sabato 11 febbraio 2006

Cupio dissolvi


Sono stato sedotto intellettualmente da due bloggers. Non rivelerò ovviamente la loro identità.


Il piacere nel regno della virtualità o in bloglandia, come una cara blogger ha definito questo ambiente, adoperando un termine più gradevole di quello comunemente adottato di “blogosfera”, è quello di sottrarre ai cinque sensi  il livello di conoscenza per affidarlo, invece, alla mente che elabora ritratti a getto continuo. Ciò permette di godere integralmente di questa fascinazione, senza mediazione alcuna che non sia la personale capacità di lasciarsi trasportare dai racconti, dalle confessioni, trascinati da una cifra di scrittura di elevata qualità. Se poi, a margine, è cresciuto il "sospetto" che si tratti anche di due donne interessanti è molto relativo, sicuramente non l'aspetto fondamentale.


Una situazione analoga si verificò circa tre anni fa e nacque da una lettera, scritta da una donna e pubblicata su un quotidiano, che calamitò subito la mia attenzione, per un motivo molto semplice. L'autrice abitava nella stessa località in cui abitava “lei” e, mentre l’autrice stigmatizzava un episodio di razzismo, direi ordinario razzismo, difendeva allo stesso tempo, con calore,  la sua città teatro dell’incivile gesto,  dove risiedevano lei e la figlia.


Ricordo che ne venni rincuorato, perché quei posti mi erano sempre sembrati come piuttosto refrattari a qualunque sussulto civile, ma forse dipendeva dal fatto che frequentavo, a quel tempo, alberghi, bar e ristoranti dove sovente la gentilezza, quando c’è, è affettata, si capisce che costituisce un’incombenza in più, non rientra nella naturalezza. Per questo motivo scrissi a quella donna, come a volerla mettere a conoscenza delle mie perplessità sull’ambiente. Altro non avrebbe potuto esserci. Anzi temevo di aver espresso critiche fastidiose che potevano creare irritazione. Fu perciò doppia la sorpresa quando, in primo luogo, trovai nella casella di posta la sua risposta e secondariamente la condivisione di ciò che avevo manifestato. Confortato da questo nacque una curiosa consuetudine, che diventò simpatica, soprattutto: io scrivevo nel pomeriggio, lei leggeva la sera e poi mi rispondeva. Traffico intenso anche per due o più volte al giorno.


Il livello di interesse e di attenzione, va da sé, lievitò immediatamente. E pur dandoci del “lei” (abitudine per me curiosa e, come avrei appreso in seguito, anche per L.) ci allargammo molto, entrando nel rispettivo quotidiano.


In quel periodo “lei” era molto presente, le telefonate plurigiornaliere si susseguivano e, mensilmente, andavo a trovarla, ma nonostante ciò il coinvolgimento intellettuale con L. era travolgente. Sì, perché il suo modo di scrivere lo trovavo sublime, mi incantavo leggendo i suoi racconti, gustavo approvandole, le sue considerazioni e ne traevo beneficio.


Se la descrizione della sua domenica mattina tipo, con la figlia sedicenne che la coccolava a suo modo portandole colazione e quotidiano a letto, riusciva perfino a farmi sentire il profumo irresistibile del caffé, aveva anche il potere di trasportarmi proprio dalle sue parti. Infatti, conoscendo benissimo la suggestiva zona in cui abitava, mi riusciva facile immaginare ogni movimento.  


L’influenza nella mia vita fu tale che, dopo circa un mese, dovetti confessare apertamente a “lei” l’esistenza virtuale di questa donna, in virtù della corrispondenza così fitta. Ne rimase turbata, forse la valutò subito come rivale temibilissima. L., peraltro, era fino a quel momento soltanto un nome e una casella e-mail. In seguito avrebbe anche avuto una voce, ma mai un volto. Da una serie di minuscoli indizi ricavai l’idea che fosse pure una donna fisicamente attraente, ma di questo (e dintorni) non si parlò mai.


Poi si verificarono una serie di avvenimenti tutti negativi. A causa del suo lavoro fu costretta, dopo qualche mese, a rallentare il ritmo, ma poiché era stato rotto il ghiaccio telefonico, non sarebbero mancate le opportunità per restare in contatto. E, mentre mi consolavo con questa rassicurazione, precipitò la situazione con “lei”.


L., quando le avevo parlato di questa donna, non aveva manifestato entusiasmo, pur rifiutandosi di esprimere un giudizio ed evitando l’argomento. Reazione anche comprensibile e tuttavia mi parve di scorgere, fin da subito, nel suo atteggiamento una sorta – come dire? – di riprovazione. Forse anche di disappunto per un’opportunità che per lei sfumava? Eppure non avevo mai percepito segnali da parte sua che mi potessero far pensare ad un coinvolgimento sentimentale. Ma, forse, non mi trovavo nelle condizioni più adatte per intercettare quei segnali. D’altronde non è questa l’unica domanda rimasta senza risposta.


Il tormento dei lunghi giorni dell’abbandono influenzò, senza dubbio, anche il rapporto con L. inidonea, suppongo oggi, a ricoprire il ruolo di consolatrice e ascoltatrice in quella circostanza. Tuttavia i rarefatti contatti proseguirono fino a quando, una sera sciagurata, squillò il telefono, mentre il mio Milan veniva “suonato” a
La Coruna.


Da sventurato risposi e fu la fine. “Ciao” - replicai con un filo di voce – “No, non disturbi, solo che stavo guardando la partita... Magari domani sera...”. Già, quale sera?


In seguito un suo messaggio mi rassicurò, così le inviai anche il regalo di compleanno, aspettando invano un suo ringraziamento. Un paio di mesi più tardi mi armai di coraggio e sfrontatezza e le telefonai a casa. Il gelo della sua risposta mi precipitò sottozero, anche se era giugno. Mi parlò di una zia con la quale stava parlando, più tardi mi avrebbe richiamato. Attesi con cieca e sorda fiducia. E poi anche il giorno successivo. Provai con un sms ad uscire dall’igloo e fu drasticamente chiara la sua risposta. Non mi scriveva più, perché non aveva più voglia di sentirmi, No, io non avevo commesso alcuna scorrettezza, ma poiché aveva sia indirizzo e-mail che numero di telefono, sarebbe stata lei a chiamarmi, qualora la voglia fosse tornata. Evitò di aggiungere di essere lasciata in pace, ma era fin troppo ovvio.


Cosa sarebbe successo se non avessi alzato la cornetta? Oppure se avessi risposto normalmente fregandomene della partita? Sliding doors, una svolta nella vita?


La signora L. andò ad affiancare il signor G. (ne parlai in uno dei post iniziali) nella personale galleria delle occasioni mancate, delle amicizie svanite che – credo – non si ricostituiranno mai più.

16 commenti:

  1. cristhina6000febbraio 11, 2006

    ciao bello il blog

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  2. CRISTHINA6000, che rapidità. Grazie per l'apprezzamento.

    Ciao

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  3. caro frank, nel virtuale come nel quotidiano si affrontano suscettibilità e malumori o disattenzioni involontarie, mmenti di distrazione ed altri di grande compartecipazione...è la vita!

    buona vita

    un sorriso

    Maria

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  4. Caro Frank... ne avrei da raccontare di sliding doors accidenti!!!

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  5. Proprio vero.nel virtuale come nel reale.

    destino, casualità, bohhh. che ci faccio io su questo blog?

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  6. Io non credo che un singolo fatto come la risposta frettolosa a una telefonata possa aprire un bivio.

    Comunque auguri con le due bloggers

    ciao, Paola

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  7. MALIBRA, senza dubbio ad osservare le cose, sotto questo profilo, l'aderenza del virtuale al reale è uniforme. Tuttavia il positivo e il negativo risultano spesso fuori le righe per la mancanza di gesti, accenti, espressioni verbali che possono sottolineare le proprie intenzioni.

    Buona vita è un auspicio che mi piace molto: grazie!

    Un sorriso e un caro saluto



    PAZYRYK, benvenuto anche qui. Credo che almeno una volta ciascuno di noi abbia affrontato la situazione raccontata in quel film, ormai un "cult". E "accidenti!" lo aggiungo pure io.



    DRIZZLE, benvenuta. A condurti qui il caso o il destino? Interessanti le "cosucce" che ho letto frettolosamente da te.



    PAOLA, grazie per gli auguri, ma altro non c'è con le due misteriose bloggers :-))))))))))))

    Sul resto penso pure io che una donna, per giunta molto intelligente, possa far dipendere da una telefonata andata male la volontà di non sentirmi più. Mi ci sono arrovellato il cervello più volte, ma senza trovare una risposta convincente. E mi dispiace.

    Ciao ciao





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  8. Capita di incorrere in incomprensioni nella vita reale figuriamoci su questo mezzo virtuale.

    Seduzioni tramite blog?...qualcuna l'ho avuta anch'io ma la direzione in cui si sono sviluppate le situazioni non è mai stata quella ipotizzata :)



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  9. ombradelventofebbraio 14, 2006

    Già, cosa sarebbe successo se?

    Capita spesso che alcuni gesti, alcune parole vengano registrate dall'altro che ci ascolta o ci osserva in maniera distorta: ed è la fine. Forse quella sera lei aveva bisogno di te, della tua voce...forse.

    Ti abbraccio

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  10. LeAliDiUnAngelofebbraio 14, 2006

    Tanti auguri di Buon san valentino un abbraccio immenso..

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  11. ALDERABAN, mi auguro che sebbene le direzioni non siano state quelle auspicate, non ti sia rimasto del vuoto dentro. A seconda dei punti di vista il virtuale e il reale si alternano nella gamma delle delusioni, in questo caso, con ciò rispecchiando la vita reale.

    Un saluto



    OMBRADELVENTO, il "se" è pesante, ma sai che non avevo considerato quella che poteva essere una sua esigenza di quella sera? E' importante fotografare l'attimo, coglierne l'essenza, senza indugi. Ma non era una serata adatta, tra le peggiori della mia vita sentimentale.

    Un caro abbraccio e scusa il ritardo



    LEALIDIUNANGELO, sei sempre molto delicata, attenta e inguaribilmente romantica, per fortuna.

    Un forte abbraccio

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  12. Ahi le occasioni mancate. Ho solo 21 e tanti rimpianti. Eppure nella vita ho sempre cercato di vivere di rimorsi( sono di gran lunga tollerabili), ma -ahime'- non e' sempre facile prendere la decisione giusta al momento giusto. Siccome non credo nemmeno nel destino, tutto questo procura in me immani sofferenze.

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  13. Quella di prima ero io...

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  14. UTENTE ANONIMA, rimorsi e rimpianti si inseguono per tutta la vita. Anzi direi che proprio la vita è definita, in parte, da rimorsi e rimpianti.

    Penso che tu sia molto giovane per vivere soltanto di rimorsi, perché ci dev’esser pur spazio per le gioie della vita. Anche piccole. Forse non inseguite? Forse non apprezzate? Ovviamente lo ignoro, credo però che sia decisamente prematuro tracciare, già adesso, un bilancio sul libro della partita doppia della propria vita, un bilancio che oscilli tra rimorsi e rimpianti. Meglio comunque i primi – potendo scegliere – rispetto ai secondi. Ma la scelta sempre drammatica resterebbe. E mi sembra che le sofferenze siano già in eccesso.

    Se provassi a credere in te stessa? A quello che puoi dare e a quello che puoi ricevere? In parte siamo anche noi gli arbitri della nostra vita e se non credi al destino, o meglio non gli attribuisci questo ruolo importante, dai fiducia a te stessa, rivalutati come persona e non disperare, perché di occasioni ne avrai ancora tante, pur se so benissimo che ogni decisione è a se stante e che se non è stata presa quella giusta al momento opportuno il rammarico è notevole. Prova a soffrire di meno e rinascere partendo dalle piccole cose del quotidiano.

    A 21 anni hai tanto tempo e le sofferenze di oggi possono preparare un radioso, o almeno confortante benessere, domani.

    Torna ancora.

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  15. A volte le aspettative deluse pesano più di macigni, usciti dalla blogosfera e tuffati nella realtà non eravate più gli stessi, la realtà, seppure parziale, non ha retto a quello che l'immaginazione vi aveva regalato. L'anonimato virtuale ci consente di autocelebrarci,mostrarci e immaginare e immaginarci come in realtà non siamo. Rivelarci agli altri è come rivelarci a noi stessi.. e forse non ci piace..

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  16. DIBIDI, benvenuta. Trovo molto interessanti le tue considerazioni che denunciano una persona che ama fornire un senso alle parole e andare in profondità. Presupposti eccellenti. Desidero solo chiarire che il rapporto con la donna della quale parlo è di molto anteriore al blog e che, seppure parzialmente, ancora uno spessore di virtualità lo conservava non essendoci mai incontrati. Ciò non inficia, ovviamente, la tua analisi.

    Il salto da una dimensione all’altra costituisce spesso un’incognita, il rischio di aver lasciato troppo spazio all’immaginazione, a come si spera che possa essere l’altra persona (non molto dissimile dalla nostra idealizzazione). Immaginare e immaginarci, appunto. La rivelazione, momento fatale. Ma vedi, nella storia raccontata, nella sua conclusione (perché non subentrerà mai la voglia di risentirmi) esiste altro, un granello di polvere che incastratosi tra gli ingranaggi li ha bloccati. Si tratta di qualcosa di sfuggente, di inspiegabile ovviamente, di sorprendente. E tale resterà: che peccato, però.

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