giovedì 30 novembre 2006

La ricerca della bianca verità


Diario” aveva già preconizzato, in un certo modo, quel sentore di brogli presto diffusosi nell’aere dopo lo spoglio del 10 aprile. Era accaduto con questo reportage, pubblicato il 28 marzo, in cui si parla del voto elettronico.


Il pezzo integrale l’ho postato sul blog ritagli di stampa. Qui propongo, per comprensibili motivi di spazio, la parte iniziale.


Mi pare importante battere su questo tasto, soprattutto alla luce degli ultimi accadimenti per cui il denunciante è diventato denunciato, come da tradizione italica, mentre il silenzio del centrosinistra è assordante e intollerabile.


Massima solidarietà a Enrico Deaglio.


 


Aprile. Elezioni private              


di Gianni Barbacetto e Barbara Ciolli


 


In quattro regioni delicate si sperimenta il voto elettronico. Sarà gestito da Telecom, Eds e Accenture, l’indiziata numero uno per lo scandalo delle elezioni in Florida. Partner di Accenture è Gianmario Pisanu, il figlio del ministro dell’Interno. E un esercito di interinali avrà in mano la chiave dei risultati. «I brogli rientrano nella professionalità e nella storia della sinistra. Qualcuno di loro si vantò, nel 1996, di aver sottratto a Forza Italia un milione e 705 mila voti...». Così Silvio Berlusconi ha iniziato l’intervista a Lucia Annunziata del 12 marzo, quella poi finita con la fuga dallo studio televisivo. I brogli elettorali sono la sua ossessione.


Li teme, li evoca, li denuncia da quando si è buttato in politica. Da quando ha cominciato a perdere, poi, l’ossessione è diventata incontenibile. «Loro», quelli della sinistra, «hanno un esercito di professionisti, a danno dei nostri dilettanti, che vengono puntualmente fatti fessi», aveva gridato nel giugno 2004 dal palco di una manifestazione elettorale per le regionali nella rossa Sesto San Giovanni.


Ora, per arginare i «professionisti» della sinistra, Berlusconi lancia alla carica i suoi «dilettanti»: si chiamano «Legionari azzurri», si definiscono «difensori del voto» e sono coordinati nientemeno che da Cesare Previti. «Sì, noi pensiamo di mandare persone per bene che cerchino di far sì che la sinistra non possa cancellare la volontà degli elettori», ha spiegato Berlusconi ad Annunziata. I «Legionari» sono una schiera di attivisti di Forza Italia che in tutto il Paese si stanno apprestando a presidiare i seggi, come rappresentanti di lista, per vigilare sulle operazioni elettorali. Arriveranno al 9 aprile istruiti politicamente e preparati tecnicamente, per evitare che «i rossi continuino con i brogli». È già pronto un libretto di otto pagine, tascabile per poterlo portare sempre con sé, intitolato proprio I difensori del voto: sarà il manuale per i 121 mila militanti di Forza Italia chiamati a controllare i seggi. Sveglia all’alba già il sabato 8 aprile, arrivo nelle sezioni elettorali prima di tutti, contare e ricontare le schede, non perdere di vista le urne, uscire per ultimi, la sera, e non abbandonare mai, ma proprio mai, il proprio posto: questi i consigli «per non farsi fregare». E in molte regioni sono già partiti i corsi di formazione per i «Legionari». «In Lazio, per esempio», spiega a Diario la coordinatrice regionale di Forza Italia Beatrice Lorenzin, «abbiamo già iniziato la preparazione dei 5.136 rappresentanti di lista che difenderanno il voto in questa regione».


I Legionari di Previti. Ma Forza Italia non ha pensato solo ai rappresentanti di lista, da sempre arruolati dai diversi partiti tra i loro militanti. Nelle pieghe della nuova legge elettorale c’è infatti anche una novità, passata finora inosservata, che riguarda gli scrutatori e i presidenti di seggio, cioè coloro che, regolarmente remunerati, devono gestire i seggi, sovrintendere alle operazioni di voto e infine scrutinare le schede: non saranno più estratti a sorte, ma saranno scelti e nominati dalle commissioni elettorali dei Comuni, che dovranno attingere da elenchi di volontari chiusi il 30 novembre 2005. A quella data la nuova legge elettorale era stata approvata soltanto dalla Camera e doveva ancora essere votata al Senato, dove sarebbe passata il 21 dicembre; ma Forza Italia si era già portata avanti e aveva mandato i suoi militanti a iscriversi in massa nelle liste dei Comuni.


Così ad aprile una valanga di «Legionari azzurri» s’installerà nei seggi non solo con il ruolo, volontario e di controllo, di rappresentanti di lista, ma con quello, operativo, ufficiale e remunerato, di scrutatori. La coordinatrice emiliano-romagnola Isabella Bertolini, per esempio, già il 18 novembre aveva diffuso un appello ai militanti: «Chiedete ai soci, ai simpatizzanti, agli amici e ai conoscenti di Forza Italia di presentare la domanda di iscrizione all’albo degli scrutatori del loro Comune di residenza... Non lasciamo che anche questa volta i seggi elettorali restino in mano alle sinistre... Con le modifiche introdotte dalla nuova legge elettorale ora possiamo davvero cambiare le cose». 


Il campo avverso non è stato invece così pronto ad annusare il cambiamento legislativo prima che diventasse realtà. «Ma non siamo preoccupati», spiega Nora Radice, responsabile organizzativa provinciale dei Ds milanesi. «Secondo le nostre informazioni, non ci sono state corse all’iscrizione negli albi. E i nostri rappresentanti di lista vigileranno in ogni seggio». La dirigente svela un altro retroscena della spericolata legge approvata dal centrodestra. «La commissione elettorale del Comune di Milano ha estratto a sorte gli scrutatori, come prevedeva la vecchia normativa, e poi li ha nominati in blocco, come stabilisce la nuova». Ve l’immaginate la povera commissione, se avesse dovuto votare uno a uno, nome per nome, gli scrutatori di un migliaio di seggi? E ve li immaginate cinque giudici in tutto chiamati a dirimere le controversie che possono sorgere in un parco di circa 5 milioni di schede lombarde? È un’altra novità della legge, che per il Senato ha soppresso gli uffici circoscrizionali presenti in ogni capoluogo di provincia e ha accollato l’ultima fase di controllo del voto a un ufficio regionale unico. Non per niente il presidente della commissione elettorale lombarda, Domenico Urbano, ha reclamato altri 60 giudici da aggiungere ai suoi quattro commissari.


«Berlusconi continua a parlare di brogli. Chi parla troppo di una cosa, la pensa e la evoca», commenta Beatrice Magnolfi, parlamentare dei Ds. Che possa scattare un meccanismo simile a quello che in psicoanalisi si chiama proiezione, quando si attribuisce agli altri un proprio desiderio? Proprio Magnolfi, che in passato è stata assessore all’Innovazione a Prato, in questa legislatura ha scelto di essere, come si definisce, «il cane da guardia del ministro dell’Innovazione Lucio Stanca» e il 10 febbraio, per chiudere in bellezza, gli ha presentato un’interrogazione sullo scrutinio elettronico che sarà sperimentato al prossimo appuntamento elettorale. Sì, perché il 9 e 10 aprile non proveremo soltanto una nuova legge bislaccamente proporzionale, definita «una porcata» da uno dei suoi inventori, con incerti premi di maggioranza, con candidati tutti imposti dai vertici dei partiti e con una scheda grande come un manifesto. Ci sarà anche un’altra grossa novità: nelle 12.680 sezioni di quattro regioni, oltre 11 milioni di persone (più di un quinto degli elettori italiani) saranno chiamati a votare con la tradizionale matita sulla tradizionale (benché ben più ampia) scheda, ma poi i loro voti saranno scrutinati al computer: grande modernizzazione, inevitabile aggiornamento tecnologico, prezioso risparmio di tempo. Ma anche complessa storia di rischi e commistioni che vale la pena di raccontare.

lunedì 27 novembre 2006

Vessazione continua


Poteva mancare la mobilitazione anche degli artigiani? No, che non poteva e così hanno avuto la loro manifestazione con tanto di striscioni, slogan, proteste. Obiettivo degli alti lai? Naturalmente la manovra finanziaria, peraltro ancora da approvare in via definitiva e...


Ma, un momento, nella categoria non rientrano anche i titolari di lavanderie e tintorie (reddito medio dichiarato nel 2004 8.661 euro), i sarti (8.659 euro), i barbieri e i parrucchieri (10.181 euro), i “tascisti” (11.516 euro), i fotografi (11.971 euro), gli orologiai e i gioiellieri (16.644 euro), gli imbianchini (19.600 euro), i meccanici (20.592 euro), i falegnami (21.668 euro), i tappezzieri (22.611 euro), i calzaturieri (25.569 euro), gli elettricisti e gli idraulici (26.905 euro)?


Hanno ragione: con simili redditi sono proprio perseguitati dal Governo. Ecco perchè, a loro volta, perseguitano noi consumatori con tariffe un filino sopra le righe. Resta, dunque, un mistero glorioso, gaudioso e doloroso (per noi) quanto poi dichiarano – in media - annualmente. Logico, quindi, che rivendichino la libertà di continuare a non pagare le tasse.


 

mercoledì 22 novembre 2006

Al calar del sole


Turbato da recenti lutti che hanno colpito persone che intorno al cuore mi stanno, seppure per diversi motivi, assisto – impotente - al declino fisico di mio padre. Lo devastano l’artrosi ormai irreversibile, un tumore alla prostata ancora silente e, notizia di questa mattina, un cuore che sta affaticandosi in misura crescente, con segnali di ischemia, preallarmi di infarto. Il fatto che continui a fumare certo non lo aiuta. Escluso l’intervento a causa dell’età (82 anni il prossimo maggio), si procederà con un ricovero in data da definire per procedere, forse, all’installazione di un pacemaker. E, se quest’ultima notizia in sé non sarebbe allarmante, lo diventa considerando la vecchiaia e il logorio di una vita disseminata sì di gioie, ma pure funestata da perdite squassanti e premature, a cominciare da quella della sua compagna di vita, avvenuta in anni ormai lontani e, ancora vicina nel ricordo per la voragine spalancata, dalla morte della figlia.


Lo assisto come posso, all’inizio – due anni fa – persino irritato per la malasorte e le prospettive incertissime. Poi il quadro diagnostico, mai reso esattamente chiaro e l’evolversi in positivo della malattia avevano un po’ risollevato le sorti. Ma, ormai, da alcuni mesi il decadimento e la stanchezza stanno prendendo il sopravvento, erodendo le sue capacità di resistenza. Semiautonomo, dipende però da me per vestirsi e spogliarsi, a tratti offre il medesimo spaesamento di un bambino quando patisce la lontananza materna. Impacciato nei movimenti più elementari, sopraffatto dall’evidenza dei fatti, dai limiti chiarissimi della sua mobilità.


Ci sono giornate e quella di oggi è una di queste, dove avverte deflagrante la prossimità del periodo invernale e di tutti i cupi pensieri che si trascina dietro. Questo avvicinarsi alla stagione fredda e non alla primavera – come ha esclamato nel pomeriggio - lo disorienta e avvilisce, mettendo a nudo in modo impudico i suoi limiti che fingo di non vedere e commentare. Atteggiamento che significa non soffermarsi su di essi e procedere in avanti, distraendolo e spostando altrove il discorso, minimizzando e, in ultima analisi, mentendo. Come faccio, in misura differente, appunto da più di due anni.


Confesso che non è sempre facile dissimulare i sentimenti che si provano, attenuare la triste consapevolezza, accorgersi che non potrebbe alzarsi dalla poltrona se non gli tendessi la mano sorreggendolo. E riecheggia così quella frase, che da bambino mi ripeteva, sul ruolo assegnato nel suo tramonto: essere il bastone della vecchiaia. All’epoca non capivo bene e, comunque, mi sembrava tutto facile: era talmente lontano quel periodo che non me curavo affatto. Chissà, forse ci scherzavo anche.


Ora, invece, capisco, quando lui chiede l’aiuto, quando cerca la mia mano per potersi aggrappare. Una notte sono stato svegliato da un tonfo e poi il mio nome gridato: si era alzato dal letto, il bastone non afferrato bene gli era caduto e lui lo aveva seguito. Ho dovuto far ricorso a tutte le mie forze per risollevarlo dal pavimento. Lui che non è un fuscello.


Adesso sento il volume della tv accesa e, chissà perché, mi sembra una garanzia anche se è verosimile che si sia addormentato davanti al video. Come sempre. E, infatti, alle 21:30 già insonnolito spegnerà tutto e andrà a dormire. Un classico.  Sento l’incedere del bastone, mi vado ad accertare della situazione, gli auguro la buonanotte. Lascio la porta della camera aperta.


Ogni giorno passato è un giorno in meno. Non vado tanto oltre con il pensiero, credo che sia una visione limitata. Mi chiedo spesso quando arriverà “quel” giorno e dove mi troverò io. Perché ci sono giornate, come quella di oggi appunto, in cui questo interrogativo scava nell’animo, lo lacera in mille pezzi, pone dilemmi, genera inquietudini, prospetta un futuro assolutamente indefinibile.


In fondo, si muore non perché ammalati, ma ci si ammala perché si deve morire.


 

lunedì 20 novembre 2006

Scuola di violenza



Come metastasi di un tumore impazzito dilagano gli stupri e le brutalità che piccoli criminali in carriera filmano, con i videofonini, per farne anche un turpe e schifoso mercato. L’Italia trova l'unità su queste nefandezze che la tecnologia permette di amplificare e diffondere su larga scala, per passare dai videogiochi che sembrano e, per parecchi, sono la realtà, alla realtà che ormai è come un videogioco dove lo scopo è brutalizzare il più debole, oppure volgarizzare i sentimenti più teneri, soprattutto nella fase adolescenziale.


Ritrovo un lungo articolo di Mario Pirani, di oltre un anno e mezzo fa, scritto su “la Repubblica” e ne riporto una parte. Il commento integrale lo potrete leggere qui.



Piccoli bulli crescono

con la tv e i videogiochi


di Mario Pirani


la Repubblica 14 maggio 2005



PER ANTICO vizio, risalente all'era pre-computer, ritaglio dai giornali articoli, pezzi di cronaca, notizie che mi sembra utile conservare, alla luce dei temi di cui mi sto occupando. Sul bullismo giovanile nell'ultimo mese ho solo l'imbarazzo della scelta: "I banditi sono un gruppetto di adolescenti (otto tra i 14 e i 16 anni) che si comportano come criminali incalliti nonostante siano di buona famiglia e abitino in quartieri residenziali come l'Olgiata, ai bordi dei campi da golf della Capitale. In pieno giorno aggrediscono coetanei all'uscita da scuola o da circoli sportivi, coltello alla gola e minacce di morte".


I bottini sono ridicoli: qualche euro, una collanina da pochi soldi, un berretto, persino un pacchetto di caramelle. Evidentemente a loro interessa soprattutto provare il gusto della sopraffazione. Il 23 marzo dopo tre rapine, una Volante della Ps, allertata da un passante, blocca la piccola gang. Quattro gli arrestati che al momento del trasferimento nel carcere giovanile non hanno battuto ciglio. "È impressionante - ha commentato un vecchio poliziotto - sono giovanissimi e incensurati ma si sono comportati come chi entra ed esce abitualmente dal carcere".

Notizie non dissimili da Milano: "Il 17 aprile un ragazzino di 11 anni, con la complicità di altri due piccoli amici a far da palo, è penetrato, dopo la fine delle elezioni, nella scuola media di Rozzano. Quindi si è impadronito nel laboratorio di fisica di un contenitore di alcool, lo ha sparso nei locali e vi ha dato fuoco riuscendo ad incendiare le aule di didattica". Nella scuola di Corbetta, sempre nel Milanese, tre alunni hanno dato fuoco ai registri nella sala dei professori, vuotato gli estintori, aperto tutti i rubinetti dei bagni, dopo aver otturato gli scarichi.




Sulle cause di questo stato di cose si leggono molte analisi, ognuna col suo grano di verità. Quel che però mi lascia perplesso è una specie di rassegnazione di fronte a un fenomeno dipinto quasi come un evento di natura, una mutazione biologica dei giovani d'oggi che li renderebbe geneticamente diversi da quelli di ieri e, quindi, alieni da ogni forma di disciplina imposta, dotati di una aggressività senza freni inibitori, "incapaci di attenzione continuativa oltre i 18 minuti", refrattari alla lettura, ostili a ogni tipo di studio minimamente faticoso e difficile. (continua)... 


 


sabato 18 novembre 2006

Contro ogni censura

La mia idiosincrasia verso ogni forma di censura mi suggerisce caldamente di raccogliere e diffondere il seguente post di pennarossa. Naturalmente ho pure inviato l’e-mail alla Rai. Aggiungo, alla fine, il commento lasciato su quel blog. Per mia scelta ho lasciato attivo solo il link per l’invio della lettera.




Lunedì 20 novembre, in prima serata su Raiuno, è in programmazione il film per la Tv "Il padre delle spose" interpretato da Lino Banfi il simpatico nonno Libero di "Un Medico in Famiglia". Il film parla dell'amore di un padre per la propria figlia affrontando il tema dell'accettazione della diversità.


La programmazione nella prima serata di lunedì ha fatto insorgere blog ed organizzazioni come “Cultura Cattolica”, preoccupate che il pericoloso “messaggio” di nonno Libero possa arrivare ai bambini. E’ partita quindi una campagna per chiedere lo spostamento in seconda serata del programma tramite e mail alla RAI. Di seguito riportiamo quella arrivata al nostro amico Maurizio, che ci ha segnalato l’iniziativa e proposto di controbattere adeguatamente:


Vi riproponiamo l'email circolante:


La Rai, la nostra televisione pubblica nazionale, sta per lanciare l'ennesima pubblicità ai matrimoni omosessuali. Protagonista di questa subdola operazione, dopo Gianni Morandi, questa volta è Lino Banfi. L'attore pugliese sarà infatti protagonista il giorno 20 Novembre di una fiction in prima serata su Rai Uno, dal titolo "Il padre delle spose". La vicenda narra che questo padre recatosi in Spagna per andare a trovare la figlia che lavora lì, la troverà con sua sorpresa sposata con un altra donna!


E' già stato anticipato che la fiction si concluderà con l'accettazione da parte del padre di questo matrimonio, con tanto di finale a loro dire commovente in baci e abbracci di Lino Banfi alle due donne sposate.


Ora mi chiedo: ma chi vogliono prendere in giro? Certo, basterà non vedere questo film ma il punto non è questo: il fatto è che lo vedranno in prima serata tanti bambini affascinati dalla comica figura di Lino Banfi e noi questo non lo possiamo permettere.

Per questo propongo di tempestare la Rai con e mail di protesta, chiedendo lo spostamento in seconda serata (quantomeno!) della fiction, siete d'accordo?”



- per protestare potete compilare il seguente modulo della RAI: 


La tribù di Pennarossa ha deciso di replicare inviando alla RAI il seguente messaggio, invitando tutti gli amici e i compagni, a fare lo stesso:



"In riferimento alle proteste che persone e organizzazioni stanno avanzando sullo slittamento in seconda serata (o addirittura alla non messa in onda) del film tv "Il padre delle spose" interpretato da Lino Banfi, vi comunico la mia opinione.

Credo che proprio l'utilizzo della figura di Lino Banfi, cara e familiare ai bambini, nella veste del padre di una delle due donne, possa, con tatto e sensibilità, finalmente rappresentare un messaggio positivo nei confronti di una realtà troppe volte male rappresentata nei media.


Intendo quindi manifestare il mio apprezzamento sia per il tema trattato sia per la scelta di trasmetterla in prima serata.


Nella malaugurata ipotesi che il film venga “oscurato”, considererei la decisione un gravo atto di censura.


Cordiali saluti".


L'Italia vive con due anomalie e fino a quando non le risolverà continuerà ad essere un paese dimezzato e a sovranità molto limitata. Perciò prima ci toglieremo di mezzo gli amerikani con le loro basi, invitandoli a rientrare a casa e le gerarchie vaticane a non pontificare su argomenti che non conoscono, astenendosi dalla proibizione,dalla compressione dei diritti e dal voler imporre la loro morale come legge e meglio sarà.Dovremmo respirare aria nuova e pulita. Ottima l'iniziativa del blog, per questo ho inviato un'e-mail alla Rai.


 

mercoledì 15 novembre 2006

Brogli, fortissimamente brogli


''Brogli. Il centro sinistra ora avrebbe 15-20 senatori in più''  


di Stefano Corradino


www.articolo21.info   


13 novembre 2006


 


Un "grande broglio" per danneggiare il centrosinistra. A tutto vantaggio di Forza Italia. È la tesi formulata dal dvd che uscirà nelle edicole il 24 novembre accluso al settimanale Diario, diretto da Enrico Deaglio. Un memorandum sulle elezioni di aprile firmato dallo stesso Deaglio e Beppe Cremagnani, con la regia di Ruben H. Oliva. Se il voto fosse stato regolare, e così non è stato, afferma Deaglio – la maggioranza di centro sinistra avrebbe adesso 15-20 senatori in più'". “A sette mesi di distanza dalle elezioni del 9 e 10 aprile - afferma Deaglio - non sono ancora disponibili i dati del ministero dell’Interno sulle schede bianche. E noi invece li abbiamo trovati, e sono dati che fanno "saltare sulla sedia" perchè sono assolutamente uguali in tutta Italia; e mentre crollano vertiginosamente le schede bianche, circa un milione e duecentomila rispetto alle elezioni di cinque anni fa, l’unico dato difforme riguarda Forza Italia che, rispetto agli exit pool cresceva molto oltre le previsioni, diciamo più o meno con la stessa percentuale”.


“Uccidete la democrazia”. Hai dato un titolo piuttosto forte al dvd che sta per uscire. Parli di brogli alle elezioni del 9 e 10 aprile scorso. Come si sarebbero determinati?


Il film racconta ciò che è avvenuto nella notte di lunedì 10 aprile scorso. Durante il conteggio dei voti, che avvenne per via telematica, il dato fu subito chiaro e cioè quello del crollo, - una cosa mai avvenuta nelle elezioni degli ultimi  50 anni - delle schede bianche e delle schede nulle. Un crollo verticale.


Quante?


Più o meno un milione e duecentomila.


Ma non è un dato verificabile?


Dovrebbe esserlo. Ma a sette mesi di distanza dalle elezioni questi dati non sono mai stati rivelati dal ministero dell’Interno e noi, pertanto, i cittadini italiani, non sappiamo ancora definitivamente il risultato delle elezioni.


Più di un milione di schede bianche. Si sono volatilizzate?


Dal ministero dell’Interno non abbiamo saputo niente. Qualcuno probabilmente lo sa, ma se lo tiene per se. Ma noi quei dati li abbiamo trovati, e sono dati che fanno "saltare sulla sedia" perchè sono assolutamente uguali in tutta Italia: le schede bianche stanno in una forbice tra l’1 e il 2 per cento. E questo dal punto vista statistico, logico, matematico, e politico, e da qualunque punto di vista lo si guardi è una cosa non solo bizzarra, ma praticamente impossibile. E mentre si verificava quella notte il crollo delle schede bianche scoprivamo un altro particolare curioso.


Quale?


Che Forza Italia, cresceva molto di più rispetto alle previsioni degli exit pool. Una crescita di circa un milione di voti…


Queste sono già dichiarazioni esplosive. C’è dell’altro? Questa mattina, alla lettura della pagina sul Corriere in cui si parla del tuo dvd si sono levate già numerose polemiche. E il dvd ancora non è uscito…


È tutto l’andamento del voto ad essere sospetto e noi lo abbiamo raccontato minuto per minuto. E ciò comprende anche il comportamento dell’allora ministro dell’Interno: quella notte, per ben tre volte, invece di restare al Viminale, il ministro è uscito, più o meno furtivamente, lasciando tutta l’organizzazione del conteggio dei voti ai suoi funzionari, per andare nella residenza privata del premier Berlusconi. E noi, sulla base delle informazioni in nostro possesso, raccontiamo con scrupolo cos’è successo in quella notte nel corso di quegli incontri così agitati”.


Qui si parla di brogli, ma alterare le schede non e’ una cosa cosi’ facile…


In realta lo è. Siamo andati negli Usa a farci spiegare come si fa da un programmatore informatico che è stato il primo a denunciare i brogli elettorali in Florida; e lo ha fatto perchè lui stesso ha costruito un meccanismo per alterare i dati. E ci siamo fatti anche spiegare come sarebbe stato possibile farlo anche in Italia. Lui ci ha mostrato come, in trenta minuti, si può creare un software per manipolare i dati e bastano 4-5 persone per gestirlo…


Allora, cosa si evince dal tuo docu-thriller? Chi è l’assassino della democrazia?


L’assassino è questo metodo. È questa legge elettorale che si presta a tantissime nefandezze e il sistema di trasmissione dei dati completamente avulso da qualsiasi tipo di controllo. Noi votiamo e poi c’è qualcuno che ci dice chi ha vinto le elezioni. Ma i cittadini non hanno alcuna possibilità di controllo.


La tua conclusione personale (e politica)?


Se il voto fosse stato regolare a quest’ora la maggioranza di centro sinistra al Senato avrebbe dai 15 ai 20 senatori in più.


 


Ci sarebbero varie notizie da commentare e magari nei prossimi giorni sarà possibile farlo, assieme all'arretrato da smaltire doverosamente. Questa intervista, però, in cui il direttore di "Diario" parla molto esplicitamente di brogli elettorali a vantaggio della gang di B.1816 e della lunga notte del 10 aprile, mi sembra la madre di tutte le notizie. Se poi arriverà in edicola quel dvd...

martedì 14 novembre 2006

La pellicola della memoria


 


La porta a vetri è inequivocabilmente chiusa, anzi sprangata. Provo a guardare dentro e scorgo soltanto un manifesto, residuo di qualche stagione passata. I grandi pannelli sono indecorosamente spogli, s’intravede il bancone della cassa. L’aria di abbandono sembra quasi entrare nei polmoni. All’esterno sono vuote, malinconicamente vuote, le bacheche da cui occhieggiavano i titoli in programma e quelli che prossimamente ci sarebbero stati. Duole riconoscerlo, ma la realtà che ho sotto gli occhi significa una cosa soltanto: la sala Splendor ha chiuso i battenti. Immagino per sempre, questa volta.


Ora per comprendere bene il senso di tutto ciò occorre aver presente il commovente e tenero film di Tornatore, “Nuovo cinema Paradiso”, premio Oscar per il miglior film straniero nel 1989 e secondo classificato a Cannes. Solo riandando con la memoria a quella storia, così ben raccontata, si può capire come le cessate proiezioni in sala siano un punto di non ritorno, a cui consegno anche la mia infanzia definitivamente.


Mi ritrovai in molte sensazioni generate, a suo tempo, da quel lungometraggio. Andando a ritroso nell’infanzia resta ancora nitida l’immagine di una piazza affollata dove venivano proiettate le settimane Incom su un telo bianco fissato al muro di una casa, che precedevano il film vero e proprio. Le sedie, colorate, erano di quella plastica intrecciata e solida che il bar dello Sport metteva a disposizione. Poi, d’inverno, in una sala che a me pareva immensa, si susseguivano gli spettacoli domenicali.


Le poltrone erano di legno, ribaltabili, dure e scomode, di quelle dove occorreva sistemarsi bene per non far muovere il sedile. Quelle degli ultimi posti poi, chiaramente riservate agli adulti, erano più grosse talchè il peso di un bambino non era sufficiente a renderle stabili, così il sedile si muoveva e, se non ci si aggrappava ai braccioli-salvagente, si sprofondava, Vedere un film in quelle condizioni era da incubo.


I cinema, a quel tempo, risultavano affollati e quando c’era un titolo di richiamo le persone si accalcavano in piedi in fondo alla sala e lungo i corridoi, fino a comporre una sorta di tappezzeria umana. Singolare l’effetto che veniva così prodotto, una sensazione di calore, abbraccio e protezione, in mezzo alle nuvole di fumo che s’innalzavano. Durante l’intervallo ad attirare l’attenzione erano i manifesti extralarge appesi lungo le pareti che proponevano le future proiezioni: peplum, western, Franco & Ciccio, film bellici. La gestione era parrocchiale e il massimo dell’audacia poteva essere qualche (raro) seno scoperto solo nel film di metà settimana, unica proiezione la sera con pargoli già a nanna.


Con il passare degli anni ad attirare in sala non erano più soltanto i titoli, ma anche la presenza o meno delle ragazzine più interessanti che, chissà perché, occupavano intere file contornate dalle amiche del cuore. Allora non restava altro da fare che sedersi nei posti liberi davanti oppure dietro, sperando di carpire uno sguardo, un gesto. E quando si accendevano le luci, tra il primo ed il secondo tempo, era tutto uno scambiarsi sorrisi e rossori, mentre si provava ad essere tutt’uno, per celare l’imbarazzo, con la preziosa radiolina a transistor, vietatissima all’interno, che rimandava le voci amiche di “Tutto il calcio...”.


Poi quella sala rimase chiusa alcuni anni per la messa a norma di sicurezza e, quando riaprì i battenti, ci volli tornare, incuriosito, per vedere se qualche frammento della memoria era recuperabile all’interno del “tempio”. Ma che delusione! Quella sera eravamo in due, il macchinista conosceva entrambi e per non rimandarci a casa accettò di proiettare il film. Congelato in un’atmosfera surreale fu l’ultimo che vidi.


Il resto, tutto il resto, rimane accantonato in un angolo della memoria, come avvolto in quelle “pizze” di pellicola dal magico fascio di luce azzurrognola che si dirigeva sullo schermo.


 


 

lunedì 13 novembre 2006

L'ipocrisia al potere


L’ipocrisia è ormai diventata, più che una legge di mercato, una vera e propria religione e forse per questo la Chiesa ne brandisce lo scettro con rinnovata ostentazione, talchè anche coloro che alla sua dottrina si ispirano straparlano di “valori”, che invece sono sempre più gusci vuoti adoperati per dominare e ricattare.



Alitalia: troppo caro fare figli


il manifesto 10 novembre 2006


 


Quando si dice l'«attenzione alla famiglia». Non c'è stato ministro o membro della maggioranza - nel governo fortunatamente dismesso, ma anche in quel precariamente in sella - che non abbia proclamato a tutto il mondo che «la famiglia» stava in cima ai propri pensieri e, quindi, in testa di lista nell'ordine delle priorità di un'amministrazione responsabile. Peggio ancora: la «maternità» è spesso definita un valore da difendere anche a prescindere, in alcuni casi, dalla volontà della madre. Tutto vero? Macchè. Ecco qui una lettera di un’assistente di volo che spiega. meglio di qualsiasi ricerca sociologica, la realtà che vive una lavoratrice che si appresta a diventare madre.


«Buongiorno,

sono un'assistente di volo in maternità obbligatoria dal 12 aprile 2006. Ho scoperto, quando ho ricevuto il primo assegno di maternità da parte di Ipsema e con mia enorme sorpresa, che la mia indennità di 'maternità obbligatoria' ammonta al 50% della mia ultima busta paga; questo perché dal 16 marzo 2006 viene applicata l'interpretazione di un Decreto (D.Lgs.n.151/2001, in particolare art. 48 del T.U.I.R. comma 6) che lo consente. In pratica per tutte le mamme assistenti di volo Alitalia che hanno aperto maternità dopo il 16 Marzo 2006, sono cambiati i coefficienti di calcolo dell'indennità di maternità, il che si traduce, applicato alla nostra busta paga, in un'indennità ridotta del 50% circa. In pratica non si guarda al netto dell'ultima retribuzione, ma solo ad alcune voci della busta paga. Peccato che io abbia un mutuo concessomi su uno stipendio che era il doppio e questi euro bastano appena a coprirne la rata.


Posso percepire perché incinta il 50% della mia ultima busta paga? Com'è possibile se il testo unico di sostegno alla maternità dice che la maternità obbligatoria viene retribuita all'80% dell'ultimo stipendio? Può il decreto scendere sotto i 'minimi' del testo unico? Allora cosa vale il decreto o il Testo unico? Vi prego di aiutarmi a capire o ditemi a chi posso rivolgermi».


Le assistenti di volo «stagionali» (con contratti a termine) stanno anche peggio: nel caso restino incinte percepiscono l'assegno solo fino alla fine del periodo contrattuale, perdono poi il posto in graduatoria e l'anzianità. Veramente «protettivi».


 

venerdì 10 novembre 2006

Come perdere la guerra e vivere felici


Appropriazione indebita


 


"Sono rimasta strabiliata che l'8 per mille dato dai cittadini italiani per l'arte, la cultura e il sociale sia andato in gran parte per la guerra in Iraq e solo una minima parte per la fame nel mondo". Lo ha detto il presidente del FAI Giulia Maria Crespi aprendone il convegno nazionale. "A rivelarmelo è stato Enrico Letta - ha aggiunto - il quale a suo tempo lo aveva riferito in una conferenza stampa ma era stato riportato solo in un trafiletto di giornale".


"La denuncia della presidente del Fai circa le entrate dell'otto per mille utilizzate dal governo Berlusconi per finanziare la guerra in Iraq è gravissima; si tratterebbe di distrazione di fondi e la Corte dei Conti farebbe bene a occuparsene immediatamente". Così Mauro Bulgarelli, senatore del gruppo Verdi-Pdci, commenta la denuncia della Mozzoni Crespi. "Quei fondi - continua Bulgarelli - sarebbero dovuti andare, come di consueto, per il restauro dei beni culturali, la lotta alla fame, l'assistenza ai rifugiati, le calamità naturali e invece sono stati utilizzati per finanziare una missione militare.


"Sicuramente quando hanno firmato per l'8 per mille allo Stato non pensavano di andare a finanziare la missione in Iraq. Un grave inganno agli italiani". Cosi' Roberto Della Seta, presidente di Legambiente sulla denuncia del presidente del FAI Giulia Maria Crespi durante il convegno nazionale della Fondazione.


"Se la denuncia della signora Crespi fosse vera - continua Della Seta - si tratterebbe di un atto gravissimo non solo per l’effetto diretto, e cioè i soldi sottratti ai beni culturali, ma anche per quello indiretto che si traduce nell'aumento della sfiducia dei cittadini verso le istituzioni".


10 novembre 2006


Fonte:http://www.rainews24.rai.it/Notizia.asp?NewsID=65266


 


 


Berlusconi usò l'8 per mille per finanziare la guerra in Iraq


Un anno fa la denuncia dell'Unità


 


«L'otto per mille originariamente doveva essere devoluto tutto agli aiuti al terzo mondo, alla cultura e a cose di questo genere. Poi una parte venne utilizzata per le missioni all'estero. E una parte anche per l'Iraq». Giuseppe Vegas, vice-ministro dell'Economia nell´ultimo governo Berlusconi, conferma candidamente quanto già denunciato il 2 luglio 2005 da l'Unità e adesso riproposto anche da Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente del Fai (Fondo per l´ambiente italiano): l'otto per mille che i cittadini italiani hanno voluto assegnare al restauro dei beni culturali, alla lotta alla fame, all´assistenza ai rifugiati, e alle calamità naturali, è andato invece a finanziare la missione militare in Iraq.


«Era stata sottratta una parte originariamente poi il resto è stato lasciato per le varie scelte che son state fatte sull'otto per mille» spiega il senatore di Forza Italia. Ma, in concreto, quanto andò all'Iraq? Chiedono i giornalisti all´ex sottosegretario «Attorno a un terzo, circa 80 milioni», ammette candidamente Vegas.


La notizia dell´uso improprio dell´8 per mille è stata rilanciata in mattinata dal presidente del Fai: «Mi ha colpito quello che mi ha detto Enrico Letta, e cioè che l'otto per mille che i cittadini italiani hanno assegnato all'arte, alla cultura e al sociale è stato attribuito alla guerra in Iraq e solo una minima parte è stata data per combattere la fame nel mondo – ha detto Giulia Maria Mozzoni Crespi in apertura di un convegno sulla tutela dei beni ambientali – Letta lo aveva detto in una conferenza, ma mi ha riferito desolato che era stato pubblicato solo in un trafiletto da un quotidiano».


In effetti lo scorso 31 agosto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Enrico Letta, al termine di una riunione del Consiglio dei ministri, aveva dichiarato che l´esecutivo, affrontando la questione dell'8 per mille per quel che riguarda la quota statale, aveva scoperto un "buco" di diversi milioni: «Questa quota, all'incirca 110 milioni di euro, con le Finanziarie degli anni scorsi è stata decurtata, e i fondi usati per altri scopi – disse Letta - Per questo abbiamo trovato soltanto 4,7 milioni di euro su gli oltre 100 che dovevano essere disponibili».


10 novembre 2006


Fonte: http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=60970


 



 

mercoledì 8 novembre 2006

La fusione calda. Anzi fondente.


Lui entra, come gli è consueto evidentemente, in una cioccolateria e saluta, tradendo un certo impaccio, la giovane titolare, la quale si volta al suono della voce amica e fa anche peggio, imporporandosi e abbassando gli occhi. Lui si avvicina timidamente al banco, nota il prodotto in vendita e non trova di meglio, per spezzare l’imbarazzato silenzio, che chiedere se il cioccolato è buono. La ragazza, che dev’essere più innamorata del suo corteggiatore (perchè non prova insofferenza per la banale domanda), ha gli occhi illuminati di luce sfolgorante e, con un sorriso che allude anche ad altro, gli offre il vassoio, proponendogli: “Bisogna provare!”.


Nella scena successiva vediamo lo stesso giovane in cordiale colloquio con una funzionaria di banca (non credo che ne esistano di così carine e allegre) tutta sorrisi e ammiccamenti. Il clima da testosterone illumina finalmente il ragazzo, che ormai ha capito tutto e, ispirato dal cioccolato in precedenza assaggiato, si fa trovare all’orario di chiusura davanti al negozio. Stavolta ha pronta lui una proposta: l’invito a cena. E, reso audace, aggiunge, per abbattere la fragile incertezza di lei: “Bisogna provare!”.


Diavolo di uno spot. Non pubblicizza un nuovo tipo di cioccolato, bensì le convenienze e i vantaggi di un conto bancario. Ma intanto lo spettatore, sapientemente messo di buon umore dai cioccolatini di ogni dimensione che occhieggiavano in vetrina e dalla probabile liaison tra i due, è stato ben disposto anche a sorbirsi un prodotto così indigesto e poco appetibile come quello offerto dall’istituto di credito (che non cito per non fargli ulteriore pubblicità).


In seguito, nel secondo episodio, Lucia e Paolo, passano a progetti pratici, ma quando lui si fa avanti (non in “quel” senso, però) interviene l’occhiuta madre di lei a tutelare la virtù – si suppone intatta - della figlia, recandosi insieme dalla stessa funzionaria sempre più gaudente, mentre s’immagina che lui resti in solinga attesa, ma ormai demotivato. Così, quando la sposina in pectore ritorna e trova la porta della casa da ristrutturare chiusa e Paolo triste e scoraggiato là davanti, lo provoca: “Ma non bisognava provare?”.Palpitante attesa per l’ulteriore sviluppo.


La location è la piazza di Orta San Giulio, ritenuta la piazza ideale d’Italia e un borgo, a giudicare dalle foto e dalla collocazione geografica, semplicemente incantevole.


 

domenica 5 novembre 2006

Acqua alla gola


In un agile libretto allegato all’ “l’Unità” di oggi si rievoca l’alluvione di Firenze. Ne ho tratto ampi stralci dal racconto che ne fa il giornalista Wladimiro Settimelli.


Il mio ricordo di questo evento è assai confuso, assomiglia molto alle sbiadite immagini in bianco e nero trasmesse dalla tv in questi giorni, resta nitida invece una domanda, anche maliziosa assai, ma come è noto “a pensar male si farà pure peccato” (per chi crede che lo sia), però ci s’indovina sovente.


E allora mi chiedo: se accadesse domani una simile tragedia ci sarebbero nuovi “angeli del fango” italiani, così numerosi come in quei giorni? Le ultime generazioni allevate e lobotomizzate dalla tv, anestetizzate dall’ ipod, con l’ignoranza elevata a valore, la “velina” come mito e un provino per “igrandifratelli” di ogni genere quale aspirazione, si riverserebbero in una città allagata, immergendosi nel fango in nome della cultura? Oppure non si porrebbero per nulla il problema, perché per una parte di loro è meglio restare “pupe e pupi” chè capita pure che ti pagano per questo?


 


E l’Arno entrò nelle case




Sono passati quarant’anni, ma quel rombo terrificante del fiume lo ricordano ancora tutti. Così come ricordano i terribili sbuffi d’aria che arrivavano dall’Arno e sapevano di fango, foglie marce e sporcizia. Era come un potente soffio cattivo che scorreva a pelo d’acqua e si insinuava tra le case, a mettere paura e angoscia, Era la sera del 3 novembre 1966 e avrebbe dovuto essere una sera come le altre. Invece, fin dal 25 ottobre, la pioggia non aveva mai smesso un momento di scendere dalle nuvole, salvo qualche breve interruzione. La solita pioggia? Non era questa l’impressione di quelli che, in silenzio, si affacciavano alle spallette dell’ Arno per dare una occhiata. Pareva proprio il diluvio universale. Il pomeriggio era andato avanti così e alle 22 l’acqua aveva preso a salire a rotta di collo, mentre arrivavano, tra gorghi e mulinelli, grossi tronchi d’albero con l’edera ancora attaccata alla corteccia e un po’ di rami. Ogni tanto, in qualche insenatura del fiume già coperta dal fango, andava a infilarsi qualche animale morto: un cane, tre galline e addirittura un piccolo asinello. Brutti, bruttissimi segnali per chi guardava dalla Nave di Rovezzano, dalle Sieci, da Compiobbi e in città verso via Villamagna. Anche in questo caso, i racconti sono precisi e inequivocabili. I giornali, dopo, ricorderanno un vecchio signore che cercava di fare battute spiritose per esorcizzare la paura, citando “padre Dante” e la sua Beatrice che si incontravano sul Ponte a Santa Trinita con il fiume che scorreva tranquillo. Ma non rideva proprio nessuno. Neanche lui.


Poi, la situazione era precipitata. Saranno state le 23, ricordano in tanti. Ma era alle 2,30 che l’acqua aveva scavalcato gli argini e si era avventata sulle case allagando cantine, garage, strade e straduzze. Il trabocco era avvenuto prima di tutto, alla Nave a Rovezzano, a Reggello, alle Sieci, Compiobbi e al Girone. La lotta tra gli uomini e il fiume era già cominciata.


Non sono pochi ad aver capito quello che sta per succedere. Ma in città, quasi tutti dormivano, dopo una giornata umidiccia e fredda. Ed ecco altre testimonianze dirette. L’acqua ora scende per via Villamagna e infila tutte le strade intorno a Piazza Gavinana: Via Giovanni delle Bande Nere, via Giampaolo Orsini, Piazza Gualfredotto da Milano e via Poggio Bracciolini. Acqua e melma salgono a rotta di collo e hanno raggiunto già i due metri di altezza. Poi, si arriverà fin quasi a cinque metri. Verso il centro c’è chi continua a rimanere a letto, ma, ogni tanto, si sentono dei tonfi terribili. Sono i bidoni di ferro che vanno a sbattere contro i piloni dei ponti, mentre i tronchi sfondano le casette del Ponte Vecchio. Ma chi ha il sonno pesante continua a non capire. I telefoni non funzionano già più. Prima sono arrivate centinaia di chiamate ai vigili del fuoco. Parte la luce, un rione dopo l’altro.

Le ricostruzioni e i racconti sono omogenei nel descrivere l’arrivo dell’inferno. Tocca subito alla zona di S. Niccolò, a via dei Bardi, Piazza Demidoff, via dei

Renai, Piazza dei Mozzi. E poi Borgo S. Jacopo, via Maggio, Via S. Spirito. Punto d’arrivo della piena, il popolare quartiere di S. Frediano. Ora si affacciano in centinaia alle finestre. Non dorme davvero più nessuno. Guardano per le strade, in basso con un silenzio pieno di paura. C’è già chi corre per portare in alto la roba delle cantine e poi quella degli appartamenti a pianterreno. Poi ancora, nuovo trasferimento dal primo al secondo piano. Si sentono richiami sommessi e poi urlati e c’è chi, nel buio, tentando di uscire fuori, finisce nei vortici d’acqua e nel fango e viene portato via di peso. Anche per le macchine in sosta è un pandemonio. Paiono ormai in mano ai fantasmi: vengono spinte via prima lentamente e poi a gran velocità. Rotolano, si fermano contro un muro o un palo della segnaletica e schizzano di nuovo via. Se tutto non fosse così tragico, ci sarebbe da sorridere perché quando l’acqua raggiunge gli impianti elettrici, l’improvvisa serie di contatti provoca l’accensione dei fari, l’accensione di una freccia o dello stop, il suono dei clacson. In mezzo alla melma, ora dilaga anche il gasolio delle caldaie e tutto diventa schifosamente oleoso, sporco, nerastro. (...)


(...) I fiorentini sono umiliati, feriti e si sentono traditi dal loro fiume. Corrono tante voci: dicono che vicino al Ponte alle Grazie, in un ìstituto per i vecchi, tanti poveracci sono annegati nei sonno. Altri hanno sentito dire che sono state le dighe di Levane ad aver ceduto. Ma non è vero. Si sa di certo e si capisce dalla radio, che Firenze è incredibilmente e assurdamente isolata dal mondo. La ferrovia è interrotta, l’autostrada del Sole è percorribile fino ad un certo punto, ma non serve certo per arrivare in città. Non funzionano le telescriventi né i telefoni. La corrente elettrica non torna e ci si può muovere soltanto con gli stivaloni di gomma alle gambe. Di quelli grandi da pesca. Per mangiare e bere, il problema è immenso. (...)


(...) Intanto sono già arrivati i primi soldati e i volontari da Perugia e dall’Emilia. A quel che si sa è mezza Italia sott’acqua, colpita dal maltempo e dall’alluvione. Si ascoltano, allibiti, le notizie sul dramma di Venezia e di Grosseto, di Empoli e di centinaia di piccoli e grandi paesi della provincia di Firenze. Questa volta, l’Arno, fino alla foce, non ha proprio risparmiato nessuno. C’è chi racconta che nelle campagne intorno alla città, nella notte dell’acqua grande che arrivava fino ai tetti delle case coloniche, c’erano intere famiglie proprio sui tetti. E i contadini sparavano fucilate con gli schioppi da caccia per farsi sentire dagli elicotteristi ed essere salvati. Una donna era morta proprio mentre veniva portata via appesa ad una fune: non ce l’aveva fatta a reggersi.


A Roma, il governo e i ministri tentennano. Come al solito, nelle tragedie italiane, le “autorità” sono sempre le ultime a capire e a provvedere. Che aspettano a correre, ad aiutare? Così quando il presidente Saragat arriva in S. Croce accompagnato dal solito codazzo di tirapiedi, dalla gente che spala il fango, si levano urla con la strozza in gola: “Non portateci Saragat, mandateci da mangiare, portateci da bere”. Quando, più tardi, verrà il Papa, il buon Paolo VI, non ci saranno urla, ma un continuo borbottio di scontento e di dolore. (...)


(...) Ma non è tutto finito: le notizie dell’alluvione di Firenze hanno fatto il giro del mondo e sono in migliaia ad accorrere da ogni angolo per salvare le opere d'arte, i libri, i quadri, i monumenti. Dormono nei carri ferroviari alla stazione, dentro i sacchi a pelo. Sono capelloni e "figli dei fiori", come vengono chiamati, americani, cinesi, francesi, inglesi, giapponesi, tedeschi, sovietici, olandesi, spagnoli, turchi, portoghesi, svedesi, austra­liani, canadesi e persino senegalesi. Gli italiani sono arrivati da ogni piccola e grande città e da ogni paesello. Che stupore, che incredibile sorpresa. Si allarga il cuore a vedere come lavorano. Col trascorrere dei giorni di­ventano migliaia e, armati di pale, di scope, di disinfet­tante (la paura del tifo è ancora grande) girano nelle case e nelle più piccole stradine per pulire, lavare, mettere ordine.


Giù negli scantinati e nei depositi della Biblioteca nazionale, quei ragazzi lavorano per ore e ore, per giorni interi, nel silenzio più assoluto. Quasi avessero paura di danneggiare i libri recuperati con la voce. Sono molti i professori e gli uomini di cultura della città, che vanno con loro nell'acqua e nel fango e quando escono tengo­no la testa bassa per nascondere le lacrime. Nessuno si sarebbe aspettato mai meno che niente da quei ragazzi. Invece, invece...


Raccontano le cronache che molti di loro faran­no amicizia e istaureranno rapporti che durano ancora. Molti altri, in nome del fango, della solidarietà e dell'ar­te, si sono innamorati e persino sposati.


Ma l'alluvione di Firenze ha spazzato via anche molte vite. Quante? Le cifre ufficiali dicono quaranta. Ma qualcuno giura che c'è stata gente che viveva da sola e che nessuno ha più rivisto dopo i giorni dell'inferno. (...)


Foto: www.comune.firenze.it/firenze900/alluvione.htm

giovedì 2 novembre 2006

Nostra mattanza quotidiana


Quanto vale, oggi, la vita a Napoli? A che punto è la notte nella città partenopea, percorsa come non mai da fiumi di porpora sanguinolenti che trascinano con sé la legalità, il vivere civile, lasciando i residui putrescenti di un’emergenza ambientale (la spazzatura che invade strade e vicoli: se non riesce a fronteggiare cassonetti ricolmi come può lo Stato opporsi al resto?), morale (i bambini respirano fin da subito il senso della trasgressione come stile di vita), culturale (impressionanti i dati 2004-2005 di dispersione scolastica nella provincia partenopea) e, in ultima analisi, civile?


E, se è vero che a mali estremi estremi rimedi, allora vada anche per l’esercito, a patto però che non abbia una mera funzione tampone, ma sia accompagnato dall’integrazione e dal coordinamento delle forze dell’ordine. L’esercito per la bonifica, ma polizia e carabinieri, lo Stato insomma, per recuperare il controllo del territorio, avendo piena consapevolezza che un piano di rinascita per Napoli (e l’entroterra) richiederà anni per offrire i primi concreti risultati, perché per troppo tempo si è colpevolmente trascurata una situazione impregnata di emergenza nella quotidianità.


Saranno perciò necessari investimenti mirati e consistenti per dotare le istituzioni locali, accidiose e conniventi, di forze di intelligence, di apparati e strumentazioni tecnologiche per contrastare sul piano economico-finanziario le organizzazioni criminali (il giudice Falcone ottenne risultati strabilianti quando mise mano ai conti correnti bancari) e garantire la sicurezza giorno per giorno ai cittadini, perché quella che viene erroneamente definita “microcriminalità” è la fonte di maggiore turbamento. Assieme al sistematico rifiuto delle regole. Martedì sera a “Primo Piano”, mentre scorrevano le immagini della mattanza, è stato inquadrato un vespone con tre persone a bordo: un uomo alla guida, una donna sul sedile posteriore e tra i due, in piedi, una bambina. E l’autista è pure riuscito a mandare al diavolo la telecamera.


Ho trovato questa testimonianza pubblicata su repubblica online, nella rubrica “Il giornale dei lettori”.


Benvenuti nella città della follia quotidiana


“È incredibile. Da qualche giorno a questa parte, molto più che nel passato, ogni volta che si accende la tv c'è un telegiornale che racconta la cronaca di Napoli. Morti, feriti agguati... Ed è vero: ultimamente i morti in agguati camorristici, o le semplici vittime dell'aggressività e dei raptus di follia, sono aumentati in maniera esponenziale. Non c'è più quartiere o rione in cui poter essere sicuri di non finire nella traiettoria di una pallottola o, peggio ancora, sotto la lama del coltello di turno. Sono sconvolta. Se ne accorgono solo ora che la criminalità e la violenza a Napoli sono aumentate? Ma nessuno si rende conto che siamo quotidianamente vittime di un’aggressività "che solo talvolta" si palesa attraverso una sparatoria o un accoltellamento. Purtroppo siamo vittime inermi di violenza quando guidiamo l'auto. E c'è subito chi, pronto più di te, ti sorpassa o ti suona o ti maledice perchè parcheggi o perchè fai manovra. Quando passeggi per le strade... eh si... perchè anche i pedoni vanno di corsa e ti spintonano. Quando andiamo in un negozio e fingono di non vederci... Scavalcano la fila perchè "scusi signurì non vi avevo visto..." (vi è mai capitato? Ebbene io sono una donna di 1,72 cm per 75 kg..ma come si può dire "non ti ho visto!"). Quando sei in coda alla posta, alla Asl, al semaforo, in banca, al supermercato... La violenza ormai nella nostra città è un problema dilagante. Coinvolge tutti anche chi, in linea di massima, è una persona mite e tranquilla, perchè vieni esasperato dai mille comportamenti che subisci da mattina - quando ti svegli e cominci ad affrontare il prossimo - a sera - quando ormai sei all'apice dell'esasperazione e non ce la fai più a subire - a qualsiasi ora del giorno! Chi è sindaco di Napoli da anni ormai, fa il volto di circostanza avanti alle telecamere e promette... E intanto noi, comuni cittadini, continuiamo a sognare tempi migliori, ingoiando forzatamente ciò che quotidianamente dobbiamo subire.”


Sul sito di resistenza civile contracamorra si può leggere: “Che fine ha fatto la dignità di noi tutti? A volte sembra come imbalsamata in quella Piazza del Plebiscito! E’ per questo che abbiamo voluto riprodurre l’esperienza degli “attacchini” di Palermo dalla via Toledo dei commercianti alla piazza di tutta una città.


Piazza del Plebiscito a guardarla dai cavalli sembra un’ampia superficie piana, invece una pendenza non immediatamente percepibile, quasi invisibile è tale che basta chiudere gli occhi pochi secondi per perdere il controllo dei propri passi. Quasi ogni giorno qualche cittadino o turista incredulo prova il percorso bendato, dai cavalli al lato opposto per ritrovarsi nei punti più disparati della piazza. Non ha rilevanza dove, il dato empirico è che chiudendo gli occhi si perde totalmente la libertà di scegliere la direzione… proprio come accade quando “un intero popolo” tollera e paga il pizzo.


Con la mafia non è possibile convivere, come pure si crede: o ci si sottomette o ci si ribella”.


Sandro Ruotolo ha dedicato, con un amore prorompente e disperato, gli ultimi post alla sua città agonizzante.


“Vedi Napoli e poi muori”, si esclamava una volta. Adesso, con macabro realismo, si potrebbe ammonire: ”Se vedi Napoli poi muori”. Che non è esattamente la stessa cosa.