lunedì 3 settembre 2007

Acqua e sapone



Sulla tratta Roma-Napoli (e viceversa) è solito salire un giorno sì e l’altro… pure, un tipo più vicino ai 50 che ai 40 anni, italiano del Sud, con zainetto in spalla e varie cianfrusaglie in mano (penne, pennarelli, fazzolettini di carta). Appena mette piede nello scompartimento saluta tutti in modo ridondante e inizia a recitare quello che è ormai un mantra. Augura buon viaggio, ricorda che chi fa il bene riceve il bene, che dio non è “scordarello” e che lui è un padre di famiglia che si umilia vendendo oggetti e facendo mille chilometri al giorno (!) pur di portare un piatto di minestra ai suoi figli. Poi comincia ad interpellare i passeggeri ricevendo, in genere, risposte negative se non indifferenza. Lascia così il vagone, non senza aver prima lanciato incomprensibili anatemi.


Ora se il tipo, stanco di ricevere dinieghi diventasse più insistente, aggressivo verso donne sole e persone anziane, fino a minacciare direttamente l’incolumità personale, sarebbe legittimo pretendere di essere tutelati? Se la risposta è affermativa, come credo che sia, significa forse che l’intolleranza sta divampando ai danni dei più deboli? Oppure, più sbrigativamente riecheggia, in modo improprio, l’accusa di razzismo? O, ancora, si sposta altrove la questione, confinandola nel non luogo del “benaltrismo”? Tutti atteggiamenti che, a vario genere, s’intrecciano tra coloro che non possono accontentarsi della povertà di analisi qualunquistica da bar dello sport o tipica della destra, ma cercano di capire di più e più a fondo. È certamente vero che i lavavetri non costituiscono un’emergenza nazionale, semmai c’inzuppa il pane la furba pubblicità (vista su “la Repubblica” di un’azienda che vende spazzoloni), tuttavia costoro appartengono assieme a parcheggiatori abusivi, scippatori, automobilisti spericolati e arroganti, teppisti, vandali e zoologia varia, a quella galassia impropriamente definita “microcriminalità” e che, invece, erutta una violenza quotidiana su milioni di persone.


Esiste in una parte della sinistra una singolare indulgenza verso questi misfatti, quasi fossero irrilevanti, perciò trascurabili. E magari, a suon di cifre e statistiche, si pretende di dimostrare che l’incidenza di tali reati non intacca lo zoccolo duro delle varie mafie che costituiscono la vera emergenza. Eppure la percezione di insicurezza sempre più accentuata esiste, basti osservare quante case-prigione con sbarre alle finestre crescono, venendo amaramente vissuta giorno dopo giorno, quasi fosse un pedaggio da pagare ad un livello di vita sempre più sopra le righe.


Questo pezzo era pronto già da ieri per essere postato con tranquillità oggi, poi stamane ho letto su “la Repubblica” la rubrica di Michele Serra (L’amaca) e ho trovato molto opportuno aggiungerla qui. Inutile dire che condivido la sua impostazione.


“Il cosiddetto giro di vite contro i lavavetri ha provocato parecchie reazioni indignate. In genere rimandano a una differente etica dei delitti e delle pene: una società che non riesce a sconfiggere la mafia e spesso lascia impuniti i grandi crimini economici, con quale diritto persegue i miserabili? Condivido l’obiezione. Ma non voglio restarne prigioniero. C’è in molte persone di sinistra la virtuosa ma inconcludente abitudine di spostare l’analisi sempre di parecchi palmi più in là, a costo di trascurare la cocente banalità del quotidiano. Ci sono semafori, nelle grandi città, che sono diventati piccoli posto di blocco dedicati al taglieggio, specie ai danni di donne sole. E se il problema non è degno di raffronto con la fame nel mondo, o con la guerra in Iraq, è però un indizio tangibile di insicurezza e di sopruso.


Un furibondo Asor Rosa ha scritto che prendersela con i lavavetri è come inseguire le mosche con un giornale arrotolato. Ma le mosche (animali sinantropici tra i più molesti, secondi solo ai piccioni) le abbiamo più o meno tutti inseguite, con giornali o altro, e non perché siamo dei mostri, ma perché la risoluzione dei piccoli problemi appartiene con pieno diritto alla nostra vita. E più passa il tempo, più mi convinco che la cura delle piccole cose è la via diretta alla cura di quelle più grandi.


Michele Serrala Repubblica” (2 settembre 2007).


 


 


8 commenti:

  1. kleoole, saluti anche a te :-)

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  2. Lo dico anche qui: sulla questione lavavetro, sono abbastanza in linea con Cioni, per un verso, fermo restando che è un provvedimento che fa parte di un pacchetto che i cittadini avevano chiesto a fronte delle continue taglie spesso sfociate in vere e proprie aggressioni morali o verbali (per ora, almeno), credo che il provvedimento abbia anche una sua funzione preventiva, prima che le cose degenerino. Ed è giusto che i comportamenti violenti ed illegali vadano affrontati e contrastati;in fondo è per questo che esistono le leggi. Quello che mi mette paura, invece, è la presunzione di colpevolezza a priori, l'equazione lavavetri= delinquente, a prescindere.

    Sarà perchè a me, d'istinto, quando ne vedo uno -ma qui da me ce ne saranno tre in tutto- viene sempre da pensare che sia una persona che, in quel momento, sta solo cercando di che vivere.

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  3. Il problema dei lavavetri, abitando aVenezia, ovviamente non mi tocca. Però, non è l’unico problema di questo tipo che affligge le nostre città: questuanti, finti mutilati, bambini addestrati al borseggio, “vu cumprà”, microcriminalità, ecc., ecc.

    Penso che la via da intraprendere sia, come sempre, nel mezzo e cioè che queste attività devono essere perseguite non criminalizzando l’ultimo, cioè la singola persona che si trova esposta sulla strada, ma la “tolleranza zero” deve iniziare dalla testa, dai caporioni (non solo stranieri, ma anche nostrani) che sfruttano questi poveracci.

    Forse si potrebbe adottare una strada simile a quella dei “pentiti”; mi spiego meglio: il lavavetri, o altro, potrebbe essere aiutato nel caso in cui fornisca notizie atte a raggiungere i capibanda. Ecco quindi solidarietà e, nel contempo, lotta al fenomeno.

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  4. Poiché sono contrario agli utenti anonimi, preciso che il commento precedente è mio. Scusate ma, nella fretta, non avevo fatto il "log in".

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  5. il capitalismo è fondato su delle regole ben precise.

    esso necessita, infatti, di un rapporto chiaro coi suoi cittadini-clienti.

    a livello sociale si esplicita attraverso la segregazione classista.

    senza tante perifrasi e giri di parole....

    e un saluto anche a....michele serra

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  6. Fratello, pure io ritengo inaccettabile la presunzione di colpevolezza basata su altri fattori. Ma altrettanto sbagliata quella forma di razzismo alla rovescia, predicata da una parte della sinistra, per cui si è innocenti a prescindere quando si fa parte degli "ultimi".

    SergioYYY, intanto bentornato. A Modena si è adottato un comportamento simile, per certi versi, a quello che proponi, almeno a livello di prevenzione e integrazione. Ne aveva parlato qualche sera fa il Tg3. Realismo e ragionevolezza per la tutela dei diritti di tutti.

    sermau, ho postato anche da te l'intervento di Serra, prima di leggere qui che - se non interpreto male - ti trova in disaccordo.

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  7. no, non sono in disaccordo con te ma con le "perifrasi" del Serra...in quanto perifrasi....

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