lunedì 15 settembre 2008

Lettere dal fronte






Due lettere che, seppur scritte con intonazioni diverse, manifestano disagio, sconcerto, delusione e irritazione. Sentimenti comuni a buona parte degli insegnanti che, in questo Paese, sono stati dequalificati da surrogati artificiali, poi privati del loro ruolo centrale e fondamentale nella formazione dei nuovi cittadini e, infine, gettati ai confini di questa società multimediale, dove a far scuola ci sono le tv dell’ometto B., tessera P2 n°1816, con l’unico obiettivo (riuscito, purtroppo) di trasformare l’ignoranza in un valore assoluto. È per la “velina” e il “tronista” il modo migliore per utilizzare proficuamente il proprio corpo (visto che il cervello è stato lobotomizzato). Checché ne dica la neo-suora Mara Carfagna.


 


Onorevole Ministro,


sono un dirigente scolastico di un istituto comprensivo campano, avverto

la necessità di scriverLe in difesa della categoria dei “Docenti del Sud” della quale ho avuto l’onore di far parte per ben 22 anni, prima di accedere al mio nuovo ruolo.


Trovo sicuramente giusto che tutti i docenti debbano aggiornarsi continuamente, ma tutti, dal Nord al Sud! La scuola, infatti, è il regno del Knowledge management, è una vera comunità di apprendimento, nella quale ciascun membro, alunno, docente, dirigente apprende continuamente dall’interazione con gli altri, ben vengano, quindi, i corsi di aggiornamento, la circolazione delle idee e gli scambi di vedute!


Non riesco, però, a condividere il suo progetto circa l’organizzazione di

corsi “di recupero” per i docenti del sud. Non penso che ne abbiano bisogno, semmai hanno bisogno di maggiore comprensione e riconoscimento per la loro abnegazione. E’ vero, i dati OCSE PISA non sono benevoli con le scuole del Sud, ma senz’altro gli insuccessi non sono da attribuire alla scarsa preparazione dei docenti.


Leggo dalla Sua biografia che Ella non ha avuto il piacere di esercitare l’affascinante professione dell’insegnante, perciò mi permetto di invitarLa nelle nostre scuole delle periferie campane, in trincea.


E’ facile, Signora Ministra, insegnare ai ragazzi dei centri delle grandi città, che arrivano a scuola già con un notevole bagaglio di conoscenza, che conoscono la geografia grazie ai viaggi fatti con mamma e papà, e che possiedono un vocabolario ricco e puntuale! Il difficile è insegnare in trincea, nelle nostre periferie, ove i bambini, per la maggioranza dialettofoni, nel loro ingresso a scuola considerano l’italiano una lingua straniera, non hanno mai viaggiato, e magari non possiedono un computer!


Proprio queste scuole fanno abbassare la percentuale dei risultati Invalsi!


In queste scuole, però, gli insegnanti “carenti”, come Lei li ha definiti, seguono il motto “No one left behind” o come quaranta anni fa predicava il Priore di Barbiana, cercano di non fare “parti uguali per diseguali”. Questi insegnanti, mi consenta, spesso sono degli “eroi”, si sforzano di tenere i propri alunni al passo con i tempi. Li portano continuamente in una sala informatica allestita con computer tutti obsoleti e lenti, gentilmente donati da genitori o docenti che a casa ne hanno comprati di nuovi e messi in rete dalla buona volontà di qualche docente “carente”, ma in questa sala spesso non c’è la connessione internet, perché l’amministrazione comunale non ha pagato il canone Telecom. E’ vero, l’anno precedente erano arrivati i fondi europei, ed erano stati comprati molti computer, ma nelle nostre zone questi fanno ancora gola ai ladri e il Comune non ha provveduto alle grate alle finestre.


Questi insegnanti, spesso, sono costretti ad interrompere le lezioni per fare traslochi continui nelle aule anguste e fatiscenti, dove sono ammassati più di 28 banchi, e i ragazzi si lamentano poiché non riescono a leggere ciò che è stato scritto su una lavagna graffiata, questa, infatti,

riflette il sole, dal momento che non ci sono tende alle finestre. Questi docenti, talvolta, si scontrano con il problema della “discontinuità”, poiché nell’istituto c’è la famosa “rotazione settimanale”:  mancano le aule e a turno una classe per un giorno alla settimana salta le lezioni.


In queste condizioni le prove Invalsi, inesorabilmente, ci bocciano, ma, forse, in queste scuole i docenti hanno mostrato maggior onestà professionale, non falsando le prove con aiuti agli alunni.


Onorevole Ministra, nei nostri collegi, fatti di docenti “impreparati”, siamo abituati a programmare prove di verifica in entrata e a confrontarle con quelle in uscita, per riscontrare scientificamente il miglioramento degli alunni. Con l’Invalsi questo non avviene: le prove fotografano soltanto un momento preciso della realtà scolastica. Mi consenta, Signora Ministra, non i docenti, ma forse gli organizzatori di queste indagini, e coloro che ne esaminano i punti di debolezza avrebbero bisogno di corsi di recupero. I problemi ci sono, e gli insegnanti sono i primi disposti a collaborare per risolverli. Onorata per una Sua eventuale visita nelle nostre scuole, porgo con osservanza distinti saluti


Maria Giuseppa Sgambato Dirigente Scolastico a.s. 2007/2008 I.C. Dante Alighieri,

Roccapiemonte (SA) a.s. 2008/2009 I.C. A. Calcara, Marcianise (CE)










Oggi inizia il primo anno scolastico dell’era monnezza. Quello conseguente alle elezioni vinte speculando sul pattume di Napoli. Contro chi non l’aveva tolta (amministratori locali), grazie a chi l’aveva fatta accumulare (camorra), con la promessa di toglierla (PdL). La monnezza ha così “percolato” a Roma una maggioranza politica tanto orgogliosa dei risultati raggiunti da perpetrare consigli dei ministri-passerella, esclusivamente, lungo percorsi preordinati e surreali, tra cassonetti vuoti, tirati a lucido e profumati di fresco.


Fin qui, nulla, o quasi, da eccepire. È inquietante, invece, la “sindrome ministeriale della monnezza” che porta a guardare tutto come cosa vecchia, come pattume da compattare, differenziare e smaltire. In questa prospettiva s’inquadrano il disprezzo col quale, ad esempio, si guarda alla scuola. Assimilata a “stipendificio” dalla Gelmini, popolata da insegnanti vecchi, ignoranti, incapaci, e per di più terroni. Questi, a sentir Sacconi, scelgono la scuola “perché è sempre meglio che lavorare” e, secondo Brunetta, rinfoltiscono oltremodo una pubblica amministrazione già grondante di “fannulloni”. Per il governo, quindi, la scuola va gestita come la monnezza. Va compattata: sopprimendo le scuole con meno di 600 alunni e riducendo da tre a uno i maestri nella scuola primaria. Va differenziata: tra scuole di pregio (al nord) e pessime (al sud). Va riciclata: trasformandola da pubblica in privata (confessionale o confindustriale) o riconvertita in fondazioni.


Infine tocca ai “rifiuti speciali”. Tra loro, vanno smaltiti 160.000 operatori scolastici, con tagli di organico, ed oltre 300.000 precari, per mancata assunzione, temporanea o definitiva. Una specie, quella degli insegnanti precari, che non va neanche trattata.


In conclusione, per restare in tema: ministra Gelmini, io la rifiuto.


prof. Gianfranco Pignatelli




Vignetta di Mauro Biani







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