venerdì 21 aprile 2006

Che pena...di morte!


Decapitazione in Arabia Saudita e Iraq, fucilazione in Bielorussia, Cina, Somalia, Taiwan, Uzbekistan, Vietnam e altri paesi, impiccagione in Egitto, Giappone, Giordania, Iran, Pakistan, Singapore, iniezione letale per Cina, Filippine, Guatemala, Thailandia e Usa, lapidazione in Afghanistan e Iran e sedia elettrica negli States. Questa triste lista riporta i metodi utilizzati per applicare la pena di morte nel mondo dal 2000.


A denunciarlo è Amnesty International, l’associazione per i diritti umani che ormai da tempo si batte contro la pena di morte. Nel rapporto sulla situazione delle esecuzioni capitali le cifre parlano chiaro, 20.000 mila sono i condannati nel mondo, in attesa di essere giustiziati. Nel 2005 sono state uccise almeno 2.148 persone in 22 paesi e condannate 5.186 in 53 paesi. Il 94% delle esecuzioni ha avuto luogo in Cina, Iran, Arabia Saudita e Usa.


Per Amnesty International in Cina vi sarebbero state circa 1.770 esecuzioni. Ma il numero effettivo potrebbe essere molto più alto: secondo un esperto legale cinese, sarebbero circa 8.000 i prigionieri messi a morte nel paese ogni anno. Nel corso del 2005 in Iran sono stati messi a morte almeno 94 prigionieri, in Arabia Saudita almeno 86. In entrambi i paesi, i dati reali potrebbero essere più alti. Sono invece 60 le esecuzioni registrate in Usa.


I dati resi pubblici dall’associazione umanitaria sono approssimativi a causa del segreto che circonda l'applicazione della pena di morte. Molti governi, come quello cinese, rifiutano di pubblicare statistiche ufficiali sulle esecuzioni. In paesi come il Vietnam le informazioni su questo argomento sono considerate segreto di stato.


Il rapporto denuncia anche come l’uso della pena capitale può essere pericolosamente legato a interessi economici. Sono in molti, infatti, a temere che, gli alti profitti derivanti dall'espianto degli organi delle persone messe a morte possano essere un incentivo a mantenere la pena.


Ma le accuse di Amnesty mirano anche a denunciare le misure disumane che aggravano la già crudele permanenza dei detenuti nel braccio della morte. In Bielorussia e in Uzbekistan, le autorità non informano i prigionieri né i loro familiari sulla data di esecuzione, negando così la possibilità di un ultimo saluto. I corpi dei prigionieri non vengono restituiti ai parenti e a quest’ ultimi viene persino tenuto nascosto il luogo di sepoltura. Il tutto accade con un sistema penale pieno di falle e minato dalla corruzione che crea terreno fertile per errori giudiziari.


Stessa situazione anche per altri Paesi dove alcuni detenuti stranieri, o appartenenti a minoranze etniche, sono stati giudicati colpevoli e condannati al termine di processi celebrati in una lingua sconosciuta senza che fosse stato fornito loro un interprete.


E se si tratta di bambini? La situazione non cambia, la pena di morte non si arresta. Amnesty dichiara che dal 1990 sono otto i paesi nei quali sono stati messi a morte imputati minorenni: Arabia Saudita, Cina, Iran, Nigeria, Pakistan, Repubblica Democratica del Congo, Usa e Yemen. In seguito, Cina, Pakistan e Yemen hanno emesso leggi per aumentare a 18 anni l'età minima per essere condannati a morte. L'Iran nel 2005 ha messo a morte minorenni all'epoca del reato, almeno otto, due dei quali avevano meno di 18 anni anche al momento dell'esecuzione.


Eppure la legge parla chiaro. I trattati internazionali sui diritti umani proibiscono l'applicazione della pena di morte nei confronti di imputati minorenni, ma le leggi non sempre vengono rispettate. Lo sa bene Amnesty che nella sua denuncia non risparmia di citare i paesi che ancora si macchiano di questa atrocità. (19.04.2006 l'Unità on line)


 


Eppure la Cina resta la più grande opportunità di businness per le altre potenze mondiali, il solito pecunia non olet, insomma. Gli Usa un esempio sfolgorante di democrazia, "i nostri alleati" si proclama sempre fieramente. L'Arabia Saudita il paese grande amico dei suddetti dove non si muove foglia che gli emiri, gli sceicchi e amerikani non voglia.


Per me qualcosa non torna e chi parla di democrazia da esportare e terrorismo internazionale da sgominare è in malafede. Altro che stilare l'elenco dei paesi-canaglia.

4 commenti:

  1. La pena di morta e' l' inumanita' fattasi stato... e' una barbarie cui nel 21simo secolo non dovremmo piu' assistere...

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  2. ifona84, hai naturalmente ragione. Pensa solo al controsenso di udire il termine "giustiziato" parlando di un'esecuzione capitale. E alla bestemmia che, per un credente, dovrebbe essere costituita dall'arbitrio di coloro che si sostituiscono a dio, decidendo quando una persona deve morire.

    Questa barbarie è ormai chiaramente inaccettabile, ma a livello di diplomazie, di grandi stati. Non ci sarà mai l'embargo, però (per dire di una misura economica) che verrà attuato contro una nazione in cui vige ancora questo anacronismo. Come invece sarebbe giusto fare.

    Temo che si tratti di una battaglia molto donchisciottesca, ma non dobbiamo mai cadere nel fatalismo e nella rassegnazione. Magari cominciamo a parlare degli amministratori di questi stati con un chiaro segnale di schifo.

    Baci e un caro saluto

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  3. Concordo con ifona.. Una inutile barbarie.

    Le denunce di Amnesty da un pò scivolano via dalle notizie ufficiali del mondo in tempi sempre più rapidi. Necessario riflettere: ci stiamo abituando alle atrocità?

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  4. Alderaban, l'assuefazione sta ormai diventando compagna di vita e, come si sa, il sonno della ragione genera mostri. Questa barbarie, unità all'intangibilità dei rapporti commerciali, non ci fa migliori delle SS che sterminavano persone nei campi di concentramento. Nonostante quell'abisso in cui la bestialità umana e il silenzio di dio erano precipitati non si è poi fatto molto per risalire.

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