martedì 26 febbraio 2008

Solo tabacco


L’affermazione apodittica del tabaccaio mi sorprende, anche se non ero io l’interlocutore, mentre sto uscendo dal locale dopo aver effettuato la modesta ma costante giocata al Lotto. «Negli ultimi cinque anni» – esclama con enfasi – «le multe sono aumentate in misura esponenziale». Dispongo di poco tempo e voglio utilizzarlo bene, perciò resisto alla tentazione di ascoltare il concione e mi dirigo verso casa. Ma ci penso sopra. A quella frase, al modo con cui è stata pronunciata, all’improbabile conoscenza del termine “misura esponenziale”. Non per voler esser saccente, ma il tabaccaio è oggettivamente uomo di modesto sapere. Magari se centrassi un terno questa sera, rivedrei il giudizio che per adesso resta tale. Forse impietoso, però è un dato di fatto.

Tuttavia a colpirmi non sono le parole adoperate, quanto un concetto che emerge da quella sentenza pronunciata ad uso e consumo di chi stava pagando il bollo auto. Perché mai – mi chiedo – una simile valutazione suscita consenso unanime (l’eco delle prevedibili reazioni verso vigili urbani e ausiliari del traffico mi stava accompagnando all’uscita)? Perché mai non viene considerata un’altra versione, certo meno populistica, ma più vicina alla realtà, vale a dire che ad essere cresciute sono le infrazioni?

Sarà anche vero che per gli Enti locali le multe rappresentano una voce consistente di bilancio, di conseguenza verosimili anche le disposizioni impartite agli addetti, impegnati in mezzo alla strada, di essere meno intransigenti (perlomeno immagino), ma ad uscirne stravolto è un concetto-base della convivenza sociale, vale a dire il rispetto delle regole.

Così non crescono, “in misura esponenziale”, le multe, perché i vigili sono cattivoni e la colpa è dei comunisti (nella devastante stupidità quotidiana anche questo va messo in conto), ma forse perché i cittadini-utenti sono, “in  misura esponenziale”, diventati refrattari, assai più che in passato, verso limiti e doveri in una delirante parodia di una città delle libertà, di un Paese delle libertà di fare ciò che si vuole. Più che partito una vera e propria deformazione genetica che dal centro si è allargata alla periferia “in misura esponenziale”.

lunedì 25 febbraio 2008

Un frammento di carta


Capita di ritrovarsi tra le mani un articolo di giornale, ritagliato a suo tempo e conservato con cura. Rileggendolo mi ostino a pensare al motivo che poteva avermi indotto alla selezione, ma trattandosi di quasi dieci anni fa si tratta di una rievocazione decisamente improbabile. Però è scritto con una tale delicatezza che mi piace segnalarlo, perché certe riflessioni non hanno scadenza, anzi si propongono sempre come nuove.


Il Martedì di Erri De Luca

Balcone di memorie

In una poesia di gioventù Giorgio Bassani immaginava la vita come «un dileguare di passi» per chi, appena sepolto e morto per la biologia, ancora custodiva un resto di impressioni.

A Mostar est al tempo della guerra i musulmani di quella sponda non potevano andare a seppellire i loro morti al cimitero, messo sotto tiro dalle artiglierie. Nella guerra che più si è accanita contro edifici e luoghi di cul­to, i cimiteri erano obiettivi militari.

A Mostar est i morti trovavano posto tra le radici de­gli alberi dei giardini. Stavano nelle loro piazze sotto una striscia di legno con disegno di luna. Passavo per quelle strade allora, mi affezionavo a quel posto di facce del sud e mi pareva buono che i morti restassero così vicini. Su di loro i passi non si dileguavano, la vita non li metteva da parte. Il popolo di quell'assedio, rinchiuso in cantina, ap­profittava di una tregua per uscire all'aperto e passeggiare intorno ai propri cari strappati a mucchio nell'anno novantatre.

È tempo di andare ai luoghi dei morti, è usanza di ri­tornare da loro in questi giorni. I cimiteri fioriscono in no­vembre. E’ un atto religioso che pure molti atei compiono. Lo chiamo così, religioso, perché rilega vita e persona a quell'altrove che sta intorno e addosso e che, pur senza rappacificarci con la perdita, spinge verso quel punto di confine dove ci separammo: per ricercarlo, per dare testi­monianza di affetto, di cura di pensieri. Ci sono atti reli­giosi che non implicano la fede. Così il nostro tributo è andare da loro, ma meglio sarebbe più spesso parlare di loro, di com'erano, del guizzo di ricordo intorno a un epi­sodio, a un'avventura. Se è lieta ancora meglio, perché ai morti piacciono i sorrisi e loro stessi ne tentano un ulti­mo. Così nell'evocarli, la vita li richiama ed essi stanno af­facciati a un loro invisibile balcone.

il manifesto (3 novembre 1998)

giovedì 21 febbraio 2008

Due settimane e mezzo


Peccato dover andare di fretta e non poter entrare, invece, nei dettagli, cosa che naturalmente farò nei prossimi giorni. Perciò mi limito all’essenziale. A Fratel Masso, che auspica un bel fuoco caldo e “coccoloso”, posso rispondere che verrà probabilmente acceso da qual fiammifero, evitando pesanti conseguenze. Ad alenic59, che si chiede cos’altro si possa fare per tifare ancora di più, posso aggiungere che il tifo si è sprigionato in maniera sufficiente. Ancora un po’ e poi…

Insomma, siamo sulla giusta strada. E qui, per ora, devo fermarmi. Ma non ci sarà da aspettare molto.

lunedì 18 febbraio 2008

Lavoro in corso


Comincio a capire cosa sia il “mobbing” e quanto sfuggenti e indefiniti siano i suoi confini. Ho avuto una crisi personale nel primo pomeriggio, quando la prospettiva di dover trascorrere tante altre giornate come quella odierna mi stava annichilendo, annientando ogni mia risorsa.

L’uovo dell’ultimo titolo è totalmente immangiabile, l’ambiente di lavoro in avanzata decomposizione, la putrescenza si è impadronita di ogni angolo che rimanda miasmi irrespirabili. È a livello mentale il principale disagio, incapsulato in una realtà che non mi appartiene più, prigioniero senza vie d’uscita se non esistesse questo pulcino che, peraltro, domani sera saprò se potrà diventare - come desidera - un pulcinotto.

alenic59 li definisce due macigni chè poi in effetti sono tali. Il primo però è una realtà opprimente, simile ad una sanguisuga si appresta a succhiare energie vitali, il secondo potrebbe diventare pesante se le parole non si trasformassero in promesse per culminare nella certezza. Il pulcino, sempre per amor di metafora, raggiungerebbe così la mamma per vivere felice  e contento accanto a lei. zialaura, che rassicuro, perchè la mia firma c’è già da alcuni giorni (e come poteva mancare?), fa il tifo per me, auspica che la valigia sia pronta, ma molto realisticamente preannuncia che solo a posteriori si potrà sapere se la scelta sia stata giusta o meno. Purtroppo vanno così le cose. Mentre la cara fioredicampo sottolinea come “il lungo termine” sia da preferire all’’immediato.

In verità è ormai annullata l’incertezza su cosa preferire, dove orientarsi. Perché quando percepisci prima (e sai dopo) che il passaggio di reparto non equivale ad un’opportunità che viene offerta da chi crede in te e vuol promuovere una crescita professionale, che il tempo pieno che riscatta il modesto orario settimanale, conseguenza di una crisi aziendale poco assorbita, non rappresenta un segnale positivo della ditta che può sopportare questo costo, ma tutto, molto più semplicemente, accade per una serie di sostituzioni resesi necessarie a causa del contratto scaduto di una dipendente. E che a te non è stata presentata una proposta da lasciare alla personale valutazione, quanto la notifica di ciò che era tutto deciso. E negare oppure attendere, prendere tempo e, magari, rinunciare sarebbe equivalso ad un (falsamente) sconsolato allargare le braccia per ammettere che ce l’avevano messa tutta, che in quel reparto insomma dovevo proprio andarci, altrimenti come giustificare la presenza in un settore dove si erano prosciugate poco per volta tutte le attività compatibili con la mia qualifica? Poi non ci sarebbe stato altro da fare che indicarmi la porta, quasi suggerendomi il passo da compiere. E se, infine, il collega che sostituisco lavorava a tempo pieno non poteva che trattarsi di riempire quel vuoto. Nessuna concessione o “buonismo”.

Qui è necessaria una precisazione. Alla fine di settembre sono stato reintegrato, dopo un anno e mezzo di cassa integrazione, ma a condizioni ben precise: prendere o lasciare. Accettare 21 ore settimanali (che poi ho potuto contrattare a 25) oppure intrupparmi tra i dipendenti in mobilità. Perché – mi veniva spiegato con schiettezza – in azienda non avevo più prospettive (perchè neppure l'azienda ne ha e sopravvive. Ho ricevuto il 15 scorso lo stipendio di gennaio) e altro non avrei potuto chiedere. Che era già una sorta di sipario che stava calando:fine delle rappresentazioni.

Per domani pomeriggio, a orario avanzato, ho chiesto a Tommaso un incontro per ricavare certezze guardandolo in faccia, perché il telefono maschera gli stati d’animo, alterandoli e rendendoli, soprattutto nelle occasioni che contano, posticci. Io ho già scelto – come si sarà capito – la gallina, però voglio capire se la gallina abbia scelto me, se si faccia raggiungere (come da labirinto dell’immagine precedente) oppure si nasconda ancora, approfittandone per allontanarsi creando così una distanza incolmabile.

Ho bisogno di sapere (e dovrò saperlo) se una proposta scaturita di getto, potrà divenire a breve concreta, senza infingimenti, senza perplessità, senza “se” e senza “ma”. Perché, al di là di ogni cosa, i tempi sono davvero maturi e il prossimo mese risulterà quello decisivo. Un marzo di svolta oppure no. A me è richiesto di resistere, di stringere i denti in un ambiente che ormai mi è estraneo, dopo che è stata fatta terra bruciata attorno costringendomi ad arretrare, a limitare il raggio di azione, a dover raccogliere le briciole e alla fine neppure più quelle.

Il ritorno a casa, quando per fortuna con le sempre più lunghe giornate c’è ancora luce sufficiente a contrastare uno scenario mentale allucinante, è stato persino euforizzante pur nella solitudine che mi accoglie. C’era vita perché c’ero ancora io. L’acqua fredda gettata sul viso ha prodotto un senso di pace, rinfrescandomi e purificandomi. Ho acceso i termosifoni, mentre succhiavo alcuni scacchetti di cioccolato, ascoltando un po’ di musica. Ritrovavo la mia tastiera (quella adoperata al lavoro ha molte lettere indistinguibili per la sporcizia) e anche un po’ di sollievo. Una telefonata mi acquietava, facendomi rimpiangere la distanza. E poi è stata subito sera.

sabato 16 febbraio 2008

L’uovo (non molto fresco) oggi o il pulcino che sarà gallina domani?


Lo squillo del telefono è arrivato, come previsto, nella tarda mattinata di lunedì, questa volta per fissare un appuntamento rapido a metà pomeriggio. Il cervello che non aveva mai cessato di elaborare piani futuri e prospettive immediate, si rimette a predisporre nuovi scenari, a riordinare i mille pezzi di un’unica idea, di quel pensiero fisso incalzante da oltre un mese. Pensieri paralleli, in realtà, che da una parte seguono la definizione della nuova posizione aziendale, mentre dall’altra si fanno frenetici per non perdere di vista l’inaspettata opportunità che Tommaso offre. Se dipendesse da lui probabilmente sarebbe cosa fatta e avrei anche già scritta la lettera di dimissioni. E invece c’è qualcosa di strano, di indefinito nel nuovo aggiornamento. Anche nell’atteggiamento.

Tempi sempre più lunghi, non di molto, ma abbastanza significativi per squilibrare una scelta e creare nuove difficoltà. La principale è l’offerta ricevuta in azienda che racchiude il tempo pieno, un’opportunità stranamente in controtendenza per le esigenze aziendali. Il posto da ricoprire è peraltro quello che lascerà scoperto un collega il quale, a sua volta, andrà a sostituire una ragazza che ha risolto il contratto a tempo determinato.

Informo Tommaso della novità che paradossalmente si rivela (o potrebbe rivelarsi) un boomerang. Eh sì, perché il requisito della precaria situazione lavorativa costituiva una solida premessa per assegnare l’incarico e adesso i discorsi si fanno, inspiegabilmente, fumosi. E quella che pareva essere un’attività di durata superiore alle 25 ore settimanali, che ho svolto fino a venerdì scorso, diventa almeno nella fase iniziale un part time (20 ore?). Con prospettive certo di maggiorazione, ma non competitiva con il tempo pieno che avrò dalla prossima settimana.

Sarebbe inopportuno polemizzare (all’inizio si erano prospettate 6 ore per cinque giorni alla settimana, in un settore diverso dall’attuale) e così cerco di capire, di mostrare disponibilità, buon senso e fiducia (magari sarò ipocrita, ma quando il gioco si fa duro…). Resto in lizza, perciò, tra gli altri candidati (che ancora non ho capito se siano reali o presunti) e quando si delineerà la situazione allora potrò confrontare e scegliere. Nessuna preclusione, insomma, però resta sospeso per aria qualcosa di indefinibile, di impercettibile, di sfuggente, un cocktail che genera solo inquietudine.

Altro che caos calmo. Sono invaso da ogni serie di sollecitazioni che il cervello inesausto invia e che di ora in ora, vorrei dire, modificano anche l’umore. Mi sembra di attraversare un ginepraio soffocante, avvolgente e urticante. Il tempo pare sfuggire da ogni controllo, anche perché proprio di corsa contro il tempo si tratta.

Nei giorni scorsi ho verificato come il reparto in cui ho lavorato per parecchi anni avesse cessato di fornirmi qualunque stimolo, come una bottiglia a cui era stato svitato il tappo, tempo fa, facendo fuoriuscire il contenuto liquido che, goccia dopo goccia, si è depositato al suolo. Quella bottiglia si è definitivamente svuotata giusto venerdì. L’ho afferrata metaforicamente, l’ho scossa, ho guardato al suo interno: tutto ripulito e asciutto. Tornare indietro, a questo punto, non sarebbe più possibile. E devo lasciare questa realtà (tempo pieno o meno), perché la permanenza in una ditta che, dopo una cassa integrazione durata 24 mesi, ha espulso alcune decine di dipendenti collocandone una parte cospicua in mobilità e prepensionandone altri, che a fine marzo denuncerà un fatturato in calo rispetto ad un anno fa (nonostante misure draconiane) e che sta esternalizzando varie mansioni, è a rischio: quello di un taglio definitivo per adeguarsi al nuovo che poi è sempre lo stesso, immutabile da anni, credo industriale. Diminuire i costi, per mantenere costanti (quando non aumentarli) i profitti salvaguardando le posizioni di quadri e manager.

Ecco perché scegliere non sarà facile. L’immediato offre uno stipendio più alto (ma non so di quanto) rispetto a quello che potrei ricevere nella nuova attività, ma è quest’ultima – invece - a poter offrire sicurezza e crescita nel tempo. Ed è anche il classico treno che passa una volta e ai margini del binario, senza oltrepassare la linea gialla, occorre trovarsi con i bagagli pronti.

giovedì 14 febbraio 2008

Se il buongiorno si vede dal mattino...


E' dunque esplosa la campagna elettorale. A testimoniarlo non sono però la sacra apparizione nel salotto di Bruno Vespa del tesserato P2 n°1816 (tra le perle di quello che ormai è un “must” irrinunciabile: "la ricerca estrema della lotta all'evasione, che certamente si deve fare,è stata fatta incutendo paura" e determinando di conseguenza un "calo dei consumi". Oppure: mettere un "plafond" sull'età dei politici, ma, naturalmente, non per lui:si sente "un trentacinquenne".Fonte: www.rainews24.rai.it

E neppure lo conferma la “sofferta” decisione presa dall' “ateo devoto” per antonomasia, Giuliano Ferrara, di correre da solo (gli servirà per smaltire qualche chilo di troppo) con la lista “Pro-life” che onestamente ci mancava.

Un segnale (fuochino) potrebbe essere la lettera indirizzata ai ragazzi che andranno alla Giornata mondiale della gioventù di Sydney, in cui il responsabile della Cei per la pastorale giovanile, don Nicolò Anselmi, critica la scena d'amore di “Caos calmo”, avanzando la proposta che professionisti seri come Moretti e la Ferrari rifiutino in futuro di prestarsi a "girare scene erotiche volgari e distruttive". “Molte persone” - insiste senza tema del ridicolo il sacerdote - “osservano che i consacrati non possono e non devono parlare di sessualità corporea, perché non la vivono. Mi sento di poter dire che noi la conosciamo e la stimiamo così bella e importante che ogni giorno la offriamo sull'altare, doniamo a Dio ed alla nostra comunità il nostro celibato, con fatica e con gioia. Per questo preghiamo per chi svaluta questi gesti". Ecco dunque che "sarebbe bello che qualcuno di questi professionisti facesse obiezione di coscienza e si rifiutasse di girare scene erotiche volgari e distruttive. Caro Nanni e cara Isabella - conclude don Anselmi - contiamo sulla vostra passione educativa". Fonte: www.repubblica.it

E già basterebbe, sorvolando su Casini, cultore della multifamiglia, che è andato a raccomandarsi forse l'anima a “sua eminenz” Ruini (dunque un viaggio all'estero) in vista del voto.

No. Che sia iniziata in anticipo la vera e propria campagna elettorale lo si è capito molto bene perché è accaduto questo.


Napoli | 12 febbraio 2008

Irruzione della polizia a Napoli per un aborto

Oltre alla cartella clinica sequestrato il feto


La polizia fa irruzione in ospedale, avuta notizia di un 'feticidio', ma si trattava di un aborto regolare. A denunciare l'accaduto l'Unione Donne in Italia che spiega in una nota: "Nel reparto di Ivg del II Policlinico di Napoli, nella serata di ieri alcuni agenti del Commissariato Arenella hanno fatto irruzione, senza alcun mandato, motivando di aver notizia di reato di 'feticidio'. Si trattava di un aborto terapeutico alla IV settimana regolarmente effettuato nel rispetto della legge 194 e della salute della donna che ha subito l'intervento e che ha espulso, peraltro, un feto morto". "I medici, di fronte ad un inedito agire della forza pubblica, hanno tutelato la donna, ma non hanno potuto evitare il sequestro del materiale abortivo e della fotocopia della cartella (anonima) della paziente - prosegue l'Udi - Gli agenti hanno poi intimidito la vicina di letto della donna esortandola a testimoniare in quel momento altrimenti sarebbe stata chiamata a farlo davanti ad un giudice". www.rainews24.rai.it


La notizia è scioccante, brutalizza il buon senso e la ragione, conferma la profonda regressione che ha investito l'Italia e umilia le donne vulnerando la loro autodeterminazione. Ancora una volta evidenzia la servitù di uno Stato che dovrebbe essere laico all'arroganza della colonia vaticana. Perciò visto che campagna elettorale è, sarebbe davvero utile che il nuovo, che il Partito Democratico vorrebbe rappresentare, rimarchi quella linea di confine tra Stato e Chiesa oltrepassata, con pesanti ingerenze, troppo spesso. Sarebbe una buona base di partenza anche per governare.

... sarà una giornata buia e tempestosa.

lunedì 11 febbraio 2008

Colpevoli tutti


E' un ottimo esempio di giornalismo d'inchiesta l'articolo di Peter Gomez pubblicato su “L'espresso” di questa settimana. Nomi e cognomi, fatti, circostanze: tutto scritto puntualmente con precisione. Ma c'è un altro motivo che mi ha spinto a postarlo ed è l'immonda speculazione elettorale che la destra (più a suo agio tra i rifiuti) si appresterà a lanciare in grande stile. E invece, come denunciato in questo eccellente pezzo, è tutta la classe dirigente che ha amministrato la Campania a partire dal 1994 ad essere responsabile della situazione disastrosa ed umiliante per i cittadini in primo luogo. Il business dei rifiuti fattura un milione di euro al giorno, dunque la maleodorante torta (ma è noto che pecunia non olet) è grande abbastanza per distribuire ghiotte fette a tutti. E non ci sta nessuno a raccogliere le briciole.


Quanti politici finiti nella spazzatura


di Peter Gomez


Gli appalti. La scelta delle aree per le discariche. Le aziende di smaltimento. Persino le assunzioni al Commissariato. Nella regione il business dei rifiuti scatena gli interessi di tutte le forze politiche


Da una parte i nomi e cognomi dei dipendenti, dall'altra quelli dei loro sponsor politici. Ecco, se si vuole capire che cosa è davvero accaduto in Campania dove, dall'11 febbraio del 1994, esiste un Commissariato per l'emergenza rifiuti che ha speso quasi 2 miliardi di euro senza riuscire a centrare nessuno degli obiettivi imposti, si può benissimo partire da qui. Da questo lungo elenco di nomi preparato in via ufficiosa nel 2004 dalla direzione del personale nelle settimane in cui, dopo le dimissioni di Antonio Bassolino, il Commissariato veniva scorporato in tre diverse sezioni: rifiuti, acque e bonifica. Leggendo la lista, di cui 'L'espresso' è riuscito a ottenere una copia, diventano, riga dopo riga, chiare le responsabilità di un'intera classe politica: non solo dei bassoliniani del Partito democratico che governano la regione, ma anche dell'opposizione di centrodestra che all'ombra del Vesuvio ha partecipato e partecipa con passione all'immondo banchetto della spazzatura.

Sì perché qui la monnezza, un business che tra appalti e stipendi, fattura un milione di euro al giorno, è un affare di tutti. I politici, prima ancora che la camorra, ci guadagnano non solo in termini di consenso elettorale, imponendo assunzioni nei 18 diversi consorzi di raccolta, tutti rigorosamente lottizzati, ma anche indicando le aree di imprenditori amici dove potrebbero essere aperte discariche e centri di stoccaggio, gestendo pompe di benzina convenzionate con le aziende dei rifiuti, improvvisandosi trasportatori e soprattutto creando decine e decine di aziende a capitale misto pubblico-privato dove piazzare amici, compagni di partito e parenti. Anche per questo il Commissariato, dove pure nel corso degli anni hanno lavorato giorno e notte molti tecnici di assoluto valore, si è a poco a poco trasformato in carrozzone dove arrivava, 'comandato' da altre amministrazioni pubbliche, personale ansioso di intascare le 70 ore di straordinario mensili garantite a ciascun dipendente. Così, mentre il nuovo commissario Gianni De Gennaro va affannosamente a caccia di terreni dove riversare almeno una parte delle oltre 300 mila tonnellate di rifiuti che ancora intasano gli angoli delle strade della regione, la lista segreta dei vecchi dipendenti del Commissariato diventa adesso una fotografia impietosa di quanto è accaduto. Un'istantanea della Casta che comanda in Campania.

Scorrendo l'elenco, le sorprese non mancano: a segnalare i 'comandati' non erano solo i Ds, la Margherita, l'Udeur. Ci davano dentro pure Forza Italia e Alleanza nazionale. Negli uffici del Commissariato erano per esempio di casa Antonio e Flavio Martuscello, i due dioscuri azzurri del napoletano, rispettivamente deputato ed ex sottosegretario all'Ambiente il primo, consigliere regionale più votato d'Italia, il secondo. I Martuscello avevano sponsorizzato sei diversi nomi. Altri due erano invece stati proposti dal consigliere regionale azzurro Giuseppe Sagliocco, il quale, dopo aver inviato tecnici di suo fiducia al Commissariato, tre anni fa non si è trovato in imbarazzo a capeggiare, assieme a un bel gruppo di parlamentari del centrodestra, le proteste della popolazione che chiedeva il blocco dell'unica discarica ancora disponibile quella di Parco Saurino 2, a Santa Maria La Fossa. Una segnalazione era poi arrivata tramite Francesco Bianco, fino a due anni fa in Regione nelle fila del partito di Berlusconi, e ora capogruppo in Comune per l'Udeur.

Lì Bianco si è ritrovato accanto ai professionisti delle nomine: gli iscritti del partito di Clemente Mastella (nell'elenco compare pure una sua sponsorizzazione diretta) che al Commissariato piazzavano personale per intervento del segretario regionale Antonio Fantini, di Pasquale Giuditta, un deputato sposato con la sorella di lady Mastella, dell'ex assessore regionale all'Ambiente Ugo De Flaviis poi cacciato dal Campanile ("Pago per le nomine non fatte", disse De Flaviis) e dell'ex sottosegretario all'Agricoltura nel governo D'Alema, Nello Di Nardo, dal 2006 cordinatore nazionale degli eletti dell'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro. Ancora più folta ovviamente è la pattuglia dei raccomandati dal Partito democratico (Ds e Margherita). A parte i nomi che recano vicino la dicitura 'Presidenza' (leggi Bassolino), dietro ai quali si celano non solo tecnici considerati di area di centrosinistra, ma anche raccomandati dal centrodestra (tra i dipendenti c'è per esempio la nipote di un consigliere regionale di Alleanza nazionale), nella colonna degli sponsor appare il nome del ministro dell'Innovazione Luigi Nicolais, del sindaco di Ercolano (politicamente uomo di Nicolais), Nino Daniele, del leader dei rutelliani in Campania, Antonio Villari e dell'ex subcommissario ai rifiuti ed ex assessore al Comune, Massimo Paulucci. Non è tutto. La lista prosegue citando spesso il capogruppo dei Ds in Regione, Antonio Amato, il fedelissimo di De Mita Antonio Valiante, l'assessore comunale Giorgio Nugnes e Andrea Losco, oggi eurodeputato rutelliano, ma un tempo commissario ai rifiuti e presidente di Regione, dopo l'esponente di An, Antonio Rastrelli (i nomi degli uomini di Rastrelli vengono indicati nell'elenco con la dicitura '99').

Adesso con i rifiuti di nuovo per le strade, il clima di consociativismo politico che ha reso possibile l'ennesima emergenza non sfugge ai campani, che scendono in piazza per protestare. E a farne le spese sono un po' tutti. Chi tenta di bloccare la polizia e i funzionari di De Gennaro ormai non fa più differenze di colore di casacca. Ne sa qualcosa Pietro Diodato, consigliere regionale di An e membro della commissione Ambiente, celebre a Napoli per una serie di denunce contro gli sprechi della giunta comunale di Rosa Russo Iervolino. Diodato con la spazzatura ci è cresciuto. I suoi nonni fino a vent'anni fa trasportavano con i loro camion la monnezza nella discarica privata di Pianura, quella che De Gennaro avrebbe voluto riaprire e che invece ospiterà solo un sito di stoccaggio per ecoballe. Oggi Diodato nel quartiere dove è nato e cresciuto ci può mettere piede solo a suo rischio e pericolo. Ai primi di febbraio la folla inferocita ha bruciato un grande distributore di benzina a forma di camion da poco aperto da sua nipote e la sua sede elettorale. Agli abitanti, che inizialmente si muovevano in massa assieme a ultras del Napoli e gruppi di figli di camorristi in motorino, non era andata giù un'intervista in cui Diodato si mostrava possibilista sull'utilizzo della discarica e soprattuto un emendamento da lui presentato in occasione della discussione della legge regionale sui rifiuti. Cosa proponeva Diodato? Semplicemente che i capannoni vicini alla discarica potessero essere utilizzati per ospitare impianti per la separazione della spazzatura. "La mia intenzione era solo quella di creare dei nuovi posti di lavoro", assicura il consigliere di An. Ma per i manifestanti il fatto che sulla strada diretta ai capannoni, dove ci sono già altri distributori, i famigliari di Diodato avessero aperto una pompa proprio della marca di carburanti con cui è convenzionata l'azienda comunale della nettezza urbana, era diventata la prova di come anche lui sulla monnezza ci volesse marciare. Diodato, ovviamente nega, ma intanto si trova a fare i conti con il nemico in casa. Il vero leader della protesta di Pianura è infatti il consigliere comunale Marco Nonno, un fascista di altri tempi che sull'auto tiene appiccicato un adesivo che avverte: 'Balilla a bordo'. Suo fratello è stato condannato a 14 anni di carcere per aver sprangato a morte, sul finire degli anni '70 un ambientalista, lui però è fatto di altra pasta e anche se adesso è nei guai per aver tentato di vendere via Internet una vecchia mitragliatrice da guerra, respinge le accuse di chi lo segnala come uno dei fomentatori degli scontri: "Non ho pagato nessuno dei manifestanti e soprattuto non ho fatto affari loschi. Con quelli che hanno costruito intorno alla discarica non ho niente da vedere". Una precisazione d'obbligo, visto che tra i primi nemici della discarica, oltre che gli abitanti, ci sono gli imprenditori legati alla camorra che hanno edificato palazzine abusive il cui valore crollerebbe se qui arrivassero i rifiuti.

In Campania del resto funziona così. Pensi alla monnezza e spunta il politico. Anche quello che non ti aspetti. Persino Paolo Russo, il parlamentare di Forza Italia che insieme al senatore di Rifondazione Tommaso Sodano nella passata legislatura fece luce su molti degli affari sporchi legati alla gestione del business ambientale, ha vicino a lui chi fa soldi con la spazzatura. Il fratello del suo assistente parlamentare compare nella compagine societaria di tre aziende interessate nella gestione del ciclo dei rifiuti. Mentre la Ecocampania, specializzata in raccolta, faceva capo al segretario provinciale dell'Udeur di Caserta, Nicola Ferraro, poi arrestato dalla Procura di Santa Maria Capua a Vetere. Sempre di rifiuti, tramite quattro società al quale è stata tolta la certificazione antimafia per condizionamenti da parte del clan dei Casalesi, si occupa anche il fratello di Nicola Marrazzo, consigliere regionale e segretario provinciale di Napoli dell'Italia dei Valori.

Ma è andando a Caserta che il continuo conflitto d'interessi, o meglio gli interessi che intrecciano il business ambientale con la politica, diventano ancora più evidenti. Qui, secondo i pm antimafia, la facevano da padrone aziende di smaltimento dei fratelli Orsi, due imprenditori legatissimi al presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, Mario Landolfi, e al deputato di Forza Italia Nicola Cosentino, un ex socialdemocratico più volte candidato dagli azzurri nonostante la parentela acquisita con il boss Peppe Russo, detto ''o Padrino'. Gli Orsi erano in costante contatto con il segretario particolare di Landolfi, ora arrestato, ma visto che si trattava di gente dai forti ideali, quando al governo c'era finita la sinistra si erano iscritti ai Ds per intercessione del consigliere regionale Angelo Brancaccio. Poi anche Brancaccio è finito in manette. E una volta scarcerato, l'ex ministro della Giustizia, Clemente Mastella, lo ha voluto con sé come vice segretario regionale dell'Udeur. Il riciclaggio, almeno a livello politico, in Campania, nonostante tutto funziona.


hanno collaborato Mario Fabbroni, Claudio Pappaianni e Raffaele Sardo


L'espresso (14 febbraio 2008)

sabato 9 febbraio 2008

Spiragli di un nuovo giorno


La promessa è appesa là sui primi giorni dell'anno. Capiti al momento giusto, dalla persona giusta e le prospettive che si dispiegano appaiono inverosimili. “Troppo bello per essere vero” è il pensiero più ricorrente, eppure sembra non esserci nessuna sfasatura, nessuna controindicazione. E allora perché non crederci, perché per una volta almeno non dimostrare l'anomala (per me) inclinazione verso l'ottimismo?

Tra pochi giorni – mi viene illustrato con dovizia di particolari – si definirà il quadro della situazione e una nuova attività inizierà. Un nuovo lavoro che pare proprio materializzarsi all'alba del nuovo anno, un incontro che avviene quasi casualmente, prenotato prima delle festività natalizie, ma poi rinviato per sopraggiunti impegni. Però l'attesa è stata utile, quasi capitata appositamente. E continuo a non crederci, mentre ripasso le varie fasi della conversazione amichevole. La persona (Tommaso) è affidabile, amica di lunga data per comune frequentazione scolastica alle elementari, senza poi essersi persi di vista nonostante i trasferimenti, i cambiamenti di direzione. Quindi il ritorno alla base.

Ma adesso si cambia, si potrà scavalcare il periodo difficile ponendo al posto giusto uno dei tasselli mancanti. La cassa integrazione prima, il reintegro successivamente sebbene avvenuto con una pesante riduzione dell'orario di lavoro. Quell'ambiente è marcio ormai, io sento di aver fatto il mio tempo, ma anche le persone hanno dato il peggio di sé. E inoltre le prospettive dell'azienda sono poco confortanti. Getterò tutto dietro alle spalle. Finalmente.

Sono solo la mia prudenza, il realismo e quel sano pessimismo che m'impediscono di compiere scelte precipitose e irrevocabili. La lettera di dimissioni meglio ricamarla in testa, le anticipazioni sarà più opportuno rivelarle quando ne saprò di più. Perché poi quando una notizia è ottima, ma incompleta, perché manca la concretezza, si rischia di aggiungere dettagli e allargare le dimensioni, proiettarsi verso mete ardite. E le risalite, come cantava Battisti?

Basta aspettare, tanto il fine settimana è vicino. Così vicino che scorre senza che nulla accada. E niente avviene anche nelle giornate successive. Che abbia frainteso tutto? Che siano state prospettate solo ipotesi in quella amichevole conversazione e nulla più? Ma ho poi capito bene? Ed era a me che veniva rivolta quella proposta? Cosa faccio: rompo il silenzio, manifesto impazienza oppure taccio e aspetto? Meglio attendere, anche perchè l'accordo era questo. Però in tal modo l'attesa diventa snervante, ma soprattutto si ripercuote sulla qualità della vita. Eh sì, perché smetto di scrivere e-mail, smetto di comunicare con gli amici, perché l'argomento lavoro è sempre al primo posto e io vorrei dire e non posso, vorrei informare ma su che basi? E se poi si rivelasse essere un bluff?

Così mentre le giornate si srotolano lungo il mese di gennaio mi tormento nell'attesa, ormai messa a repentaglio anche da una sicurezza iniziale che ora svanisce. Si trattava di una soluzione imminente, ma se così non è significa che ci sono stati degli intoppi, significa che l'ottimismo di quel colloquio si è dovuto confrontare con altre e diverse realtà uscendone ridimensionato, se non annullato. E l'amico adesso non sa come comunicarmelo.

Perciò ogni fine settimana che arriva porta con sé anche la speranza che puntualmente si dissolve la domenica sera. E' difficile vivere così. Eppure il silenzio che altre spiegazioni potrebbe avere? Sono sommerso dalle inquietanti domande, inciampo in questi pressanti interrogativi, non riesco a trovare risposte plausibili. Quando ecco la telefonata attesa e forse liberatoria. I tempi si sono allungati e parlare con Carlo (Carlo?) non è stato facile. Lui ha chiesto qualche giorno per pensarci.

Brutto segnale il coinvolgimento inatteso di un'altra persona. Pensavo che Tommaso, l'amico del primo colloquio, avesse carta bianca e spettasse solo a lui decidere. Aspetteremo. “Ma posso essere ottimista?” chiedo arditamente. “Come si fa a rispondere a questa domanda? - replica (forse infastidito?). E intanto fissa la data dell'incontro con Carlo. Al termine mi fornirà tutti gli aggiornamenti. Mancano pochi giorni, allungo l'attesa, rinnovo le aspettative.

Ormai sono entrato in una diversa dimensione e, non solo a livello subliminale, sono assente dall'attuale lavoro. Pigro, indolente, infastidito: passivo in una sola parola. Mi pesa l'ambiente, trovo insopportabili i colleghi che certo non hanno mai brillato per giovialità, vorrei tanto sbattergli in faccia lo "scherzetto" che di lì a poco andrò ad attuare. Di lì a poco?

Il telefono squilla, mentre sto per iniziare la cena. E' lui. Dopo l'incontro programmato, mi parla di un altro piccolo passo che è stato compiuto. Questo può bastare. Altri dettagli da discutere in seguito. Sempre questione di giorni. Anche se sono ormai trascorse tre settimane da quel pomeriggio nebbioso in cui sembravano irrompere i raggi del sole.

Tutto rinviato, insomma e così quelle lettere di dimissioni, in cinque modelli, che avevo scaricato dalla rete, restano nella chiavetta. Ancora non posso stampare niente. Fino a quando ogni cosa diventa accelerata e forse pure illuminata.

Incrocio Tommaso mentre sto andando in edicola. Mi informa che siamo entrati nella fase operativa. Sarebbe stato inutile telefonarmi per aggiungere solo qualche dettaglio in più. Convengo che è giusto (penso che invece anche un solo dettaglio mi avrebbe fatto piacere e rassicurato). C'è però una frase che evidenzio mentalmente: “Ti avvertirò quando potrai presentare le dimissioni”. E me la ripeto più volte per convincermi che è esattamente così.

Le perplessità sono state fugate – elaboro - ormai è davvero questione di giorni anche se il mese di gennaio sta finendo. Quel mese in cui poteva iniziare la rivoluzione. E mentre si susseguono scenari nella testa, mentre mi chiedo quale tipo di lettera sceglierò di consegnare nei modi e nei tempi previsti, con la soddisfazione di usare la stampante aziendale per congedarmi (certe cose non hanno prezzo), ecco arrivare quello che non ti aspetti. La convocazione del responsabile di funzione e la proposta di cambiare reparto.

Non chiedo neppure tempo per pensarci e manifesto tutta la mia convinta e aperta disponibilità. Il cambiamento, in realtà, più che ad una promozione assomiglia ad un declassamento delle funzioni, ma è accompagnato da un particolare per nulla trascurabile: il ritorno al tempo pieno.

Ecco dunque fissarsi una situazione curiosa: mentre io sto per cambiare lavoro, vengo scelto per una diversa mansione aziendale destinata - spero – ad esaurirsi prima ancora che abbia fraternizzato con i nuovi colleghi e familiarizzato con la nuova attività. “Accetta, accetta” – m'incoraggia l'unico collega che ha raccolto le mie confidenze – fosse anche per un solo giorno, poi te ne andrai senza alcun rammarico”.

E con questo stato d'animo mi approssimo alla settimana che potrebbe rivelarsi determinante per una svolta, la prima della serie.

martedì 5 febbraio 2008

Gli anni della nostra vita


Sembra un anno tutto di corsa questo che da un mese (e poco più) abbiamo cominciato a vivere. Le scadenze si inseguono a ritmo forsennato. Lasciati alle spalle i fasti natalizi ecco il Carnevale (sempre più incalzato dall’irritante Halloween) da celebrare e poi san Valentino, l’8 marzo, Pasqua… Faccio appena in tempo ad imbrigliare un 2008 frenetico e denso di ricorrenze.

Il padre di ogni anniversario sarà il quarantennale del ’68, circostanza fatidica oppure famigerata a seconda dei punti di vista. E questa ricorrenza rischia di fagocitare tutti gli altri compleanni che ricorreranno, siano essi singolari, curiosi, divertenti oppure storici, tali da contrassegnare un’epoca.

Di tre personaggi si è ricordato e si ricorderà la tragica morte, assassinati per le loro idee:Gandhi ucciso a Nuova Delhi il 30 gennaio 1948, Martin Luther King, ucciso a  Menphis il 4 aprile 1968 e  Bob Kennedy deceduto dopo un attentato a Los Angeles il 6 giugno 1968.


Cinquecento anni sono trascorsi dalla realizzazione della Cappella Sistina, resa immortale da Michelangelo; 150 anni dalla prima apparizione della Madonna a Lourdes e un secolo da quando Messina venne messa in ginocchio dal terremoto. Decennale della morte di Lucio Battisti, il centocinquantesimo dalla nascita, invece, di Giacomo Puccini, per non parlare di Andrea Palladio, nato nel 1508 a Padova.

Ma allargando lo sguardo è anche il centenario della nascita di Salvador Allende. Nel 1918 finisce la Grande Guerra, nel 1928 debutta Topolino e viene scoperta la penicillina. Nel 1938 venne eseguito per la prima volta “God Bless America”, una sorta di secondo inno americano (e a proposito di States mi piacerebbe che questo 2008 venisse ricordato, a futura memoria, come l’anno del primo afroamericano inquilino della Casa Bianca). Nel 1958 Fidel Castro inizia la sua lotta sull'isola di Cuba. Mentre in Italia entrava in vigore la legge Merlin, dopo dieci anni di iter legislativo. E sono passati venti anni dalla morte di Enzo Ferrari (14 agosto).

Il compleanno per eccellenza in Italia riguarda tutti noi, tranne i legaioli ed è la nascita della Repubblica. 60 anni dopo viviamo la notte della stessa.

Parigi, 10 dicembre 1948. L‘Assemblea Generale delle Nazioni Unite firma la Dichiarazione Universale: «Tutti gli essere umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti».

Il 14 maggio 1948 nasce lo Stato d’Israele. Il giorno dopo gli eserciti di Egitto, Giordania, Iraq, Libano e Siria lo attaccano. Da allora è una delle zone più calde del mondo.

Anticipata dal Manifesto degli scienziati razzisti (che si chiamavano effettivamente così) pubblicato il 15 luglio, il 5 settembre 1938 inizia una serie di regì decreti promulgati dal fascismo che vietano agli italiani di famiglia ebraica di lavorare, studiare e nel giro di pochi anni, di esistere. Le leggi razziali contaminano il nostro Paese.

Omicidi eccellenti da ricordare in Italia, nel 1978. 18 marzo, Fausto e Iaio (Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, 18 anni, “colpevoli” di frequentare il Centro Sociale Leoncavallo) vengono assassinati a Milano. 16 marzo e 9 maggio: i 55 giorni che vanno dal rapimento in via Fani di Aldo Moro e la strage della scorta, fino al ritrovamento del suo cadavere in via Caetani. Nella notte tra l’8 e il 9 maggio viene assassinato dalla mafia a Cinisi Peppino Impastato.

Un anno, quel 1978, da ricordare anche per i tre papi che si susseguirono in Vaticano. Paolo VI muore a Castel Gandolfo, la residenza estiva, il 6 agosto. Papa Luciani (Giovanni Paolo I), che gli succede il 26 agosto scompare improvvisamente il 28 settembre. Il 16 ottobre sale al trono pontificio, dopo 455 anni, un papa straniero: Karol Wojtyla che prenderà il nome di Giovanni Paolo II.

Andiamo sul leggero, perché ricordare vuol dire anche sorridere per le curiosità. Come le invenzioni, per esempio, che diamo oggi così scontate. Quella dell’apriscatole, nel 1858, nata dalla mente di Ezra Warner, statunitense. Della spilla da balia, brevettata dallo statunitense Walter Hunt, nel 1848). L’idea dell’acqua gassata (1768) del chimico inglese Joseph Priestley che trasse l’ispirazione dal contesto in cui viveva a Londra accanto ad una fabbrica di birra (e fini coll’annoverare anche l’ossido di azoto, l’anidride solforosa e l’ammoniaca). Reso immortale come l’abate benedettino Dom Pierre Pérignon il quale, nel 1688, rese più effervescente il vino, facendolo diventare champagne.

Per passare poi al nylon, fibra tessile poliammidica, brevettata il 20 settembre 1938 dall’azienda chimica DuPont. Sintesi di New York e Londra, oppure acronimo di Now You Lose Old Nippon per la difficoltà di importare seta dal Giappone. Nello stesso anno, il 1938, i fratelli ungheresi Làszlò Jòzsef e Georg Biró inventano la penna a sfera, confidenzialmente e sbrigativamente chiamata, appunto, “biro”. Nel 1938 nasce anche la carta di credito, idea iniziale di alcune catene alberghiere. Nel 1868 l’inglese Benjamin Maugham inventa lo scaldabagno. A New York, nel 1918 appaiono i primi semafori elettrici.

Sarà celebrato anche Charles Darwin, perché è il primo luglio 1858 quando lo scienziato, alla Linneian Society di Londra, presenta la sua ricerca: l’origine della specie per mezzo della sua selezione naturale. Che pubblicherà un anno dopo.

Tenerissima è Heidi, che arrivò 30 anni fa dal Giappone. Il 7 febbraio la Rai manda in onda la prima puntata della storia della bimba cresciuta tra le Alpi svizzere e tedesche, ideata da Johanna Spyri. Chi scrive (e non solo lui), ricorda il famoso incipit musicale. Il 1978 è anche l’anno dell’invasione dei “cartoons” giapponesi. Il 4 aprile è la volta di Goldrake, tutt’altro genere. Heidi di recente in Turchia è stata censurata per biancheria troppo in vista.


Dieci anni fa un centro turistico del foggiano conquista la prima pagina: a Peschici 99 abitanti diventano milionari sbancando il Superenalotto e vincendo 63 miliardi di lire (32,7 milioni di euro).

Nel 1958 Boris Pasternak vince il premio Nobel per la Letteratura grazie al romanzo “Il dottor Zivago”. Nello stesso anno, in Italia, esordisce Mina che apparirà per l’ultima volta sugli schermi televisivi, nel 1978, prima di ritirarsi volontariamente in esilio. Doppio compleanno il suo, come merita un colosso della musica.

E a proposito di compleanni, centenari in questo caso, ecco un significativo elenco.


Simone de Beauvoir, scrittrice (9 gennaio)

Anna Magnani, attrice (7 marzo) e 35 anni dalla sua morte.

Joan Crawford, attrice (23 marzo)

Bette Davis, attrice (5 aprile)

Herbert von Karajan, direttore d’orchestra (5 aprile)

Ian Lancaster Fleming, scrittore e giornalista, padre dell’agente 007 (28 maggio)

Henry Cartier-Bresson
fotografo (22 agosto)

Cesare Pavese, scrittore (9 settembre)

Claude Levi-Strauss, antropologo (28 novembre). Unico vivente.

Gianluigi Bonelli, padre di Tex Willer (22 dicembre)

Simon Wiesenthal, cacciatore di nazisti (31 dicembre)

Ci sono, infine, tre rilevanti circostanze che nel 1978, caratterizzarono l’Italia. Si tratta di tre leggi che nelle intenzioni del legislatore dovevano conformare il nostro Paese a modelli di vivere civile. E da Paese maturo. Il 13 maggio viene approvata la legge 180, meglio nota come “legge Basaglia”, dal nome del suo promotore, che chiude i manicomi e vieta le misure repressive sui pazienti degli ospedali psichiatrici. Il 22 maggio viene approvata la legge 194 “per la tutela sociale della maternità e dell’interruzione volontaria della gravidanza”. Trent’anni dopo questa fondamentale conquista delle donne (e per una consapevolezza dell’uomo) si è ancora qui a discuterne. Una battaglia di retroguardia che squalifica il Paese. Il 23 dicembre viene approvata la legge 833 che istituisce il Servizio sanitario nazionale “volto a garantire la tutela della salute come diritto fondamentale”.