venerdì 4 aprile 2008

Sprofondo verdebiancorosso


Immerso nella lettura de “la Repubblica” non faccio caso al tipo che sta seduto di fronte a me. Il treno è da poco partito e sono rilassato. Alzo lo sguardo che incrocio con il suo, rivolto più alla prima pagina del giornale che a me. “Alitalia, l'argomento del giorno”, esordisce. “Già”, ribatto di malumore, perché certe interferenze m'infastidiscono. Almeno si fosse trattato di una ragazza sarebbe stato più gradevole. Eppure la persona non appare come il classico “incidente” da scompartimento ferroviario, una di quelle – per intenderci – pronta ad attaccare bottone sempre e comunque. Soprattutto se sono sprovviste di quotidiani, libri, raccolte di parole crociate. Accanto a sé ha soltanto una borsa portadocumenti. Direi sui 35 anni, ad occhio. Abiti finto-casual, l'aria benevola e accomodante di chi vuol soltanto scambiare quattro chiacchiere innocue, non impegnative intendo. “Stavo leggendo, appunto, delle reazioni tra gli addetti” - mi allargo, rassegnato alla conversazione. Tanto il viaggio è lungo e ci può stare. “Non sempre si può scrivere ciò che si vuole” - ammicca. “In che senso?” - ribatto. “Ascolta, possiamo darci del tu, vero?” “Certo” - rispondo e già questa richiesta mi predispone favorevolmente nei suoi confronti. “Conosco la compagnia di bandiera dall'interno” - esordisce “e posso raccontarti una storia esemplare. Ma ad un patto, però” “Dimmi pure, credo di essere un buon ascoltatore e non avrò difficoltà a mantenere l''impegno”. “Bene. Allora tu ascolta soltanto ed evita domande a cui non potrei rispondere”. “Vicende top-secret?” chiedo già incuriosito. “Diciamo che, se vengo interrotto, perdo facilmente le fila del discorso” e strizza l'occhio. Ripiego “la Repubblica”, mi rialzo sul sedile e apro il fedele moleskine. “Hai problemi se prendo appunti?” - chiedo prudentemente. “Fai pure. Nessun problema” - risponde sorridendo.

Lo scompartimento è semivuoto. Ci spostiamo proprio in fondo alla carrozza e Marco, come dice di chiamarsi, inizia il suo racconto che ho cercato di riportare fedelmente, comprese le divertenti espressioni colorite.

«Con Alitalia ci ho lavorato per un paio d'anni e per questo motivo andavo nella loro sede almeno due-tre volte al mese, come consulente informatico. Ci vedevamo con un gruppo del loro ufficio marketing, formato in maggioranza da “sgallettate” totalmente ignoranti, prive di qualsiasi specializzazione o competenza in merito. Nonostante questo, il loro stipendio era intorno ai 3 milioni di vecchie lire, ed era un bel grasso stipendio all’epoca. Di queste, stando ai “si dice”, una era entrata in Alitalia tramite uno zio, un'altra tramite uno a cui l’aveva data (me lo disse proprio lei, tutta compiaciuta). Oh, magari anche la prima l’aveva data allo zio, ma queste sono solo supposizioni... Delle altre non so, ma insomma...

Ora, andare in riunione in culo alla luna nella fantasmagorica cattedrale nel deserto (campagna, a dire il vero) Alitalia già era divertente di per sé, il problema è che poi ci si passavano delle mezz’ore per fare il badge, delle mezz’ore per essere annunciati, delle mezz’ore per essere ricevuti, delle mezz’ore davanti alla macchinetta del caffè (che fai, nun t’oo piji? Maddai, famo ‘na pausa, naa?!), poi, finalmente, ci si sedeva a tavolino. E lì partivano delle altre mezz’ore su quisquilie più o meno varie, tipo che te sei fatta ai capelli, l’hai visto ieri Biutifùl (qualcosa del genere, non proprio quello e mi piace pensare che l'avrebbero scritto così, aggiungo), ma, soprattutto, lo spettegolìo sul collega di turno.

In pratica si arrivava lì verso le dieci di mattina e, se si era fortunati, si usciva non meno di cinque ore dopo. In tutto questo tempo ti rendevi conto che - non esagero - la metà del personale non faceva un cazzo assoluto. Una tipa stava in una stanza dove giocava a solitario tutto il giorno, ogni tanto rispondeva al telefono e diceva “no, pe’ carità, dije che nun ce sto, questo m’attacca pippa io mica posso stallo a senti’ pe’n’ora, tanto nun se po’ ffa’ qu’oo che vòle, er capo nun ce sta, ah, no, dije c’ha detto de no, sì, er capo ha detto no. No che il capo nun ce lo sa, ma tanto si poi j’oo dimo mica s’oo ricorda, je dimo dotto’, ma di questo ne avevamo già parlato e lei aveva detto de no. Tanto è rincojonito, c’ha tremila cazzi da pensa’, mica se va a ricorda’ de ‘sta robba”. Io, giuro, questo dialogo l’ho sentito almeno due volte a diverso titolo (non so se rivolto pure a diverse persone o alla stessa).

Poi c’era la capa del gruppo, una che non c’era mai. La voce di corridoio diceva che l’aveva elargita al capo supremo di quella parte di stabile, per cui arrivava quando voleva (se voleva) e il badge glielo passava il segretario (che poi andava a prenderla quando arrivava. Lì non c’era il cartellino, strisciavi il badge ogni volta che entravi/uscivi dal palazzone).

Era bellissimo. L’aria che si respirava era di fancazzismo puro, totale, accanito. Gente che leggeva il giornale, gente che in sala riunioni (ce ne sono diverse ad ogni piano, salette più o meno dai 10 ai 50 metri quadri) si guardava i film in dvd sui primissimi schermi al plasma (ogni saletta ne aveva uno), gente che con lo stesso trucco del badge passato dall’amico compiacente era usa a passare il suo tempo al di fuori del labirinto, magari a fa’ un altro lavoro. In nero, of course.

Io, ogni volta che uscivo da lì ero scosso, mi sentivo obnubilato da quelle veneziane tirate giù (le varie stanze avevano la parete d’ingresso a vetri, quindi le tapparelline chiudevano la vista) nei corridoi, da quelle stanze parzialmente inondate dal sole (anch’esso schermato da altre tapparelle alle finestre) dove, una volta, ho visto dormire beatamente uno sdraiato su una poltrona, con la radio a basso volume (musica lounge). Non ne vedevamo lavorare uno che fosse uno, cazzo!

Si raccontava che la maggior parte delle persone che lavorava a quel piano, e ai due superiori, era totalmente inutile ad Alitalia, stava lì solo per questioni di raccomandazione, di posti da elargire, di quote di partito da soddisfare. Una specie di caravanserraglio dove depositare favori ad amici. Parliamo, ad occhio e croce, di circa 600 persone. Fatti i dovuti calcoli significano circa 4-5 miliardi di lire all’anno tra stipendi, contributi e benefits vari. E, attenzione, solo di quei piani. Poi ce n’erano altri che sfuggivano al loro pettegolìo (la sede è enorme). Un’ottica da ministero o società statale dei bei tempi andati, insomma.

Ma del resto, allo stile fantozziano, ci avevo fatto il callo. La prima volta che vidi una cosa del genere (e capii che i film, i libri e le opere di fantasia in generale sono solo il pallido specchio della realtà), fu qualche anno prima in un'azienda del gruppo IRI Finsiel. Là conoscevo un pezzo grosso dell'azienda che mi aveva fatto il piacere di mettermi a disposizione una serie di macchine per il test di un software.

Dovevo testare un'applicazione da distribuire in allegato ad un periodico. I tempi, come al solito, erano mostruosamente ridotti e non avevo sufficienti computer su cui fare le prove. È vero che esisteva solo Windows 3.11, ma la maggior parte dell'installato presentava varie versioni di DOS e OS2 e Warp e perfino DR-DOS, quindi mi servivano diversi computer con diverse configurazioni. Ero pronto al suicidio, ma mi venne in soccorso il sempiterno "amico dell'amico", che nella fattispecie era un compagno di merende di mio padre, il quale rivestiva una carica piuttosto importante in questa azienda, credo fosse capoladro o qualcosa del genere, il quale mi diede la possibilità di fare questi test in una delle sale informatiche del gruppo.

In queste enormi stanze (soffitti alti praticamente quaranta metri, stanze minimo di 50 metri quadri, i cessi erano di 30, più o meno) c’erano altre persone che lavoravano. Oddio, lavoravano.... Ce n’era uno che arrivava di prima mattina, apparecchiava quattro o cinque quotidiani sulla scrivania e leggeva fino alle 17. Seppi che era un sindacalista in rotta con la dirigenza, solo che non potevano licenziarlo e lui se la spassava così. Sempre meglio (almeno ti fai una cultura) del collega alla sua destra, quello che con un televisorino portatile, hai presente quegli scatolotti tipo a 5, 6 pollici con l’antenna, se vedeva tutte le trasmissioni più del cazzo che c’erano. Ovviamente, però, a volume altissimo (che, in quegli affari, significa una distorsione assoluta del suono, praticamente una scoreggia continua). Poi c’erano i tecnici che se facevano le canne al seminterrato e via così.

Questa era la normalità, stando alle confidenze dell'amico di mio padre. Era ed è. È così che si lavora nei posti pubblici, è così che poi le aziende vanno a farsi fottere. So che alcune delle sgallettate non lavorano più in Alitalia, ma gli hanno fatto causa e di recente hanno rimediato 150.000 euro cadauna, non so onestamente a che titolo. Così avrà fatto pure il sindacalista. E così avranno fatto migliaia di persone che non ho avuto il piacere di incontrare, ma sono in grado di immaginare».

Roma, stazione di Roma Termini: termine di corsa.



















8 commenti:

  1. yetbutanameaprile 04, 2008

    la pu****a (altroché casta)

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  2. iosempreioaprile 04, 2008

    grazie per il racconto, che sarebbe comico se non fosse tragico (perdonami il luogo comune).

    del resto, il sindacalista che fa causa e passa il tempo a leggere i giornali, la dice lunga.

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  3. Questa è cronaca reale di una situazione che si è trascinata da vent'anni a questa parte ma guai a dirlo! Siccome una percentuale incredibile di persone è stata assunta per "segnalazione" e non solo in Alitalia, nessuno si sogna di denunciare questo modo suicida di gestire le società che dovrebbero essere il vanto della nostra nazione. Come diceva una vecchissima canzone:"Si fa ma non si dice".

    ross

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  4. ilvecchiodellamontagnaaprile 08, 2008

    Potremmo aggiungere i piloti più pagati d'Europa, il personale di bordo più bizzoso del mondo, gli stipendi faraonici dei dirigenti...Berlusconi cianciava di una cordata a salvamento. Che la faccia coi soldi suoi. Noi ci abbiamo già buttato quindici miliardi di euro.

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  5. sregolatezzaaprile 09, 2008

    bel reportage. Purtroppo quelle cose li non accadono solo in Alitalia ma penso anche in molte istituzioni e società pubbliche.

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  6. PortamiViaaprile 10, 2008

    Sempre acuto.

    Un caro saluto a te.



    AnnA :)

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  7. yetbutname, si può intendere anche così, certo.

    alenic59, il completamento è a piacere?

    iosempreio, tragicomico insomma, ma anche il chiaro segnale che la situazione drammatica si è determinata negli anni scorsi, tanti anni fa ed è degenerata poco per volta. Grazie per l'apprezzamento.

    AnnA cara, ricambio il prezioso saluto e arrossisco per i complimenti. Ci sentiremo, spero presto.

    Un abbraccio :-)

    Ross, proprio così: "si fa ma non si dice". E adesso il conto è salatissimo. Quanta dissennatezza!

    ilvecchiodellamontagna, prendi Alitalia, aggiungi il tesserato P2 n°1816, agita per tanti anni (quelli passati) ed avrai il patatrac perfetto. D'altronde il piduista è già un guaio da solo...

    sregolatezza, grazie per l'apprezzamento. Sì, temo che anche altrove si proceda come la testimonianza che ho raccolto. Credo che sia giunto il momento di recuperare dignità e senso dello Stato. Pensa a quante generazioni, quelle che ci seguono intendo, ne escono danneggiate.

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