lunedì 18 luglio 2005

Un sabato qualunque

Sabato mattina. Consueto giro a tappe. Prima fermata: ufficio postale. All’interno la solita, rassegnata fila silenziosa e quattro sportelli. Il primo, con il cartello “chiuso”, è invece operativo, addirittura con la direttrice a contatto con la clientela. Il secondo è attivo nominalmente (lo certifica l’etichetta) e sostanzialmente con regolare impiegata, magari ancora un po’ insonnolita, ma c’è, senza dubbio. Il terzo sportello appare come il più cervellotico da inquadrare, forse un ibrido dei primi due. Infatti, il cartoncino lo annovera tra quelli aperti, ma dietro c’è un fantasma. Giuro di non averci mai visto nessuno, anche perché al posto dell’addetto ci sono apparecchiature informatiche e mucchi di brochures pubblicitarie.


Ormai in Posta si trova di tutto e mancano quel rumore dei timbri e il profumo dell’inchiostro che facevano tanta atmosfera. L’ultimo e quarto della serie, prevede la presenza di un’impiegata in possesso del dono dell'ubiquità, perché si divide tra la consegna di materiali voluminosi, lettere raccomandate e assicurate (ma esistono ancora le assicurate?) e la presenza nell’ufficio “consulenza”, come viene pomposamente definita una stanza separata dal pubblico da una vetrata.


I percorsi obbligati che il restyling ha voluto, neppure il venticello di un pettegolezzo, più un teatro o una chiesa, che un luogo aperto al pubblico. Forse il caldo e il fatalismo che regolano l’attesa, producono questa strana atmosfera.


Esco e mi dirigo, obbligatoriamente, verso la ricevitoria del lotto. Sosta canonica dopo aver vinto, un paio di estrazioni fa, 78 euro puntando 22 e 64 su Venezia. Peccato che sia rimasto nell’urna il 2, che componeva quel terno e che mi avrebbe regalato una cifra per nulla disprezzabile. Altri 10 euro si sono poi aggiunti con il Superenalotto (un ”tre”). Finanziamento per un nuovo scanner. Adesso, seguendo la consuetudine, tornerò a vincere tra alcuni mesi, anche se continuerò a giocare con molto raziocinio e costanza, come sempre. Pare che la fortuna non vada in ferie e così attendo la sua visita. Secondo me, però, ha bisogno di uno stradario, Per la cronaca, è stata come da copione, negativa, l’estrazione della serata.


Terza tappa: macelleria. Uhm, mi va bene, non è neppure molto affollata. Incrocio una ragazza, ferma sulla porta, che viene apostrofata da un’amica in vena di complimenti. “Mi dispiace (l’espressione è più colorita n.d.b) che non abbia preso anche la lode con il 110, Complimenti”. E giù baci e abbracci. La neolaureata torna in negozio. Il titolare mi si avvicina e, con fare complice, esclama: “E’ dottoressa!”. Non afferro subito bene la ragione della sua rivelazione confidenziale, ma replico che sì, sono belle soddisfazioni queste e che adesso potrà riposarsi con le vacanze. Mi stupisco della facondia solleticata dalla notizia e continuo a tormentarmi per cercare di capire il particolare che non riesco a decifrare. Così mi accosto all’uomo e, con candore, chiedo: “Scusa, ma mi sfugge chi sia quella ragazza. Senza dubbio l’ho già vista...”


“Ma è mia nipote, no?”


“Vuoi dire la figlia di L.?”


 “E certo”.


“Ma hai già una figlia così grande?”, chiedo, rivolto alla madre che sta servendo un cliente.


“Eh già, ma noi invecchiamo. Io ho 50 anni e tu?”


Con lei, che mi conosce da sempre, non posso barare sull’età, che la naturale civetteria mi porta a limare di alcuni anni in altre circostanze innocue (quel numerino accanto al nick l’ho perciò aggiunto proprio per essere trasparente). Però, preciso, che; “Per noi adulti non è elegante parlare di invecchiamento, meglio adoperare il termine ‘crescita’, ti pare?”. Ride e aggiunge che ha un’altra figlia più grande, laureata anch’essa.


Uscito dal negozio mi soffermo a considerare, mentre il sole già scalda l’ambiente dopo alcune giornate di nuvole e pioggia, cosa possa rappresentare per una famiglia, che non ha mai avuto eccessive ambizioni culturali, ma si è dedicata al lavoro trasmettendo il mestiere da padre in figlia (e fratelli) avere una figlia laureata. E forse la risposta è compressa tutta in quell’ammiccare del nonno: “E’ dottoressa”, come se questo sia il punto massimo della vita e conferisca un tono alla stessa. Emancipazione piccolo-borghese?


Lungo la via del ritorno, incrocio una “vecchia” compagna di scuola (elementari e medie inferiori), la quale si rammarica ancora del fatto che non sia più stato possibile organizzare una rimpatriata, meno triste, comunque, di quella raccontata da Verdone in “Compagni di scuola”. Si stupisce che siano già passati sei anni (purtroppo ho una personale linea di demarcazione per le date) da quel raduno, il primo dopo trentacinque anni, con
la Terza
“A”. Fu la serata in cui mi si chiuse lo stomaco e mangiai pochissimo, perché rivedevo N., la timida e deliziosa ragazzina che mi aveva conquistato e, alla quale all’epoca, non  ero stato in grado di far capire nulla, se non l’imbarazzo che, d’altronde era anche il suo. Se rinascerò, mi dichiarerò subito all’ultima ora del primo giorno di scuola.


Evidentemente, certe impronte non si cancellano col passare degli anni, se hanno scavato in un cuore virgineo. Così la timida e deliziosa ragazzina, come la ricordavo, era diventata una bella signora, disinvolta e chiacchierona, che non riuscì, tuttavia, a celare un fugace imporporamento delle guance, quando ci salutammo baciandoci. Sposatissima e con tre figlie che mi piace pensare a sua immagine e somiglianza.


Il sole avvolge nel rassicurante calore. Meglio prendere per il mare, sarà una tranquilla giornata d’estate.



 


7 commenti:

  1. sono passata a ringraziarti.

    tornerò presto, a leggerti con calma. ciao e grazie ancora!

    Blue

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  2. BLUE, benvenuta. E grazie a te per l'attenzione. Anch'io, d'altra parte, conto di passare presto da te.

    Buon inizio di settimana.

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  3. Un sabato dedicato alla calma e all'incontro :)....bello!

    Anche io sto ritrovando vecchi compagni di scuola ed ho organizzato questa settimana una serata con loro...comprese due anziane insegnanti dele scuole medie....qualunque sia il luogo geografico a cui apparteniamo...le cose che ci inteneriscono sono sempre le stesse..

    Buona giornata Frank

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  4. MALIBRA, ho sempre cercato di sfuggire alle trappole dei ricordi scolastici, ma questi appartengono al periodo migliore, vale a dire quello delle scuole medie inferiori, dove ancora si viveva in una dimensione ovattata. Su quella circostanza devo anche aver scritto un post specifico.

    Comunque è vera la tua conclusione: si resta inteneriti dalle stesse cose e,anzi, è singolare rilevare come aspetti che potrebbero sembrare anacronistici, restino invece ben impressi nella memoria comune che si ha di quel periodo. E allora, nonostante gli anni trascorsi, ritrovarsi è come catturare quelle dimensioni e uno spazio tempoarale che è solo nostro. I ricordi sono rimasti intatti e fa perfino tenerezza parlarne. Forse per questa peculiarità, il senso di magia che ne deriva, che è così difficile riproporre un raduno.

    Buona giornata a te e un sorriso.

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  5. FEAU, se permetti io trovo affascinante questa tua capacità di inserire immagini piacevoli e divertenti che, accorpate alle parole, rendono i tuoi commenti multimediali.

    Il tempo è, in effetti, il parametro forse più indicativo per delineare i sentimenti di una persona. Se reggono all'usura degli anni, anche tanti anni che passano, quella persona è da avvolgere nella bambagia e conservarne l'amicizia. Poi esiste l'altra faccia della medaglia che, non di rado, ha riservato amarezze. E non credo che, alla fine, esista compensazione.

    Buona serata anche a te: "Vengo a prenderti stasera sulla mia Torpedo blu..."

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  6. Ti ho mandato un messaggio privato frank, grazie per il commento..sei un tesoro.

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  7. MARDOU60, e io ti ho spedito una risposta privata. Mi imbarazza il tuo apprezzamento, ma mi rende contento. Grazie a te per la presenza.

    Un caro saluto

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