giovedì 13 settembre 2007

Intervallo


Un sabato italiano vissuto con le nazionali di basket, calcio, pallavolo e rugby. Una vera pacchia per gli amanti dello sport che si è ripetuta ieri pari pari, seppure con risultati non brillanti, per adoperare un eufemismo. Un piatto ricchissimo in cui, una volta (pare un’epoca fa) mi ci sarei ficcato volentieri. Monaco 1972, le Olimpiadi. Tanto atteso era stato il massimo avvenimento sportivo da catalizzare ogni mia attenzione, al punto che ero riuscito a rimediare un televisore portatile per poter seguire, con la massima tranquillità, una manifestazione di cui, fino a quel momento avevo potuto solo leggere o conservare deboli ricordi delle edizioni del passato a causa dell’età e del fuso orario (per Roma ‘60 ero ai primi passi, Tokio ’64 e Messico ’68 erano lontane lontane per una tv che non erogava sport a getto continuo come ora). Dunque l’occasione di poter seguire i Giochi Olimpici in diretta era finalmente arrivata. Non ne volli perdere neppure un secondo, compresa la tragica giornata di sangue che macchiò indelebilmente quell’edizione. Tanto tempo fa.


Adesso troppe idee comprimono il cervello, troppe ansie, pressioni e attese avvolgono le mie giornate per suggere anche solo un po’ di nettare vitale da queste circostanze. E trarne beneficio. Mi ritrovo a guardare distrattatamente una gara pomeridiana, importante per la rappresentativa di basket, laddove per distrattamente intendo la mancanza di partecipazione, perché la testa segue percorsi labirintici in cui finisco per smarrirmi. Così le sconfitte dell’Italia dei canestri e delle schiacciate, le vittorie di quella della palla ovale e della palla tonda scivolano addosso senza lasciare tracce nella mente refrattaria. Lo stato di torpore o di apnea, come ho avuto modo di segnalare in privato, stanno caratterizzando questa fase della vita e si riflettono nella blogosfera, perché è qui che sto scrivendo, attraverso una partecipazione passiva, con rarefatte apparizioni in alcuni dei blog tra quelli linkati e quasi sempre per lasciare più che altro una traccia-saluto. In attesa che i tempi possano migliorare e ritrovare calore e colore. Per poter vivere tanti sabati italiani ed esclamare poi: “Finalmente domenica!”.

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