domenica 10 gennaio 2010

Rombo di saggezza










Di lui ne avevo già parlato qui, ma a Gigi Riva vanno sempre riservati spazio e attenzione.


Quest’intervista, che risale al 28 dicembre scorso, merita di essere letta per le sue considerazioni finali. Che spiegano, secondo me efficacemente, perchè di Gigi Riva si continui a parlare ancora oggi, accompagnati dal ricordo terribilmente bello dei suoi gol che hanno contrassegnato la mia infanzia prima e adolescenza poi.


 


Parla il recordman di gol in azzurro, ora team manager della nazionale: «Nessuno mi ha ancora battuto, incredibile...»


«Gilardino è l' uomo giusto Il ritorno di Totti? Perché no?»


Riva: «Con Toni in crisi, è il viola la punta per il Mondiale» Alberto protegge palla, ha fisico e gioca per gli altri La mia nuova battaglia? Salvare il Sant' Elia


 


CAGLIARI - Gigi Riva, team manager (oggi) e cannoniere azzurro (ieri), sono passati quasi 36 anni dal suo addio alla nazionale ma nessuno è ancora riuscito a segnare quanto lei: 35 gol. Ha un' idea del perché? «Non so spiegarmelo. Anche se la possibilità che qualcuno possa battere il mio record non mi fa impazzire di gioia (ride, ndr). Certo, gente che in nazionale ha giocato più di me avrebbe già potuto superarmi. Penso a Baggio, Vieri, Toni, Del Piero».


Gli attaccanti moderni sono diversi da quelli dei suoi tempi? «Oggi hanno agevolazioni che noi ci sognavamo, a cominciare dall' espulsione per il cosiddetto fallo da ultimo uomo. Alla mia generazione è capitato che l' ultimo uomo si mettesse una ventina di metri dietro alla difesa e poi, quando arrivava l' attaccante, prendeva lui o il pallone».


Altri vantaggi? «Nel ' 66, dopo il disastro contro la Corea, la nazionale ha cambiato modo di giocare puntando sul contropiede. Così abbiamo vinto un Europeo. Oggi invece anche le squadre provinciali giocano in attacco e le punte hanno più possibilità di segnare».


Oggi quanto guadagnerebbe un fuoriclasse del gol come Riva? «Da ragazzino mi sono sorpreso quando ho scoperto che mi pagavano per giocare a pallone. Io ho guadagnato tanto. Certo, avessi pensato al denaro, mi sarei trasferito tre o quattro volte nella mia carriera. Anche allora giravano cifre spaventose. Un miliardo di lire faceva il suo bell' effetto».


Già che ci siamo, ci racconta la vera storia del suo mancato passaggio dal Cagliari all'Inter e alla Juve? «Nel '67 Moratti padre mi voleva all' Inter ma Herrera preferì Vastola. Diceva che ero troppo giovane: però suggerì di opzionarmi. Così Moratti donò al Cagliari 180 milioni per aiutare la società e per tenermi bloccato tutta la stagione. Moratti padre ha sempre aiutato il Cagliari: c' erano di mezzo le raffinerie e altri interessi».


E dopo? «Nel '68-'69 si sono fatti avanti la Juve e il Milan. Io per due volte ho rifiutato la Juve e non avrei potuto: difatti per punizione il Cagliari mi mandò a casa. Poi però dopo 20 giorni ricevetti una telefonata di Scopigno, il nostro allenatore, e abbiamo sistemato tutto. La mia era una scelta di vita definitiva».


Riva, oggi la nazionale non ha più una prima punta titolare. Concorda? «Vero. Prima c'era Toni e prima di lui Vieri. Spero proprio che Toni ritrovi la condizione e gli stimoli. Gli serve una squadra che gli faccia recuperare il tempo perduto».


Pare che possa essere la Roma. «Ma la Roma ha già Vucinic e Totti. Luca deve trovare una società che gli garantisca il posto, in cui possa anche sbagliare 10 gol senza essere messo in discussione».


Nell' attesa di Toni chi può essere oggi la prima punta più affidabile? «Gilardino. Sa proteggere la palla, è forte fisicamente, colpisce bene di testa ed è altruista. Dà fiato alla squadra».


Proviamo a fare una panoramica sui nostri attaccanti del momento? Da chi cominciamo? «Da Giuseppe Rossi. È uno sveglio, ha un ottimo tiro ed è concreto: cerca subito la porta. Non è una punta vera e propria e secondo me, in determinate partite, potrebbe giocare anche alle spalle di due attaccanti».


Di Natale? «Nelle qualificazioni per gli Europei è stato decisivo. Ha un enorme talento e non mi spiego come mai non sia finito in una grande squadra».


Quagliarella. «È uno dei pochi che ha il tiro da lontano. Con i palloni di oggi, che cambiano traiettoria, può decidere una partita».


Pazzini. «Ha uno stacco alla Toni e poi vede la porta. Sa anche far salire la squadra. Un tipo pratico: ha già segnato 8 gol e non è che la Samp stia andando benissimo».


Iaquinta. «Ha potenza, tiro, elevazione e velocità: solo che non lo sa. Gliel'ho detto tante volte... Potremmo anche parlare di Borriello...».


Sì, giusto, Borriello. «Spero che possa venire al Mondiale. Fisicamente è potente e poi ha un bel tiro. Non si è ancora espresso nel Milan come a Genova perché non è semplice sfondare in un club che ha 4-5 alternative in attacco. Anche a Gilardino è capitata la stessa cosa».


In lista d' attesa c' è pure Amauri. «Lippi lo stima molto, può essere utile. Ma come è finita la storia del passaporto? Avevo iniziato io la pratica, c' era ancora Donadoni. Lui mi fece sapere che se fosse finito alla Juve sarebbe stato felice di giocare in azzurro e che invece avrebbe avuto delle difficoltà se si fosse trasferito in Premier League».


Qualcuno invoca di nuovo Totti. Vede problemi per lui in nazionale? «Se per caso gli azzurri non accettassero il suo ritorno, mi dovrebbero dire perché. Totti non ha fatto torti o sgarbi ad alcuno, né alla squadra né alla Federazione».


Il futuro può essere Balotelli. «Ha talento. La mia impressione, però, è che sia ancora un po' così». Cioè? «Forse non ha capito che, per lo stipendio che gli danno, vogliono che giochi a calcio. A volte sembra invece che faccia lui un piacere. Deve sfruttare meglio le sue potenzialità».


Altri nomi? «È interessante questo Candreva. Elegante, porta bene la palla, ha talento».


Lippi su Cassano. Lei lo capisce? «Lo capisco ed è giusto rispettare le sue convinzioni. Finora ha sempre avuto ragione lui. Lasciamolo sereno».


E Gattuso? «Rino è come un osso importante di uno scheletro. Anche in borghese aiuta l'ambiente e fa rispettare le regole. Io voglio vederlo in campo».


Gigi, lei è nato sulle rive del lago Maggiore e vive da una vita a Cagliari. Si sente un lombardo con cromosomi sardi oppure un sardo con radici lombarde? «Ormai mi sento sardo a tutti gli effetti. Ero predisposto anche di carattere, un po' chiuso. E difatti come sardo sto accusando il colpo per la porcata che vogliono fare con il Sant'Elia».


Sarebbe a dire? «Che lo vogliono distruggere. Un impianto costruito nel '70 con i soldi della Regione e ristrutturato nel '90, sempre con soldi pubblici, dovrebbe sparire perché il presidente del Cagliari vuole il suo stadio privato. Nessuno glielo impedisce, ma che lo costruisca da un'altra parte. Chissà quanti interessi politici girano attorno a questa vicenda: regalano a un club uno stadio da 50 milioni e quello che io penso non viene pubblicato dai giornali locali. C' è una specie di censura nei miei confronti. È una vergogna, vogliono far sparire l'unico vero stadio della Sardegna».


Da ragazzo per chi faceva il tifo? «L'Inter e Coppi».


In quale squadra di oggi Rombo di Tuono si troverebbe meglio? «Oggi si gioca bene nel Chelsea e nel Barcellona».


Nessuno le chiede più di entrare in politica? «Ci provano ancora nonostante abbia detto di no a Berlusconi per le regionali. La politica non è un mondo adatto a me».


Perché insiste con il fumo? Non è un bell' esempio per gli sportivi. «Me ne rendo conto ma non avverto la necessità di smettere, la sigaretta è una compagnia. C'è un solo sistema per chiudere con il fumo: non vendiamo più le sigarette. Se sono nocive perché sono in vendita?».


Che cosa non le piace del calcio di oggi? «Che è diventato un mondo in cui contano solo i soldi e l' apparire. Oggi uno va con le veline per finire sui giornali. Io con le veline ci andavo di nascosto». Mourinho le è simpatico? «Non mi dà fastidio. È un uomo che difende la sua squadra. Però non condivido una cosa: è troppo protagonista. I protagonisti sono i giocatori».


Mou dice che i giovani sono viziati e che pensano solo alla Ferrari. «Per un giocatore di oggi la Ferrari è come la 500 che nel '63 abbiamo comperato in comproprietà io, Cappellaro e Cera. Comunque poi la Ferrari me la sono acquistata anch' io, di seconda mano ma sempre una Ferrari». Gigi Riva alias Rombo di Tuono: chi è lei, oggi? «Uno che ha mantenuto i piedi per terra. Sono stato semplicemente un giocatore di calcio, non un premio Nobel. E ho pure avuto la fortuna di nascere in Italia. Fossi nato in Alaska avrei spalato la neve».


Alberto Costa


(28 dicembre 2009)


 


Scheda.


Chi è. Gigi Riva è nato a Leggiuno (Varese) il 7 novembre 1944.


La carriera. Ala sinistra, ha giocato nel Cagliari dal ' 63 al ' 76 vincendo uno scudetto (' 69-' 70) e segnando 170 gol. Tre volte capocannoniere della serie A.


In nazionale. Con l' Italia è stato campione europeo nel ' 68 e finalista al Mondiale ' 70. In nazionale Riva ha collezionato 42 presenze, segnando 35 gol, record di marcature azzurre.


La classifica. Riva occupa la 74ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del 20° secolo pubblicata da World Soccer.


 Il dirigente. Oggi è team manager della nazionale italiana di Lippi.


 







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