martedì 3 luglio 2007

Niente e così sia


L’ignoranza e il nulla si sono intrecciati in un focoso amplesso generando un mostro, alimentato dall’informazione di casa nostra. Solo così si può spiegare l’irrompere baldanzoso sulla scena mediatica di Fabrizio Corona. Ne scrive in modo eccellente Michele Serra nella sua rubrica “L’amaca” su “la Repubblica”; ne commenta la prestazione a Matrix Norma Rangeri, nei seguitissimi “Vespri” su “il manifesto”. Temo che neppure una pernacchia ci salverà dalla degenerazione in atto. E sulla macchietta che è ormai l’informazione televisiva italiana ne scrive a suo modo, cioè brillantemente, Marco Travaglio su “l’Unità” di oggi. Il suo “Uliwood Party” si trova qui, come sempre.


Il mondo rutilante del bordo-piscina


Come ampiamente previsto Fabrizio Corona, il suo chignon, le sue lenti a specchio e i suoi quattrini facili sono diventati un’icona italiana. "L’Italia vuole questo", dice scendendo e salendo dalla Porsche bianca della flottiglia di Lele Mora. E firma autografi, e dispensa saluti alla piccola folla di aspiranti fichetti e fichette che vedono in lui il lider maximo del Terzo Boom: il primo fu quello della fabbrica, il secondo quello della Borsa, questo qui punta tutto sul rutilante mondo del bordo-piscina. Molto invitato da radioline e radiolone private, futuro protagonista dei palinsesti (potete giurarci), ha davanti a sé un futuro luminoso: dice di avere contratti "per un milione e mezzo di euro", e certamente sa già come investire il suo tesoretto privato (al netto delle tasse, speriamo). Una cosa, però, gli andrebbe detta più spesso, e siccome quasi nessuno gliela dice, mi prendo la briga di dirgliela io: non tutta l’Italia "vuole questo", non tutta lo invidia, non tutta si compiace delle sue gesta. Un sacco di persone considerano quel mondo, sia detto con cordiale liberalità, un mondo miserabile e ridicolo. Da ignorare e/o da compiangere. Gli basterebbe levarsi le lenti nere per almeno trenta secondi per accorgersi che l’Italia è parecchio più grande del divano di una discoteca.


Michele Serra


la Repubblica (28 Giugno 2007)


Corona e la tv, binomio perfetto


Norma Rangeri


Se non ci fosse da piangere ci sarebbe da ridere a vedere la performance di Fabrizio Corona, il simbolo della Milano da sniffo, il re del gossip, ospite di Matrix (giovedì, Canale5).

Poltrona rossa, scrivania scura, abbronzatura perfetta, gessato vistoso, capelli impomatati, orologio, anelli, braccialetti e logorrea inarrestabile, il protagonista del sottobosco televisivo, sotto inchiesta per estorsione, fa il suo show. Corona si difende accusando. «Dottor Mentana lei mi deve far parlare sennò me ne vado». Non ci sta a fare la parte del cattivo, preferisce quella della vittima. Ben pagata, tuttavia, da chi gli chiedeva di non pubblicare interviste e fotografie. A cominciare dal dirigente della Fiat, che, secondo la sua versione, lo chiamò per bloccare la vendita ai giornali e alla televisioni dell'esclusiva intervista con il transessuale che Lapo Elkan frequentava e sul cui letto stava morendo per overdose. L'affare è delicato e anche imbarazzante perché finché interviene la Fiat si capisce, ma Corona tira in ballo anche «la telefonata di un alto dirigente di Mediaset che mi telefonò per bloccare l'intervista». Tra l'altro lui quell'intervista l'aveva offerta anche a Mentana. Che conferma, specificando però che di quella telefonata lui non sa niente e che l'intervista al transessuale non l'ha voluta perché «non in sintonia con l'opinione pubblica, e perché Lapo in quei momenti era in pericolo di vita». Insomma per rispetto e delicatezza. Corona invece pensa che quella scelta fosse dettata dalla pubblicità di Fiat a Mediaset. Poi arriva il turno di Francesco Totti e del suo flirt con Flavia Vento. Il calciatore sapeva della trattativa che i dirigenti della Roma avevano con Corona per evitare la pubblicazione della storiella, che tuttavia esce ugualmente su un settimanale. Ma Corona rimedia, fa uscire, su un altro settimanale, una seconda intervista dove la ragazza smentisce tutto. E per il favore riceve 50 mila euro dal dirigente della squadra. Con fattura? Non scherziamo, di certi affarucci non va lasciata traccia. In studio c'è il ministro Antonio Di Pietro, che un po' fa la parte del magistrato un po' difende la categoria dei giudici, un po' scherza. La serata ha infatti un tono allegrotto, corrono battute sul mondo delle vallette e dei calciatori. Solo il vicedirettore de La Stampa, Massimo Gramellini, non ha voglia di ridere e stoppa il Corona-pensiero del così va il mondo e se uno è furbo ci guadagna. «Questa non è la vita», obietta Gramellini. Vero, questa spazzatura, tuttavia, è la benzina, pompata dai giornali, che entra nelle case con la tv, inquinando il senso comune. Serata con grande ascolto (37 per cento di share). Corona e la tv sono fatti uno per l'altra.


nrangeri@ilmanifesto.it  il manifesto (30 giugno 2007)


 

2 commenti:

  1. samuelesianiluglio 04, 2007

    Costanzo e Corona sono già un bell'amplesso...

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  2. samuelesiani, e anche impegnativo: rischia di generare mostri! Ciao

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