mercoledì 8 marzo 2006

Oggi come 98 anni fa


24 febbraio 2006, Chittagong, Bangladesh, ore 5,30 del mattino. Scoppia un incendio in una fabbrica tessile,
la Kts Textile
Mills. Scene di disperazione degli operai che non riescono a scappare, sbarre alle finestre e porte blindate, come si usa sempre più spesso in Asia per aumentare la produttività e il controllo. Notizie ancora incerte sul numero delle vittime. Ma almeno 65 sono i morti. Erano quasi tutte donne. Bruciate.


La stessa cosa accadde il 25 novembre 2000. Analogie da brividi a leggere la cronaca.


 


Donne al rogo


di MARIUCCIA CIOTTA ("il manifesto" del 25 febbraio 2006)


La chiave non è stata trovata subito. Il padrone della Kts Textile Mills di Chittagong, Bangladesh, l'aveva messa al sicuro, al contrario dei 500 operai del turno di notte che al sicuro non ci stavano affatto. Anche le finestre erano chiuse per impedire che qualcuno lasciasse il lavoro. Così ieri sono morti in 65 (bilancio provvisorio, centinaia i feriti), la maggioranza donne, ma l'odore di bruciato non è arrivato fino a noi, tanto che i Tg hanno ignorato la notizia nei titoli di testa. Quella fabbrica è lontana, dove sta Chittagong sulla cartina geografica? Così lontana anche per le condizioni disumane, ottocentesce, anti-sindacali in cui vivono i lavoratori che hanno visto i rotoli di stoffa sparsi qua e là avvampare per lo scoppio di un radiatore elettrico, e provocare un rogo improvviso, senza via di fuga, senza scampo. Erano le 5.30 del mattino e le fiamme si sono propagate rapidamente in tutto il fabbricato tanto che i vigili del fuoco dopo 12 ore parlavano di numerosi corpi da recuperare sotto le macerie. Molti operai sono rimasti bloccati da ondate di fuoco e di fumo, alcuni hanno sfondato le finestre e si sono gettati dal terzo piano.


L'immagine del disastro riporta indietro fino al 1908 quando 129 operaie tessili - in sciopero per ottenere orari e condizioni decenti di lavoro - bruciarono nello stabilimento della Cotton di New York, chiuse a chiave dalla proprietà. E l'episodio, accaduto l'8 marzo, si vuole all'origine della Festa della donna. Una tragedia persa nell'immaginario che dà ancor di più un'aura da «leggenda» a quella successa ieri. Eppure abbiamo i loro abiti negli armadi. Sei miliardi di dollari annui, infatti, sono il fatturato dell'esportazione dei prodotti tessili del Bangladesh, dove le donne sono le più utilizzate e prendono stipendi più bassi degli uomini per turni massacranti, spesso di notte, sicurezza zero.


Nell'aprile del 2005 più di 70 persone sono state schiacciate dal crollo di una fabbrica tessile illegale costruita abusivamente su un terrono paludoso a Palash Bari, distante pochi chilometri da Dacca. Nel 2000, 48 operai sono morti in un altro incendio sempre vicino alla capitale, l'uscita di sicurezza era chiusa. E il conto sale fino a 350 morti e 2500 feriti negli ultimi anni in quei baracconi che si chiamano «fabbriche delocalizzate», lontane. Vicinissime. È dietro l'angolo
la Kts Textile
Mills con i suoi marchi occidentali che troneggiano nelle nostre vetrine, e che non vogliono sapere delle ditte in franchising dove le porte sono chiuse. Non c'è né tempo né distanza che ci separi da Chittagong e dalle operaie prigioniere - fantasmi che ardono dietro finestre sbarrate - i cui nomi non sapremo mai. Di quella chiave che non si trova, qui, molti ne hanno una copia in tasca.


*La foto - tratta da repubblica it. - si riferisce all'incendio del 2000.


 


Care donne, non comprate o regalate mimose, perché fareste la festa di tanti altri, ma non la vostra che dovrebbe durare 365 giorni, senza arricchire oggi fiorai, commercianti, albergatori e tutta la varia umanità speculatrice.


 

3 commenti:

  1. E' un pezzo che ho cancellato dai miei pensieri questo tipo di manifestazione consumistica.

    Domani per me sarà un momento di riflessione e rammarico, per le vittime di un sistema distruttivo.

    Voglio come dono dalla vita, la possibilità di regalare un sorriso a chi è triste e asciugare una lacrima a chi soffre..questo senso voglio dare alla mia vita. Quando doniamo siamo noi che prendiamo dagli altri.

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  2. Caro Frank, sei preciso e puntuale come sempre, anche nel sottolineare la strumentalizzazione di una giornata che diviene una festa per far dimenticare quello che ancora si deve fare e migliorare per il genere umano in genere quando per questo o quel motivo è sottoposto a discriminazione.

    un abbraccio ed un sorriso

    Maria

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  3. utente anonima, il senso vero della vita è quello che hai definito in poche righe. E quel prendere dagli altri donando è sublime.

    malibra, il tuo preciso apprezzamento è motivo di orgoglio per me.

    Un caro abbraccio e un sorriso, certo.

    StellaCeleste, dispensatrice di auguri colorati. E' bella la tua puntuale presenza. Grazie. Bacetti

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