Una notte all’elementare «Iqbal Masih»*
di Ascanio Celestini
All’orizzonte della scuola c’è un taglio di 87.000 cattedre in tre anni mascherato dal folclore del grembiule col fiocco e condito con l’insipido ritorno al maestro unico. La ministra del redivivo Berlusconi la butta sul piatto dell’informazione (che sua altezza mediatica gestisce direttamente) come se fosse qualcosa in più e non qualcosa di meno. Accanto alla vecchia valutazione in decimi e al voto in condotta si prospettano tagli alle scuole pubbliche proporzionali all’aumento per quelle private che dal 2001 hanno visto le proprie saccocce riempirsi del 65% a spese dei cittadini.
Dal 2001 grazie alla tripletta dei governi berlusconiani e alla doppietta dei prodiani la scuola italiana ha perso 32.888 docenti di ruolo. Nell’anno in corso gli insegnanti precari sono 141.735, cioè il 5,2% in più rispetto a sette anni fa. Oggi i precari rappresentano il 16,82% di tutti i docenti della scuola italiana. Tale valore è destinato ad aumentare il prossimo anno scolastico perché a fronte di 43.812 pensionamenti previsti dal 1° settembre 2008 entreranno in ruolo solo 25.000 docenti. Per scontentare tutti in maniera democratica è diminuito anche il personale non docente. A questi numeri si deve aggiungere che anche la metà degli insegnanti di sostegno sono precari, che oltre ai tagli citati caleranno gli investimenti per gli alunni stranieri e per le aree a rischio, che si discute sulla chiusura delle scuole con pochi allievi nei piccoli comuni come fossero fast food senza clienti e non presidi di cultura e di educazione alla cittadinanza e alla partecipazione. Se ne parla nelle aule della Iqbal Masih, nella periferia romana che affaccia sulla Casilina. Qualche anno fa hanno deciso di intitolare questa scuola a un ragazzo pachistano che lavorava incatenato in una fabbrica di tappeti. Denunciò la sua condizione e gli venne offerta una borsa di studio negli Stati Uniti. Rifiutò per restare nel proprio paese e battersi, ma fu ucciso. Aveva tredici anni. È una scuola attiva nel quartiere, presente con incontri pubblici e laboratori. «Se non lo fa la scuola, chi altro dovrebbe pensarci?» mi dice una donna portandomi il caffè. Non so se si tratta di un’insegnante o di un genitore o di qualcun altro venuto all’incontro di oggi pomeriggio. La scuola dedicata al bambino sindacalista la distingui dagli striscioni. Sul più grande c’è scritto il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini. Ne ha parlato un po’ la stampa e in maniera distratta e confusa anche il telegiornale perché questo luogo pubblico è stato occupato dai genitori degli alunni per diversi giorni e diverse notti. Ci hanno fatto assemblee pubbliche e riunioni, hanno organizzato gruppi di studio, ci hanno mangiato e dormito. E dopo una settimana sono stanchi, ma più determinati di prima a portare avanti una discussione pubblica sul discutibile decreto della ministra Gelmini.
«Abbiamo finito la prima fase di mobilitazione» mi dice Luciano «Da stasera torniamo a dormire a casa, ma la cosa si è ampliata. Adesso vogliamo fare le notti bianche per la scuola facendo una specie di staffetta negli altri istituti. Vorremmo chiamare anche Fiorella Mannoia, lo sai che è di Centocelle?» Stiamo seduti su un divanetto. «Noi abbiamo passato l’estate a ricevere queste belle notizie da parte del ministro sul
Si parla sempre di quote rosa in parlamento. Sono sessant’anni che in questo paese si discute di condizione femminile. Poi le donne vengono sempre gentilmente messe da parte. Il nostro governo è composto da ventuno ministri. Tra questi ci sono quattro donne. Solo quattro. Fa una brutta impressione che
Ma anche questa realtà mi pare in linea coi tempi del vecchio concordato e dei treni che arrivavano in orario. Tremonti solo un paio di settimane fa aveva parlato direttamente di Dio patria e famiglia. Tra un po’ ci diranno di spezzare le reni alla Grecia. «I bambini sono coinvolti» mi dice «il primo giorno di scuola c’è stata una festa, sono entrati tutti gli alunni dalla seconda alla quinta. Il secondo giorno hanno accolto quelli della prima con messaggi e palloncini, abbracciandoli e accompagnandoli nelle classi. È una cosa emozionante. Adesso con l’occupazione abbiamo anche organizzato degli spazi per i più piccoli mentre gli adulti discutono. Il primo giorno di mobilitazione due bambini sono venuti a dirci che volevano dormire anche loro nella scuola. «Se fate qualcosa per la nostra scuola noi vogliamo esserci» hanno detto. Vedi quanto è importante che le scuole si muovano? Ci stanno arrivando molti messaggi di solidarietà. Dopo i primi giorni si è creata una rete di 70 scuole su Roma e molte altre in Italia. Stiamo iniziando a visitarle per confrontarci e per spiegare il decreto della Gelmini visto che in televisione non se ne parla e solo pochi giornali hanno cercato di affrontarlo seriamente.
Con noi ci sono quelli di sinistra a oltranza, quelli del Pd, quelli di destra, quelli che non si pongono la questione e nessuno si è messo a parlare di partiti. Noi vogliamo mantenere un rapporto di dialogo con tutti anche se ci capitano cose strane. Lo sai che un partito è venuto da noi a volantinare? Da noi! Ma noi ce l’abbiamo una coscienza, andate da qualche altra parte o mostrateci che state lavorando davvero. Se giriamo in questa scuola e vediamo una serranda rotta è perché né la scuola, né il municipio, né il comune c’ha i soldi per aggiustarla. Così a aprile abbiamo aderito a un progetto di Legambiente, ci siamo messi insieme a tutti i genitori e abbiamo ridipinto il cancello, potato gli alberi, ripulito le fogne, abbiamo fatto le tettoie per far giocare i bambini in giardino quando c’è il sole a picco. Questa è la vera cittadinanza attiva. C’era gente che passava e chiedeva «ma che state a fa’» e poi c’è venuta a dare una mano. La maggior parte dei genitori sono attenti, ma ancora silenziosi. Dopo questi giorni di occupazione c’è più stima tra di noi. Ieri sera una signora è venuta a trovarci “io sto con voi” ha detto e c’ha regalato una torta. Noi eravamo contenti perché l’obiettivo di comunicare una volontà era stato raggiunto. La disinformazione è la cosa che c’ha fatto più male». Finisco il caffè e anche l’intervista con Luciano. Adesso c’è un incontro pubblico. Si sono fatti le magliette, sono verdi quasi fosforescenti. C’hanno scritto la frase dello striscione, quella sulla Gelmini che non fa rima con bambini. Quanto è distante questa maniera cosciente e gioiosa di agire dalla nostra idea preconcetta di politica? Eppure questi genitori e questi insegnanti non hanno dormito alla Iqbal Masih per amore del campeggio, il loro è un «agire politico».
La realtà è che qui il problema è concreto. Non ci sono prospettive di rilancio di un partito, nostalgie per il fascio littorio o la falce e il martello, non si guarda a Putin o a Obama, non ci si prepara per le amministrative o le europee, non ci si associa a correntine e correntoni, red e club e bande armate di gazebi con gadget e depliant patinati. Qui l’oggetto è un soggetto concreto. Ci sono i figli e quello che riusciranno a imparare e a diventare se svenderanno la scuola pubblica. Ma la ministra è convinta che gli occupanti stiano strumentalizzando i bambini. Proprio lei che toglie ai nostri figli due maestri su tre, li consegna al regime autoritario del maestro unico, fa saltare il tempo pieno mettendo in difficoltà le famiglie in cui lavorano entrambi i genitori provocando disoccupazione femminile, precarizza e taglia posti di lavoro, sottrae fondi pubblici per regalarli ai privati e tutto ciò con un decreto, uno strumento rapido per non confrontarsi con nessuno. Chi sta realmente strumentalizzando i bambini?
l’Unità (25 settembre 2008)