martedì 23 febbraio 2010

L'ultima campanella







“In un paese civile dopo la messa in onda di “Presa diretta” ci sarebbero state reazioni infuocate in Parlamento (ma l’opposizione è andata al Festival di Sanremo), pressioni sul ministero, e magari qualcuno avrebbe provveduto a rifornire di gasolio la caldaia bloccata dai tagli indecenti”.


E invece nulla di tutto questo è accaduto, anzi la tv ha impiegato larga parte del suo tempo ad informarci sullo sventurato Morgan, sui guai del gastronomo che ha dichiarato di aver mangiato i gatti, fornendo pure la ricetta e che per questo è stato allontanato dalla trasmissione a cui partecipava. Tacendo, per carità di patria, sui pomeriggi dove la spazzatura mediatica tracima dal video (e che il buon “Blob” testimonia ogni sera).


Insomma se questo delirio di arroganza, idiozia e stupidità conferma come l’istruzione dovrebbe essere salvaguardata, la scuola invece ne esce a pezzi. Si pensi solo per un attimo a quali risultati si potrebbe piuttosto arrivare se s’invertissero spazi e tempi. Se nei pomeriggi italiani, per esempio dopo l’esemplare inchiesta condotta da Riccardo Iacona e dal suo staff, si fosse discusso di quelle immagini, di quelle testimonianze raccolte. Immaginato? Perché l’attimo è già passato e la conclusione è che non siamo, appunto, un paese civile. Una conferma in più, purtroppo.


Gli articoli che seguono sono dello stesso Iacona, prima e dopo la trasmissione, l’editoriale di Antonio Padellaro (il virgolettato è suo) e un altro pezzo de “il Fatto Quotidiano” a commento dell’ottima prova di giornalismo ammirata domenica 14 febbraio. Che si è poi ripetuta una settimana più tardi. Ma di questo parleremo successivamente.













«Presadiretta» sul disastro della scuola


di Riccardo Iacona


 


Pia Blandano preside dell’istituto comprensivo «Antonio Ugo» nel quartiere della Zisa di Palermo, una scuola dove ci sono elementari e medie, accoglie le telecamere di Presa diretta armata di un foglietto bianco e di una matita. E segna sul foglio i tanti «meno», dovuti ai tagli alle cattedre, con cui ha incominciato l’anno scolastico: «Quest’anno i ragazzi avranno meno due ore di inglese, meno un’ora di francese, meno un’ora di tecnologia, meno un’ora di informatica, meno un’ora d’arte, meno un’ora di musica, meno un’ora di educazione fisica». La scuola «Antonio Ugo» è in uno stato pietoso: fuori ci sono vecchie impalcature arrugginite mai tolte da quasi vent’anni, dentro, in corrispondenza dei tubi del riscaldamento, ci sono infiltrazioni d’acqua, su cui nessuno ha messo mano. Non si vernicia la scuola da anni e molte sono le porte sfondate. Mancano persino


le sedie. Dopo tanto la Provincia ne ha mandate un po’, ma troppo grandi. La preside le ha tenute lo stesso. I bambini fanno lezione con il cappotto e il cappellino di lana perché manca il riscaldamento in classe e a pranzo si portano il panino da casa perché non c’è la mensa. E siccome i tagli sono spalmati su tre anni «la situazione può solo peggiorare» ci dice la preside. A un anno e mezzo dalla riforma Gelmini la situazione della scuola pubblica che stasera vedrete su Raitre con Presa diretta è tutta sotto il segno «meno» dal Nord al Sud: nelle elementari dove persino il tempo pieno non si riesce più a garantire, nelle casse vuote degli istituti, dove mancano i soldi per il funzionamento ordinario e per pagare supplenti e insegnanti di sostegno, nell’organico di docenti e amministrativi che quest’anno ha visto la drammatica esclusione di migliaia di precari. «Non ci sarà nessun taglio alla scuola. Dalla sinistra messaggi falsi e inutili allarmismi», aveva detto Berlusconi nell’ottobre del 2008.


(14 febbraio 2010)


 








I tagli e i furti


di Antonio Padellaro


 


Guardando domenica sera su RaiTre l’impressionante “Presa diretta” di Riccardo Iacona, dedicata allo sfacelo della scuola italiana ci veniva in mente Tangentopoli.Ricordavamo, infatti, che una delle scintille che accesero l’incendio fu l’aver costretto una moltitudine di anziani spossati a lunghe file agli sportelli per pagare un balzello sanitario escogitato dall’allora ministro De Lorenzo. Dopo di allora gli arresti di Mani Pulite apparvero a molti come una legge del contrappasso rispetto a un potere intollerabilmente osceno e rapace. Poiché se alle ruberie della politica (ormai una sorta di tassa fissa) si aggiungono in sovrappiù piccole e grandi vessazioni, o si fanno vivere le persone in uno stato di mortificazione permanente e di abbandono, ecco che allora può succedere tutto. Di esseri umani esasperati Iacona ce ne ha mostrati davvero troppi. L’insegnante condannata alla disoccupazione che straccia il diploma di laurea. Il volto di pietra dei colleghi che hanno buttato una vita nei concorsi e nelle attese. La preside della scuola (pubblica) palermitana costretta a raccogliere “contributi volontari” tra le famiglie degli alunni per tirare avanti. Il grottesco pellegrinaggio degli studenti dell’istituto nautico messinese in cerca di aule. Ma l’immagine che non può essere sopportata è quella dei bimbi di un asilo, imbacuccati e tremanti, stipati dentro uno stanzone privo di riscaldamento. Che razza di gentaglia permette tutto ciò? Vorremmo conoscerli, vedere che faccia hanno questi “amministratori” della cosa pubblica e i loro degni funzionari. Del ministro della Pubblica istruzione neanche a parlarne. Il portavoce a cui ci siamo rivolti dopo aver attraversato la linea maginot di filtri e centralini vari non ha dato segni di vita. Si sa, costoro usano la televisione solo per pavoneggiarsi o per biascicare inutili comunicati. In un paese civile dopo la messa in onda di “Presa diretta” ci sarebbero state reazioni infuocate in Parlamento (ma l’opposizione è andata al Festival di Sanremo), pressioni sul ministero, e magari qualcuno avrebbe provveduto a rifornire di gasolio la caldaia bloccata dai tagli indecenti. Ecco appunto: i tagli. Come si fa a giustificare davanti ai cittadini una politica di risparmi che colpisce una spesa indispensabile come quella scolastica? Quando dalle inchieste della magistratura si apprende che la stessa cura parsimoniosa non si applica al monte tangenti che, secondo la Corte dei Conti, ci costa 60 miliardi l’anno. A tanto infatti ammonta la “tassa occulta” pagata dai contribuenti come pedaggio della corruzione dilagante. E con 60 miliardi quante scuole possono essere riscaldate? Quando lo capiranno che la gente non ne può più dei ladri e dei profittatori?


(16 febbraio 2010)


 




La passione che resta. Nonostante tutto...


Ho ricevuto mail da docenti che non si arrendono. «Vi prego a nome dei bimbi disabili, a nome dei precari, a nome delle famiglie: continuate a parlare


 


IL GIORNO DOPO


di  Riccardo Iacona


Non sto a dirvi quali danni sta arrecando ai bambini l’eliminazione delle compresenze, che non erano utilizzate per “passeggiare nei corridoi” ma per recuperare i bambini che avevano difficoltà di apprendimento...» – mi scrive Graziella, insegnante precaria di Palermo da 14 anni, il giorno dopo la messa in onda della puntata sulla scuola.


Poi ci scrive Giuseppina, che insegna a Torino nella scuola primaria “Don Milani” : «Si rendono conto i governanti che stanno sperimentando su materiale umano, che i ragazzi ed i giovani non sono documenti, che in caso di errore, possono essere riscritti e che le inadempienze e le superficialità provocano danni irreversibili?». Poi c’e’ Mariangela, docente di sostegno precaria che lavora nelle Marche: «Vi prego a nome dei bimbi disabili, a nome dei precari, a nome delle famiglie: continuate a parlare di scuola! Perché l’istruzione entra nei gangli della vita delle persone e le forma a tal punto da cambiare i connotati di una società!». Questa è la seconda volta che ci buttiamo con le telecamere di Presa diretta nel mondo della scuola e ancora una volta rimango stupito dalla passione che anima il lavoro nelle scuole pubbliche italiane. Passione vera e per questo accompagnata da una grande preoccupazione per quello che sta succedendo. Ed è in nome di questa passione che gli operatori la scuola la mandano avanti lo stesso, anche con pochi pennarelli e senza soldi nelle casse. «Il volontariato ormai è la nostra condizione quotidiana», – mi scrive Rossella un insegnante di filosofia e storia al liceo classico-linguistico di Lugo in provincia di Ravenna. «Cosa ci rimane? La nostra passione, quella stessa dedizione che porta un anonimo insegnante di provincia a guidare i propri alunni verso la vittoria alle olimpiadi di matematica senza strumenti e risorse. Non voglio neanche immaginare che cosa potrebbe fare se disponesse di qualche strumento in più!».


È talmente forte lo spirito di servizio che guida i professori come Rossella da non accorgersi che, a furia di tagli, la scuola gli sta sparendo sotto gli occhi. C’è infatti una soglia sotto la quale i tagli diventano uno spreco, perché «ammazzano» il servizio: quando in una scuola ho tagliato tutto il «tagliabile» – i soldi per i supplenti, il materiale didattico, i laboratori, una palestra degna di questo nome, gli insegnanti di sostegno e persino il riscaldamento – alla fine non c’è più la scuola. Sì, le teniamo aperte, ma il servizio che offrono è inaccettabile per un Paese del primo mondo come il nostro. I professori possono anche non accorgersene, i governanti no. Perché la posta in gioco è il futuro del paese, come ci ricorda Fernando che ha scritto la sua e-mail di getto, un minuto dopo la fine della messa in onda: «Un paese che non è in grado di garantire condizioni accettabili di studio ai suoi giovani è un paese fallito!».


(16 febbraio 2010)


 


 


ISTRUZIONE? Dopo la denuncia Tv di “Presa diretta”


Muri che cadono, bimbi al gelo. Soldi per tangenti, non per le scuole


SOPRAVVIVERE A SCUOLA


Al freddo, senza sedie e con l’intonaco che cade. Ecco la fotografia dell’abbandono


di Silvia D’Onghia


 


Beatrice ogni mattina porta a scuola sua figlia Federica, tre anni e mezzo. Scuola materna statale in un popolare quartiere romano. Classe “mista”: insieme bambini dai tre ai (quasi) cinque anni, con buona pace dei diversi livelli di apprendimento. All’inizio dell’anno, le maestre hanno chiesto a Beatrice e a tutte le altre mamme un “contributo” alle attività: matite, pennarelli, risme di carta, forbici, quaderni e l’ormai simbolica carta igienica. Le maestre sono soltanto due per 24 bambini: fanno i turni e, quando una delle due si ammala, i bambini vengono presi e smistati nelle altre classi (tra urla e strepiti). La classe di Federica è al piano terra di una struttura che ospita anche le elementari: all’interno dell’aula, oltre ai banchi e alle sedioline, anche una mini-cucina per bambini, qualche giocattolo e pochi libri. Le luci al neon sul soffitto si rompono spesso, ma passano mesi prima che la scuola abbia i soldi per mandare un elettricista a cambiarle. Così capita che Federica e gli altri 23 bambini rimangano quasi al buio. A Beatrice e agli altri genitori viene chiesto spesso di contribuire alle “spese vive ”: l’acquisto di libri o di oggetti utili alla didattica o gli spettacoli teatrali all’interno della scuola. Ma Beatrice sa di essere fortunata: Federica ha ottenuto il tempo pieno e, al di là di bicchiere e tovaglietta che si devono portare da casa, il pranzo è “offerto” dal ministro Gelmini. 42 euro al mese e passa la paura. Una condizione da privilegiati se si pensa al resto della scuola italiana. Come ha documentato “Presa diretta” domenica sera su RaiTre, la scuola italiana cade a pezzi. Altro che riforma.


La prossima settimana Legambiente presenterà i nuovi risultati di “Ecosistema scuola” per il 2010, ma – anche stando a quelli 2009 – l’esito è abbastanza catastrofico. Oltre la metà degli edifici, secondo i dati forniti da 95 amministrazioni comunali e 62 provinciali, ha più di 35 anni e ben il 38 per cento ha urgente necessità di manutenzione. Se questi dati si incrociano con quelli forniti da Cittadinanzattiva nel rapporto su sicurezza, qualità e comfort, il 54 per cento delle 106 scuole analizzate si trova in zone a rischio sismico, il 26 per cento a rischio idrogeologico, il 7 per cento a rischio industriale. E Legambiente sostiene che quasi nel 12 per cento degli istituti è certificata la presenza di amianto.


Per come sono messi gli immobili, è quasi un miracolo che nel 2008 ci siano stati “soltanto” 92.060 infortuni a studenti e 13.879 a insegnanti. Ovunque, sono caduti finestre (il 29 per cento non è integro), solai, tetti e controsoffitti: nel 17 per cento delle aule si sono verificati distacchi di intonaco, la difformità del pavimento arriva al 16 per cento, prese o interruttori rotti raggiungono il 29 per cento. Oltre la metà di armadi e librerie non è ancorato alle pareti. Certo, le prove di evacuazione si fanno ovunque, ma per quelle non servono i soldi del ministero. Riccardo Iacona ha documentato scuole senza riscaldamento (con bambini dell’asilo che tengono cappotti e cappelli in classe) e senza sedie, che, quando ci sono, sono quasi sempre danneggiate.


Per non parlare dell’igiene: mentre trionfano le campagne di prevenzione dell’influenza (mascherine e gel anti batterici quest’anno sono andati a ruba), gli studenti italiani non hanno né il sapone (che manca nel 60 per cento degli istituti presi in esame da Cittadinanzattiva), né la carta igienica (44 per cento) nei bagni. E, in seguito a una circolare ministeriale del dicembre scorso, i sindacati hanno denunciato il taglio del 25 per cento del personale addetto alle pulizie. Ovvero 2.500 persone. Meno lavoro, più sporcizia.


Certo le scuole non sono tutte così. Gli studenti di Prato, Biella e Terni sono fortunati: i loro edifici sono per lo più nuovi, sono dotati di certificazioni di sicurezza e sfruttano le energie rinnovabili. Alcune hanno addirittura sistemi di recupero delle acque piovane per l’impianto antincendio. Ma non diciamolo ai loro compagni messinesi o trevigiani, che magari l’acqua piovana ce l’hanno in classe, per le infiltrazioni dal soffitto fatiscente.


Di fronte a tutto questo il ministro Mariastella Gelmini, che nelle scorse settimane ha continuato a difendere la riforma che porta il suo nome, non parla. Ieri Il Fatto ha provato a realizzare un’intervista con lei, consapevole delle difficoltà di una donna agli ultimi mesi di gravidanza. Eppure dal ministero non è arrivata alcuna risposta, neanche un diniego. Ci è stato detto che la richiesta era stata inoltrata al portavoce del ministro, il quale ci avrebbe sicuramente fatto sapere qualcosa. Siamo ancora in attesa.


(16 febbraio 2010)


 





 





2 commenti:

  1. Che scoramento! Sai, arrivando da google reader dove dei post si vede solo l'incipit, di questo ho letto "In un paese civile...."

    Ecco appunto... in un paese civile. Non in questo.

    Grazie comunque dell'ottimo collage di articoli.

    Ciao

    Artemisia

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  2. Artemisia, lo scoramento nasce anche dal fatto che, ogni colpo mortale inferto alla scuola pubblica, avrà ripercussioni anche sul futuro. Più tutto il resto, naturalmente.

    E' irresistibile la tentazione di collegare gli articoli tra loro, per questo non riesco a postare con continuità, nè seguire altri blog. Però mi fa piacere di essere utile. Passerò a trovarti, perchè riesci sempre a stimolare la curiosità nei tuoi post.

    Un caro saluto

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