venerdì 11 aprile 2008

Con la testa e con il cuore - 2


Ancora un paio di contributi elettorali. Se Giorgio Bocca, ci scherza un po’ sopra lo psudoliberismo del Popolo della Libertà Provvisoria (Travaglio dixit), Curzio Maltese, che ammiro a prescindere, traccia un quadro disillusorio e realistico del dopo voto. Sulle sue considerazioni mi appare difficile essere in disaccordo. Entrambi i pezzi sono apparsi sullo scorso numero de “Il Venerdì di Repubblica”.


Con la testa e con il cuore, mi raccomando.


 


fatti nostri


di GIORGIO BOCCA


Liberismo? Meglio sposare un milionario


La libera concorrenza è la salvezza dell’economia, ma i padroni del vapore ogni giorno esortano a «fare squadra». Che cosa significa? Credo voglia dire ottenere aiuti e sussidi da parte del vituperato Stato. Se la libera concorrenza ci fosse stata veramente, nell’Italia del Regno e del fascismo, nessuna delle grandi industrie che ci ritroviamo sarebbe nata e cresciuta: solo il vituperato protezionismo ha permesso alla Fiat, alla Edison, alle acciaierie di nascere e crescere. Le grandi industrie tessili, del cuoio, dell’auto, dell’energia, si sono fatte le ossa con le forniture militari. I giganti della finanza e del petrolio di Stato (l’Iri, l’Eni, l’Enel) sono stati i pilastri portanti della nostra rivoluzione industriale.


Ha ragione, a suo modo, Silvio Berlusconi quando consiglia alle giovani precarie di sposare un milionario. Del resto il Cavaliere, fra i massimi sostenitori del liberismo, aveva capito anni fa che o entrava in politica e diventava padrone dello Stato o rischiava il fallimento. Tutti i sostenitori della libera concorrenza usano lo Stato, magari per farsi pagare un giornale aziendale o familiare. L’odiata dittatura fascista di Mussolini, che ostentava disprezzo per i padroni «pescecani», e aveva nostalgie socialiste, favorì le aziende private, e con l’Iri creò il loro «convalescenziario».


Fra le sue varie boutade Berlusconi ha accusato il segretario del Partito democratico, Walter Veltroni, di «non aver mai lavorato». L’idea che il Cavaliere ha del lavoro è singolare: uno come Veltroni, che per anni ha lavorato seriamente nell’amministrazione civica, nella direzione di un giornale e nella politica, è un fannullone. Grande lavoratore è chi si è impegnato a fare miliardi, e a usare lo Stato per diventare il padrone di metà informazione e del sistema pubblicitario. I sociologi dicono che è finita la società delle classi, che proletariato, media borghesia, aristocrazia, sono cose del passato. Che cosa c’è al loro posto? Una grande minoranza di ricchi sempre più ricchi e una maggioranza sempre più povera e succube, la «poltiglia» di cui parla il sociologo De Rita.


La retorica della libera concorrenza è sempre meno credibile. Non a caso oggi la politica non è più un fine, il fine del buongoverno, ma un mezzo per utilizzare lo Stato per interessi privati. La scomparsa delle vecchie classi ha comportato anche la scomparsa delle vecchie regole, che favorivano i potenti, ma che comunque stabilivano un ordine, una gerarchia. Con l’economia globale siamo all’anarchia e alla rapina generali. Ha ragione il Cavaliere: meglio sposare un milionario.


 


contromano


di CURZIO MALTESE


Chi, dopo il voto, potrà davvero alzare gli stipendi


Destra e sinistra promettono di aumentare gli stipendi dopo le elezioni. Nessuno ha spiegato bene con quali risorse, ma si sa che nella politica italiana basta il pensiero. Sarebbero tuttavia un po’ più credibili se, invece di promettere la Luna, spiegassero le ragioni per cui in Italia il potere d’acquisto dei lavoratori è sceso in questi dieci anni come in nessun altro Paese d’Europa.

Siccome non sono un economista, provo ad avanzare alcune ipotesi sulla base dell’esperienza. Finora, del resto, le spiegazioni degli economisti si sono rivelate in gran parte sballate. La spallata più pesante ai salari degli italiani è arrivata con il passaggio dalla lira all’euro. Un passaggio epocale gestito con dilettantismo dal governo Berlusconi, senza controlli, senza neppure uno straccio di ricerca preventiva sulle possibili speculazioni. Che naturalmente ci sono state. In misura incomparabilmente superiore al resto d’Europa. Soltanto in Italia l’avvento dell’euro ha significato un massiccio trasferimento di ricchezza dai lavoratori dipendenti a imprenditori e commercianti. Le famiglie hanno sperimentato un cambio reale «a mille lire».


Personalmente mi è sempre sfuggito il meccanismo psicologico per cui un Paese prima elegge a sua guida uno degli uomini più ricchi del mondo e poi si sorprende dell’aumento delle differenze sociali. Comunque, il danno non si può rimediare. C’è soltanto da augurarsi che un futuro governo Berlusconi non debba gestire un altro passaggio così importante. Per esempio la fuoriuscita dall’euro, in passato e ancora vagheggiata dall’asse Tremonti-Lega. Nel caso, il consiglio è: emigrate.


Le altre cause dei bassi salari sono più strutturali e si può intervenire, ma bisogna fare la rivoluzione. Riguardano l’arretratezza del sistema imprenditoriale italiano, fondato sull’esportazione di prodotti a bassa tecnologia e quindi in competizione con Cina e India, dove i salari sono infinitamente più bassi. Per reggere la competizione, per giunta, da noi si è deciso di rendere precarie le nuove generazioni. Un modo ingegnoso per tagliare il ramo sul quale siamo seduti. Ma ve lo immaginate un governo di destra o di sinistra che parte alla rivoluzione del sistema industriale e rovescia il rapporto fra le generazioni?


L’unica strada che si può prendere, con effetti limitati ma significativi, è un patto fra il governo e i sindacati per aumentare la produttività del lavoro, in cambio di aumenti salariali. Insomma, una concertazione. In questo Veltroni è più attendibile di Berlusconi, tutto qui. Il resto è sogno.


4 APRILE 2008


IL VENERDI Dl REPUBBLICA 17

1 commento:

  1. iosempreioaprile 12, 2008

    ho letto gli articoli.

    personalmente, sono stufa di sentire parlare dei problemi che conosco a memoria e non vedere proposte di soluzioni concrete e fattibili. questo è uno dei motivi per cui non voterò bertinotti.

    condivido la chiusura dell'articolo di c.maltese: aumento della produttività in cambio di aumento dei salari

    ah, voterò per il piddì.

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