lunedì 13 luglio 2015

Quando l'amore finisce/2



L'ho amata tanto. Lo so che è così, perché i ricordi non mentono, le emozioni non tradiscono e guardandomi indietro vedo solo una lunga strada, un rettilineo che ho percorso condividendo. Mi è sempre piaciuto molto il passaggio dalla prima persona singolare, alla prima plurale, perché trascina con sé una crescita, un arricchimento. E i ricordi sono tutti declinati alla prima persona plurale. Parlando assieme si adoperava il “noi”, decidendo quale iniziativa seguire si adoperava il “noi”, anzi no, magari arrivava prima l'uno o l'altra a chiedere: “Cosa vorresti fare?”, ma poi sempre in due si agiva.
Le foto hanno contrassegnato il cammino insieme, persino qualificandolo. Si capisce, osservando quelle immagini, che erano scatti di amore. Che sono scatti di amore, perché le foto non scompaiono e, in taluni casi, diventano materia via, palpitano.
Il piacere dell'attesa di rivederla, che poi era gradevolissimo prolungare qualunque fosse stato il motivo. Magari un ritardo, una coincidenza che salta. L'irritazione prima e la considerazione ponderata dopo, trasformavano il negativo in positivo. Pure se quel ritardo non si sarebbe più recuperato. Ma c'era la pienezza del rapporto che assorbiva senza scorie l'imprevisto. Il problema nasceva alla partenza, anzi il giorno prima della partenza che già sapevi sarebbe stato l'ultimo tutto completo. E per allontanare, rimandandola, la mestizia del distacco, il proposito immediato era quello di godersela totalmente quella giornata, seppur caratterizzata, nei vari periodi, dall'ultimo pranzo o dall'ultima cena (ma quella portò male a qualcuno già in illo tempore).
Si fingeva, fingevo con me stesso, ma sapevo che non era la stessa cosa e incombeva il giorno dopo che, rifletto adesso, non era che l'inizio di un nuovo conto alla rovescia per il successivo incontro. Già.
Sapevo, anzi sapevamo che ci sarebbe stato. Non ne avevamo già parlato forse? Non avevamo compulsato il calendario alla ricerca della giusta convergenza? Tutto bene, no? Tutto risolto? Era sempre un penultimo saluto. Mai l'ultimo. Già.
Ma la sequenza si sarebbe interrotta e stringe troppo il cuore, fino a far male, focalizzare l'ultima immagine, l'ultimo sguardo, l'ultimo bacio”.

Si interrompe. Si alza. Se ne va. Gocce di pioggia sul vetro della finestra scivolano come lacrime sul viso.