sabato 8 marzo 2008

Processo per stupro


Fu una serata rivoluzionaria quella del 26 aprile 1979. Sulla Seconda rete della Rai venne trasmesso il programma “Un processo per stupro” (seguito poi da un dibattito) e replicato il 18 ottobre dello stesso anno. Vinse il Premio Italia 1979 quale miglior documentario televisivo.


La trasmissione “Blob” ne ha riproposto, un paio di giorni fa, alcune immagini, talvolta grigie e scolorite, come doveroso omaggio alla protagonista assoluta di quel processo e di quella serata, l’avvocato Tina Lagostena Bassi, deceduta martedì scorso. Qui propongo la sua appassionata arringa.


Presidente, giudici. Vedo che innanzitutto io debbo spiegare una cosa, perché noi donne siamo presenti a questo processo e intendo prima di tutto Fiorella, poi le compagne presenti in aula ed io, che sono qui prima di tutto come donna e poi come avvocato. Che significa questa nostra presenza? Ecco, noi chiediamo giustizia. Non vi chiediamo una condanna severa, pesante, esemplare; non ci interessa la condanna. Noi vogliamo che in quest’aula ci sia resa giustizia, ed è una cosa diversa. Che cosa intendiamo quando chiediamo giustizia come donne? Noi chiediamo che anche nelle aule dei tribunali ed attraverso ciò che avviene nelle aule dei tribunali, si modifichi quella che è la concezione socio-culturale del nostro paese. Si cominci a dare atto che la donna non è un oggetto.


Noi donne abbiamo deciso, e Fiorella in questo caso, a nome di tutte noi, noi le siamo solamente a lato, perché la sua è una decisione autonoma, di chiedere giustizia. Questa la nostra richiesta. E certo io non sarò molto lunga, ma devo purtroppo ancora prendere atto, e mi scusino i colleghi, che se da parte di questo collegio si è trattato, in questo caso Fiorella, ma si sono trattate le donne come donne e non come oggetti, ancora la difesa dei violentatori, considera le donne come solo oggetti, con il massimo disprezzo e vi assicuro, questo è l’ennesimo processo che io faccio, ed è come al solito, la solita difesa che io sento. Vi diranno gli imputati, svolgeranno quella che è la difesa che a grandi linee già abbiamo capito. Io mi auguro di riuscire ad avere la forza di sentirli, e non sempre ce l’ho, lo confesso. Di avere la forza di sentirli e di non dovermi vergognare, come donna, e come avvocato, per la toga che tutti insieme portiamo, perché la difesa è sacra ed inviolabile, è vero, ma nessuno di noi avvocati, e qui parlo come avvocato, si sognerebbe di impostare una difesa per rapina così come si imposta un processo per violenza carnale. Nessuno degli avvocati direbbe nel caso di quattro rapinatori che con la violenza entrano in una gioielleria e portano via le gioie, beni patrimoniali, sicuri da difendere, bene, nessun avvocato si sognerebbe di cominciare la difesa, che comincia attraverso i primi suggerimenti dati agli imputati, di dire ai rapinatori: «be’, dite che però il gioielliere ha un passato poco chiaro. Dite che il gioielliere in fondo ha ricettato, ha commesso reati di ricettazione, dite che il gioielliere be’ è un usuraio, che specula, che guadagna, che evade le tasse». Ecco, nessuno si sognerebbe di fare una difesa di questo genere, infangando la parte lesa soltanto. E nessuno lo farebbe nemmeno nel caso degli espropri proletari, ma questi sono avvocati che certamente non difendono nessuno che fa esproprio proletario. Ed allora io mi chiedo perché, se invece che quattro oggetti d’oro, l’oggetto del reato è una donna in carne ed ossa, perché ci si permette di fare un processo alla ragazza. E questa è una prassi costante: il processo alla donna, la vera imputata è la donna. E scusatemi la franchezza, se si fa così, è solidarietà maschilista, perché solo così si ottiene che non si facciano denunce per violenza carnale.


Io non voglio parlare di Fiorella. Secondo me è umiliare una donna, venire qui a dire non è una puttana né niente, una donna ha diritto di essere quello che vuole. E senza bisogno di difensori. E io non sono il difensore della donna Fiorella. Io sono l’accusatore di un certo modo di fare i processi per violenza. Ed è una cosa diversa.


Tutto si cerca di sporcare. E questa ragazza alla ricerca disperata di lavoro, e che lavoro fa, lavoro nero, mentre se andasse per le strade non avrebbe bisogno di andare per settantamila lire al mese a lavorare da Giordano, perché tanto era il suo guadagno!


Pensate, una violenza carnale ad opera di quattro, durata un pomeriggio, con un sequestro di persona in una villa, viene valutata due milioni. Il silenzio della Fiorella valeva un milione invece. Questo vi prego di tenerne conto ai fini dell’esame di quella tal congruità dell’offerta di risarcimento. Bene, le si offre un milione e Fiorella, che ripeto è pure una ragazza che avrebbe bisogno di soldi, ma li vuole solo lavorando pulitamente, anche se fa lavoro nero, se viene sfruttata come lavoro, ma vuole guadagnare i soldi solo coi suo lavoro, fa finta di accettare, guadagna qualche ora. Non vi sto a rileggere tutto. Dice ne riparliamo domani. Perché domani? Sono le sette e mezza di mattina, alle otto ci sono altre telefonate; lei risponde «non lo voglio vedere subito», alle undici è già al commissariato.


Ma il maresciallo è stato fin troppo chiaro quando ha detto: «quando sono andato a fermare il Vallone se lo aspettava e mi ha detto “sì, per i fatti di Fiorella. Siete qui per i fatti di Fiorella”». Lo abbiamo sentito or ora. Ma se i fatti di Fiorella era che avevano avuto un rapporto a pagamento, non a pagamento, ma con una donna consenziente, ma come uno si aspetta la polizia? E poi, la seconda parte. Vengono interrogati dal Pubblico Ministero a Regina Coeli, e non è ancora intervenuto il difensore a dare suggerimenti, e allora che cosa fanno? Negano. Mentre al maresciallo confermano di aver avuto rapporti carnali, perché tanto anche hanno detto, di fronte al Pubblico Ministero negano, negano l’evidenza.


Ma chi ha mai detto che occorre la pistola, che occorrono le botte? Nel Medioevo sì, si diceva, quando si parlava e vi ricordate la giurisprudenza del decennio scorso della «vis grata puellae ». Non siamo più ancorati a provare questa violenza gradita alla fanciulla che si ammanta di pudicizia. Nel 1977-78 i costumi sono cambiati. Se una donna vuole andare con un ragazzo, ci va, molto più semplicemente. E non si parla di «vis grata puellae », né di quella resistenza, destinata a cadere come le mura di Gerico.


A nome di Fiorella e a nome di tutte le donne che molte sono, ma l’ora è tarda noi chiediamo giustizia. E difatti questo io vi chiedo: giustizia. Noi non chiediamo le condanne, non ci interessano. Ma rendete giustizia a Fiorella ed attraverso la vostra sentenza voi renderete giustizia alle donne; a tutte le donne, anche a quelle che vi sono... e prima di tutto a quelle che vi sono più vicine, anche a quelle povere donne che per disgrazia loro sono vicine agli imputati. Questa è la giustizia che noi vi chiediamo. Per quanto attiene al risarcimento già vi ho detto. Una lira per Fiorella. Questa ragazza cosi venale, che andava con gli uomini per soldi, vero? e sulla quale voi butterete fango, butterete fango a piene mani. Bene, questa ragazza cosi venale vuole una lira. E vuole la somma ritenuta di giustizia devoluta al Centro contro la violenza sulle donne. Perché queste violenze siano sempre meno, perché le donne che hanno il coraggio di rivolgersi alla giustizia siano sempre di più”.


Replica finale dopo le tre arringhe degli avvocati difensori degli imputati


“In realtà quello che è successo qua dentro si commenta da solo, ed è il motivo per cui

migliaia di donne non fanno le denunce, non si rivolgono alla giustizia. Poi due cose mi hanno indotto a farlo, un senso di correttezza nei confronti di Fiorella ed una cosa che non entra nel processo, ve ne do atto, la devo dire per onestà. Ho letto sui giornale, «Paese Sera» edizione della notte, di un’ulteriore violenza a una ragazza di diciassette anni che non dirà bugie perché è sordomuta ed è stata molto molto malmenata perché forse ha fatto quella resistenza che qui si nega ci sia stata. Io mi chiedo quale sarebbe stata la reazione. Sono quattro uomini. Certo, uno può dare un morsico e può rischiare la vita, e l’avrebbe rischiata, e ognuna delle donne ricorda quello che è successo a chi ha cercato di ribellarsi, a chi cerca di ribellarsi alla violenza. Ed ecco che violenza vi è anche senza una reazione di questo tipo, perché non si può aspettare che tutte siano delle sante Goretti.


Non ci sono una parola e l’altra. C’è stata quella che è stata la presa in giro di una ragazza, della buona fede di una ragazza che è andata fiduciosa con Vallone proprio perché lo conosceva, perché aveva avuto fino a quel punto rapporti normali, perché sapeva che era sposato, perché per lei era un uomo anziano, uno al di fuori di ogni questione, uno con moglie. Io ho finito. Affido a voi la giustizia anche per quella ragazza che non ha voce per chiedere giustizia”.

8 commenti:

  1. buona giornata anche a te Frank...un sorriso

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  2. queste parole sono le uniche mimose che oggi accetto. grazie

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  3. stefanomassamarzo 08, 2008

    ok

    ineccepibile

    un saluto stef

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  4. grata per questo post

    un abbraccio

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  5. Un ricordo della "nostra" grande Tina.

    Ho rivisto con emozione quelle immagini.

    Un abbraccio.

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  6. SCUSATE IL RITARDO.

    malibra, ritrovarti e aggiungere un sorriso, come sempre, è stato piacevole.

    alenic59, prego. Sono anche le uniche mimose che accetto io di regalare. Il resto è business.

    stef, le tue apparizioni sono vanto per me. Grazie. Un caro saluto.

    kneff, sono lusingato io per la tua gratitudine. Un abbraccio.

    fioredicampo, immagini davvero emozionanti. In vita restano sempre più cialtroni.

    Un caro abbraccio.

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  7. non avevo mai visto il tuo blog, ci sono arrivata cercando info proprio sul processo del 1979. se t'interessa, ho creato una voce su wikipedia.



    CloseTheDoor "sloggata"

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  8. CloseTheDoor "sloggata", ti ringrazio per l'informazione preziosa. La consulterò senza dubbio. Quel processo è rimasto storico e il libro che lo racconta prezioso. Se vorrai vieni ancora a trovarmi.

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