Una giovane donna, di chiare ascendenze asiatiche, sale sull’autobus e, in un italiano approssimativo ma comprensibile, chiede informazioni all’autista circa il percorso. L’uomo le risponde affermativamente e la ragazza, rassicurata e di nuovo sorridente, si accomoda accanto a me. Considero che il mescolamento, anche di lingue, pure questo richieda, cioè l’ascolto proprio in senso letterale, quello della mente.
La capacità banale di produrre un piccolo sforzo supplementare per rispondere ad un interrogativo sulla via, sulla piazza da raggiungere, sul mezzo pubblico da utilizzare, su informazioni in generale che una persona che conosce poco la nostra lingua, di cui maneggia scarsi rudimenti, ci sottopone. Un modestissimo passo in avanti sulla strada dell’integrazione che, ci piaccia o meno, rappresenta la rivoluzione globale, peraltro già in atto e che occuperà ogni angolo del nostro quotidiano, non certo come invasione barbarica, ma alla stregua di un passaggio storico cruciale, come nel passato è già accaduto, con traumi, lacerazioni e instabilità, ma ineluttabile.
Esiste poi l’altro ascolto, quello più estensivo, del cuore, che porta a cercare di capire le esigenze di un amico, di un conoscente, anche di una persona incontrata occasionalmente, pur nelle diverse e logiche sfumature che l’interlocutore interpreta.
Una caratteristica di non facile presa, requisito che non è prerogativa di tutti, investendo le sensibilità più attente e, in definitiva, migliori. Un’affezionata blogger sottolineava, tempo fa, come l’incapacità di imparare ad ascoltare che esiste oggi favorisca la fioritura di blog dove si urlano il malessere e le miserie quotidiane, proprio perché manca l’ascolto e, dunque, in un circolo vizioso, urlano tutti. Magari qualcuno ascolterà.
Amplificando il concetto si può sostenere che, venendo meno la possibilità di trovare quella disponibilità del cuore ad ascoltare, ci si volge al virtuale dove il mezzo stesso favorisce conversazioni tra persone che mai si sarebbero potute incontrare, le quali non distratte da suggestioni sensoriali, intese come esaltazione di sensi quali la vista e l’udito, si predispongono a leggere ciò che altri scrivono, magari riscontrando una convergenza di vissuto comune, di analogie che facilitano l’apertura e la confidenza, abbattendo steccati e pregiudizi.
Ciao Frank...mi piace molto l'argomento che hai trattato.
RispondiEliminaPer ora ti lascio solo un velocissimo saluto....ma domani torno.
Buona serata
Maria
Caro Frank,
RispondiEliminail tuo post induce molte riflessioni:oggi ascoltano in pochi,scriviamo un blog per poterci sfogare perchè nn sappiamo a chi altro rivolgerci.Io stessa uso il blog come sfogo...
Forse nel mondo reale ascoltano in pochi,ma a volte la colpa è anche nostra e dei nostri complessi...del nostro pensare che nessuno là fuori riesca a comprenderci.Sarà che sono in vena di autocritica ma in internet e sul blog mi ci trovo sempre meglio...perchè nn ho il coraggio di rischiare nella vita reale.Qui è più facile,nessuno giudica o ti guarda dall'altro in basso.
Non so che scrivere,mi sembra di tornare sempre al punto di partenza e la cosa nn è per niente edificante.
Un abbraccio
Ciao! Questa della apologia del'ascolto mi trova concorde perchè è evidente l'incapacità odierna al silenzio di se stessi per aprirsi all'alterità. E mi piace la semplicità con la quale tratti la materia incandescente della comunicazione tra bloggher, oggetto di studi e Tesi di laurea. La mia formazione incide più del mio carattere nell'indirizzare tempo ed attenzione a quanto mi giunge dal mondo esterno. Per far ciò urge il silenzio e il farsi da parte, fare spazio nel cuore come leggo nel tuo post. Impresa titanica per molti. Grazie!
RispondiElimina..sorry, quest'apologia dell'ascolto ( c'è un dlela in più)
RispondiEliminami viene immediatamente da dire...citando Exupery:"...non si sente che con il cuore...."
RispondiEliminaMaria
BLUE_ANGEL, in effetti l'uso che tu fai del blog è molto personale, rispettando alla lettera la necessità di sfogo per l'inquieta quotidianità. Però il rischio è quello di delegare totalmente al blog la ricezione del malessere personale, quasi invocandone una soluzione. Per fortuna sei consapevole che non hai il coraggio di rischiare nella vita reale. Eppure, quando ti sarai ripresa, sarà necessario confrontarsi anche con la realtà effettiva che è certo più complessa e difficile. Credo che sia necessario attribuire ad ogni passo della vita la giusta importanza, non attribuendo valutazioni sopra le righe, il che non sarebbe tranquillizzante. Poi, oltre alla funzione di sfogo più per se stessi che per gli altri, il blog come lo intendi tu può permettere anche l'instaurazione di rapporti che trascendono il virtuale e dove l'ascolto si manifesta sincero. O almeno il mio lo è. Non mollare mai.
RispondiEliminaUn abbraccio
MARZIA, penso ci sia poco da aggiungere a quanto da te espresso così efficacemente. L’ascolto degli altri, il silenzio in un mondo pieno di rumori, l’attenzione: sono propositi più che realizzazioni effettive (parlo per me, ovviamente), ma per non demoralizzarsi troppo anche di fronte a quella che definisci, appropriatamente, come “impresa titanica”, credo valga la consapevolezza che esiste questa esigenza, più presente e pressante di quanto si possa ritenere. Grazie a te per la partecipazione (e per ciò che scrivi) che rappresenta un motivo di vanto e orgoglio.
FEAU, ed io ci tengo alla tua presenza, che si manifesti per caso o meno. Quanto alla tradizionale frase di cui fai sempre omaggio, penso che ridere abbia anche una valenza terapeutica, ma nello stesso tempo si rarefanno le possibilità di lasciarsi andare ad una sana risata.
MARIA, grazie anche per il saluto serale che ho molto apprezzato. La citazione che fai di quel piccolo capolavoro costituisce un importante corollario per l’argomento. L’ascolto più difficile, ma più aderente al concetto, è soprattutto quello di chi non pretende poi di giudicare, semmai consigliare (se richiesto). Buon proseguimento di giornata.
Frank57
Una volta mi sono trovata a parlare con una persona che riteneva l'intelligenza consistesse nella furbizia e nella scaltrezza, e ho provato ad accennargli alcune idee che mi frullavano per la testa su quella che chiamai "intelligenza del cuore", la capacità di ascoltare e capire con uno slancio del sentimento più che con l'analisi fredda e razionale.
RispondiEliminaNon ci capimmo, e la cosa finì lì,ma io continuo a crederci, come anche credo alla valenza simil-terapeutica del tenere un blog, purchè sia e rimanga un ausilio, un'integrazione e non un rifugio confortante per evitare di confrontarsi con la realtà.
Ciao Frank , bell'argomento ;) vedo che anche tu non scherzi a riflessioni.
RispondiEliminaE' molto vero ciò che scrivi...a volte ci si rivolge al virtuale perchè nella realtà nessuno ci ascolta...ma a volte siamo noi stessi che non vogliamo farci "ascoltare".
Mi piace molto questa frase che hai scritto in un commento qui sopra...questa...."L’ascolto più difficile, ma più aderente al concetto, è soprattutto quello di chi non pretende poi di giudicare, semmai consigliare (se richiesto)."...sacrosanta verità.
Buon pomeriggio
Lady A.
Il blog (come le chat, i forum, eccetera) riprende il modello epistolare, dà ad ognuno il suo spazio e il suo tempo. Io scrivo e invio, l'altro risponde dopo aver letto il mio scritto. Ed è di nuovo il mio turno, per leggere la risposta e scrivere ancora. Ognuno ha il suo tempo e il suo spazio, mentre lì fuori tutti urlano, e chi non è capace di urlare non ha possibilità, non riuscirà mai ad esprimersi e a farsi ascoltare.
RispondiEliminaROBYNIA, mi è piaciuto questo commento, asciutto, essenziale ed esaustivo. Bella l’espressione “intelligenza del cuore”. La farò mia – con il tuo permesso – come accade per quelle frasi che si scolpiscono nella mente.
RispondiEliminaContinua pure a credere nell’intelligenza del cuore, appunto, perché era il tuo interlocutore a trovarsi su un percorso accidentato, anche se apparentemente facile.
Giustissimo non sopravvalutare il blog con tutti i vari annessi, sacrosanto non attribuirgli un ruolo prevalente, perché il confronto vero avviene con la realtà, bella o brutta che sia, che però viviamo nel quotidiano. Magari, nel virtuale, ci si può rifugiare per prendere fiato, assumere qualche idea, ma poi di nuovo nella mischia, senza mouse e tastiera.
LADY A., ritengo sia importante più che mai, in una fase come l’attuale, che possa conservarsi uno spazio per riflettere e l’esercizio non manchi mai. Sto apprezzando molte intelligenze, negli ultimi giorni, capacità reali nel mondo virtuale e ciò mi conforta.
Scrivi concetti molto condivisibili, in particolare sottolineando il fatto che a volte, non sto qui ad indicare la quantità, siamo noi stessi che ci sottraiamo, ci neghiamo, sfuggiamo alla possibilità esistente di essere ”ascoltati”. Magari occorrerebbero più coraggio, oppure maggiore sfrontatezza. O umiltà.
Mi fa piacere che tu abbia rilevato un concetto a cui tengo molto (non a caso parlavo di intelligenze, poco sopra...), vale a dire il mero ascolto gratuito, che nulla pretende. Non il facile moralismo che, talvolta, si accompagna alla paternale verso il figliol prodigo che ha molto peccato. Lo noto nello scambio di opinioni tra amici o colleghi, lo osservo in alcuni blog dove c’è sempre chi si erge a giudice unico, leva il dito accusatore e disserta su vizi e virtù. Facile dall’esterno valutare le situazioni, un po’ meno facile identificarsi nelle stesse e, dunque, mi sembrano presuntuose e inopportune tante affermazioni ex cathedra che risuonano qua e là.
Buona serata e lieta giornata per domani.
VITAROSA, c’è una caratteristica di te che mi piace ed è il raffinato pragmatismo che si riflette non soltanto in questo stringato commento, ovviamente, ma caratterizza tutto il tuo blog.
E’ vero, qui nella blogsfera (che nella tua descrizione assomiglia ad una strada percorsa da tante auto che si fermano a tutti gli incroci, concedono la precedenza, rispettano il limite di velocità consigliato) ciascuno ha la possibilità di ritagliarsi un proprio spazio, senza essere soffocato dalle urla del più forte, del più prepotente, del più incivile. Vado banalizzando schematismi essenziali, si capisce, però sono del parere che a lungo andare riuscirà ad imporsi non chi urla, imponendo le proprie ragioni, ma chi è capace coerentemente di manifestarle in maniera convincente. Anche sottovoce per essere meglio ascoltato.
Mi rendo conto che si tratta di una visione abbastanza utopistica, ma presto attenzione più volentieri a chi si esprime con pacatezza. In genere colui che urla cerca di contrabbandare aria fritta, mentre l’altro trasmette sostanza
Sicuramente il blog permette di
RispondiElimina-ascoltare- attentamente e tranquillamente e nello stesso tempo aiuta a -parlare- di sè. Ho sempre pensato che grazie a questo mezzo ho possibilità di comunicare con persone che, dal vivo, non avrei mai incontrato. La lettura delle -vite- altrui, delle gioie e i dolori, mi ha aiutata moltissimo. Il confronto è stato quasi terapeutico, anche se ho ancora molta strada da percorrere.
Mi piace il miscuglio di razze: spesso osservo persone che hanno tratti somatici curiosi, ( ad esempio una ragazza bianca ma con occhi a mandorla) cercando di immaginare la nazionalità dei genitori. Il bello è proprio questo: vedere nei loro tratti somatici l'umanità amalgamata.
Fratello finalista...cosa dirti? Che rientriamo nell'assurdo in base al quale, nel periodo in cui l'umanità ha la maggiore possibilità materiale in assoluto di comunicare nella sua storia, in modo altrettanto proporzionale cresce l'incomunicabilità. Qui in rete si parla, ride, scherza, offende, comunque si comunica: se fossimo tutti in fila alla cassa di un ipermarket, ci guarderemmo tutti in cagnesco, cercando un varco dove infilarci col carrello o chiudendo ogni eventuale possibile varco.
RispondiEliminaieri sera ero in stazione ad aspettare la sposa pendolare e c'era una ragazza nigeriana, cercava solo da accendere, ma "quelli che ben pensano" fingevano di non capire.
Crollato un Muro, ne sono stati eretti altri, a migliaia, ben più duri a cadere.
Abbraccio fraterno.
La comunicazione può scegliere molte vie.
RispondiEliminaLa comunicazione verbale è sicuramente quella più accreditata....ma alla fine fine è anche quella meno facile da usare.
In fondo abbiamo modi spesso più diretti per comunicare...la mimica facciale, la gestualità delle mani....come riempiamo lo spazio con il nostro corpo.
Poi ci sono musica, immagini, odori....non dimentichiamoci di essere animali dotati di una chimica che varia gli odori del nostro corpo col cambiare degli stati emotivi...e per quanto noi ci preoccupiamo di nasconderli con fragranze di ogni tipo, emerge sempre.
A volte penso che la difficoltà nella comunicazione sia difficoltà d'ascolto...perchè ci spaventa ascoltare cose che rimettano in discussione le nostre certezze.
Perchè ci destabilizza aprire il nostro "cuore".....
e allora....dobbiamo riscoprire la disciplina dell'ascolto interiore per saper ascoltare il mondo intorno a noi.
Grazie Frank :-) e un sereno fine settimana
Hai, hai hai! manco da un poco di tempo e ti trovo sempre con argomenti che richiederebbero infinite argomentazioni, io tanto per cambiare vivo aggrovigliata...le ore non mi bastano per fare tutto ciò che vorrei, compreso partecipare con più assiduità qui. Parli di comunicazione...forse adesso la mia risposta diventa inutile visto quello che ho scritto qui...talvolta è una questione di fretta, questa vita mi si consuma e corro sempre dietro a qualcosa, anche al dialogo, anche al poter capire. Una cosa però mi scotta davvero, non vorrei ritrovarmi un giorno a guardare tutte le cose che ho perduto nella freneticità.
RispondiEliminaUn abbraccio
Micionero dal lavoro
STUFA, una testimonianza piacevole e positiva sull’uso del blog. Mi auguro che la lunga strada da percorrere, che riconosci ancora esistere, si accorci sempre di più ogni giorno. Interagire con le persone giuste costituisce un beneficio rilevante.
RispondiEliminaLa tua osservazione sulla mescolanza di razze la trovo intelligente per la curiosità che la nutre e, soprattutto, per la conclusione a cui ti fa pervenire. Buon inizio di settimana.
FRATELLO della sponda avversa, il commento è impeccabile. Il paradosso dell’ipercomunicazione è ancora più sconcertante, perché visibile a tutti. E forse, erigere nuovi muri, tranquillizza le cattive coscienze.
Abbraccio ricambiato.
FEAU, il delicato e gentile omaggio floreale stride con la tua valutazione. Certo che ci vai giù pesante, ma non saprei darti torto, segnatamente per quanto riguarda il pregiudizio.
MARIA, di pregio le tue considerazioni. Evidenzio e condivido l’equazione tra difficoltà di comunicazione e difficoltà di ascolto, l’una origina l’altra e, soprattutto - come osservi - siamo terrorizzati da tutto ciò che incrina le certezze acquisite. Perché mettersi in discussione è un atteggiamento assai difficile. Attraente quella “disciplina dell’ascolto interiore” a conferma della valenza terapeutica del blog attribuita da interventi simili. Una bella conclusione di una settimana densa di riflessioni.
Grazie per l’augurio e serena ripresa anche a te.
MICIONERO, mi fai buona compagnia, allora, con la tua vita aggrovigliata che, se può consolarti, provoca in me analoghe considerazioni. Ma la tua presenza è sempre preziosa e nessun commento è inutile.
La fretta che divora ogni passo, accompagnandolo con frenesia talvolta smodata, è fenomeno che ben conosco e, che per ora, mi ingabbia. Ma quanto affermi, sul rimpianto possibile per le cose perdute, mi induce a esaminare se non si possa raggiungere una formula di compromesso, Speriamo di non doverci volgere indietro malinconicamente.
Anch’io, come te, di fronte a post interessanti che leggo vorrei intervenire più a fondo, capire, interrogarmi. Se può consolarti considero che, in fondo, è già buona cosa entrare a contatto con tante persone così diverse e che, prima o poi, non mancheranno le occasioni propizie per manifestare apprezzamento. Per quanto mi riguarda, anche presenze sporadiche di intelligenze conosciute, sono più che sufficienti. Ormai so che la banalità non può approdare su queste sponde e il merito è tutto di chi interviene.
Un abbraccio