lunedì 8 maggio 2006

La miniera della morte


Partito sabato da Seraing, in Belgio, con un cronoprologo di 6 chilometri, l’89° Giro d’Italia ha fatto tappa ieri a Charleroi (Marcinelle). Una tappa della memoria. 


Il nome della località belga, infatti, è legato indissolubilmente alla devastante tragedia che colpì, principalmente l’Italia, quella della povera gente del Sud costretta ad emigrare per trovare lavoro (e che lavoro) in zone inospitali, dove l’avversione per lo straniero si manifestava negli accoglienti cartelli all’ingresso dei bar che vietavano l’ingresso a cani, bambini e italiani. Accadeva tutto solo 50 anni fa.


 


"Nous sommes une cinquantine. Nous fuyons les fumées vers les quatres paumes..."


Fu scritto con il gesso su di una tavoletta di legno da una delle vittime, mentre cercavano scampo...


 


 [...] L'8 agosto del 1956, nelle miniere belghe di Marcinelle dove a profondità abissali (più di mille metri) lavorano uomini e bestie, le fiamme si impadroniscono di un pozzo e da lì si propagano negli altri. I 240 minatori di cui 138 italiani, la maggior parte dei quali meridionali e calabresi, restano intrappolati. Non si salva nessuno. La notizia semina sgomento.


[...] Il 9 agosto l'affannosa lotta per strappare i minatori sepolti nella miniera in fiamme dichiara la sua impotenza. Le squadre di soccorso non riescono a raggiungere nessuno dei minatori, strozzati dall'ossido di carbonio e inseguiti dalle fiamme. Agghiaccianti le prime righe dell'inviato speciale, che comincia a porre sotto accusa l'amministrazione mineraria e avanza critiche per il modo come sono stati assunti i primi provvedimenti per fare fronte alla tragedia che si svolge nelle viscere della miniera: “Anzitutto, in pochi cenni, le magre novità della giornata. Nessun altro dei minatori sepolti nelle viscere del Casier è stato recuperato, nè vivo nè morto. L'incendio, a giudicare dal pochissimo fumo che esce da quella che si può chiamare davvero la miniera della morte e dalle notizie dei tecnici, si va estinguendo grazie all'opera dei pompieri, alla chiusura delle gallerie invase dalle fiamme mediante opere in muratura e sacchi di sabbia. Ma all'ultimo piano della miniera, a 1035 metri di profondità, dove certo si trovavano 130 minatori, quasi metà degli scomparsi, non c'è arrivato nessuno e neppure si è arrivati alle gallerie superiori, in cui erano dispersi i rimanenti. Corriere della Sera, 9 agosto 1956


[...] la solidarietà fu vasta, la richiesta di accertare le responsabilità civili e penali della catastrofe di Marcinelle fu unanime, generale il cordoglio. Le Peuple, organo del partito socialista belga, uscì listato a nero fin dai primi giorni del tragico evento. Ma nessuna delle cause vere, che determinarono l'inferno nero di Marcinelle, fu eliminata.


La causa del prodursi dell'immensa bara di 255 minatori stava nelle ragioni che spingevano ad emigrare. Ma non si cambiava linea. L'emigrazione era una componente strutturale dell'economia italiana e in quanto tale doveva continuare ed essere incoraggiata. Il che non significava, pur dopo la catastrofe di Marcinelle, che fu meglio assistita, che i contratti bilaterali furono effettivamente rispettati, che i sindacati dei paesi d'immigrazione seppero elevarsi al di sopra della difesa degli interessi ristretti della classe operaia dei paesi indigeni.


Tratto da: Pasquino CRUPI - La tonnellata umana, l'emigrazione calabrese 1870-1980 - Nuove Edizioni Barbaro, Bologna 1994


 


[...] L'Italia può esportare dei lavoratori, ma non degli schiavi. Se il contegno dei datori di lavoro stranieri e l'atteggiamento egoistico degli stessi sindacati operai di quei Paesi costringono i nostri uomini a lavorare in condizioni di estremo e continuo pericolo, è doveroso intervenire in loro difesa anche sul piano politico e diplomatico, perchè gli eccellenti rapporti che intercorrono tra l'Italia e il Belgio non finiscano col soffrirne. Sappiamo che la C.E.C.A. è intervenuta nella questione per trovare una formula, che possa conciliare gli interessi delle società belghe con i sacrosanti diritti alla vita dei minatori italiani e con le giuste esigenze delle nostre autorità tutorie.


Editoriale, Corriere della Sera, 9 agosto 1956


[...] Sono tutti morti. Queste tre parole campeggiano sulla prima pagina dei giornali di Charleroi usciti di buona mattina in edizione straordinaria, listati a lutto. Sono tutti morti. Le tre parole che la gente ripete costernata per le strade suonavano come tre funebri rintocchi sull'ultimo atto della tragedia di Marcinelle, all'alba del diciassettesimo giorno del suo inizio.


Massimo CAPUTO, L'ultima giornata d'attesa fu la più straziante, Corriere della Sera, 24 agosto 1956


Fonte: www.emigrati.it


 


 


 

4 commenti:

  1. littlebookmaggio 08, 2006

    Un saluto di passaggio!

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  2. Triste ma vero ...

    baci

    mardou

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  3. complimenti per questo lavoro sulla memoria.

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  4. littlebook, ricambio, anche se in ritardo, il tuo saluto di passaggio.

    mardou, grazie. Un bacio a te.

    sermau, di Marcinelle avevo solo sentito parlare di tanto in tanto. Poi è stata una fiction Rai a darmi l'idea del massacro, a colpirmi basso coinvolgendomi con amare riflessioni. Grazie per l'apprezzamento.

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