SE QUESTO E' UN UOMO
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case;
Voi che trovate tornando la sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce la pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì e per un no
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno:
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole:
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli:
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri cari torcano il viso da voi.
Primo Levi
Sessant’anni fa le truppe dell’Armata Rossa abbattevano i cancelli di Auschwitz e il mondo scopriva l’esistenza del Male assoluto.
Il 27 gennaio 1945 è una data che deve restare impressa nella memoria. Il racconto dei testimoni che sono sopravvissuti, per raccontare l’inferno che hanno attraversato, è il modo migliore per non dimenticare mai, soprattutto quando l’ultimo di loro sarà morto e allora ci sarà chi potrà far credere, alle nuove generazioni, che era stata tutta un’invenzione. Facciamo in modo che la memoria storica non ci abbandoni. Senza di essa non c’è futuro.
“…Emersero invece nella luce dei fanali due drappelli di strani individui. Camminavano inquadrati, per tre, con un curioso passo impacciato, il capo spenzolato in avanti e le braccia rigide. In capo avevano un buffo berrettino, ed erano vestiti di una lunga palandrana a righe, che anche di notte e di lontano si indovinava sudicia e stracciata. Descrissero un ampio cerchio attorno a noi, in modo da non avvicinarci, e, in silenzio, si diedero ad armeggiare coi nostri bagagli, e a salire e scendere dai vagoni vuoti.
Noi ci guardavamo senza parola. Tutto era incomprensibile e folle. Ma una cosa avevamo capito. Questa era la metamorfosi che ci attendeva. Domani anche noi saremmo diventati così”.
Primo Levi da “Se questo è un uomo” Opere, Einaudi
“In Lager si entrava nudi…La giornata del Lager era costellata di innumerevoli spogliazioni vessatorie: per il controllo dei pidocchi, per le perquisizioni degli abiti, per la visita della scabbia, per la lavatura mattutina; ed inoltre per le selezioni periodiche, in cui una “commissione” decideva chi era ancora atto al lavoro e chi invece era destinato all’eliminazione. Ora, un uomo nudo e scalzo si sente i nervi e i tendini recisi: è una preda inerme. Gli abiti, anche quelli immondi che venivano distribuiti, anche le scarpacce dalla suola di legno, sono una difesa tenue ma indispensabile. Chi non li ha non percepisce più se stesso come un essere umano, bensì come un lombrico: nudo, lento, ignobile, prono al suolo. Sa che potrà essere schiacciato ad ogni momento”.
Primo Levi da “I sommersi e i salvati” Opere, Einaudi
Ci siamo accorti subito, fin dai primi contatti con gli uomini sprezzanti dalle mostrine nere, che il sapere o no il tedesco era uno spartiacque. Con chi li capiva, e rispondeva in modo articolato, si instaurava una parvenza di rapporto umano. Con chi non li capiva, i neri reagivano in un modo che ci stupì e spaventò: l’ordine che era stato pronunciato con la voce tranquilla di chi sa che verrà obbedito, veniva ripetuto identico a voce alta e rabbiosa, poi urlato a squarciagola, come si farebbe con un sordo, o meglio con un animale domestico, più sensibile al tono che al contenuto del messaggio.
Se qualcuno esitava (esitavano tutti, perché non capivano ed erano terrorizzati) arrivavano i colpi, ed era evidente che si trattava di una variante dello stesso linguaggio: l’uso della parola per comunicare il pensiero, questo meccanismo necessario e sufficiente affinchè l’uomo sia uomo, era caduto in disuso. Era un segnale: per quegli altri, uomini non eravamo più. (…)
Primo Levi da “ I sommersi e i salvati” Opere, Einaudi
Il racconto di Giorgio Perlasca è una storia vera, l’incredibile vicenda di un commerciante padovano che, nell’inverno 1944, a Budapest riuscì a salvare dallo sterminio migliaia di ebrei, spacciandosi per il console spagnolo.
Era un fascista entusiasta e aveva combattuto in Spagna come volontario per Franco. L’8 settembre 1943 lo trovò lontano da casa, ricercato dalle SS. Avrebbe potuto mettersi in salvo.
Dal suo Diario, emerge l’azione straordinaria di un uomo solo, aiutato da uno sparuto gruppo di persone, che sforna documenti falsi, organizza e difende otto “case rifugio”, trova cibo, strappa ragazzi dai “treni della morte” di Adolf Eichmann inganna nazisti tedeschi e ungheresi.
“30 dicembre, sabato
La notte scorsa è successo un fatto terribile. Hanno preso un gruppo di ebrei del ghetto e li hanno trucidati in piazza Ferenc Liszt e in via Eötvös. Abbiamo prima udito le grida e le suppliche di centinaia di persone, e poco dopo gli spari.
All’alba mi sono recato sul posto e ho visto che i morti erano per la maggior parte donne e bambini. La mattina sono andato all’hotel Hungaria per incontrare il delegato della Croce Rossa Internazionale, Weyermann. Improvvisamente mi si è avvicinato un ufficiale ungherese, pregandomi di andare con lui in riva al Danubio. I miei carabinieri hanno tentato di mandarlo via, temendo un attentato. Poi si sono limitati a rimanermi vicino, ma con i mitra puntati sull’ufficiale.
Tutta la riva del fiume era ricoperta da neve, ma davanti ai caffè Hungaria e Negresco il colore era diventato rosso sangue. Nel fiume si vedevano i corpi nudi di centinaia di morti, che l’acqua non aveva potuto trascinare con sé a causa della presenza di blocchi di ghiaccio. Queste persone erano state ammazzate durante la notte e poi gettate in acqua.
Ho detto all’ufficiale che avevo visto qualcosa di simile vicino al ponte Margherita e gli ho chiesto perché mi avesse invitato qui. Il suo scopo era quello di convincere gli stranieri che l’esercito era estraneo a questi fatti. E’ vero, gli ho risposto, ma l’esercito serve per far rispettare la legge e tutelare i diritti dei cittadini, non per assistere a simili atrocità. Mi hanno raccontato che le vittime erano state costrette a camminare per circa due chilometri, in fila per due, con le mani legate, a piedi scalzi e completamente svestite. Le avevano poi fatte inginocchiare sulla riva del fiume e avevano sparato loro alla nuca.
L’ufficiale mi ha consegnato una donna che si era salvata per essere caduta in acqua prima degli spari. L’avevano slegata e la stavano frizionando con della canfora. L’ho portata con me all’ambasciata."
Enrico Deaglio, da “La banalità del bene” Storia di Giorgio Perlasca, Tempo ritrovato, Feltrinelli
“Le tre vittime montarono insieme sugli sgabelli.
I tre colli furono infilati nei cappi allo stesso momento.
“Viva la libertà!” gridarono i due adulti.
Ma il ragazzo rimase in silenzio.
“Dov’è Dio? Dov’è?” chiese qualcuno dietro di me.
Ad un segno del comandante del campo, i tre sgabelli rotolarono…
Cominciò la marcia dinanzi alle forche. I due grandi non vivevano più. Le lingue cianotiche penzolavano gonfie. Ma la terza corda si muoveva ancora; così leggero, il ragazzo era ancora vivo…
Stette là per più di mezz’ora, lottando tra la vita e la morte, morendo d’una lenta agonia sotto i nostri occhi. E lo dovemmo guardare bene in faccia. Era ancora vivo quando io passai. La lingua ancora rossa, gli occhi non ancora vitrei. Dietro di me, udii lo stesso di prima domandare:
“Dov’è Dio adesso?”
E udii una voce dentro di me rispondergli:
“Dov’è? Eccolo lì – appeso a quella forca…”
Quella notte la zuppa sapeva di morto."
Elie Wiesel da “La notte” Giuntina editore
"Se io potrò impedire ad un cuore di spezzarsi
RispondiEliminanon avrò vissuto invano -
Se allevierò il dolore di una vita o allevierò una pena -
O aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido
Non avrò vissuto invano.
" E. Dikinson.
Notte
FeAu
FRATELLO, anch'io ho messo la poesia di Primo Levi nella bottega dell'assenzio, ed ho ovviamente dedicato il post al Giorno della Memoria. E la prima visita è di Perla.
RispondiEliminaDi fronte ai dolori, le famiglie si ricompattano...e le comunioni di anime si incontrano.
Ti abbraccio.
M.
io non ho messo poesie sul mio post..ma leggo quelle degli altri...non si può dimenticare..
RispondiEliminaFEAU, molto belli i versi di questa poesia. Pensavo che, se fossi andato a dormire ancora più tardi, mi avrebbero accompagnato nel sonno. Riesci a trovare nelle parole dei geni della scrittura i timbri e i toni giusti. Una capacità e una presenza che sono importanti. Grazie
RispondiEliminaFRATELLO, per un piccolo problema di caricamento della pagina mi è saltato il titolo che sarebbe stata quella scritta tragicamente famosa posta all'ingresso del campo di sterminio: "Die arbeit macht frei" (Il lavoro rende liberi). Ma anche il titolo della famosa e struggente poesia di Primo Levi va bene ugualmente.
Oggi Rai Uno trasmetterà, in prima serata, un film di forte impatto emotivo: "Il pianista" di Roman Polansky. E' un pugno di quelli che colpiscono la bocca dello stomaco e fanno male. Ma io non lo vedrò, perché l'ho già visto, nell'agosto 2003, con Lei e la ricorderei in ogni fotogramma, pur se la testimonianza raccontata è di tutt'altro genere. Per una curiosa e beffarda coincidenza del destino, ci sarà su Canale 5, in seconda serata, un altro bel film: "Prendimi l'anima" di Roberto Faenza, ugualmente visto con Lei in quell'estate indimenticabile, che sembra passato un secolo e invece si tratta solo del 2003. Ovviamente, anche in questo caso, identico trattamento di non visione.
Ti abbraccio e passerò da te più tardi.
FRAMAI, benvenuta. Anche qui vengono lasciate poesie: nel post oppure nei commenti di chi ti ha preceduto. Tutto va bene, affiché la memoria storica non faccia difetto, quando le infami teorie "negazioniste" vorranno affermarsi con la morte dell'ultimo dei sopravvissuti. Non si può e, soprattutto, non si deve dimenticare.
grazie per la tua visita.. anche il tuo blog è mlto "carico"... bello! a presto! ***
RispondiEliminaSOFFIODASIA, il ringraziamento è reciproco. Ti aspetto... Quando vorrai...Ciao
RispondiElimina