giovedì 30 dicembre 2004

C’è una forza misteriosa e demoniaca nell’attrazione amorosa, come l’ha raccontata Goethe nelle “Affinità elettive”, una forza tale da scavalcare la razionalità e vellicare l’emotività che poi i ricordi trasfigurano.


Ricordi che arrivano a tradimento e sono micidiali e velenosi. Come punte acuminate di una freccia di cui possiedono la velocità e la precisione.  E poi c’è quell’altro cumulo di macerie che sono le date come il follow out dopo l’esplosione atomica. Perché adesso proprio di un day after si tratta. Lungo, molto lungo, Undici mesi non sono bastati, altri ne serviranno, ma chissà quanti.


Le date sono un altro martello che percuote implacabilmente il cuore, già strapazzato di suo.


C’è quella del suo compleanno, quella del primo incontro, del primo bacio, quella della prima volta che abbiamo fatto l’amore, E’ delle ultime volte, invece, che ricordo poco. Me lo sono imposto o forse entrano in azione meccanismi psicologici che impediscono ad un cuore di dilaniarsi ulteriormente. Così non  ricordo l’ultimo bacio, dico l’intensità, quello che ho provato. Non ricordo neppure l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore, ma dev’essere stato il mattino della partenza. Che era già congedo. Lei lo sapeva, io no. Questa la differenza. Il mattino dell’8 dicembre.


 “I have a dream”. Sconsideratamente mi ritrovo in quest’ultimo periodo a pensarla angosciata, incupita, triste, avvilita, confusa e infelice, che non resiste più e mi chiama e mi chiede perdono e mi invita, ricordando la circostanza. Magari ricominciamo....


Insana speranza, disperato sogno che farei bene a non alimentare, ma poi prevale le suggestione delle feste e l’idea del miracolo che forse in amore si può compiere, perché l’amore non fa parte della realtà, è superiore ad essa, vive in un proprio mondo parallelo dove può accadere di tutto. Insani pensieri che, a insisterci, fuoriesce sangue da quella ferita che, forse, non si chiuderà mai e continuerà a far male di tanto in tanto. Anche tra alcuni anni.


La notte sarà lunga, che senso avrebbe negarlo? Ma pur tra insani pensieri, pur tra visioni distorte, pur con l’egoismo galoppante (lo si diventa quasi istantaneamente e ci si compiace di questo), pur chiusi in se stessi per fortificare la corazza di impenetrabilità, perché con gli altri non c’è nulla che valga la pena di discutere o anche solo condividere a livello verbale, il tempo scorre e le immagini tendono ad allontanarsi, quasi andando in dissolvenza. Se così fosse, il traghettamento sulla sponda più quieta sarebbe facile. E, invece, quei ricordi ti assalgono, aggrediscono la mente, si attorcigliano al cuore, formando nodi gordiani, ricacciando nell’inferno dei sentimenti, dove l’immagine che si vorrebbe condannata all’oblio rifulge più che mai.


Vorrei solo averla sognata in modo da farmene una ragione per la sua dissoluzione all’alba, quando invece proprio nel nuovo giorno che sorge, ogni nuovo giorno, diventano da subito opprimenti la sua immagine e il suo ricordo.


Tutto.


E allora vorrei riaddormentarmi per sognare ancora, ma a quel punto non è più possibile e così vivo (?) aspettando una nuova notte per incontrarla nel giardino segreto e rivivere sensazioni, talvolta così profonde, che ne conservo il profumo e l’aroma per l’intera giornata.