domenica 29 novembre 2009

E venne un uomo come un “Rombo di Tuono”















Era un Paese in pieno “autunno caldo” quello che, il 22 novembre 1969 si diede appuntamento alle 14:30, davanti al video o allo stadio (Napoli, San Paolo), per incitare la Nazionale italiana contro la Germania Est, nella partita determinante per la qualificazione al Mondiale in Messico dell’anno dopo. Una pausa per rifiatare. Un’indispensabile distrazione a tre giorni dalla morte dell’agente di polizia Annarumma a Milano, durante violenti scontri con gli studenti, nel giorno dello sciopero generale.


Non c’era solo lo sbarco sulla Luna a catturare le attenzioni, ma un profondo malessere sociale percorreva l’Italia da nord a sud. Il 25 aprile una bomba era esplosa nello stand della Fiat, alla Fiera di Milano, provocando sei feriti. Un altro ordigno inesploso era stato ritrovato alla stazione Centrale. Iniziava la strategia della tensione, ad opera dei fascisti di Ordine Nuovo.


Alcuni mesi dopo, l’8 e il 9 agosto, altre otto bombe, collocate su diversi treni, deflagrarono provocando 12 feriti. Altre due, inesplose, vennero ritrovate nelle stazioni di Milano Centrale e di Venezia Santa Lucia. Annunci di strage nell’aria. E di morti.


Da settembre fino a dicembre imponenti cortei di lavoratori invasero le piazze per pretendere maggiori tutele. L’otto dicembre venne firmato il contratto nazionale dei metalmeccanici che fissò in 40 ore la settimana lavorativa e riconobbe i Consigli di fabbrica.


Il peggio stava per arrivare a Piazza Fontana, ma per un pomeriggio la tensione cedette volentieri lo spazio alla passione e l’Italia si ritrovò ancora una volta unita dal pallone, quando il calcio era ancora un gioco e cioè una cosa seria.


Dopo 40 anni resta vivo non soltanto il ricordo di quella partita, ma di un raggio di luce che la illuminò, di un “Rombo di Tuono” che la scosse al punto tale che quell’eco riecheggia ancora oggi. Per mia fortuna fui testimone di quella gara e di un gol incancellabile nella memoria.


La prodezza l’avete vista, sotto il bell’articolo rievocativo che “la Repubblica” ha dedicato al protagonista assoluto: Gigi Riva.


 



Qualificazioni Mondiali - Gruppo 3, Girone eliminatorio, 4ª partita

Napoli, sabato 22 novembre 1969 ore 14.30


ITALIA-GERMANIA EST 3-0


MARCATORI: Mazzola A. 7’, Domenghini 25’, Riva 36’


ITALIA: Zoff, Burgnich, Facchetti, Cera (Juliano 50’), Puia, Salvadore, Chiarugi, Mazzola A., Domenghini, De Sisti, Riva

Allenatore: Valcareggi Ferruccio


GERMANIA EST: Croy, Fraessdorf (Rock 69’), Urbanczyk, Seehaus, Bransch, Körner, Stein, Löwe (Ducke P. 46’), Frenzel, Irmscher, Vogel

Allenatore: Seeger


ARBITRO: Schiller (Austria)


RIGORI FALLITI: Riva 80’ (Italia)



 


 Quel tuffo di Riva che svegliò l' Italia. Volai per un gol


OTTAVIO RAGONE


 


NAPOLI - Quel gol che portò l'Italia in Messico fu il balzo di un puma con le sembianze di un uomo. «Ricordo quella rete, l' emozione nel cuore, il boato della folla, una gioia indescrivibile, cose che neanche se uno si ammalasse di Alzheimer potrebbe dimenticare...».


Stadio San Paolo di Napoli, 22 novembre 1969, Italia contro Germania Est. Quarant' anni fa, domani. La partita decisiva per andare ai Mondiali e affrontare il Brasile di Pelè. Gigi Riva raccoglie i ricordi con quel suo tono secco, senza fronzoli. «Segnai il gol del 30. Domenghini stava lavorando un pallone sulla fascia destra alla sua maniera, e correva. Io aspettavo il momento migliore per inserirmi in area. Vidi arrivare una palla tesa, forte, non mi restava che buttarmi con il corpo in avanti. Pensai: dai Gigi, devi guadagnare mezzo secondo di tempo, altrimenti non ce la fai. Mi inarcai, tuffandomi. Schiacciai il pallone di potenza con la testa, verso la porta. Poi sentii un boato spaventoso al San Paolo, una gioia incontenibile...». «Rete, rete, rete», urlava Nando Martellini ai microfoni della telecronaca.


«Ci giocavamo la qualificazione - racconta Riva - dovevamo assolutamente vincere. La Germania Est era una buona squadra. Sentivo molto la responsabilità, partecipai a tutti e tre i gol, anche se sbagliai un rigore. Il primo nacque da una conclusione mia, respinta, che poi Mazzola mise in porta. Il secondo venne da un mio assist per Domenghini. E l'ultimo...». L'ultimo fu un lampo. La prodezza di uno che non tirava mai indietro la gamba, anche a costo di rompersela. Poco italiano, nel senso che assumeva tutti i rischi del mestiere su di sé. Quello che rifiutò l' offerta di Gianni Agnelli e la Juventus. «Sì, certo, dissi no ad Agnelli. Cos'altro avrei potuto fare?», si chiede oggi Riva. «La Sardegna mi diede una casa, un affetto immenso. I soldi, certo, anche quelli. Ma l' umanità della gente, l' amore, non avevano prezzo. Che belli, quegli anni. E quel 1969. Forse il momento migliore per me, ero in una condizione splendida. E quello stadio, e Napoli che esplodeva...».


San Paolo di Fuorigrotta, ottantamila sguardi sulla Nazionale. E quel gol. Parte il cross di Domenghini. Riva è già in area, ma all'inizio non si vede. Le telecamere ritagliano un fazzoletto verde di erba e basta. Poi in basso nei teleschermi, del tutto imprevisto, si vede spuntare un missile umano. Si impone al raggio ottico della telecamera, volando, ventre a terra. Non s'è mai visto un numero 11 sospeso nell'aria, eppure al San Paolo accade. Riva si spinge con la testa lì dove ogni altro calciatore sarebbe giunto in scivolata. Un tuffo lungo interminabili istanti di adrenalina pura. «Mi dicevo: guadagna tempo, Gigi, guadagna quel mezzo secondo in più, ecco, colpisci ora...».


In quella stessa giornata, in altre parti della città non contagiate dall'urlo dello stadio, un italo-canadese spaccia dollari falsi e viene ammanettato in un bar del centro, un manovale di venti anni muore tamponato da un' auto a Brusciano, alla periferia di Napoli un uomo viene ferito con due pistolettate, e intanto Gigi vola, e diavolo di una città, si ripetono sempre le stesse cose e non sono quasi mai belle cose. Però almeno quell'Italia lì sembrava più unita, meno egoista, si ritrovava nel calcio, anche se il boom economico era finito da un pezzo e in quei giorni di novembre l'agente Antonio Annarumma veniva ucciso a 22 anni a Milano nei disordini in piazza tra dimostranti e forze di polizia.


«Era un'altra epoca, un calcio diverso, anche una società diversa» ricorda Riva. «Resistevano valori umani che non ci sono più. Tra noi eravamo davvero amici. Gli ambienti intorno al pallone sono cambiati. Oggi si gioca una partita quasi ogni giorno, per mascherare i problemi dell' Italia. I calciatori vivono tra gossip e veline. Anche noi andavamo con le veline, cosa credono? Ma non cercavamo le prime pagine, non portavamo le ragazze sulla spiaggia giusta per farci fotografare. Ed eravamo pure più concreti». Nel bene e nel male quel paese ha contorni netti, proprio come Riva al San Paolo mentre spicca il balzo verso la porta. Ha grinta, una voglia epica di vincere, e intanto guadagna altri centimetri di volo. Ecco, finalmente colpisce la palla di testa. Trafigge il portiere Groy, è una rete fenomenale e tutto lo stadio si alza in piedi e sembra un intero paese compatto e fuso in un comune sentire. «Fu meraviglioso, un intero stadio per noi. Napoli mi ha sempre regalato gioie forti, il calore della simpatia». Correva come un puledro senza briglie nel grido degli ottantamila: gol, gol, gol.


(21 novembre 2009)  


 


 

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