc soltanto al lavoro, venendo meno questa possibilità a domicilio, segnatamente se sposati o con figli.

 



Personalmente, dopo aver letto la comunicazione, ho gettato un’occhiata nella rete aziendale scoprendo molte cartelle condivise che contenevano file mp3 (un collega  me ne copia ogni mattina, da circa un mese, l’equivalente di 500 Mb e in tal modo, nel pc domestico ho raggruppato oltre 3mila file musicali) e, di recente, dopo aver ottenuto una password, la sorpresa di aprire una cartella che custodiva anche film in divx, attualmente in programmazione nelle sale. C’era persino il meglio, in 30’, della “storica” puntata di “Ballarò” di martedì scorso.

 



Potrei anche trarre la facile conclusione che, come sempre, pagano tutti per la dissennatezza di pochi (?), ma pure io sono senza peccato, sebbene raccogliendo ciò che altri si sono procurati. Resta, tuttavia, l’impressione che questo giro di vite non sia altro che la traduzione imprenditoriale di un diverso modello nella gestione dei rapporti con i dipendenti e che ben altre limitazioni, più serie, si vadano profilando.


 

mercoledì 6 aprile 2005

Cambi di scena

Migrazioni di folle. Transumanze mediatiche. Stiamo vivendo giornate intense, frenetiche nella loro repentina successione, epocali per i nuovi scenari che prefigurano. Fatte le dovute proporzioni, perché i fatti non possono essere assimilabili.


La morte di un Papa, che non è certo un evento comune (valga per tutti il detto popolare) è diventata il cardine su cui si sono inseriti questi ultimi giorni e l’aggettivo “epocale” è chiaramente riferito a tale circostanza.


Si mobilitano milioni di persone, il funerale di venerdì mattina trascenderà la cerimonia stessa. L’attenzione è catalizzata su quella piazza da alcuni giorni.


Poi il voto amministrativo, il risultato, i commenti, le trasmissioni che ancora riescono ad infiammare, forse la riscoperta della passione politica. Altre persone, in parte le stesse coinvolte da Giovanni Paolo II, in parte no, che si ritrovano a discutere, a commentare quello che è adesso l’avvenimento in primo piano. Per poche ore, ancora.


Perché questa sera una partita di calcio europea, un derby che, per chi segue lo sport, rappresenta qualcosa di più che una semplice gara di football. E’ la quintessenza dell’arte pedatoria, la contrapposizione tra due squadre della stessa città. Adesso è Milano ad occupare la scena, con il suo stadio suggestivamente denominato “la Scala del calcio” (una blogger, che seguo con diletto, avrebbe, a questo punto, approntato la colonna sonora: “Luci a San Siro” di Roberto Vecchioni), con 80mila spettatori nel catino bollente e vari milioni davanti ai teleschermi. In parte gli stessi e in parte no che hanno provato costernazione e dolore, oppure che si sono entusiasmati o rimasti inebetiti per l’esito elettorale.


Ed ecco che le immagini televisive di prima serata cambiano ancora: prima il lutto, poi numeri, cifre e statistiche, quindi colpi di testa, calci d’angolo, il parossismo del gol. Un prisma che gira a folle velocità mostrando aspetti commoventi e suggestivi,  poi lievi e infine emotivamente totalizzanti.


E questa mattina è morto il principe Ranieri di Monaco. Chissà se slitterà ancora il matrimonio reale a Londra? Le teste coronate entrano in fibrillazione. Anche i ricchi hanno i loro problemi, in fondo. Aggiungo Malachia, un monaco irlandese che vaticinò, secoli fa, sui papi e che, ormai, non sembrerebbe lasciare molto spazio alla speranza. perché secondo la profezia il prossimo che verrà eletto sarà il penultimo pontefice, prima di colui che precederà la fine del mondo. Tutto entro il 2026.


L’ho detto: giornate intense.



 


lunedì 4 aprile 2005

Domande senza risposta

Due annotazioni in margine al tragico evento storico di cui siamo testimoni. Interrogativi che non riescono a trovare risposta e che pure meriterebbero un approfondimento. Per me stanno diventando una fissazione.

La prima considerazione, in verità, si agita da tempo e rasenta la contraddizione, una delle tante, che agita il mondo dei teen agers. “Molti giovani presenti in piazza...” “I giovani hanno cantato...” “Si aspettano moltissimi giovani...”. Blanditi, invocati, ricercati e inquadrati, un sito internet e fanzine, l’esercito disarmato dei “papaboys”, come sono stati subito etichettati, viene sempre tenuto d’occhio ed esaltato per la sua forza travolgente e un entusiasmo coinvolgente. Potrebbero rovesciare il mondo, oppure l’Italia (per restare nei nostri angusti confini) in senso metaforico, eppure così non è.

Perché se davvero, a partire dal 1984 (prima giornata mondiale della gioventù) tutti questi ragazzi avessero lasciato una loro traccia, una testimonianza come il vangelo in cui credono imporrebbe, vivremmo davvero in un mondo (e in un’Italia) diversi, in quell’altro mondo possibile che si configura come un obiettivo da raggiungere, E, invece, niente di tutto questo. Si susseguono adunate sempre colorate e rumorose, scorrono di anno in anno giornate mondiali o europee o locali della gioventù, ma con quali risultati visibili?

Come mai tanta vitalità non è in grado di incidere, in maniera sensibile, nella scuola, nel lavoro, nella politica, nel sociale? Non sarà che in gruppo, tra centinaia di migliaia di altri coetanei uniti dallo stesso credo, sia facilissimo manifestare la propria fede, mentre a livello individuale, immersi nelle rispettive realtà, tutto diventa più difficile, fino a negare qualunque appartenenza fideistica? Eppure, dalle cronache spesso un po’ sopra le righe di questi ultimi giorni, sembra che i giovani siano il lievito indispensabile, una presenza ormai caratteristica e caratterizzante, come gli alti prelati che hanno invaso i salotti televisivi invitando gli altri, si capisce, a pregare. Apparire sicuro, ma poi essere?

La seconda riflessione si sofferma sulla gigantesca ipocrisia che pervade i potenti della Terra, quelli che tra breve invaderanno Roma per testimoniare con la propria presenza... Già, ma cosa verranno a testimoniare? Bush, per esempio, che non ha mai smesso di elogiare il Papa negli aspetti che più gli fanno comodo, perché ha ignorato gli appelli per la pace e contro ogni guerra di Giovanni Paolo II?

Se questi potenti della Terra, gli stessi peraltro che stanno affamando la parte più povera e numerosa del pianeta, lo avessero ascoltato, invece che idolatrarlo adesso a futura memoria.

Mi rendo conto che l’utopia di un mondo perfetto non sia realizzabile, ma di determinare un diverso ordine mondiale certo che si potrebbe, Che ci risparmino, dunque, Bush e gli altri suoi amici guerrafondai, qualunque manifestazione di lutto e di rincrescimento, perché sono false, come altrettanto menzognero è l’omaggio ad un Papa che aveva profetizzato la guerra come un’ avventura senza ritorno.

domenica 3 aprile 2005

Pesce d'aprile

Spero che nessuno si offenda, ma mi faccio forte della data che precede il mio ultimo post e che giustifica ogni cosa.

L’articolo riprodotto, con alcuni “non” piazzati al posto giusto, è del “Corriere della Sera” del 24 marzo scorso (lo ripropongo sotto, per curiosità e in versione originale). Avevo anche un’altra “perla”, sempre del medesimo giornale e dello stesso giorno, che confermava, secondo altri eminenti studiosi (che dovrebbero pure essere pagati, immagino) come le ostriche siano afrodisiache. Sono argomenti lievi su cui, senza procurare danni o allarmi, si poteva giocare e, con qualche modifica, renderli verosimili.

Avevo, in precedenza,  pensato ad una vicenda personale in grado di stupire e sconvolgere, tipo le ultime volontà prima di essere condotto in carcere per molti anni, oppure un’improvvisa vocazione che mi apriva le porte di un monastero di clausura o, anche, la convocazione a Hollywood per un ruolo da protagonista in un film che, poi, sarebbe stato l’unica situazione credibile in cui continuare a tenere un blog tutto speciale. Scartata, quasi subito, l’idea della legione straniera per ragioni di età, pur se non sono informato sui dettagli. Alla fine ho optato per la ricerca australiana, perché più affine agli argomenti che tratto maggiormente, anche se non esclusivamente.

Perciò, MARIA, avevi certo ragione nell’esprimere scetticismo su una teoria che non quadrava. Ringrazio e abbraccio GARDENIA, perché ci tenevo al suo giudizio, Mi dispiace, MARDOU, ma ci daremo da fare lo stesso. E concordo con la lapidaria valutazione di PENSIEROINCERTO. Si tratta di quelle notizie che hanno lo scopo di alleggerire le pagine dei giornali, fanno la fortuna delle trasmissioni di intrattenimento pomeridiane, ma spezzano anche la monotonia di un viaggio in treno per esempio e, chiaramente, durano lo spazio di un mattino.

Come è durato questo pesce d’aprile.

 

SYDNEY - Chi ama, vive di più e meglio. Non è un proverbio ma il risultato di una serie di ricerche passate al vaglio da scienziati australiani. L'amore non sarà tutto nella vita, ma di certo aiuta anche a vivere più a lungo, perchè rallenta l'orologio biologico. E questo spiega in parte perchè le donne sono più longeve, aggiungono i ricercatori australiani.

Il professore di medicina complementare Marc Cohen, dell'università di tecnologia di Melbourne, ha spiegato giovedì ad una conferenza su salute e longevità a Brisbane, che vi sono evidenze multiple per affermare che l'amore, specie se abbondante, è un fattore primario di vita lunga e di alta qualità. Ha sottolineato però che non si riferisce solo all'amore romantico e carnale ma lo definisce come «ogni attività che ci fa sentire come se il tempo si sia fermato».

Quindi chi ama il giardinaggio, o la pittura, o i videogiochi, e vi si immerge al punto di dimenticarsi di mangiare, si apre la strada verso la longevità. Avrà invece dei problemi chi odia il proprio lavoro e passa la giornata a guardare l'orologio, che si avvicina lentamente all'ora di staccare.

«Tutte le attività in cui si è totalmente concentrati e si perde la nozione del tempo sono attività di amore», ha spiegato Cohen. «Vi sono crescenti prove cliniche che queste attività aiutino ad allungare la vita». Questo spiega anche perché le donne generalmente vivono più a lungo degli uomini. «Le donne operano con i bambini che hanno bisogno d'amore, la loro occupazione principale è l'amore. È logico che vivano di più, perchè nella loro vita c'è più amore».

Lo studioso ha citato una ricerca negli Stati Uniti in cui i conigli accarezzati e coccolati dagli assistenti di laboratorio vivono il 60% più a lungo degli altri, alimentati con la stessa dieta ad alto contenuto di grassi. Un altro studio su 1.000 uomini israeliani che soffrivano di cuore ha concluso che quelli che si sentivano amati dalla moglie o compagna accusavano il 50% di meno di angina e di attacchi cardiaci rispetto ai pazienti con problemi nella relazione. Un terzo studio della Fondazione australiana per il cuore indica che l'isolamento sociale e la mancanza di un gruppo di supporto sono fattori significativi nelle malattie cardiache quanto il colesterolo alto, la pressione alta e il fumo. «Le connessioni sociali positive sono di per sè una potente terapia», ha dichiarato.

E per gli sfortunati che al momento non hanno nessuno da amare e sono soli, il consiglio dello studioso è di praticare la meditazione, come maniera efficace per stimolare quella magica sensazione che il tempo si sia fermato.

 

 

venerdì 1 aprile 2005

Una scoperta rivoluzionaria

Da un quotidiano dei giorni scorsi, copio e incollo.

SYDNEY – Chi non ama, vive di più e meglio. Non è un proverbio ma il risultato di una serie di ricerche passate al vaglio da scienziati australiani. L'amore non sarà tutto nella vita, ma di certo non aiuta a vivere più a lungo, perché accorcia l'orologio biologico.

Il professore di medicina complementare Marc Cohen, dell'università di tecnologia di Melbourne, ha spiegato giovedì ad una conferenza su salute e longevità a Brisbane, che vi sono evidenze multiple per affermare che l'amore, specie se abbondante,  è un fattore irrilevante di vita lunga e di alta qualità. Ha sottolineato però che non si riferisce solo all'amore romantico e carnale ma lo definisce come «ogni attività che ci fa sentire come se il tempo si sia fermato».

Quindi chi ama il giardinaggio, o la pittura, o i videogiochi, e vi si immerge al punto di dimenticarsi di mangiare, non si apre la strada verso la longevità. Avrà invece dei problemi chi non odia il proprio lavoro e passa la giornata a guardare l'orologio, che si avvicina lentamente all'ora di staccare.

«Tutte le attività in cui si è totalmente concentrati e si perde la nozione del tempo non sono attività di amore», ha spiegato Cohen. «Vi sono crescenti prove cliniche che queste attività non aiutino ad allungare la vita». Questo spiega anche perché le donne generalmente non vivono più a lungo degli uomini. «Le donne operano con i bambini che hanno bisogno d'amore, la loro occupazione principale è l'amore. È logico che non vivano di più, perchè nella loro vita c'è più amore».

Lo studioso ha citato una ricerca negli Stati Uniti in cui i conigli accarezzati e coccolati dagli assistenti di laboratorio vivono il 60% meno a lungo degli altri, alimentati con la stessa dieta ad alto contenuto di grassi. Un altro studio su 1.000 uomini israeliani che soffrivano di cuore ha concluso che quelli che non si sentivano amati dalla moglie o compagna accusavano il 50% di meno di angina e di attacchi cardiaci rispetto ai pazienti senza problemi nella relazione. Un terzo studio della Fondazione australiana per il cuore indica che l'isolamento sociale e la mancanza di un gruppo di supporto non sono fattori significativi nelle malattie cardiache quanto il colesterolo alto, la pressione alta e il fumo.