L'ANTITALIANO
L'intransigenza maestra di vita
di Giorgio Bocca
L’espresso 6 novembre 2006
La revisione della storia è una funzione culturale indispensabile, ma forse lo è di più e prima la conoscenza della storia
Un lettore di un giornale di destra che mi ha visto in televisione oppormi al revisionismo storico giunto alla diffamazione della Resistenza dice che gli ho fatto l'impressione di un ayatollah, fanatico e intransigente. Lo ringrazio per l'intransigenza che è una delle virtù politiche e umane apprese nella Resistenza di Giustizia e libertà. Il fascismo piaceva agli italiani, forse piace tuttora, perché era intransigente a parole, ma permissivista, complice dei nostri vizi nei fatti. È per questo che si sente puzza di fascismo perenne nella retorica permissivista della Repubblica per cui chiunque faccia il suo dovere è un eroe, qualsiasi morto va applaudito al passar del feretro, anche il mercenario che faceva la guerra per soldi al servizio di coloro che con la guerra fanno affari, salutato da fanfare e capi di Stato dolenti. Ci siamo abituati nella Resistenza ai morti insepolti, che un nemico feroce lasciava appesi al cappio della impiccagione o in qualche fossa comune. Diffidavamo anche dei funerali familiari. Il nemico feroce li usava per fotografare i presenti. La democrazia non è intransigente come le dittature, ma una democrazia che non sappia difendersi ha breve vita. E quando una democrazia come la nostra è fondata sulla Resistenza e sul patto resistenziale che esclude il ritorno del fascismo, coloro che stanno nelle 'stanze alte' dello Stato devono intervenire in difesa dello Stato e non di chi ne minaccia l'esistenza. La differenza fra un'opinione pubblica democratica e una filo-fascista, filo-autoritaria non è una questione di vaghe idee come si ama far credere, ma di seri comportamenti, di rispetto delle leggi e non della loro violazione sistematica. Assistiamo a una fioritura di fascisti inconsapevoli o fascisticamente tracotanti: uomini politici che essendo a capo del governo invitano i cittadini a non pagare le tasse e a non accettare le decisioni della magistratura, a definire i giudici assassini e i giornalisti onesti terroristi, sindaci che pur sapendo che l'apologia di fascismo è un reato vogliono intitolare una via a Pavolini, il capo delle brigate nere, la teppaglia arruolata dal fascismo morente: l'esercito nero che, venuta meno la protezione dei tedeschi, si sciolse, scappò, non ebbe il coraggio di opporsi a quella insurrezione che non fu una bugia, ma liberò le città e presentò agli alleati vincitori un paese che poteva autogovernarsi, che meritava di rientrare fra le nazioni civili, che ricostruiva il paese distrutto, che arrivava a un più civile rapporto fra le classi sociali. È a questo patrimonio di sacrifici e di opere dobbiamo rinunciare, questi meriti dobbiamo abbandonare alla diffamazione solo perché è di moda parlar male dei padri, diffamando quella grande occasione dai diffamatori perduta, quella occasione di mostrarci al mondo come un paese coraggioso e civile? Il revisionismo è accettabile anche come menzogna? Guardavo un servizio sull'attentato di via Rasella di una televisione, manco a dirlo revisionista: sosteneva che i partigiani avevano attaccato una colonna di pacifici altoatesini, bravi figli di mamma capitati per caso nella Roma della Resistenza. In realtà trattavasi del famigerato battaglione Bozen, specializzato nella repressione di partigiani, più nazista dei nazisti. Manca solo che le stragi di Marzabotto come di sant'Anna di Stazzema siano rievocate come delle liete scampagnate delle brave SS del colonnello Reder. La revisione della storia è una funzione culturale indispensabile, ma forse lo è di più, e prima, la conoscenza della storia: sapere, anche se a grandi linee, come è avvenuto che l'Italia sia diventato uno Stato unico e indivisibile.
Non fa mai male ricordare certe cose e ribadire determinati concetti in un periodo molto triste su cui stanno calando le lunghe ombre della notte. Nelle curve degli stadi, tanto per restare nei dintorni dei recenti e luttuosi avvenimenti, teorie e armamentario fascista si sono espansi in maniera preoccupante. Alcuni dei teppisti catanesi arrestati facevano riferimento a Forza Nuova, un gruppo che ha trovato ospitalità nella cosiddetta Casa delle Libertà. Mafia e fascismo si sono intrecciati in Sicilia, cosicché la bella isola sta affondando con tutte le sue risorse intellettuali e ambientali.
@frank: se non è mai stato fatto un processo al fascismo ( e anzi, molte cose su di esso vengono ancora nascoste) non si può sperare che non nascano tanti novelli revisionisti.
RispondiEliminaCaro Frank, il revisionismo e il ben peggiore negazionismo sono un problema del nostro presente, ma soprattutto del futuro nostro e dei nostri discendenti. Parlare, testimoniare, continuare a dire ciò che è successo, queste sono le cose che possiamo e dobbiamo fare, instancabilmente. Grazie a te per questo post.
RispondiEliminaCon affetto. harmonia
E' giusto ricordare. Sempre! Anche ricordando non riusciamo ad evitare di cadere nei soliti errori ed orrori... figuriamoci se lasciamo che i nostri giovani crescano senza sapere, senza capire.
RispondiEliminaUn saluto affettuoso da Fioredicampo
visto che presto non ci saranno più testimoni diretti di quegli eventi il nostro ruolo dovrebbe porprio essere quello di raccogliere le loro testimonianze per tramandarle.
RispondiEliminaun bell'articolo, che oggi si combina con il giusto monito del presidente Napolitano...un abbraccio stef
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