mercoledì 25 febbraio 2009

Al servizio di sua maestà



Torno sulla vicenda di Eluana Englaro, esaminata dal punto di vista giornalistico, esemplare paradigma dello stato ormai disastrato dell’informazione. Lo faccio attraverso due articoli: il primo di Giovanni Maria Bellu, pubblicato su “l’Unità” il 9 febbraio scorso; il secondo, di Gianni Minà, apparso sull’ultima pagina de “il manifesto” il 13 febbraio. Entrambi disegnano uno scenario “pornografico” - come scrive Minà - delle televisioni e dei giornali, nella fattispecie sul caso Englaro, ma che si potrebbe allargare a come è stata trattata la condanna dell’avvocato inglese David Mills per corruzione e lo stralcio della posizione del potenziale corruttore, grazie al lodo Alfano (in compenso il capo di quella che dovrebbe essere l’opposizione si è dimesso, a conferma della stranezza di questo Paese. Altro che normalità). Oppure, a scelta, il rinvio a giudizio del presidente Fininvest, Fedele Confalonieri, per favoreggiamento in bancarotta.


Per fortuna l’informazione, quella vera, è altro anche in televisione. Strepitosa, per esempio, la trasmissione, curata da Riccardo Iacona, “Presadiretta”, in onda la domenica sera (Rai Tre, ovvio), autentica perla nella merda domenicale, in questo caso, spalmata a più mani negli incubi pomeridiani.


 


La foto che manca


di Giovanni Maria Bellu


Guardate bene quelle foto. I giornali domani ne saranno pieni. Le televisioni inonderanno le case degli italiani con l’immagine di Eluana. E taceranno il fatto che quella ragazza, la ragazza sorridente delle foto, non esiste più da diciassette anni.


Il presidente del Consiglio, con la tempestività dello specialista di marketing, ha immediatamente avviato la seconda fase dell’operazione-Eluana. La sua prima dichiarazione è chiara fino alla spudoratezza. "È stata resa impossibile l'azione per salvarla".


Guardate quella foto e osservate la curva dei sondaggi. Cinque giorni fa due italiani su tre condividevano la scelta di Beppino Englaro. Ieri il paese era diviso a metà. Nel mezzo c’è stata una delle più colossali operazioni di disinformazione del dopoguerra. Sarà interessante e istruttivo studiarla. Perché la campagna mediatica della tragedia di Eluana Englaro è la dimostrazione evidente dei danni che la cosiddetta “anomalia italiana” è in grado di produrre nella libera formazione del consenso.


La tempestività con cui Silvio Berlusconi ha diffuso la sua dichiarazione chiarisce a tutti quelli che ancora non se n’erano accorti il senso dell’intera operazione: attribuire la morte di Eluana Englaro al capo dello Stato e all’intera opposizione. Con qualche venatura di “giallo” come ha potuto constatare chi, poco fa, si trovava davanti alla televisione e ha avuto la disgrazia di sentire Bruno Vespa.

L’uso delle immagini della ragazza sarà, nei prossimi giorni, il proseguimento con altri mezzi della falsificazione operata attraverso i servizi sui risvegli dal coma (di persone in condizioni totalmente diverse da Eluana Englaro) o con l’utilizzo ossessivo di verbi quali “bere” e “mangiare” (spesso accompagnate da immagini di focacce e bottiglie d’acqua). Per questo è importante guardare bene, cioè in modo adulto e consapevole, quelle vecchie foto. Perché il loro uso e abuso richiamerà un’assenza. Richiamerà l’immagine mancante. Quella di Eluana nel letto di morte.


L’immagine che, se solo avesse voluto, Beppino Englaro avrebbe potuto diffondere per mettere a tacere i suoi calunniatori. Non l’ha mai fatto. Non ha voluto farlo.  Ma questo, state sicuri, le televisioni del premier non lo diranno.


l’Unità (9 febbraio 2009)


 


 



TV E STAMPA: L'ABUSO DI ELUANA

Accanimento giornalistico


di Gianni Minà



Un vero spettacolo pornografico, quello messo in scena - con rare eccezioni - da televisioni e giornali dopo la morte di Eluana Englaro. Su istigazione del governo e del Vaticano. E con nessuna rispetto per la propria professione La tragica vicenda di Eluana Englaro ci ha permesso di constatare, una volta di più, la sconcertante situazione in cui versa l'informazione in Italia, ormai acriticamente asservita, salvo pochi casi, alle scelte politiche e personali del piccolo duce Berlusconi e alle logge e alle lobby che gli reggono il gioco.



Dalle 20.20 di lunedì 9 febbraio, dieci minuti dopo che Eluana aveva lasciato questo mondo, è partito infatti nei mezzi di informazione, specie quelli televisivi, un osceno carosello di cronisti, editorialisti e conduttori senza dignità che, malgrado la loro ignoranza sulla condizione di una persona da diciassette anni in stato vegetativo persistente, straparlavano e straparlano di medicina, etica, giurisprudenza, diritti civili, rispettosi proprio di nulla, nemmeno dell'umiltà, della discrezione con cui andrebbe fatta la professione in questi casi.

Sono presunti comunicatori attenti solo a come meglio potevano e possono lustrare le scarpe (pardon, le tesi) di quello che considerano, evidentemente, non il premier di questo paese, ma il loro padrone, quello che permetterà loro di continuare a fare (male) una professione alla quale servirebbe un'altra spina dorsale.



Questa laida esibizione lunedì era ancora più sconcertante perché era sufficiente sentir parlare Gustavo Zagrebelski, ex presidente della Corte Costituzionale a L'infedele di Gad Lerner o un primario di rianimazione dell'ospedale San Camillo di Roma, nei pochi secondi che gli concedeva Bruno Vespa a Porta a Porta, per capire quanto era grande la superficialità, l'arroganza, il cinismo, l'ipocrisia dei nostri politici e dei presunti cronisti che reggono loro la coda.

D'altronde questo era l'orientamento, il clima scelti dai «formatori» dell'opinione pubblica attuale per una particolare e tragica occasione come questa.



Non a caso Enrico Mentana, in questo teatrino, si è dimesso da direttore editoriale delle reti Mediaset perché l'imprescindibile esigenza di non rinviare (per motivi legati ai contratti pubblicitari) la messa in onda di quel tragicomico psicodramma che è il Grande Fratello, aveva bloccato il suo anelito di navigato giornalista di buttarsi in una serata irripetibile. Mentana solo ora sa, dopo quello che si è visto in questi giorni in televisione, salvo che nella puntuale e rigorosa puntata de L'infedele, come l'abbia scampata bella.



Perché la cattiveria di tutti coloro che hanno volato basso, in questi giorni, sul corpo martoriato di Eluana (a cominciare da Berlusconi stesso) era stata estrema, feroce.



Dal portavoce della sala stampa vaticana, per passare via via ai monsignori Barragan («Se l'intervento umano si rivelasse decisivo per la morte di Eluana continuerei a ritenerlo un delitto»), Saraiva Martins («E' stato un omicidio»), Tarcisio Bertone, segretario di Stato («No alla interruzione della vita mascherata da pietà»), Angelo Bagnasco («La morte per eutanasia di Eluana sarà una grave ferita per l'Italia»), fino al segretario della Cei monsignor Mariano Crociata («Ci siamo trovati di fronte all'inserimento dell'eutanasia nel nostro ordinamento»).

Tutti lontani o dimentichi del cristiano sentimento della pietà, oltre che dell'autonomia, delle leggi e dell'indipendenza delle istituzioni di uno Stato sovrano.



A questo proposito è quasi stravagante la dichiarazione di monsignor Crociata che parla di «nostro ordinamento», senza fare distinzione fra Vaticano e Italia.

Un mitragliamento ideologico-religioso così intenso e un'ingerenza così superba e inquietante, forse in Italia non si registrava dai tempi delle battaglie civili per le leggi sul divorzio e sull'aborto (nel 1970 e nel 1978), o addirittura dal tempo della breccia di Porta Pia.

Da credente, non riesco nemmeno a capire questa ossessionante paura della morte. Nella fede cattolica non è forse la morte un passaggio che, liberandoci dalle mediocrità terrene, ci ricongiunge a Dio?



Zagrebelski nel programma L'infedele era costretto a spiegare cosa sono i diritti civili, cosa è libertà in una democrazia, più alla Binetti, anima integralista, per quanto riguarda la fede religiosa, del Partito democratico, che al vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, esponente di Forza Italia.



Per quale motivo, per servire quali ideali (o interessi?), la Chiesa cattolica nell'epoca di Ratzinger ha deciso di agire nella società italiana con questa arroganza, con questo atteggiamento invasivo, specie in un paese dove pure gode di tanti inusuali privilegi (dagli opulenti finanziamenti per le scuole private alla dispensa a pagare le tasse sulle proprietà, che non sono poche)?



E' così grande il vuoto attuale della nostra società e della stessa Chiesa di Roma, in crisi di vocazioni, da richiedere questa crociata?



O forse sta tornando in auge il Vaticano affarista dello Ior (Istituto opere di religione), creatura un tempo di monsignor Marcinkus, che fu complice, nel fallimento del Banco Ambrosiano, della loggia massonica P2 e che Papa Wojtyla riuscì a «confinare» negli Stati uniti solo dopo molti anni dall'esplosione di quello scandalo finanziario?



Cosa ha promesso il governo Berlusconi a questo Vaticano invadente e cosa questo Vaticano ha promesso a Berlusconi e ai suoi progetti presidenziali?



Nessuno ovviamente si poneva questi interrogativi la notte della dipartita di Eluana Englaro, vittima sacrificale di queste mire. E nemmeno in questi giorni sui giornali, più subdolamente attenti a rilevare che il papà di Eluana non c'era al momento della sua morte, ma volontariamente dimentichi che quest'uomo etico era andato a Lecco per trasmettere il suo coraggio alla moglie, anch'essa inferma. Ma Beppino Englaro andava crocifisso. Questa era la linea scelta, il verbo da seguire.



Lo imponeva il giornalismo di oggi, un'attività dove l'Avvenire, il quotidiano della conferenza episcopale italiana, può definire, senza alcun rispetto per se stesso e per Gesù Cristo, Beppino Englaro un «boia».



Così, Vespa a Porta a Porta era attento a far alzare subito l'audio quando parlava in Parlamento il ministro Sacconi (un socialista molto poco laico) e il colorito Gasparri, salvo poi abbassarlo velocemente quando il «colonnello» di An, bacchettato da Fini, dava da matto nell'aula del Senato.

Solitario il primario rianimatore dell'ospedale San Camillo tentava di spiegare che forte del giuramento di Ippocrate, solo il medico ha il diritto, d'accordo con il paziente e i suoi familiari, di decidere quando è l'ora di salutare la vita, e non il Parlamento, per il sacrosanto diritto di una persona di disporre del proprio corpo. Ma Vespa gli tagliava la parola, come il giorno successivo avrebbe fatto anche al prestigioso cardiochirurgo Ignazio Marino e al rappresentante di una associazione di rianimatori e anestesisti.



L'importante era far sfilare nello studio o in collegamento le storie di persone «resuscitate», ma che, chiaramente, non c'entravano nulla con i danni neurologici subiti da Eluana e con la sua lunga agonia.



C'era l'urgenza, a caldo, di mandare in onda un video infame dove un redattore di Porta a Porta, fratello di un paziente che si era risvegliato da un coma, sosteneva che Beppino Englaro, anni fa, dopo essere stato ospite della trasmissione simbolo del modo di fare informazione di Vespa, gli aveva confidato che la volontà della figlia di non essere mantenuta in vita artificialmente, in caso di un malaugurato incidente, se l'era inventata per favorire la battaglia civile portata avanti dai radicali sul diritto all'eutanasia.



Il commento di Beppino Englaro, quando lo avevano avvisato di questa presunta testimonianza, era stato definitivo: «Più in basso di così non si può scendere».

Bene: la tv servizio pubblico è riuscita a farlo. In nome di quale esigenza di Berlusconi o del Vaticano?



il manifesto (13 febbraio 2009)


3 commenti:

  1. ne ho parlato proprio oggi, per la prima volta da quando è nato tutto sto can can, nella mia sala operatoria. Perchè io sono un anestesista rianimatore. Perchè sono giorni in cui non faccio che dire: non accaniamoci...., a colleghi e parenti.

    Perchè non più tardi di lunedì sera dicevo ad un figlio di una 93enne che i pazzi vogliono operare: guardi, io sono contro l'eutanasia, ma sono contro anche gli accanimenti; sua madre chiede di essere porata a casa a morire nel suo letto: accontentatela.



    Ho detto proprio stamattina che tutta la storia Englaro, ma proprio tutta a me puzza. Mi puzzano tutti quelli, compreso il padre, che hanno cavalcato questa povera crista, per i loro interessi. Che mi gioco il naso che vedremo il signor Englaro deputato o senatore della nostra italietta.

    Che non mi sta affatto bene che io medico debba far tacere la mia coscienza, sia che sia in linea o no con quello che urlano i tanti.

    CHe non mi sta bene che sia la una legge a stabilire quando si vive o si muore.



    Stamattina quelli attorno, tutti pro-Englaro, ma è ovvio, tutta gente che vive queste cose ogni giorno, hanno taciuto, ascoltandomi.



    Poi abbiamo cambiato discorso, continuando il nostro lavoro maledetto.

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  2. bluminda, l'opinione di chi opera tra le corsie mi interessa molto. Ci leggo amarezza e irritazione.

    Quanto alla tua scommessa posso rassicurarti, perchè interrogato da Fazio, proprio sabato sera, Beppino Englaro ha negato decisamente un suo coinvolgimento in liste elettorali.

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  3. Non si può aggiungere nulla ai due articoli, che esprimono grandi verità; dico solo che in questo periodo mi vergogno profondamente di essere italiana.

    Romina

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