sabato 29 aprile 2006

Polvere di stelle


Si amano. Si lasciano. Poi lui subisce un incidente stradale e lei riflette: “Ha visto contorcersi le lamiere attorno alle sue membra un’altra volta”, aggiungendo che “i ricordi, quelli di un incidente peggiore... quelli sono stati tutti risvegliati!”. Il ragazzo è vivo, per fortuna. Ma lei si inabissa in riflessioni amare. “Quando ho saputo” scrive – “mi sono completamente allontanata dal problema. Lo stupore: “Eppure era stato l’amore della mia vita”. Quindi, l’inevitabile constatazione: “In quel momento lui era una sfera che non mi apparteneva più”.


Esiste un altro passaggio sconcertante, ultimo corollario di un rapporto finito ed è il tempo del passato, i verbi coniugati al passato, remoto ormai e irreversibile. E tanto era stata dolorosa la lacerazione, tanto intollerabile lo squarcio aperto, tanto incolmabile il vuoto, quanto adesso tutto ciò è lì a rappresentare qualcosa che non c’è più.


La conclusione di un amore ricorda la polvere di stelle in scia ad una cometa. Pulviscoli lucenti, brillanti all’inizio che poi si opacizzano, dissolvendosi fino a penetrare nel buio e in esso venire risucchiati.


La sfera che non appartiene più, il mondo parallelo, ma ormai rovesciato, misurano l’ampiezza e la profondità di quel vuoto che si è creato. Prima era malinconico rimpianto, adesso segna il tempo trascorso a cui si guarda con stupore per la trasformazione avvenuta, magari utile ad acquisire lo slancio verso mondi nuovi, ancora capaci di stupire, scaldare, illuminare. 


(foto: http://ciencia.nasa.gov)






 


martedì 25 aprile 2006

Resistenza ora e sempre


Alfredo Pizzoni, il banchiere della Resistenza. (foto http://www.storiain.net


Nato a Cremona il 20 febbraio 1894, morto a Milano il 3 gennaio 1958, finanziere, "perno organizzativo" del CLNAI.


Figlio di un generale, Pizzoni aveva combattuto valorosamente durante la prima mondiale. Si era poi laureato in legge ed aveva cominciato a lavorare in banca, divenendo un finanziere molto apprezzato. Il secondo conflitto mondiale lo vide indossare di nuovo la divisa, col grado di tenente colonnello dei bersaglieri (fu decorato con una Medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare), ma ancor prima dell’armistizio, Pizzoni s’impegnò per riportare la democrazia nel Paese. Fu, infatti, dopo il 25 luglio 1943, tra coloro che parteciparono a Milano alle riunioni di quel "Comitato delle opposizioni" che – avendo come "perno organizzativo", come lui stesso ebbe a definirsi, proprio Pizzoni – sarebbe diventato in seguito CLN di Milano e poi Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia.
Il finanziere non era iscritto a nessuno dei partiti del CLN e, proprio per questo, fu ritenuto la persona più idonea a mantenere l’equilibrio interno del Comitato, di cui, dall’agosto 1943 e per tutto il periodo della lotta clandestina, fu il presidente. Un ruolo di grande rilievo nella Resistenza, Alfredo Pizzoni (che si chiamò, via via, "Alfredo", "Biancardi", "Melino", "Paolo Felici", "Pietro Longhi"), lo ebbe grazie alla sua esperienza professionale e alle sue conoscenze internazionali, che gli permisero di condurre in porto importanti operazioni per il finanziamento delle formazioni partigiane e, soprattutto – con "i protocolli di Roma" del dicembre 1944- di ottenere dagli angloamericani il riconoscimento ufficiale del Comitato di Liberazione come unico centro coordinatore dell’attività resistenziale. Secondo
Ferruccio Parri, presente alle trattative insieme a Pajetta, Sogno e Bauer, fu quello un accordo al ribasso, ma servì tuttavia a rafforzare la lotta contro i nazifascisti, così come servirono gli accordi che "Pietro Longhi" seppe concludere con i movimenti di liberazione sloveno e francese. A ridosso dell’insurrezione d’aprile, a presiedere il CLNAI fu chiamato il socialista Rodolfo Morandi (Alfredo Pizzoni era in missione al Sud), anche per sottolineare –come ebbe a dire il rappresentante del Partito d’Azione – che il CLNAI "intendeva contribuire alla costituzione di un nuovo Stato italiano, in cui le masse siano chiamate a risolvere i problemi di interesse nazionale".
Dopo la Liberazione, Pizzoni continuò fino al giugno 1945 la sua attività all’interno del CLNAI, presiedendone la Commissione finanziaria. Partecipò quindi alla Costituente e poi, tornato all’attività bancaria, assunse la presidenza del Credito Italiano. Nel 1946, Alfredo Pizzoni fu insignito della Medaglia della Libertà. Otto anni dopo ricevette la Medaglia d’oro dei benemeriti del Comune di Milano, quale presidente del Comitato lombardo della CRI. (
http://www.anpi.it


Tina Anselmi (foto www.comune.narni.tr.it/)


Nata a Castelfranco Veneto nel 1927, insegnante


La notorietà di Tina Anselmi non deriva tanto dal contributo da lei personalmente dato alla Resistenza, quanto dall’attività politica da lei svolta nel dopoguerra. Eppure proprio la guerra partigiana ha determinato le sue scelte. Tina Anselmi, infatti, decise da che parte schierarsi quando, giovanissima, vide un gruppo di giovani partigiani portati al martirio dai fascisti. Divenne così staffetta (col nome di Gabriella) della brigata autonoma "G.Battisti" e del Comando regionale del Corpo volontari della libertà. Nel 1944 si iscrisse alla DC e - non si era ancora laureata in lettere - partecipò attivamente alla vita del suo partito, non dimenticando mai le ragioni profonde della sua scelta antifascista.
Nel dopoguerra Tina Anselmi è stata via via dirigente sindacale, incaricata dei giovani nella DC, vice presidente dell’Unione europea femminile. Parlamentare dalla V alla X legislatura eletta nella Circoscrizione Venezia-Treviso, ha fatto parte delle Commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali, occupandosi molto dei problemi della famiglia e della donna. Ha inoltre presieduto per due volte la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia P2. Tina Anselmi è stata tre volte sottosegretaria al Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, e ha retto una volta il ministero del Lavoro e due volte quello della Sanità. (
http://www.anpi.it


La centralità della persona
Intervista a Tina Anselmi*  (2005)


La domanda sarà una sola. Quella che muove dal suo impegno per la trasmissione ai giovani della storia e dei valori della Resistenza. In queste pagine presentiamo la recensione del suo libro “Bella ciao”, la resistenza raccontata ai ragazzi , centrato sull'importanza di compiere scelte responsabili. Lei scrive in quelle pagine "per cambiare il mondo bisognava esserci". Quali contenuti e valori ritiene sia essenziale trasmettere ai giovani per capire cosa è stata la Resistenza italiana e quale contributo ha dato nella lotta contro il nazismo e il fascismo?
"Ci vuol meno a morire per una idea, che vivere ogni giorno per quella idea". Con queste parole Giacomo Ulivi chiude la sua lettera ai compagni di scuola, prima di essere fucilato. È il suo testamento spirituale, che sintetizza il cammino da compiere, da ciascuno di noi, se vogliamo contribuire a costruire la democrazia, che non è un dono, ma la conquista di uno spazio affidato alla nostra responsabilità. La democrazia è infatti un regime politico esigente, che giorno dopo giorno ci viene affidato, ci rende responsabili della vita del nostro Paese. Ci sono le istituzioni della democrazia, ma queste non sono sufficienti, se non sentiamo la necessità di una partecipazione che arricchisce, in modi diversi, ma tutti essenziali, la nostra presenza nella vita della comunità. Il dovere quindi è insieme il diritto di esserci. La ricchezza del sistema democratico è nella capacità che esso offre, a ogni cittadino di portare un contributo; nessun cittadino è inutile, se la organizzazione della società recepisce ciò che è proprio di ogni persona.
Ritengo la partecipazione il valore a cui tutti gli altri sottengono, perché è da esso che derivano la partecipazione, la responsabilità, la solidarietà. Questo dovere primario di partecipare si scontra in ogni dittatura con la volontà dello stato, di cancellare l'individuo, la sua personalità, la sua dignità. E lo stato si arroga il diritto di essere un valore assoluto e tale vuole essere: famiglia, società, partiti sono subordinati, finanche la Chiesa. Così si è arrivati alla eliminazione delle minoranze politiche, religiose, razziali. E il dramma non si è ancora concluso, per quello che avviene in Africa, in Asia e in altre realtà.
Il nazismo e il fascismo sono state le due esperienze politiche più aberranti del nostro secolo. Resistere è stato anzitutto opporsi a queste ideologie, prima ancora che la guerra - che ne era la logica, inevitabile conclusione - demolisse nella società ogni riferimento valoriale.
La guerra è costata milioni di morti, la distruzione di un patrimonio culturale, artistico, ma ha concorso anche a una distruzione di quel valore che sinteticamente si riferisce alla tutela dei diritti umani.
La Resistenza è stata dunque la partecipazione a una guerra, che voleva recuperare la persona come riferimento essenziale di ogni impegno sociale, politico, culturale. L'Italia ha legittimato la sua presenza nella nuova epoca che si apriva, ricordando il suo contributo nella lotta contro il nazismo e il fascismo. De Gasperi alla Conferenza di Parigi per la pace poté dire ai paesi vincitori che gli italiani non erano stati tutti con il fascismo e che perciò dovevano essere chiamati per contribuire alla costruzione di una vita democratica. Perciò la Resistenza si è collegata con quanti, già al sorgere del fascismo, avevano capito la pericolosità di un regime che negava la libertà e avviava l'Italia a una politica estera di aggressione di altri paesi: vedi l'Africa, i paesi Balcanici e altre realtà. La guerra come strumento per risolvere i problemi economici e soprattutto come occasione per affermare la supremazia della razza ariana. Questa supremazia non rispettava, da parte dei nazisti, nemmeno l'alleato italiano. Possiamo dire che la Resistenza ha operato sul piano militare, accelerando la fine della guerra. Avevamo capito che bisognava vincere la guerra per costruire la pace. A cominciare da una scelta, che era appunto per la pace, concorrendo anche noi a vincere la cultura della guerra. Questo valore crediamo si sia sviluppato nella nostra società ed è comunque un valore che si riflette anche negli altri aspetti della nostra vita.
Occorre che la politica scolastica e culturale sia attenta a ciò che le nuove generazioni vanno esprimendo. Oggi è il valore della solidarietà che può aiutarci ad assumere i compiti che una società, come la nostra, ci indica: la globalizzazione apre nel mondo nuovi compiti, come è quello di riorganizzare l'economia, le risorse dei vari paesi, affinché possiamo vivere in un mondo più giusto.
La crescita, il cambiamento devono riferirsi alla persona umana, alla sua dignità. Mai come oggi nella storia l'uomo ha avuto tanta libertà di fare ciò che vuole, ma perché la caduta dei valori non faccia emergere solo gli interessi occorre che l'uomo sappia gestire la sua libertà.


*È stata staffetta della brigata autonoma G. Battisti e del Comando regionale del Corpo volontari della libertà. Insegnante, parlamentare dalla V alla X legislatura, già ministro del Lavoro e ministro della Sanità, ha presieduto la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla Loggia P2. 


(http://www.treccani.it)


Buon 25 aprile a tutte e tutti
  
 



 

lunedì 24 aprile 2006

La scuola dei bulli


Vicenza - «Se non indossi vestiti di marca non vali nulla». Sono arrivati persino a spogliarlo per verificare se la felpa che indossava fosse firmata o meno. Un branco di sette tredicenni vicentini, tutti di famiglia bene, quello che da tre anni sta perseguitando un compagno di classe: minacce, sopraffazioni, angherie, umiliazioni. Fino alle percosse e alle lesioni. L'incredibile "bullismo griffato" va in scena in città alla media "Maffei" in contra' Santa Caterina.


L'episodio che ha fatto scattare l'intervento dell'Ufficio minori della questura di Vicenza si consuma il 29 marzo scorso durante l'ora di educazione artistica, quando uno dei bulli in erba con un righello di metallo scortica, giusto per il piacere di infierire, un gomito alla vittima predestinata. Una brutta escoriazione, tanto che il medico cui si rivolge la madre del ragazzo consiglia di ricorrere al pronto soccorso: sette i giorni di prognosi sul referto medico e la segnalazione dei sanitari alla polizia.


Scattano le indagini: la madre di Matteo (il nome è di fantasia), convocata dall'ispettore capo Serafino Santoro, racconta di questo gruppetto di giovinastri che non hanno nulla di meglio da fare che molestare suo figlio fin dalla prima media. La donna, esasperata, racconta pure di aver informato anche la dirigente scolastica, Lina Anoardi, affinché prendesse provvedimenti per far finire una storia che si stava trascinando da troppo tempo.


Il risultato? I componenti della gang, probabilmente risentiti dal fatto che la preside li avesse riuniti e redarguiti, aspettano il momento giusto per entrare in azione. All'uscita da scuola, individuano l'auto su cui la donna sta attendendo Matteo per portarlo a casa: con lei c'è anche il fratellino.


I sette circondano la macchina, picchiano ripetutamente sul cofano e in segno di spregio finale mostrano il dito: niente male come tentativo di intimidazione. Ed è una circostanza troppo grave per essere giudicata e rubricata come una classica bravata. La professoressa Anoardi viene convocata dalla polizia e fornisce una relazione dettagliata sulla vicenda per quanto di sua conoscenza, rimandando al consiglio di classe qualsiasi forma di decisione da prendere nei confronti degli aguzzini adolescenti.


Nei prossimi giorni i "diabolici sette" verranno chiamati in questura e ascoltati alla presenza dei rispettivi genitori. Tutti minori di 14 anni non sono imputabili. Ma una sonora ammonizione a non preservare non gliela toglierà nessuno. «Purtroppo episodi di bullismo più o meno pesante - commenta l'ispettore Santoro - sono tutt'altro che rari negli istituti vicentini. Un fenomeno in preoccupante crescita su cui bisogna avviare una riflessione». (il Gazzettino – 12 aprile 2006)


''La violenza tra bambini e tra ragazzi è un fenomeno sempre più pervasivo, occorre investire per prevenirlo, dando agli insegnanti gli strumenti per intercettarne i segnali'': lo afferma Ernesto Caffo, psichiatra infantile e presidente di Telefono Azzurro, commentando l'episodio accaduto ieri in una scuola media di Vicenza, dove un dodicenne e' stato picchiato da alcuni compagni perchè non indossava la felpa griffata preferita dal ''Branco''.


''Il bullismo - spiega Caffo - prima si associava essenzialmente a contesti degradati, oggi invece le violenze di questo tipo avvengono anche in contesti insospettabili'. Secondo il presidente di Telefono Azzurro, associazione che da anni studia e monitora il fenomeno, per prevenire il bullismo occorre ''proteggere i più deboli dalla cultura del branco imposta dall'esterno'' e ''rivalutare le competenze interne dei ragazzi, parlando con loro di queste cose''.


Secondo il sesto Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza di Telefono Azzurro ed Eurispes (2005), gli episodi di bullismo, prevalentemente brutti scherzi, provocazioni o prese in giro e offese immotivate, sono diffusi soprattutto nell'età delle scuole elementari e dei primi anni delle scuole secondarie di primo grado. Il 78,9% dei bambini afferma di utilizzare strategie attive contro il bullismo (in pratica, si difende dai bulli); quasi la metà, cioè il 42,3% dei bimbi tra 7 e 11 anni, dichiara di subire brutti scherzi, il 39,6% di subire provocazioni o prese in giro ripetute e il 33,6% offese immotivate e ripetute. La scuola (32,3%) e la strada (27,3%) sono i luoghi privilegiati per le espressioni bullesche. Solo nel 27,5% dei casi i bambini chiedono aiuto a un adulto.


Le reali dimensioni del fenomeno però, avverte Telefono Azzurro, ad oggi sono incerte: gli atti del bullo restano per lo più avvolti nel silenzio delle vittime che spesso si vergognano o hanno paura. 


A lungo sottaciuto o ridimensionato, il bullismo scolastico è una cancrena e come tale andrebbe affrontato. L’episodio di Vicenza, profondo Nord est, quello operoso e anche intollerante, insofferente alle leggi (non a caso
la CdL
è stata ampiamente premiata il 9 e 10 aprile) è solo l’ultimo, o forse già il penultimo, conosciuto che testimonia un malessere sociale profondo, dove a prevalere sono le logiche dell’effimero e dell’apparenza.


Non si può indossare abbigliamento non firmato, viene visto come un segno irrispettoso, eversivo, nei confronti della stupida omologazione che la televisione commerciale ha dispensato a piene mani alle ultime generazioni. L’esasperazione di un concetto distorto: non l’esclusione dal gruppo, la mancata accettazione che in età giovanile rappresenta il problema principale, ma addirittura la lesa maestà nei confronti della dittatura imperante dell’immagine. Il valore di una persona a misura della griffe.


Quanta deformazione delle coscienze ha prodotto l’ossessività, per esempio, di un modello televisivo a senso unico? E quanto tempo sarà necessario per la disintossicazione? Perché vogliamo disintossicarci, vero?



 




 




 



 

venerdì 21 aprile 2006

Che pena...di morte!


Decapitazione in Arabia Saudita e Iraq, fucilazione in Bielorussia, Cina, Somalia, Taiwan, Uzbekistan, Vietnam e altri paesi, impiccagione in Egitto, Giappone, Giordania, Iran, Pakistan, Singapore, iniezione letale per Cina, Filippine, Guatemala, Thailandia e Usa, lapidazione in Afghanistan e Iran e sedia elettrica negli States. Questa triste lista riporta i metodi utilizzati per applicare la pena di morte nel mondo dal 2000.


A denunciarlo è Amnesty International, l’associazione per i diritti umani che ormai da tempo si batte contro la pena di morte. Nel rapporto sulla situazione delle esecuzioni capitali le cifre parlano chiaro, 20.000 mila sono i condannati nel mondo, in attesa di essere giustiziati. Nel 2005 sono state uccise almeno 2.148 persone in 22 paesi e condannate 5.186 in 53 paesi. Il 94% delle esecuzioni ha avuto luogo in Cina, Iran, Arabia Saudita e Usa.


Per Amnesty International in Cina vi sarebbero state circa 1.770 esecuzioni. Ma il numero effettivo potrebbe essere molto più alto: secondo un esperto legale cinese, sarebbero circa 8.000 i prigionieri messi a morte nel paese ogni anno. Nel corso del 2005 in Iran sono stati messi a morte almeno 94 prigionieri, in Arabia Saudita almeno 86. In entrambi i paesi, i dati reali potrebbero essere più alti. Sono invece 60 le esecuzioni registrate in Usa.


I dati resi pubblici dall’associazione umanitaria sono approssimativi a causa del segreto che circonda l'applicazione della pena di morte. Molti governi, come quello cinese, rifiutano di pubblicare statistiche ufficiali sulle esecuzioni. In paesi come il Vietnam le informazioni su questo argomento sono considerate segreto di stato.


Il rapporto denuncia anche come l’uso della pena capitale può essere pericolosamente legato a interessi economici. Sono in molti, infatti, a temere che, gli alti profitti derivanti dall'espianto degli organi delle persone messe a morte possano essere un incentivo a mantenere la pena.


Ma le accuse di Amnesty mirano anche a denunciare le misure disumane che aggravano la già crudele permanenza dei detenuti nel braccio della morte. In Bielorussia e in Uzbekistan, le autorità non informano i prigionieri né i loro familiari sulla data di esecuzione, negando così la possibilità di un ultimo saluto. I corpi dei prigionieri non vengono restituiti ai parenti e a quest’ ultimi viene persino tenuto nascosto il luogo di sepoltura. Il tutto accade con un sistema penale pieno di falle e minato dalla corruzione che crea terreno fertile per errori giudiziari.


Stessa situazione anche per altri Paesi dove alcuni detenuti stranieri, o appartenenti a minoranze etniche, sono stati giudicati colpevoli e condannati al termine di processi celebrati in una lingua sconosciuta senza che fosse stato fornito loro un interprete.


E se si tratta di bambini? La situazione non cambia, la pena di morte non si arresta. Amnesty dichiara che dal 1990 sono otto i paesi nei quali sono stati messi a morte imputati minorenni: Arabia Saudita, Cina, Iran, Nigeria, Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Usa e Yemen. In seguito, Cina, Pakistan e Yemen hanno emesso leggi per aumentare a 18 anni l'età minima per essere condannati a morte. L'Iran nel 2005 ha messo a morte minorenni all'epoca del reato, almeno otto, due dei quali avevano meno di 18 anni anche al momento dell'esecuzione.


Eppure la legge parla chiaro. I trattati internazionali sui diritti umani proibiscono l'applicazione della pena di morte nei confronti di imputati minorenni, ma le leggi non sempre vengono rispettate. Lo sa bene Amnesty che nella sua denuncia non risparmia di citare i paesi che ancora si macchiano di questa atrocità. (19.04.2006 l'Unità on line)


 


Eppure la Cina resta la più grande opportunità di businness per le altre potenze mondiali, il solito pecunia non olet, insomma. Gli Usa un esempio sfolgorante di democrazia, "i nostri alleati" si proclama sempre fieramente. L'Arabia Saudita il paese grande amico dei suddetti dove non si muove foglia che gli emiri, gli sceicchi e amerikani non voglia.


Per me qualcosa non torna e chi parla di democrazia da esportare e terrorismo internazionale da sgominare è in malafede. Altro che stilare l'elenco dei paesi-canaglia.

mercoledì 12 aprile 2006

Spirito instabile e inquieto


Mi perseguita da alcuni giorni una sottile inquietudine, insinuatasi come un tarlo sottopelle, che filtra la realtà in maniera distorta. Eppure oggi c’è il sole (magari più tardi le nuvole prevarranno in questa instabilità meteorologica), si avverte il fermento che caratterizza l'ingresso della nuova stagione. Di luce, dopo il buio dell'inverno. Di calore, dopo il gelo delle brevi giornate di gennaio.


Il centrosinistra ha vinto le elezioni. Anzi abbiamo vinto, seppure con patemi d'animo eccessivi che hanno ridimensionato il doveroso entusiasmo per la caduta del regime, in sostanza invece non scalfito dalla seconda Liberazione.


Ieri è stato inferto un colpo durissimo alla mafia con l'arresto di Provenzano. Si è trattato di una notizia così bella da sovrapporsi a quella, pure importante, di un successo politico atteso da cinque anni e auspicato. La folla che ha accolto con insulti (e applausi alle forze dell’ordine) l’arrivo del boss di Cosa Nostra mi ha ricordato i brividi provati il giorno dei funerali di Falcone e Borsellino, prodromi di una "primavera" palermitana che non è riuscita a fiorire e completarsi. Adesso chissà…


Le festività pasquali sono dietro l'angolo e, dopo la pausa lunga di fine anno, si tratta di un'altra sosta necessaria. Il lavoro è coinvolgente, ma a giorni troppo alterni, nel senso che sono uno sì e due-tre no, però si continua sempre con la minaccia pendente della cassa integrazione che sembra non essere più di attualità, mentre i mesi passano.


La mente è sempre più sgombra del fantasma del passato che, a lungo, ha esercitato una dittatura pesante e insopportabile. Ombre in dissolvimento. Mentre resta integra la magia dei luoghi e sempre pressante il desiderio di tornare a rivederli con occhi diversi, anche se quest’ ultimo passo mi sembra ancora prematuro.


Eppure l'inquietudine, come una talpa, scava un tunnel, semina insofferenza, talvolta senso di inadeguatezza, percezione di fatti che potrebbero accadere. Ne sono escluse le persone.


Uno stato d'animo in decisa controtendenza con l'evidenza dei fatti. Forse sono io che mi pongo troppi problemi, forse è la mia natura che tende ad essere suggestionata, in negativo, da segnali amplificati. Forse sono l'irrequietezza, l'instabilità, l'insofferenza. Fase di passaggio, di transito, oppure di rinascita.


Ancora non riesco a capire bene e alcune volte sarebbe anche necessario lasciare che le cose accadano, perché così deve andare. Quando la pretesa di controllare sempre tutto si rivela controproducente.


*De Chirico - Angoscia

venerdì 7 aprile 2006

La casa dei ricordi


Uscendo di casa incrocio P. ferma all'angolo. «Da quanto tempo mi stavi aspettando?" le chiedo con un sorriso. «Ma no, ero qui per mio figlio« si schermisce rispondendo e arrossendo. Quando passiamo qui davanti vuol sempre fermarsi«. 


P. è una bella ragazza dai lunghi capelli neri che, nonostante due gravidanze, appare sempre in forma più che discreta, oserei dire perfino sorprendente. Suo marito è stato mio compagno di scuola alle elementari, perciò non posso nemmeno barare sull'età con lei quando osserva che pure io non me la passo male. In genere replico che a 40 anni il timer interno si è bloccato: prove tecniche di civetteria.


D., il figlio, è nato nel condominio in cui abito. Qui ha pure trascorso i primi sei anni di vita. Inevitabile, perciò, che la suggestione della casa natale sia avvertita in maniera così vistosa.  Ripenso alla tempesta di ricordi evocati dall'immagine dei luoghi in cui nacqui.


Quando ogni tanto passo da quelle parti constato come la realtà abbia deformato e stravolto il ricordo. Il paesaggio urbano è radicalmente cambiato, le fette di campagna divorate dalla vorace urbanizzazione avanzante. Non è effetto via Gluck, ma quasi.


E allora vado alla ricerca nella memoria di quei giorni, i primi sei anni, con l'ausilio fondamentale delle foto che portano impressa una parte di me. Il primo televisore, il profumo del caffè, la lunga scala da salire per andare in camera a dormire… Un momento: non credo che disponessi di una camera tutta mia. E allora dove mai dormivo? Ecco, questo rimane un mistero insolubile.


In compenso rammento, ma non so bene il motivo, che non perdevo mai l'autobus. Intendiamoci, non lo utilizzavo certo a quell'età, ma ero spettatore di quella che per me era una manovra acrobatica. A pochi metri da casa si trovava il  grande deposito delle corriere (erano tali a quel tempo) e ogni sera quando l'unica esistente aveva terminato le corse rientrava in garage e questo comportava una retromarcia, difficoltosa per la ristrettezza del posto, per poi infilarsi con il muso all'interno del locale. Ora, poter ammirare ogni volta questo bestione ammansito dalla esperta guida dell'autista mi affascinava. E “l’evento” era sempre collocato al centro dei miei racconti, prima con i compagni della scuola materna (che si chiamava asilo, privato, a quel tempo gestito dalle suore) e poi con quelli appena conosciuti in prima elementare.


Chissà quali sono i pensieri di D. ogni volta che passa davanti alla casa in cui ha trascorso l'infanzia e chissà se quei ricordi riusciranno a fissarsi nella memoria di un bambino che, nei tempi moderni, è sottoposto ad una martellante serie di sollecitazioni che «resettano« il suo cervello ogni giorno.


P., intanto, si sta allontanando con un ultimo sorriso, tenendo per mano il figlio che ha la testa voltata all'indietro.

lunedì 3 aprile 2006

Gli adulti infami

ANSA) PARMA,1 APR - Il piccolo Tommaso Onofri e' stato ucciso dai suoi sequestratori perche' piangeva. Doveva essere un sequestro lampo per estorcere soldi al padre. Il bambino sarebbe morto pochi giorni dopo il rapimento: lo ha riferito agli investigatori Mario Alessi, il manovale fermato per il sequestro. Avrebbe dovuto essere un sequestro-lampo. La contropartita sarebbero stati i soldi che il padre del bambino avrebbe dovuto prelevare dall' ufficio postale che dirigeva. Si sta cercando il corpo.  2006-04-01 21:41


ANSA)-ROMA 1 APR - Il cadavere di Tommaso Onofri e' stato trovato dai vigili del fuoco nell'area lungo il torrente Enza, ad una ventina di metri dal corso d'acqua. Il bimbo sarebbe stato ucciso con un colpo di badile alla testa. 2006-04-01 23:17 
 





NINNA NANNA DEL CHICCO DI CAFFE'


Ninna nanna Mamma
tienimi con te
nel tuo letto grande
solo per un po'
una ninna-nanna io ti canterò
e se ti addormenti, mi addormenterò

Ninna nanna mamma
insalata non ce n'è
sette le scodelle sulla tavola del re
ninna nanna mamma ce n'è una anche per te
dentro cosa c'è
solo un chicco di caffè

Dormono le case
dorme la città
solo l'orologio
suona e fa tic tac
anche la formica
si riposa ormai
ma tu sei la mamma
e non dormi

mai

Ninna

nanna mamma
insalata non ce n'è
sette le scodelle sulla tavola del re
ninna nanna mamma ce n'è una anche per te
dentro cosa c'è
solo un chicco di caffè

Quando sarò grande
comprerò per te
tante cose belle
come fai per me
chiudi gli occhi e sogna
quello che non hai
i tuoi sogni poi
mi racconterai

Ninna nanna mamma
insalata non ce n'è
sette i piatti d'oro sulla tavola del re
ninna nanna mamma ce n'è una anche per te
ci mettiamo su
tutto quello che vuoi tu
ci mettiamo su
tutto quello che vuoi tu



Addio, Tommy, che la terra ti sia lieve. E, sia chiaro, nessuna pietà per gli infami.

*foto www.lungoparma.it