Professore, meridionale, eroe
di FRANCESCO MERLO
«Sai, io non sono più sicuro che non si debbano picchiare i bambini» mi dice il mio ex compagno di banco Pippo Barbagallo, che ora fa il preside in un quartiere a rischio. E io, che ho in testa
E tuttavia, comunque vada a finire questa agitata stagione di riforme, della Gelmini resterà il veleno razzista, ormai entrato in circolo, contro il Sud e contro questi insegnanti meridionali sottosviluppati che, in matematica e in scienza - secondo i famosi dati Ocse - formano studenti meno preparati di quelli che altri insegnanti, anch'essi meridionali, formano al Nord. In base all' anagrafe, tutta la scuola italiana è meridionale. Com'è dunque possibile che i cattivi insegnanti del Sud diventino bravi al Nord? Evidentemente, secondo la ministra Gelmini, il mio amico Pippo Barbagallo raglia come un somaro ai piedi dell'Etna e "urla e biancheggia" come Einstein nelle baite del Resegone. In realtà i professori italiani sono troppo colti per pensarsi come meridionali, e infatti, malgrado quel che si dice di loro, non si sono mai sognati di rivendicare - contro
Ma l'uso terroristico dei dati dell' Ocse non finisce qui.
Già la sociologia classica, ben prima di Berlusconi, trovava che il Nord fosse più avanzato perché aveva più scuole di formazione professionale e meno licei classici: «Ebbene, al contrario del luogo comune - mi dice il mio preside - io temo che questa discriminante possa presto arrivare al capolinea, al punto da marginalizzare le Lettere, da fare dell' insegnamento dell' Italiano un'attività da poveracci, da meridionali indigeni, il proletariato intellettuale di Salvemini ridotto a plebe intellettuale». È vero che nei licei del sud mancano i docenti di fisica, «ma è anche vero che a Milano capita spesso che non ci siano abbastanza docenti di Italiano». Cosa può diventare l' Italia senza Italiano? «Forse è un po' fanatica questa ossessione per la matematica», un codice che, anche a scuola, vale quanto tutti gli altri codici che l' uomo ha inventato per decifrare il mondo, per renderlo riconoscibile e per addomesticarlo. Ma, ecco il punto: «Si può insegnare un codice a chi non ha interesse ad apprenderlo»? Gli istituti professionali del Sud sono contenitori-parcheggio, pròtesi della dissipata vita di quartiere, alternative alla strada, al bar e al biliardino, non certo luoghi di avviamento al lavoro: «Non c' è il lavoro al quale lasciarsi avviare. E anche quando, alla fine, lo trovano, sarà comunque un lavoro che non avrà nulla a che fare con gli studi che hanno fatto».
E come fa l' Ocse a misurare le pressioni alla quali è sottoposta un' insegnante che deve sostituirsi al padre e alla madre, alla polizia, al medico, a Dio e deve tirar fuori il meglio di una ragazza che è intelligente anche se fa parte di una famiglia di delinquenti? Qui i professori devono esibire un ventaglio di virtù che nessuna Gelmini mai riconoscerà loro: «Una collega di storia si è trovata davanti un' allieva, praticamente una bambina, che non capiva perché era tutta sporca di sangue. Alcuni compagni sghignazzavano, altri la difendevano. Forse
Certo, nelle città del Sud ci sono magnifici licei di tradizione, antiche scuole dove si coltivano la qualità della lingua, le buone letture, dove si impara la storia, la geografia, il latino, il greco e dove i Bossi (padre e figlio) sarebbero dirozzati e spulciati o inesorabilmente bocciati. Ma spesso l' insegnante meridionale non sa se impiegare più tempo a spiegare il participio passato o a litigare con i suoi allievi, a metter pace tra di loro, a intercettare minacce, a scoprire e a coprire reati: «Siamo sicuri che davanti ai bulli che sfottono un ragazzino effeminato bisogna denunziare tutto e finire sui giornali?». E chi può meravigliarsi se a questi studenti si danno voti più alti di quelli che prenderebbero a Como? I prefetti del Sud dicono che la scuola è l' ultimo presidio contro la criminalità organizzata: «Io un tempo pensavo che sono delinquenti i genitori di un figlio delinquente. Se fosse vero, a rigore bisognerebbe denunciare penalmente i padri e le madri di tutti i delinquenti plurirecidivi i quali potrebbero, a ragione, costituirsi parte civile nei processi contro i loro genitori; e senza neppure l' ironia di Cecco Angiolieri che voleva uccidere tutti i padri a cominciare dal suo. Ma cosa devi fare se scopri che tra i banchi dei tredicenni circola merce rubata? E cosa doveva fare, secondo
Solo un ministro che vive sulla Luna non capisce che gli atti quotidiani di piccola prospettiva degli insegnati meridionali sono l' immensa forza della scuola italiana perché, come notava l' uomo senza qualità, che già allora ne sapeva molto più dell' Ocse, «la somma collettiva delle fatiche spicciole quotidiane, data la loro capacità di essere sommate, mette in circolo una quantità di energia molto superiore a quella che viene impiegata in atti di eroismo». Nel Sud che
ad un certo punto i nostri figli cominciano ad appartenere anche ad altri. Insegnanti, amici, parentado....
RispondiEliminaIo mi sono fatta l'idea che ad un bambino fai capire chi comanda entro i primi tre anni di vita. Nei seguenti tre, confermi o meno che sei tu il genitore. Poi arriva la scuola, con insegnanti e compagni. E non comanda più solo il genitore. Se genitori ed insegnanti sono buoni alleati, forse se ne ricaverà qualcosa di buono.
Qui, nonostante il nord, il piemonte, la scuola privata, vedo che i futuri delinquenti sono figli di imbecilli, che si lasciano comandare dai ragazzini, che li difendono a priori contro gli insegnanti, che non sanno essere autorevoli e trasmettere autorevolezza e rispetto delle autorità. Nonostante la loro cultura e onestà.
Ma ti dirò se avevo ragione tra una decina d'anni, quando il mistero racchiuso nei miei figli si sarà svelato...
Buona domenica,
RispondiEliminaAnna :)