martedì 30 settembre 2008

Insistenza scolastica - 4







Una notte all’elementare «Iqbal Masih»*


di Ascanio Celestini


 


All’orizzonte della scuola c’è un taglio di 87.000 cattedre in tre anni mascherato dal folclore del grembiule col fiocco e condito con l’insipido ritorno al maestro unico. La ministra del redivivo Berlusconi la butta sul piatto dell’informazione (che sua altezza mediatica gestisce direttamente) come se fosse qualcosa in più e non qualcosa di meno. Accanto alla vecchia valutazione in decimi e al voto in condotta si prospettano tagli alle scuole pubbliche proporzionali all’aumento per quelle private che dal 2001 hanno visto le proprie saccocce riempirsi del 65% a spese dei cittadini.


Dal 2001 grazie alla tripletta dei governi berlusconiani e alla doppietta dei prodiani la scuola italiana ha perso 32.888 docenti di ruolo. Nell’anno in corso gli insegnanti precari sono 141.735, cioè il 5,2% in più rispetto a sette anni fa. Oggi i precari rappresentano il 16,82% di tutti i docenti della scuola italiana. Tale valore è destinato ad aumentare il prossimo anno scolastico perché a fronte di 43.812 pensionamenti previsti dal 1° settembre 2008 entreranno in ruolo solo 25.000 docenti. Per scontentare tutti in maniera democratica è diminuito anche il personale non docente. A questi numeri si deve aggiungere che anche la metà degli insegnanti di sostegno sono precari, che oltre ai tagli citati caleranno gli investimenti per gli alunni stranieri e per le aree a rischio, che si discute sulla chiusura delle scuole con pochi allievi nei piccoli comuni come fossero fast food senza clienti e non presidi di cultura e di educazione alla cittadinanza e alla partecipazione. Se ne parla nelle aule della Iqbal Masih, nella periferia romana che affaccia sulla Casilina. Qualche anno fa hanno deciso di intitolare questa scuola a un ragazzo pachistano che lavorava incatenato in una fabbrica di tappeti. Denunciò la sua condizione e gli venne offerta una borsa di studio negli Stati Uniti. Rifiutò per restare nel proprio paese e battersi, ma fu ucciso. Aveva tredici anni. È una scuola attiva nel quartiere, presente con incontri pubblici e laboratori. «Se non lo fa la scuola, chi altro dovrebbe pensarci?» mi dice una donna portandomi il caffè. Non so se si tratta di un’insegnante o di un genitore o di qualcun altro venuto all’incontro di oggi pomeriggio. La scuola dedicata al bambino sindacalista la distingui dagli striscioni. Sul più grande c’è scritto il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini. Ne ha parlato un po’ la stampa e in maniera distratta e confusa anche il telegiornale perché questo luogo pubblico è stato occupato dai genitori degli alunni per diversi giorni e diverse notti. Ci hanno fatto assemblee pubbliche e riunioni, hanno organizzato gruppi di studio, ci hanno mangiato e dormito. E dopo una settimana sono stanchi, ma più determinati di prima a portare avanti una discussione pubblica sul discutibile decreto della ministra Gelmini.


«Abbiamo finito la prima fase di mobilitazione» mi dice Luciano «Da stasera torniamo a dormire a casa, ma la cosa si è ampliata. Adesso vogliamo fare le notti bianche per la scuola facendo una specie di staffetta negli altri istituti. Vorremmo chiamare anche Fiorella Mannoia, lo sai che è di Centocelle?» Stiamo seduti su un divanetto. «Noi abbiamo passato l’estate a ricevere queste belle notizie da parte del ministro sul 5 in condotta, sul grembiule, e abbiamo fatto lo sforzo di sorriderci sopra. Aspettavamo che succedesse qualcosa di più serio, ma non la bordata che è arrivata ai primi di settembre con questo decreto legge. Un decreto legge serve quando c’è un’emergenza, ma se c’è un’emergenza non è certo il sovrannumero delle maestre. La scuola ha bisogno di sostegno, non di tagli. Se spendiamo il 97% dei soldi per pagarli non significa che sono troppi gli insegnanti, ma che sono troppo pochi i soldi. Lo sai che dalle classifiche internazionali la scuola elementare italiana risulta essere la sesta? Un governo che vuole investire nel paese fa in maniera che le altre scuole che stanno peggio, tipo le superiori, si adeguino. E invece guarda caso la ministra ha deciso di colpire chi lavora meglio scegliendo di fare cassa con la scuola pubblica per puntare sulla privata. Lo sai che succederà col tempo pieno? Dal prossimo anno i genitori che oggi lasciano i figli al pomeriggio scopriranno che devono tornare a riprenderselo alle 12.30, e chi lo va a prendere? Uno dei due deve chiedere un permesso a lavoro e sappiamo come funziona, a forza di chiedere permessi il lavoro si perde. Secondo te chi lo perderà? Ovviamente la mamma. E poi la maggior parte degli insegnanti alle elementari sono donne, quando ne salteranno 80.000 saranno di nuovo loro a essere colpite».


Si parla sempre di quote rosa in parlamento. Sono sessant’anni che in questo paese si discute di condizione femminile. Poi le donne vengono sempre gentilmente messe da parte. Il nostro governo è composto da ventuno ministri. Tra questi ci sono quattro donne. Solo quattro. Fa una brutta impressione che la Gelmini, una superstite della deriva maschilista del governo, se la prenda proprio con le donne invece di aiutarle. Sotto questo punto di vista ha adottato in pieno il consiglio del suo premier contro la precarietà del lavoro, cioè che le femmine italiche farebbero bene a sculettare davanti ai figli di un facoltoso genitore per sposarsi un ricco rampollo. E se sculettano direttamente davanti al babbo magari si conquistano pure un posto in parlamento. Oppure le donne si dovranno trovare il famoso lavoretto, un part time, magari al nero o addirittura a domicilio per continuare a lavorare con i figli a casa dopo la scomparsa del tempo pieno. «Che poi il tempo pieno non è un parcheggio» mi dice Luciano «È un progetto educativo. I bambini fanno scuola al pomeriggio». Qualcuno del Pdl ha avanzato dei dubbi, ma poi ha fatto marcia indietro. Luciano mi dice che «un maestro che ha 25 o 30 bambini, che deve coprire un lavoro che fino a oggi è stato fatto da un equipe è facile che diventi un demotivato. Non riuscirà a stare appresso agli alunni che oggi hanno competenze maggiori rispetto a quelli di trent’anni fa quando si doveva solo imparare a scrivere e a leggere. Il governo dice che in Italia spendiamo troppo, ma la verità è che all’estero si è investito molto nel passato e ancora oggi si spende. Così abbiamo proposto alle maestre di fare uno sciopero che simula il decreto Gelmini. Scioperate una alla volta e a orario lasciando i bambini con una sola maestra. Hai letto che vogliono eliminare le piccole scuole? Per gioco abbiamo fatto un calcolo che se chiuderanno le scuole che hanno meno di 100 alunni in Calabria scompare il 70% delle elementari e l’80% delle materne»


La Gelmini cavalca l’onda di un conservatorismo da bar dove si dice che «si stava meglio quando si stava peggio» o che «una volta potevi lasciare la chiave sulla porta» e roba del genere. Illustri politici del suo schieramento dicono «se la nostra generazione è cresciuta con un solo maestro questo modello funzionerà anche nel futuro». Ma ai tempi in cui si lasciavano le chiavi sulla porta mia nonna non aveva il gabinetto. Ci andrebbe la signora ministra a fare la cacca in cortile come ai bei tempi? Senza andare troppo indietro anche io mi ricordo con gioia la mia maestra unica, la signora Germano, ma devo aggiungere che a quel tempo c’era solo la Rai, senza Mediaset e col partito comunista oltre il 30%. Sarebbe d’accordo Berlusconi se tornassimo agli anni ‘70? E ai favolosi anni ‘60 con un solo canale televisivo in bianco e nero e niente veline con la chiappa che crea il consenso? Dopo il maestro unico si potrebbe tornare anche al trasporto col somaro, così risolviamo anche il problema Alitalia. Alla fine dei conti si avvantaggerà chi avrà i mezzi economici per andare avanti da solo. «Questa scuola si è mobilitata» continua «ha fatto un presidio. Ci abbiamo anche dormito dando la possibilità a tutti i genitori di dare un contributo, passandoci per un paio d’ore, venendo a un incontro. Abbiamo rispettato i tempi della didattica perché il presidio inizia alle 16.30 e si chiude la mattina successiva alle 7.30. La riconsegnamo pulita e pronta per le lezioni. La ministra ci ha detto «strumentalizzate i vostri bambini». Ma qui si tratta di condivisione delle proprie scelte e di difesa dei loro diritti. È la famiglia che agisce unita per una cosa in cui crede. La Gelmini direbbe che portare i figli in chiesa significa strumentalizzarli?» Certo che a questo esempio sulla chiesa la Gelmini non credo che arriverebbe a pensarci. Luciano mi ricorda che «in più noi abbiamo un caso eclatante per il pianeta, cioè i maestri di religione pagati dallo stato e scelti dalla chiesa. Noi li paghiamo e loro non fanno nemmeno i concorsi».


Ma anche questa realtà mi pare in linea coi tempi del vecchio concordato e dei treni che arrivavano in orario. Tremonti solo un paio di settimane fa aveva parlato direttamente di Dio patria e famiglia. Tra un po’ ci diranno di spezzare le reni alla Grecia. «I bambini sono coinvolti» mi dice «il primo giorno di scuola c’è stata una festa, sono entrati tutti gli alunni dalla seconda alla quinta. Il secondo giorno hanno accolto quelli della prima con messaggi e palloncini, abbracciandoli e accompagnandoli nelle classi. È una cosa emozionante. Adesso con l’occupazione abbiamo anche organizzato degli spazi per i più piccoli mentre gli adulti discutono. Il primo giorno di mobilitazione due bambini sono venuti a dirci che volevano dormire anche loro nella scuola. «Se fate qualcosa per la nostra scuola noi vogliamo esserci» hanno detto. Vedi quanto è importante che le scuole si muovano? Ci stanno arrivando molti messaggi di solidarietà. Dopo i primi giorni si è creata una rete di 70 scuole su Roma e molte altre in Italia. Stiamo iniziando a visitarle per confrontarci e per spiegare il decreto della Gelmini visto che in televisione non se ne parla e solo pochi giornali hanno cercato di affrontarlo seriamente.


Con noi ci sono quelli di sinistra a oltranza, quelli del Pd, quelli di destra, quelli che non si pongono la questione e nessuno si è messo a parlare di partiti. Noi vogliamo mantenere un rapporto di dialogo con tutti anche se ci capitano cose strane. Lo sai che un partito è venuto da noi a volantinare? Da noi! Ma noi ce l’abbiamo una coscienza, andate da qualche altra parte o mostrateci che state lavorando davvero. Se giriamo in questa scuola e vediamo una serranda rotta è perché né la scuola, né il municipio, né il comune c’ha i soldi per aggiustarla. Così a aprile abbiamo aderito a un progetto di Legambiente, ci siamo messi insieme a tutti i genitori e abbiamo ridipinto il cancello, potato gli alberi, ripulito le fogne, abbiamo fatto le tettoie per far giocare i bambini in giardino quando c’è il sole a picco. Questa è la vera cittadinanza attiva. C’era gente che passava e chiedeva «ma che state a fa’» e poi c’è venuta a dare una mano. La maggior parte dei genitori sono attenti, ma ancora silenziosi. Dopo questi giorni di occupazione c’è più stima tra di noi. Ieri sera una signora è venuta a trovarci “io sto con voi” ha detto e c’ha regalato una torta. Noi eravamo contenti perché l’obiettivo di comunicare una volontà era stato raggiunto. La disinformazione è la cosa che c’ha fatto più male». Finisco il caffè e anche l’intervista con Luciano. Adesso c’è un incontro pubblico. Si sono fatti le magliette, sono verdi quasi fosforescenti. C’hanno scritto la frase dello striscione, quella sulla Gelmini che non fa rima con bambini. Quanto è distante questa maniera cosciente e gioiosa di agire dalla nostra idea preconcetta di politica? Eppure questi genitori e questi insegnanti non hanno dormito alla Iqbal Masih per amore del campeggio, il loro è un «agire politico».


La realtà è che qui il problema è concreto. Non ci sono prospettive di rilancio di un partito, nostalgie per il fascio littorio o la falce e il martello, non si guarda a Putin o a Obama, non ci si prepara per le amministrative o le europee, non ci si associa a correntine e correntoni, red e club e bande armate di gazebi con gadget e depliant patinati. Qui l’oggetto è un soggetto concreto. Ci sono i figli e quello che riusciranno a imparare e a diventare se svenderanno la scuola pubblica. Ma la ministra è convinta che gli occupanti stiano strumentalizzando i bambini. Proprio lei che toglie ai nostri figli due maestri su tre, li consegna al regime autoritario del maestro unico, fa saltare il tempo pieno mettendo in difficoltà le famiglie in cui lavorano entrambi i genitori provocando disoccupazione femminile, precarizza e taglia posti di lavoro, sottrae fondi pubblici per regalarli ai privati e tutto ciò con un decreto, uno strumento rapido per non confrontarsi con nessuno. Chi sta realmente strumentalizzando i bambini?


l’Unità (25 settembre 2008)




* http://it.wikipedia.org/wiki/Iqbal_Masih

7 commenti:

  1. Che amarezza, ritrovarci nel 2008 di fronte ad una scuola così bistrattata e ad una ministra, come la Gelmini che non solo non fa rima con "bambini", ma ha una visione della scuola così arretrata e solo legata ad un discorso di risparmio economico. E il triste è leggere che il gradimento di cotanta esperta sale nei sondaggi: il premier ha lavato il cervello degli italiani che badano solamente ai provvedimenti di facciata (grembiule, voto di condotta, bocciature). Questa la scuola dei "poveri"; per chi se lo potrà permettere, la scuola privata, meglio se confessionale. Con i soldi dei contribuenti e selezionata. Già, i figli degli extracomunitari... elementi non graditi.

    Con tanto avvilimento da un'ex-insegnante che ha sempre creduto nel proprio ruolo.

    Cautelosa

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  2. cautelosa, un commento amarissimo, ma così vero e condiviso che non mi sento di aggiungere altro, quasi che il buon senso sia diventato una merce così rara che la stupefazione ti stordisce. Sottolineo ogni parola che hai avuto la bontà di scrivere. E ti ringrazio per l'arricchimento.

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  3. Manco da un pò ma l'aria che si respira qua è pulita come ricordavo e generosa di notizie.

    Mi mancava questo "excursus" che leggo a firma di Celestini. Complimenti a te per averlo scelto e a lui che lo ha stilato.

    :)

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  4. c'è del positivo in questo attacco alla scuola : si è svegliata una parte d'Italia dormiente da troppo tempo. notte :)

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  5. marzia, bentornata cara amica e grazie per gli apprezzamenti, ma ho ben pochi meriti rispetto a quelli di Ascanio Celestini, però cerco sempre di mantenere un buon clima.

    Un caro abbraccio :-)

    zialaura, vero, verissimo. La tua osservazione conferma che la pluralità delle voci allarga la visuale e arricchisce. Infatti non avevo considerato questa prospettiva. Grazie e buonanotte anche a te :-)

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  6. depechemode84ottobre 05, 2008

    ma poi io dico...se non ci sono soldi per pagare gli insegnanti ma a questa signora come viene in mente di fare lavagne elettoniche x registrare le lezioni?

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  7. In generale e a mio parere, nessuno degli ultimi governi ha fatto molto per la scuola, anzi. Il pensiero prevalente è quasi sempre stato quello dei tagli per risparmiare, e con modalità sulle quali sarebbe meglio non indagare.

    Adesso stiamo poi precipitando, e ciò che davvero mi preoccupa al di sopra di tutto è l'idea di trasformare le scuole pubbliche in fondazioni private.

    Penso che si debba cercare di difendere in ogni modo la scuola pubblica.



    Romina

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