giovedì 6 gennaio 2005

La stella polare


Quegli scontrini che scivolano dal portafoglio mi colgono di sorpresa. Li raccolgo, rovisto nella borsa e, naturalmente, c’è ancora il biglietto del treno. La data è proprio quella dell’ultimo viaggio, quello di ritorno.


Gli scontrini li ammucchio da una parte e neppure li guardo, perché so già che mi riporteranno in "quel" bar, in "quel" ristorante, in "quella" gioielleria, da "quel" fioraio e non mancherà neppure quello della gelateria che frequentavamo immancabilmente. Lei cioccolato, nocciola, panna, io tuttifrutti. Poi assaggiava il mio cono ed io il suo. Quasi fosse, quello dello scambio, un rituale scaramantico, uno scacciapensieri da consumare rigorosamente assieme.


Ah, ci sono anche le foto della sua città. Alcuni fogli strappati da una rivista che corredava, con abbondanza di foto, un reportage. E a queste non riesco a sottrarmi. Ecco la piazza, il Duomo, il porticato: i miei occhi sono fissi su quelle immagini come se dovessero (e potessero) all’improvviso animarsi e dunque le persone camminare e poi, sì certo, rivedere noi due assieme.


Quante volte abbiamo passeggiato sotto quelle arcate incollati uno all’altra. Quante volte abbiamo attraversato quella piazza fino all’ingresso della cattedrale dove la seguivo, per non lasciarla neppure lì, anche se non sono credente. O almeno non lo sono più.


Rispettavo il suo raccoglimento, mi impressionava un pochino questa sua dimensione spirituale, evitavo però di chiederle a chi si rivolgesse e cosa chiedesse. Non ne abbiamo mai parlato. Penso sia stato l’unico aspetto che di Lei non ho voluto approfondire, chissà perché? Forse per non turbare la sua coscienza di donna allora separata, ma due anni prima,  quando ci eravamo conosciuti, ancora sposata? Anche in questo l’ho rispettata. Era un suo spazio riservato che non volevo invadere.


Torno sulla piazza, ne analizzo gli angoli e scorgo quelli dove ci eravamo fermati, di fronte ad una vetrina e riecheggiano anche le osservazione che facevo. La sua voce però non risuona.


La memoria è terribilmente e maledettamente prodigiosa. I pensieri, come uno sciame di moscerini, mi investono e infastidiscono ronzandomi attorno. Ripiego i fogli, metto da parte quelle immagini, le allontano. Ma la stessa cosa non posso fare con il vortice che ha preso a turbinarmi attorno. Chiudo gli occhi e quando li riapro è già buio. Saranno passate ore o minuti?


Alzo gli occhi al cielo e ricordo quella sera in cui uscimmo dopo cena per fare una passeggiata. Le stelle, mai così numerose, scintillavano nella volta celeste come fosse un immenso lunapark. Il cielo sembrava in festa per noi. A lei piaceva tanto osservarle, perché si vedeva riflessa in uno specchio. Poi mi indicava le costellazioni, la stella polare.... “Ma ce l’ho accanto!” – esclamai. Ad un tratto vide una stella cadere: “Dai, esprimi un desiderio”. Auspicai per Lei la felicità. Glielo confessai qualche mese più tardi. Ma i desideri non si devono rivelare, perché poi non si avverano. E, forse, per questo motivo adesso mi trovo così lontano da Lei, ormai più irraggiungibile della stella polare. Il suo, di desiderio, non l’ho invece mai saputo

5 commenti:

  1. Ieri non ho postato, poi mi è arrivata una mail in cui una sassolina del fiume mi ha confessato di aver pianto a leggere questo post...qui ci sei dentro tu fino in fondo, senza maschere, senza mediazioni, l'inferno di questi mesi e la dimostrazione, dolorosamente concreta, che quello che è in apparenza un pezzo di carta lo è solo per chi non lo ha saputo leggere.
    Ti abbraccio, Fratello!

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  2. I ricordi, la memoria... Se si potessero cancellare tutti i ricordi di un amore perduto, finito, vorresti farlo? Io temo di no... con tutto il dolore che comportano, non vorrei separarmene. Ho scoperto ormai da anni che non serve a niente buttare via tutti i biglietti, gli scontrini, le ricevute, le foto: i ricordi sono dentro di me, e mi colpiscono quando meno me l'aspetto: basta una strofa in una canzone, una frase in un libro, basta un albero, un qualsiasi tramonto, basta che qualcuno nomini una città, o una regione, per farli emergere con tutta la loro carica di dolore, malinconia, passione.
    Buona giornata anche a te, se puoi.

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  3. un salutino dalle canarie ....a presto
    mardou60

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  4. cattivo cattivo cattivo, postare questi ricordi è straziante come rivivere i miei ogni giorno, ogni ora, ogni attimo : la pizza fumante, il pollo del girarrostro, un viale alberato, la reggia di capodimonte,l'odore dell'erba dove facevamo l'amore,quella canzone all'improvviso, il biglietto del vaporetto che ci portò a ischia a vivere una delle nostre giornate più belle,ed ora invece solo il buio e il rumore silenzioso delle mie lacrime. ciao frank

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  5. Gianluca da Napoli.

    GIANLUCA, le tue parole mi hanno lasciato commosso e indotto a riflettere. Grazie per ciò che hai scritto, perché si sente che le frasi e l’esperienza tragica di un amore finito, ti hanno toccato profondamente. E non solo. Vado sempre più convincendomi che le storie che finiscono e che sono state intensamente vissute, beninteso quelle che terminano unilateralmente, tracciano cicatrici profonde che segnano il resto dell’esistenza.

    E non è solo la pazienza a non finire mai, ma anche un amore che temo tanto non potrà ripetersi con la medesima intensità e calore, indeterminatezza ed esclusività. Le esperienze, che ciascuno ritiene personali, diventano invece patrimonio di altri che, in tempi e modi diversi le hanno vissute e sofferte. Sono dunque io che ringrazio te per una presenza così nobile ed una testimonianza accorata.



    MARDOU60, che sorpresa il tuo pensiero da lontano. Grazie e torna presto e divertiti.



    FANNY, “quel rumore silenzioso delle lacrime” è un rumore che ho sentito molto spesso rimbombare nel silenzio del mio studio. Potevo alzare lo stereo a tutto volume, ma non diminuiva la sua intensità. Martellava le tempie, scavava le guance, esauriva le risorse. Uso l’imperfetto, perché mi sono imposto di non piangere più per Lei, ma se solo accade che mi soffermi, qualche istante di più, proprio sui ricordi allora il respiro diventa affannoso, il senso di vuoto, di panico e di vertigine mi invade le lacrime non possono esser frenate, scivolano sul viso e rinuncio pure ad asciugarle.

    Dopo aver terminato questo post, scritto come in apnea, mi sono ritrovato spossato e con tanta debolezza addosso, sono perciò andato a dormire. Ed il cuscino si è bagnato quasi istantaneamente.

    Non “cattiveria”, dunque, ma l’esigenza di condividere un momento tutto particolare, anche per allentare la tensione interiore, provare a respirare senza oppressioni. La mente si era svuotata.

    Durano poco le conseguenze, in effetti, perché quel tuo stesso buio riempie le giornate, i ricordi allora si ammassano in un angolo nascosto del cervello, sembrano fuori portata ed invece deflagrano. Perché non so come sia scaturito il mio racconto di una sera emozionante, però mi stava torturando e così nel blog mi sono rifugiato. Forse, insieme, si riuscirà a superare più in fretta. Forse...

    Un bacio



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