lunedì 28 novembre 2005

Donne


http://www.filosofico.net/venerebotticelli.jpg


BIELLA - Undici anni fa l'aveva violentata; oggi l'ha uccisa. Debora Rizzato, la venticinquenne trovata morta nel parcheggio della fabbrica dove lavorava a Trivero (Biella), è stata uccisa dallo stesso aguzzino che l'aveva violentata nel '94, quando aveva appena 14 anni. Un incubo durato undici anni, tra minacce e terrore, concluso stamani con una coltellata. L'assassino è fuggito sull'auto della sua vittima: istituiti posti di blocco, diffusa ai commissariati e alle stazioni dei carabinieri la foto del maniaco. Si chiama Emiliano Santangelo; ha 32 anni ed abita a Carema, un comune di 750 anime a Nord della provincia di Torino. Nel '94 era finito in prigione ma, dopo tre anni, era stato scarcerato e, con la libertà, aveva ricominciato a perseguitare la sua vittima. La minacciava di morte: voleva che ritirasse le denunce. (22 novembre 2005)


BOLOGNA - Carabinieri e magistratura hanno lanciato un appello per cercare testimoni che possano aiutare ad individuare l'uomo che mercoledì sera, nella periferia di Bologna, ha aggredito e violentato una donna di 30 anni in un giardino condominiale. Il responsabile sarebbe uno straniero, dai tratti somatici forse di origine pakistana o bengalese, anch'egli sui 30 anni. La telecamera di un vicino distributore di benzina ha ripreso l'indifferenza degli automobilisti che hanno visto l'uomo costringere la sua vittima attraversare la strada. Sul video si distinguono le due sagome: l'uomo trascina la ragazza cingendole la vita con un braccio mentre transitano due auto e due camper, ma nessuno si ferma. (25 novembre)


BOLOGNA - E' stato condannato a sette anni e due mesi di reclusione con rito abbreviato il diciassettenne marocchino che, insieme a un connazionale di 20 anni, il pomeriggio del 18 giugno stuprò una ragazzina di 15 anni che passeggiava con il suo fidanzatino nel parco di Villa Spada, a pochi passi dal centro storico di Bologna. La brutale aggressione avvenne in pieno giorno sotto la minaccia di un coltello puntato alla gola della vittima e col fidanzatino immobilizzato e costretto ad assistere senza poter far nulla. Eppure, come per la violenza avvenuta mercoledì sera alla periferia della città, nessuno si accorse di nulla. (26 novembre). Tutte le notizie sono state tratte da repubblica.it


Non so se faccia più schifo l’indifferenza oppure lo stupro, ma di tratta di segnali che fotografano sempre più nitidamente una società incancrenita e in dissolvenza. Coacervo di disattenzioni colpevolissime, vuoti legislativi sempre emergenti a posteriori e mai durante il dibattimento, come se l’attenzione dovesse esserci solo per norme “ad personam” e non per leggi che tutelino la persona e la sua dignità. Comincio, ormai, ad essere discretamente nauseato da tutto questo, infastidito dalle chiacchiere pornografiche, da quel ciarpame portato in video ad ogni ora, da discussioni ormai vuote di contenuto, compiacimenti ad effetto con le donne, poi, ridotte a “quote rosa”, in proporzione di 1 a 4 magari. Private, oltre che della libertà di poter girare come, dove e con chi vogliono, anche della loro autodeterminazione con l’assalto insistito alla legge 194. Soggetti deboli in un contesto maschilista, paternalistico, violento nelle forme, nei contenuti e nell’esasperante proposta di corpi ostentati sui calendari.


Trovo sul web un palliativo a tutto ciò, una personale dedica al mondo femminile che il Talmud ebraico racchiude e che lascio qui come parzialissima compensazione del danno.


“State molto attenti a far piangere una donna,
che poi Dio conta le sue lacrime!
La donna è uscita dalla costola dell’uomo,
non dai piedi perché dovesse essere pestata,
né dalla testa per essere superiore,
ma dal fianco per essere uguale....
un po’ più in basso del braccio per essere protetta
e dal lato del cuore per essere Amata”.
  



 

giovedì 24 novembre 2005

Il dodecalogo


http://www.pddm.it/rivista/2005/n_06/giugno_02.gif


Quel mitico pseudo contratto con gli italiani ha riempito la vasta aneddotica sul barzellettiere d’Italia, ma c’è ben altro: le tavole della legge. Non è dato sapere se anche a lui siano state consegnate su un monte, ma conoscendo la personcina è più probabile che le abbia scritte di proprio pugno affidandole poi ai Bondi e Schifani di turno per la propaganda. La lettura è istruttiva e ve ne faccio volentieri regalo, non avevo l’animo di conservare tutto ciò solo per me.



Le dodici tavole - i punti cardine del nostro programma per cambiare l'Italia

E’ un programma ambizioso ma così deve essere se si vuole realizzare qualcosa di innovativo e positivo. Sono le “dodici tavole”, i punti cardine del programma che verranno trasformati in altrettanti disegni di legge presentati non appena esordirà il nuovo Parlamento. Ti proponiamo la sintesi dei punti principali:


Riforme istituzionali - elezione diretta del presidente della Repubblica che sia anche capo dell'esecutivo, istituzione di una camera delle autonomie che sostituisca il Senato; dimezzamento del numero dei parlamentari; revisione della Costituzione, anche nella prima parte.


Nuovi codici - rivisitazione e profonda riforma del codice civile, di quello penale, del codice di procedura civile e di quello di procedura penale.


Abrogazione delle leggi inutili e testi unici – drastica abolizione delle leggi superflue, inutili e inapplicabili. Formulazione di testi unici per singole materie.


Economia sociale di mercato - riforma economica basata sulla riduzione delle tasse per le imprese e per le famiglie, per ridare slancio l'economia, modernizzare e rendere più competitivo il Paese e insieme avere nuove risorse da destinare a chi è in difficoltà.


Riforma fiscale – drastica riduzione del numero delle leggi fiscali, fino ad arrivare ad un unico codice fiscale, per dare ai cittadini norme chiare e certe.


Sicurezza dei cittadini - prevenzione dei reati, controllo del territorio, forze dell’ordine ben equipaggiate e ben pagate, velocità dei processi ed effettività delle pene, per garantire la sicurezza e la difesa dei cittadini.


Politica dell’immigrazione – accoglienza civile e dignitosa per chi viene in Italia per lavorare e dura repressione del fenomeno dell’immigrazione clandestina.


Uffici pubblici efficienti - riorganizzazione dal profondo di tutti i comparti dello Stato, per portarli ad alti livelli di efficacia e di efficienza.


Grandi opere - realizzazione di un grande piano di infrastrutture e di opere pubbliche per migliorare le strade, le ferrovie, il sistema idrico e le infrastrutture di tutto il Paese.


Sistema formativo - cambiamento radicale del sistema formativo e dell'istruzione, per renderla adeguata alle esigenze del mondo contemporaneo sulla base delle tre “i”, inglese, Internet, impresa. Incremento dei fondi destinati alla ricerca.


Piano per il Sud - grande rilancio del turismo e delle infrastrutture per fare del mezzogiorno il giardino d'Europa.


Liberi e solidali – aumento del 25% delle pensioni minime e realizzazione di una serie di misure specifiche a favore di chi è rimasto indietro.


''Ci rendiamo conto, io per primo - ha concluso Berlusconi - di trovarci di fronte ad un compito titanico, ma l'Italia non può distaccarsi dall'Europa e scivolare lentamente su un piano inclinato verso i Paesi emergenti del Nord dell'Africa. Siamo coscienti di essere piccoli uomini, ma forse riusciremo con questi programmi, rivolgendoci agli elettori, a farci dare un grande consenso. Quello che prevede questo piano si deve fare e siamo l'unica coalizione in campo che ha una capacità per farlo''.


(23 dicembre 2000 dal sito di Forza Italia)


domenica 20 novembre 2005

Resti umani


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Ammissione di ignoranza. Osservo con la commessa, sabato mattina reparto formaggi e salumi, che mi sembra presto infiocchettare bancone e scaffali con addobbi natalizi. “In fondo è il 19 novembre e non dicembre!” – esclamo. “Ma come non lo sai che dopo ferragosto è già Natale?” replica lei stupefatta. No, non lo so.


Un collega, l’altro giorno, rilevava come l’8 dicembre sia la giornata in cui si acquistano i regali per i bambini, motivata dal fatto che stanno per entrare in tasca le tredicesime e il mese è appena iniziato, dunque lo stipendio non è stato intaccato molto. No, neppure questo sapevo, forse perché non ho figli.


Credo che siano all’oscuro di questa circostanza anche quei “bambini invisibili” ai quali l’Unicef ha dedicato la giornata odierna. Quei bambini, cioè, principali vittime dei disastri naturali oppure del disastro della mente umana che partorisce guerre. O bambini proprio inesistenti per le anagrafi (dei 130 milioni che nascono ogni anno, 50 milioni non vengono proprio registrati). Pensare che  basterebbero 40 milioni di dollari l’anno per diminuire la percentuale di piccoli senza acqua, cibo, istruzione e cure mediche: la venticinquesima parte cioè della cifra spaventosa e vergognosa che gli Stati spendono in armamenti. E, per quelli che, nonostante tutto, riescono a crescere...


246 milioni di minorenni lavorano in tutto il mondo. 73 milioni di loro hanno meno di dieci anni. 2,2 milioni vivono nei paesi sviluppati, 48 milioni nell’Africa subsahariana. In 22 mila muoiono ogni anno per incidenti legati al lavoro. 8,4 milioni sono prigionieri della schiavitù per saldare i debiti dei loro genitori. 1,2 milioni sono le piccole vittime destinate al lavoro nero o al mercato del sesso. 300 mila i bambini reclutati nelle guerre. 90 milioni soffrono di grave carenza di cibo. 2 milioni muoiono ogni giorno nel mondo, perché impossibilitati ad accedere alle vaccinazioni più comuni. 500 milioni non hanno servizi igienici di base. 1,8 milioni di bambini sono morti durante le guerre dal 1990 ad oggi: la metà di tutte le vittime. 20 mila sono i morti prodotti ogni anno dalle mine antiuomo. Un terzo sono bambini e allora sono anche mine antibambino, antisperanza. 120 milioni di bambini (soprattutto bambine, logico) non sono mai andati a scuola.


Nel Kashmir pakistano, recentemente colpito dal terremoto, altre emergenze si sono aggiunte a quelle già esistenti, come la presenza di “ladri di bambini” soprattutto se orfani, da collocare sul mercato come schiavi umani. Per essere ingaggiati nei paesi del Golfo dove vengono utilizzati come fantini superleggeri per le corse dei cammelli (il godimento dei ricchi sceicchi) e questi sono i più fortunati. Altri, invece, vanno ad alimentare il mercato del sesso, oppure quello altrettanto florido degli organi.


“Però le famiglie sono troppo povere o ignoranti per denunciarlo alla polizia”, conclude sorella Maia, madre superiora a Rawalpindi delle Missionarie della Carità, l’ordine fondato da Madre Teresa di Calcutta. Secondo l’Unicef, dopo il terremoto la situazione si è ancor più aggravata e “circa 120 mila bambini si trovano tuttora nelle zone colpite dal sisma. Oltre 10 mila potrebbero morire di freddo e di fame sulle montagne nelle prossime settimane, perché rimasti soli o senza aiuto”. Peccato non possano arrivare all’8 dicembre per ricevere i regali.


 

mercoledì 16 novembre 2005

E adesso che fare?






Oggi ho preferito non postare il consueto pezzo di Travaglio, nell’altro blog: www.marcotravaglio.splinder.com dove lo pubblico citando chiaramente fonte e autore, anche se la sua rubrica è ripresa (“Il fumo e l’Ariosto” il titolo odierno). E’ accaduto un episodio spiacevole che vi racconto.


Da un po’ di tempo, constatando il crescente gradimento di quel blog che si specchia nelle 5500 visite in quattro mesi e mezzo, stavo pensando di mettermi in contatto con il giornalista per sottolineare come i suoi pezzi riscuotessero consensi e, dunque, congratularmi con lui. Anche un blogger mi aveva suggerito questa strada e così mi sono deciso e ho scritto un’e-mail a “l’Unità” il 15 novembre.


Caro Marco Travaglio,


poco più di quattro mesi fa ho aperto un blog a suo nome www.vivamarcotravaglio.splinder.com in cui diffondo la rubrica "Bananas". Il gradimento è stato elevatissimo, tanto da toccare al momento in cui scrivo, 5300 visite e i commenti lasciati esprimono tutti grande soddisfazione. A me farebbe piacere se mi venisse a trovare lasciando un segnale del suo passaggio, anche due righe, quale stimolo a perseverare e penso che pure per lei sarebbe benefico leggere tutto il bene che la sua opera meritoria di verità e chiarezza merita.


La ringrazio.


Con stima vivissima”.


Questa la sua risposta immediata.


“qualcuno me ne ha parlato, e la ringrazio per l'attenzione. ma purtroppo quello che lei sta facendo non è consentito: ho già dovuto fermare un altro sito che diffondeva i bananas. non si può fare. i bananas sono dell'unità e chi vuole leggerli deve prendere l'unità. la prego perciò. sia pure a malincuore, di interrompere immediatamente la pubblicazione =


della rubrica. grazie


mt”.


A questo punto ripropongo la domanda iniziale: che fare? Quali sono le vostre proposte, i vostri suggerimenti? Visto che, come credo tutti voi, non faccio di professione il blogger, è opportuno insistere eventualmente pubblicando materiale d’archivio, sempre dello stesso giornalista, oppure postare in differita la rubrica? (in entrambi i casi “l’Unità” non verrebbe “danneggiata", ammesso che lo sia).


Lascio a voi la parola e, come si usa dire, il dibattito è aperto.


Grazie.

 



 

Stati progressivi di stupidità

 www.repubblica.it


MINNEAPOLIS (Stati Uniti) - Lutto nel mondo del wrestling mondiale. Eddie Guerrero, uno dei protagonisti più conosciuti e amati dagli appassionati, è stato trovato morto in una stanza d'albergo a Minneapolis. Guerrero, 38 anni, l'anno scorso campione Wwe (World Wrestling Enterteinment, la più conosciuta delle federazioni che raccolgono gli atleti che praticano questo sport), avrebbe dovuto partecipare domenica sera al «Wwe Supershow» al Target Center della città del Minnesota. Il suo corpo è stato rinvenuto al Marriot City Center.


Le autorità non hanno fornito dettagli sulle cause del decesso. Per conoscerne i motivi occorrerà qualche giorno, ma la polizia per ora avrebbe escluso ipotesi di omicidio o di suicidio.


Nella sua carriera aveva anche sviluppato problemi di alcolismo e di tossicodipendenza e, nel 2001, la federazione cui era passato gli aveva consigliato di ricoverarsi in un centro di riabilitazione per abuso di alcol e droga, dopo che lui si era presentato in uno stato indecoroso ad uno spettacolo televisivo. Una volta aveva persino rischiato di morire dopo un grave incidente automobilistico mentre guidava sotto effetto dell'ecstasy”. (corriere.it)


Ho visto più volte, con i miei nipoti, alcune di queste gare-patacca. Dopo non è che abbiano ripetuto le mosse dei vari atleti. Uno spettacolo innocuo, se visto con le persone giuste a fianco, in grado di filtrare e demitizzare. Il problema è il merchandising che prolifera ormai attorno al fenomeno e che rischia, questo sì, di esaltare i più fanatici. Peccato che non si sia colta, nella circostanza, l’occasione per avviare un discorso serio su steroidi, anabolizzanti e tutte le altre porcherie che girano tra le varie palestre. Peccato che non si sia colta l’opportunità di denunciare che sotto i muscoli niente, c’è solo aria e che quando è troppa stupidamente si muore.


LECCO - "Zitto negro di m...". Ancora una volta il razzismo fa la sua comparsa sui campi da calcio. Ma stavolta l'offesa non arriva dagli spalti ma dall'arbitro. Tutto è accaduto a Lecco durante una partita del campionato calcistico di terza categoria. Mauro Nacoli stava dirigendo Lecchese-Valmadrera e ha insultato il capitano della Lecchese che, pur essendo di colore, ha un cognome che più lombardo non si può: Alessandro Bernasconi. Macoli, aveva fischiato una punizione dal limite a favore degli avversari della Lecchese. Bernasconi si è rivolto all'arbitro per chiedere spiegazioni. "Ma l'ho fatto in modo pacato - racconta il capitano della Lecchese - e per tutta risposta mi sono sentito dire 'stai zitto negro di...'. Un episodio del genere non mi era mai capitato. Sono anni che gioco: ho cominciato dai giovanissimi, ma non mi era mai successo che qualcuno mi offendesse così". (Repubblica.it). Qui la stupidità comincia a salire, perché essere ridotti ad apostrofare una persona di colore scuro “negro di merda” è, oltre che demenziale, anacronistico e superato, rivela povertà di linguaggio e, soprattutto, di argomenti. Ancora a questo livello primordiale stiamo? Un razzismo sottopelle che non si spiega se non con l’ignoranza, elevata a valore, che è divenuta un tratto caratterizzante della trasversalità della società italiana. Questo giovane arbitro avrà mai sentito parlare di quel librino intitolato: “Il razzismo spiegato a mia figlia?”.


ROMA - Una frenata lunga quasi venti metri. Due strisce nere sull’asfalto grigio che cominciano dal nulla e muoiono dentro un muretto dove si sfogano ultrà e spray writers. Le tracce di un dramma assurdo: è il punto di via Pietro Frattini, al Portuense, dove l’altra notte uno studente di 16 anni è morto in una gara di abilità con l’auto della madre. Marco Federico Ancona è rimasto incastrato nella Opel Astra guidata da un suo compagno di scuola, Francesco, di 17 anni, ricoverato in coma farmacologico all’ospedale San Camillo con un coetaneo, Matteo, anche lui in gravi condizioni. I tre, secondo i vigili urbani, giocavano a fare i testacoda con l’auto, lanciata a 120 chilometri all’ora su una strada senza uscita, usata come parcheggio dagli abitanti delle palazzine residenziali che si affacciano sulla vallata del Trullo e della Magliana, con vista sull’Eur. Non si esclude che i minorenni si stessero cimentando anche in una prova da brivido, una specie di «roulette russa» su quattro ruote: vince chi frena per ultimo”. Il giorno dopo. “E poi c’è questa che alcuni raccontano come un’abitudine: «Le macchine si lanciano e si frena all’ultimo, chi s’avvicina di più al muro ha vinto». Ma ha vinto cosa? «Niente». E perché lo fate? «Mah, così, per niente». Una donna accusa pure i vigili urbani: «Non se ne può più di queste corse, è un continuo. Io vi chiamo sempre, ogni fine settimana. Chiamo voi, la polizia, i carabinieri». Il risultato? «Niente». C’è un palo della luce che ha il lampione girato dalla parte opposta della strada: «Una macchina un mese fa, l’ha centrato in pieno». Anni fa, sempre in questa via, un uomo fu ucciso da tre auto: anche quelle, guidate da rom, correvano una sfida. Sono passati quasi dieci anni, e cos’è cambiato? «Niente», naturalmente. (corriere.it) Ci troviamo ora nell’empireo della stupidità, dove si buttano vite per noia, stanchezza, piattezza, dove giovani e adulti si ritrovano in quel “niente” che esprime anche una totale carenza di idee. E se si pensa che questi sono i cosiddetti bravi ragazzi, cosa mai faranno e saranno gli altri? Ho voluto aggiungere, come utile integrazione, il pezzo che Giancarlo Fisichella, pilota di Formula Uno della Renault ha scritto su “
La Gazzetta
dello Sport” di oggi. 
MILANO, 15 novembre 2005 - Quello che è successo sabato notte su una strada romana ha ferito tutti, è impossibile accettare l’idea che si possa perdere la vita a sedici anni a causa di un gioco stupido e folle. E ha colpito profondamente anche me che faccio da anni una professione rischiosa al volante di un’auto da corsa. Questa tragedia mi ha addolorato ma non sorpreso, purtroppo, perché è da anni che accadono queste cose. Quando ero un adolescente c’erano diversi posti, nella periferia della mia città, dove si correvano gare clandestine e pericolosissime. Io lo sapevo e, in qualche occasione, le ho viste fare. Era difficile resistere, ci si incontrava in tanti con le macchine messe assieme in qualche modo. Ma c’era una brutta atmosfera, niente di sportivo e perfino poco divertimento. Potevo caderci anch’io, mi ha salvato il fatto che la passione per le corse ha molto presto lasciato la strada a vantaggio della pista. I kart, oggi forse più attraenti e sicuri di allora, sono un mezzo ideale per sfogare la voglia di velocità e per dimostrare di essere abili con un volante fra le mani. Ai giovani che corrono questi rischi così inutili e folli vorrei dire che fare i testacoda tirando il freno a mano non è assolutamente un segno di bravura, che inchiodare le ruote davanti ad un muro di cemento non è una cosa da pilota ma bensì da stupido. Usate bene la vostra intelligenza, basta poco, come abbiamo visto, a far succedere una tragedia”.


ROMA - Adelina Parrillo, compagna del regista Stefano Rolla, chiedeva di entrare nella Sala delle Bandiere, al Vittoriano, per assistere alla cerimonia di consegna della croce d’onore ai caduti e ai feriti della strage di Nassiriya, in occasione del secondo anniversario. ma è stata tenuta fuori "non avendone titolo", dal momento che lei e Rolla non erano sposati e, dunque, non risultava tra i familiari. La sua protesta si trascina da tempo, ma non ha avuto alcuna risposta: "Guardate come trattano la moglie di uno che chiamano eroe", ha detto. Così iniziava il suo commento (“
La Signora Nessuno
”) lo scrittore Ferdinando Camon su unita.it il 12 novembre.
“È, anzitutto, una questione di stile. Che senso ha portare una signora, compagna di un caduto di Nassiriya, in pullman con tutte le altre persone accreditate alla cerimonia, e poi impedirle di entrare, e tenerla fuori della sala, perché non è la moglie ufficiale?”.  Appunto che senso ha? Il cardinale Ruini o magari Rutelli saprebbero spiegarlo? Ecco il culmine della stupidità. Una donna, perché non sposata, viene privata di ogni diritto. Ha vissuto nel peccato, perché così si usa dire anche nel terzo millennio e dunque è giusto, secondo certe sconclusionate versioni, che ne paghi le conseguenze. Lei semplicemente non esiste.

 




 







sabato 12 novembre 2005

Il cuore in autunno

 



San Martino 


La nebbia a gl'irti colli 


piovigginando sale, 


e sotto il maestrale  


urla e biancheggia il mar; 


ma per le vie del borgo  
dal ribollir de' tini
 
va l'aspro odor de i vini 
l'anime a rallegrar. 


Gira su' ceppi accesi 
lo spiedo scoppiettando: 
sta il cacciator fischiando 
sull'uscio a rimirar 


tra le rossastre nubi 
stormi d'uccelli neri, 
com'esuli pensieri, 


nel vespero migrar. 


Quando, alcuni anni fa, ci fu chi ebbe la strampalata idea di mettere in musica i versi carducciani ne fui irritato e sconcertato. Un furbo tentativo di produrre  pseudocultura a costo zero e di facile presa popolare. Un tentativo si svilire e banalizzare una poesia che è invece patrimonio della nostra coscienza. A chi scrive piace, poi, in modo particolare.


Non è stato sempre così. Devo ammettere di non saper precisare quando “San Martino” è diventata componente quasi genetico, assumendo il fregio di “madre di tutte le poesie”. Ali protettive di una chioccia sotto cui ripararsi, tonico dell’anima, rifugio dal cicaleccio quotidiano.


Quella nebbia che sale, come appunto principiano tante giornate autunnali, il desiderio di trovare calore dal freddo che incrudelisce, i sapori, i colori, gli aromi che solo questa stagione riesce a profondere in quantità e che i versi in bianco e nero del poeta ripropongono, sono ormai entrati nel vissuto di ognuno.


Il bello è che esiste sì un borgo, a pochi chilometri da casa mia, un luogo dove mi sono trovato spesso a girovagare e in cui ho sempre immaginato di annusare “l'aspro odor de i vini”, mentre nella realtà non mi è mai capitato, forse perché –astemia a parte – in altro periodo avvenivano le passeggiate, più verosimilmente perché fuori dal tempo, ormai, quella stagione come viene dipinta. Analogamente allo spiedo scoppiettante che pure, di aroma attorno, ne avrebbe diffuso. E nessuna traccia pure del cacciatore fischiettante sulla porta di casa, mentre volteggiavano “stormi d'uccelli neri


Eppure è tutto straordinariamente familiare, il linguaggio conosciutissimo che parla all’anima. La dimensione onirica, a questo punto, in cui si cala, è ogni volta rassicurante.


In illo tempore amavo letteralmente affidarmi alle strofe, abbandonandomi contemporaneamente alla riflessione. Avevo pure messo da parte un elzeviro, pubblicato anni prima nella terza pagina de “Il Giorno, quando esisteva la “terza pagina” e il quotidiano milanese conservava, seppure a stento, una propria peculiarità e anche dignità nel panorama dell’informazione su carta stampata. Mi sarebbe piaciuto riproporlo, ma è introvabile nel velleitario tentativo di costituire un archivio. So che c’è, ma dove non so. Poi sono certo che mi capiterà tra le mani nel momento più impensato.





Autunno


Autunno. Già lo sentimmo venire


nel vento d'agosto,


nelle pioggie di settembre


torrenziali e piangenti


e un brivido percorse la terra


che ora, nuda e triste,


accoglie un sole smarrito.


Ora che passa e declina,


in quest'autunno che incede


con lentezza indicibile,


il miglior tempo della nostra vita


e lungamente ci dice addio.


Di Cardarelli, invece, il ricordo è più scolastico legato al sussidiario, alla scuola elementare, dove il calendario, ma anche adesso accade, detta legge o almeno fissa ricorrenze ineludibili e caratteristiche lievi e deliziose. Le foglie morte (da calpestare per ascoltarne il fruscio sotto i piedi), i defunti, la caducità delle chiome dagli alberi e lo svettare, invece, dei sempreverdi. Le pigne, le castagne, la preparazione della natura all’inverno: e un brivido percorse la terra/ che ora, nuda e triste, /accoglie un sole smarrito”.


E’ questo, credo, il periodo maggiormente introspettivo, ricco di malinconia, anche se non così disperata: “in quest'autunno che incede /con lentezza indicibile, /il miglior tempo della nostra vita”, temperata da gioie e piccole soddisfazioni, magari da una serenità effimera ma reale. Un tempo, ho scritto, apprezzavo tutto questo e me lo gustavo giorno dopo giorno. Poi la discriminante, la linea di confine insuperabile, il cratere senza fondo che ha segnato la mia vita. Quella data che adesso anche voi conoscete.


All’autunno sono pure legate alcune pagine di quello struggente romanzo d’amore che ben altro epilogo, o almeno prosecuzione, avrebbe potuto avere. Momenti  lunghi e intensi, una cornucopia traboccante di tutte le suggestioni stagionali descritte. Risulta così ancora più facile capire determinate situazioni e trovare la chiave interpretativa di uno stato d’animo malinconicamente consapevole e ormai realista.











Leggo poi che la magia dell’autunno è stata alterata nel New England, dove le caratteristiche foglie degli alberi, gli aceri segnatamente, non hanno assunto i tipici colori stagionali, a causa delle bizzarrie del clima che ha anticipato piogge torrenziali e ritardato le gelate notturne che, appunto, preparano alla “muta”. Con disappunto principalmente dell’industria turistica e del business in generale. E il sospetto che la causa sia attribuibile al surriscaldamento globale. Insomma, finisce l’incantesimo e la brutale realtà, irrompe e sentenzia la fine delle stagioni, o almeno di come le ricordavamo. Ma siccome le rimembranze appartengono ai moti dell’animo esse non muteranno.


(foto: www.fotosearch.it)


martedì 8 novembre 2005

Le nuove professioni


http://amata.weblog.com.pt/arquivo/artemi.jpg



"Natascia è rumena ma al paese la conoscevano tutti. Figuriamoci, in un paese minuscolo come Buccheri anche i bambini sapevano chi era. Soprattutto perché, in quell’italiano storpiato che parlano le extracomunitarie, non faceva che pavoneggiarsi per quell’affarone di matrimonio che aveva fatto. Lei aveva trentacinque anni e lui ne aveva 74, e con ciò? Quando l’agenzia italo-rumena le aveva detto che c’era qualcuno che se la sarebbe sposata togliendola alla fame e alla miseria nera, non ci aveva pensato due volte. Dopotutto mica andava a fare la prostituta, soltanto un po’ di compagnia ad un anziano buono e generoso che non le avrebbe fatto mancare nulla e le avrebbe dato pure qualche soldo da mandare a casa per i due ragazzini lasciati alla nonna, poverissima e malandata che a stento poteva dargli un piatto di minestra. Si chiama compravendita di mogli? Si chiama prostituzione pure questa? Sarà. Ma Natascia non aveva molto da scegliere e poi, si sa, una madre deve sacrificarsi per i figli, specialmente se il marito l’ha abbandonata e poi è finito in carcere e non le resta che contare su se stessa. Presto, sognava Natascia, sarebbe andata a prenderli, i suoi ragazzi, e li avrebbe sistemati qui in Sicilia con l’aiuto di questo brav’uomo che aveva soldi, casa e terreni.


Al nostro Centro ci arrivò mandata dai carabinieri perché l’avevano trovata sugli scalini della chiesa dove dormiva da due notti come una barbona. Ci mostrò la catenina e gli orecchini d’oro che le aveva regalato il marito e tutta rossa in viso cercò di spiegarci che lui le aveva promesso mari e monti per poi cacciarla fuori di casa perché non gli voleva fare da puttana. Sissignori, disse proprio così, ‘non gli voleva fare da puttana’ e chi è maggiorenne capisce benissimo che cosa voleva dire. Ma come, a quell’età? E perché no? Una donna a 74 anni è una vecchietta, ma un uomo a 74 anni può essere ancora ‘gagliardo’ e avere le sue ‘esigenze’. Doveva forse andarsene a cercare una sui marciapiedi, col rischio di beccarsi una malattia? Con tutte le rumene e polacche e africane e insomma con tutte le morte di fame che ci stanno in giro, poteva benissimo prendersene una in casa tramite agenzia, una sicura, igienicamente parlando, magari con il cartellino di garanzia come la carne al supermercato. E difatti le urlava che l’aveva comprata e perciò doveva fare tutto quello che voleva lui, ma proprio tutto. I soldi per i ragazzini che aspettavano in Romania, doveva guadagnarseli, altrochè.


La ricoverammo in una casa di accoglienza fuori città gestita da suore dove, con sua grandissima gioia, trovò un’altra rumena, e lì la lasciammo con mille raccomandazioni. Ma neppure tre giorni dopo, ci telefonarono per dirci che Natascia era scappata. Le ricerche ci portarono dove mai avremmo voluto trovarla: dal vecchio marito violento e sporcaccione. Per amore dei figli, era tornata all’obbrobrio e alla schiavitù, per amore dei figli, aveva ‘scelto’ di fare la prostituta per un solo uomo, ma pur sempre la prostituta. E noi, non avendo una nostra casa di accoglienza dove seguirla con un programma di recupero, avevamo perduto Natascia".  (29 ottobre 2005)


www.noidonne.org






Tratto dal libro “Così fragili così forti” di Raffaella Mauceri - La storia si ispira al caso, reale, di una delle centinaia di utenti che si rivolgono al Centro antiviolenza Le Nereidi di Siracusa tel. 0931.61366 - 492752


mercoledì 2 novembre 2005

Il colore dei soldi

La vera pandemia accertata, per ora, è quella degli sfratti, una tragedia vera che miete vittime e terrorizza coloro che si trovano in situazioni analoghe, logorati da un ricatto perenne e ridotti a confidare nella bontà d’animo, nella generosità, nel cuore grande dei padroni. Speranze vane, più evanescenti della nebbia che apre le giornate autunnali. Però se il proprietario è il Vaticano, l’animo si tranquillizza, perché si è alle prese con predicatori di carità cristiana, dispensatori di buone novelle, persone consacrate ad una sola missione, che hanno fatto voti di obbedienza, castità, povertà. Povertà? No intiendo.

Ecco cosa raccontava “il manifesto” di domenica 30 ottobre.

Anna e Franco, cacciati dal Vaticano
«Abbiamo ristrutturato le case della Chiesa ma adesso ci danno il benservito»
Dal Cupolone alla strada. La Propaganda Fide, il «ministero degli esteri» della Chiesa, alza i canoni d'affitto e manda via i vecchi inquilini

ROMA - Franco Lattughi è uno dei tanti casi di sfratto voluti dal Vaticano per realizzare un maggior incasso. Rialzando i canoni d'affitto e cedendo le case a nuovi - e più ricchi - locatari. Lattughi abita a Roma e Propaganda Fide, il potente ministero della Chiesa cattolica proprietario della sua casa, gli ha fatto sapere che o libera l'appartamento o sarà costretto a pagare un nuovo canone: 2.100 euro al mese, «spese escluse». E tra queste non sono certo contemplate quelle che Lattughi - un pensionato di 63 anni - e sua moglie hanno sostenuto dieci anni fa, quando nel `95 sono entrati nell'abitazione. «L'appartamento era disastrato - spiega Franco, ex dipendente Alitalia - e il ministero della Chiesa cattolica non riusciva a rivenderlo. Mi sono offerto, con mia moglie, di mettere insieme i `pezzi' (porte, finestre, sistema di riscaldamento, tutta la pavimentazione) a spese mie. Ci abbiamo lasciato 200 milioni: la nostra intera liquidazione». La casa, un bell'appartamento all'Esquilino, in una zona centrale che è diventata multietnica con l'arrivo dei migranti, è stata attrezzata «alla moda». Con un soppalco (condonato) per la camera, infissi nuovi e termosifoni funzionanti, ora l'appartamento vale di più. La famiglia Lattughi paga 600 euro al mese, sin dai tempi del primo contratto a equo canone. Non abbastanza per Propaganda Fide, però, che ha mandato a chiamare Franco per ridiscutere l'affitto. «Prima - osserva Lattughi - mi hanno inviato una lettera, dicendo che bisognava passare a un canone più alto». Poi il suo avvocato gli avrebbe consigliato di non fidarsi («verba volant, mi ha ricordato»): meglio chiedere un'altra carta con la cifra nuova messa per iscritto. Ma la seconda lettera non è mai arrivata. In compenso è arrivata una telefonata che convocava Lattughi al ministero degli esteri della chiesa cattolica, cioè - di nuovo - al Propaganda Fide. «Mi hanno chiesto di pagare 2100 euro al mese per l'affitto». Il vento evidentemente deve essere cambiato - come gli è stato detto - e a tirare, oggi, è sempre di più il mercato. «Ma i miei investimenti, i soldi spesi per la ristrutturazione?» «Ve li siete goduti in dieci anni di affitto», gli hanno risposto. Con 1500 euro al mese di pensione, però, adesso è difficile cambiare. «Ho offerto loro 850 euro al mese, il 30 per cento in più. Pagare oltre, non posso».
Una storia come tante. Perché dietro Campo de' fiori, la piazza dove c'è la statua dell'eretico Giordano Bruno - sguardo fisso a terra, il capo incappucciato e un libro in mano -, si trova anche l'appartamento di Anna Lavista, una casalinga che vive in via del Gonfalone con il padre pensionato e il figlio studente. La casa è di proprietà del Capitolo di san Pietro in Vaticano. Sorge dopo i palazzi antichi con i muri rossi del Dipartimento nazionale antimafia, le scuole medie Virgilio e la chiesa del Gonfalone le cui pareti confinano con la casa dei Lavista. Anna ha affittato il locale nel `93, quando ha venduto un ristorantino a Pescara e con i soldi ricavati ha costruito la sua nuova casa romana «aggiustando i ballatoi delle scale, il tetto, l'impianto elettrico e idrico, e mettendo un bagno vero perché prima c'era solo la turca. In un rione centrale come il Ponte, pagavo all'inizio 420 mila lire di equo canone; ma prima ho speso anche 150 milioni di tasca mia per rifare l'abitazione». Il Capitolo del Vaticano che le ha affittato l'appartamento, le avrebbe rilasciato una carta intestata, con il timbro della Santa sede. «Faccia la casa più bella possibile - c'è scritto nel documento - e vedrà che se la godrà per sempre». «Tre anni e quattro mesi dopo, nel `96, ho invece ricevuto l'ordine di sfratto».
Ma l'odissea di Anna non è finita. La storia della gestione di questi palazzi antichi, in un rione centrale e «aristocratico» per tradizione, finisce nel 2000 anche sui giornali. L'amministrazione del capitolo passa così all'asta la proprietà della casa di Anna. Anche per i nuovi padroni, lo sfratto dei Lavista è confermato. «Pago 320 euro al mese di affitto, una cifra inferiore al prezzo di mercato. Chiedo da nove anni al Vaticano di passare a un canone più alto e aggiornato - racconta l'inquilina - ma non mi hanno mai risposto. E' un muro di gomma: l'ultima volta che ho parlato con gli avvocati della Santa sede è stato due mesi fa, e mi hanno detto che l'ordine di sfratto non è cambiato. Sostengo spese da dieci anni, non mi riconoscono i documenti fatti e adesso ho finito tutti i soldi della vendita del ristorante: non so che fare».

Sullo stesso quotidiano, sempre domenica scorsa, Adriana Zarri, teologa, nella rubrica settimanale “Parabole”, riportava questa curiosità.

“Un prete contabile e monello si è preso la briga di annotare quante volte compaiono alcuni termini chiave nel documento finale del Consiglio permanente della Cei del 27 settembre scorso. Ed ha scoperto che la parola «Cristo» compare appena cinque volte: quantità assai modesta. «Gesù» compare ancora meno: una volta soltanto e non direttamente ma in una citazione. «Vangelo» non compare per nulla. In compenso il termine «vescovo» ricorre ben diciassette volte. Una statistica interessante che dimostra come, per il Vaticano, la chiesa sembri contare di più del suo fondatore Gesù Cristo, posto che Cristo abbia fondato la chiesa, così come noi la conosciamo, e non invece una comunità di fede e di fedeli (non necessariamente vescovi) abbastanza diversa”. Più una Confindustria vaticana, che altro, con vescovi-manager.