venerdì 16 febbraio 2007

Pecunia non olet


Informazioni di guerra in tempo di pace. Mi rendo conto che si tratta ancora di un lungo post, anzi questa volta doppio, come un whisky, però ha il vantaggio di non provocare danni, quanto aggiungere informazioni antibelliche, mentre infuriano più che mai le polemiche (e gli auspici di sventura) ad ogni livello. La7 seguirà in diretta il corteo di sabato prossimo a partire dalle ore 15.


Le spese di guerra, elevatissime, sottraggono risorse alle vere esigenze della popolazione che sono: sanità, pensioni, stipendi e salari inadeguati per le fasce più deboli, come è sempre stato del resto. Né poteva un governo, fintamente di centrosinistra, invertire questa tendenza e mostrare quella discontinuità più volte invocata. Gli amerikani sono grandi “amici” proprio quando fanno queste proposte indecenti e l’Italia ne resta succube, scendiletto vita natural durante, mentre sulla sponda d’oltretevere si viene commissariati dal Vaticano. Persiste la sovranità limitata e, quanto sembra, ci stanno pure bene lorsignori. Nonostante Ustica, il Cermis e l’omicidio di Nicola Calipari, tutti rigorosamente made in Usa.


Al via il fulmine di guerra. Dal Pentagono su ali italiane


Il governo sigla l'accordo per produrre i micidiali bombardieri F-35: reagiscono vescovi, società civile e parlamentari. Primo appuntamento a Vicenza il 17 febbraio per impedirne la produzione a Novara. Discontinuità. L'Italia firma a Washington l'intesa per il caccia F-35


Emanuele Giordana*


il manifesto 8 febbraio 2007


Il Sottosegretario alla Difesa Lorenzo Forcieri firma al Pentagono il protocollo d'intesa su produzione, supporto e sviluppo del caccia Joint Strike Fighter noto come Jsf o F-35. Sigle che sembrano innocue ma che in Italia hanno già scatenato una bufera, prima ancora che Forcieri apponesse la sua firma a nome del governo.

Il tam tam data dal 1998 con la stesura di un primo memorandum tra governo italiano e americano. Poi, mentre si alternavano i governi, si è andata costruendo - ricordano alla Rete italiana per il disarmo - la tappa decisiva del giungo scorso che ha visto il generale Leonardo Tricarico, capo di Stato Maggiore dell'aeronautica, sottoscrivere il programma. Ieri la firma del rappresentante del governo che fa «volare» i Jsf anche in Italia. Gli F-35 sono caccia di ultima generazione che possono portare anche ordigni nucleari. Armi micidiali insomma. Che potranno essere prodotte anche in Italia, in provincia di Novara. Ma benché la cosa si sapesse da tempo e si stesse per arrivare alla firma, in realtà, tutto è passato piuttosto inosservato. Ci hanno pensato due vescovi a dare la ribalta alla vicenda. Sul sito di Pax Christi Fernando Charrier, vescovo di Alessandria e Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara e presidente di Pax Christi Italia, hanno scritto un comunicato che, dietro le parole soft, parla chiaro. Citano la dottrina sociale della chiesa, il Concilio Vaticano II e anche il pontefice, per «riaffermare, come comunità cristiana, la necessità di opporsi alla produzione e alla commercializzazione di strumenti concepiti per la guerra...» e criticano il possibile «avvio dell'assemblaggio finale di velivoli da combattimento da effettuarsi nel sito aeronautico di Cameri», provincia di Novara, dove i membri del «Tavolo di lavoro contro gli F-35» hanno già aderito alla manifestazione in programma a Vicenza il prossimo 17 febbraio contro l'ampliamento della base Usa. Si parlerà anche degli F-35.


Per i presuli la produzione di armamenti non si può «considerare alla stregua di quella di beni economici qualsiasi» e si chiedono «quale cammino di pace sarà mai possibile se si continua a investire nella produzione di armi e nella ricerca applicata a svilupparne di nuove?». Anche don Albino Bizzotto dei Beati costruttori di pace ha qualcosa da aggiungere: «Noto che il mondo cambia ma i governi sembrano non accorgersi di quel che pensa la gente. Non si vede mai un segnale se non qualche ritocco e si va avanti sulle logiche di sempre. Mi accontenterei - conclude - che si rispettasse la lettera della Costituzione». In un momento difficile delle relazioni transatlantiche, Forcieri ne ha ieri evidenziato la tenuta proprio grazie all'accordo sugli F-35. E' proprio quello che non piace alla Campagna Sbilanciamoci! «Una tempistica migliore non poteva esserci, non sono passate neanche 24 ore dal vertice di maggioranza sulla politica estera, concluso con un pieno sostegno alla politica estera e di difesa del governo - dice Giulio Marcon - che un altro strappo viene fatto dall'esecutivo». Eppure, ricorda Massimo Paolicelli, nel suo programma «l'Unione si era impegnata a sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti» mentre «il progetto del JSF affossa la cooperazione europea e fa esplodere le spese militari». Forcieri però assicura che «notevoli saranno i ritorni industriali e occupazionali del progetto. In termini economici e finanziari l'acquisizione dei velivoli comporterà per l'Italia un impegno stimato in circa 11 miliardi di US$, a fronte del quale si mira a ritorni industriali in misura pari al 100% e a incrementi occupazionali proporzionali ai volumi in gioco. Per la sola produzione delle ali del velivolo, già a partire dal 2008 e fino al 2014 - precisa il sottosegretario - si prevedono attività che potrebbero sviluppare un volume di risorse dirette crescenti fino a circa 2000 posti di lavoro, con un esteso coinvolgimento di piccole e medie imprese».

Ma non tutti hanno questa certezza. Severino Galante (Pdci) chiede in un'interrogazione al ministro della Difesa «come sia possibile che i costi unitari dei velivoli rimangano uguali a quelli stabiliti inizialmente e come sia possibile che gli aumenti siano assorbiti unicamente dagli Usa» e vuole dunque sapere «quali siano i termini effettivi dell'accordo...e quelli relativi al trasferimento delle tecnologie tra la Lockheed Martin e le aziende italiane impegnate nel progetto». Domande sui costi che si fa anche il senatore del Prc Francesco Martone «e sui quali forse la Corte dei conti dovrebbe pronunciarsi come ha fatto quella olandese (che ha bocciato il governo ndr)». Ma Martone va più in là. «Deve essere ben chiaro che questi sono caccia in grado di portare ordigni nucleari». Fino a prova contraria il nostro esercito non dovrebbe averne bisogno.


*Lettera22


F-35 Lightning


Dovremo versare un miliardo di dollari


3° memorandum Il primo nel 1998 firmato dal governo D'Alema, il secondo, nel 2002 dal governo Berlusconi


Manlio Dinucci


il manifesto 8 febbraio 2007


Con il memorandum d'intesa, firmato ieri al Pentagono dal sottosegretario di stato per la difesa Giovanni Forcieri (Ds), l'Italia si è assunta ulteriori impegni nel programma del caccia statunitense Joint Strike Fighter, guidato dalla Lockheed Martin. E' il terzo memorandum d'intesa: il primo venne firmato il 23 dicembre 1998, durante il governo D'Alema; il secondo, il 24 giugno 2002 durante il governo Berlusconi. Un caso esemplare di convergenza bipartisan, che ha portato l'Italia a partecipare alla realizzazione di questo caccia, ribattezzato F-35 Lightning (fulmine), definito da Forcieri «il più grande e tecnologicamente più evoluto programma della storia dell'aviazione».

«Questo dovrebbe essere considerato un aereo italoamericano», ha dichiarato orgoglioso il sottosegretario alla commissione difesa della camera lo scorso 16 gennaio. Le ali vengono infatti realizzate in Italia, su disegno e progettazione in parte sviluppati da oltre cento ingegneri di Alenia aeronautica. L'Italia è nel programma come partner di secondo livello, dopo Usa e Gran Bretagna al primo: il tricolore compare quindi al terzo posto sulla fusoliera del caccia che, lo scorso 15 dicembre, ha compiuto in Texas il volo inaugurale. Volerà quindi su ali italiane l'F-35 Lightning che, sottolinea il Pentagono, «come un fulmine colpirà il nemico con forza distruttiva e inaspettatamente».

Una volta testati i prototipi, nel 2008 inizierà la produzione delle tre varianti del caccia: la prima a decollo e atterraggio convenzionali, la seconda per le portaerei, la terza a decollo corto e verticale. Usa e Gran Bretagna ne acquisteranno complessivamente circa 2.600. L'F-35 Lightning è infatti un caccia multiruolo, concepito per tutte le missioni di attacco. L'Italia, ha confermato il sottosegretario Forcieri, ne acquisterà 131 per la marina e l'aeronautica, che saranno così dotate di «uno strumento idoneo ad assolvere ai rispettivi ruoli in modo completo, efficace e, possibilmente, con il minimo impegno finanziario». Sull'efficacia di questo aereo quale strumento di guerra, non ci sono dubbi. Ve ne sono, invece, sul «minimo impegno finanziario».

Per partecipare al programma, l'Italia si è impegnata a versare un miliardo di dollari (oltre 900 milioni di euro). Si aggiungerà a questo il costo degli aerei, quantificato da Forcieri in 45-55 milioni di euro per velivolo a seconda delle versioni. L'acquisizione dei velivoli - si specifica nel comunicato stampa emesso ieri dopo la firma del memorandum d'intesa - «comporterà per l'Italia un impegno stimato in circa 11 miliardi di dollari». Forcieri ignora però che il costo di tutti i sistemi d'arma aumenta in continuazione. La promessa che l'Italia potrà acquistare i caccia «a costi consolidati e definiti» è quindi fallace. Forcieri promette però che vi saranno «ritorni industriali pari al 100%». Le società italiane - Avio, Piaggio, Galileo avionica, Oto Melara e altre - hanno ottenuto contratti per 191 milioni di dollari e ulteriori impegni per 827 per un totale di oltre un miliardo di dollari. Sono stati raggiunti accordi per la costituzione in Italia di una seconda linea di assemblaggio finale e di collaudo del caccia, probabilmente nell'aeroporto di Cameri (Novara).


Il sottosegretario Forcieri lo presenta dunque come un grande affare per l'Italia. Tace però su un particolare: i miliardi dei contratti per l'F-35 Lightning entreranno nelle casse delle aziende private, mentre i miliardi per lo sviluppo e l'acquisto dei caccia usciranno dalle casse pubbliche. Si aggiungono a questi circa 7 miliardi di euro per acquistare 121 Eurofighter Typhoon, il caccia europeo che l'Italia sta costruendo (insieme a Gran Bretagna, Germania e Spagna) mentre allo stesso tempo partecipa alla realizzazione del caccia statunitense, concorrente di quello europeo.

Nel comunicato, il sottosegretario afferma che la partecipazione dell'Italia alla realizzazione dell'F-35 Lightning, «segno tangibile dell'importanza della cooperazione transatlantica», creerà fino a 10mila posti di lavoro, distribuiti per il 40% nel nord e per il 60% nel centro/sud. Il progetto del caccia coinvolge in Italia già 12 regioni e circa 40 siti industriali. E, una volta attivata la linea di assemblaggio e collaudo, tale area si allargherà: la Lockheed Martin punta infatti a una produzione di oltre 4.500 F-35 Lightning. Una bella prospettiva di sviluppo e di crescita dell'occupazione, quella di puntare su uno dei più micidiali sistemi d'arma, che «come un fulmine colpirà il nemico con forza distruttiva e inaspettatamente» nel quadro della strategia statunitense della «guerra preventiva», a cui l'Italia viene sempre più legata. A chi spera di trovare lavoro in questo modo non resta che dire: finché c'è guerra c'è speranza.


 

1 commento:

  1. A Vicenza, per fortuna, è andata bene. Non ci sono state violenze, come qualcuno temeva (o sperava).

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