L’ultima porcata, in ordine di tempo, che stanno predisponendo i fuorilegge che ci governano, è l’ennesimo condono fiscale, il regalo più atteso dai ladri che utilizzano servizi sociali a sbafo, perché tanto ci siamo noi lavoratori dipendenti, talvolta “fannulloni” come il pagliaccetto fatto mini-stro è andato ululando per mesi, oppure e comunque “farabutti”, che pagano.
Si tratta dell’ennesima vergogna che ricopre come fango i papi-boys, i quali si comportano come il maiale che è pago di rotolare nel brago. E dunque ci godono. Anche nel negare che non esistano censure, attacchi alla libertà di informazione, salvo poi scagliare la loro ira funesta sulla trasmissione “Annozero” senza alcun argomento che confuti o contrasti, ma delirando sulla spazzatura, sui pettegolezzi, sulle calunnie, quando il merito del programma di Santoro è stato quello di aver mostrato integralmente il surreale dialogo, che si è svolto in conferenza stampa a margine di un incontro bilaterale con Zapatero, tra un giornalista spagnolo e il papi sulle prostitute che frequenta, proponendo anche l’irruzione in video della più famosa tra loro che, pensa tu la sbadataggine, non era mai stata intervistata da nessuna rete televisiva italiana (Sky è a pagamento e non può fare testo), quelle che per ogni sciocchezza mobilitano inviati e amplificano l’evento (ogni episodio raccontato diventa per forza “evento”). Oltre al mini-stro di cui sopra,sfolgorante nella sua bruttezza e volgarità, quasi inghiottito dalla poltrona e alle interviste con Vittorio (Littorio per gli intimi) Feltri (carino quel soprammobile in bella evidenza), messo inesorabilmente all’angolo (sì, insomma sputtanato come il suo padrone-padrino); con Giorgio Bocca e Filippo Facci, due giornalisti agli antipodi, accomunati però dalla constatazione che gli spazi per l’informazione si vanno restringendo sempre di più. Con la differenza che il decano Bocca lo denuncia da anni, mentre l’altro l’ha scoperto, magari con meraviglia, da poco.
Insomma quando si fa notare che il tradizionale “re è nudo” si scatena il finimondo.
A seguire tre articoli, con un unico denominatore comune: lo scudo fiscale. Tutti molto illuminanti.
IL REGALO AGLI EVASORI
VENGHINO signori, venghino che c' è lo scudo! Il Tesoro ha bisogno di soldi. Lo scudo è semplice e conveniente per gli evasori buoni. Ma da oggi c'è una ghiotta sorpresa anche per i cattivelli che hanno commesso dei reati: avete falsificato i bilanci? Emesso fatture false? Stipulato contratti per transazioni inesistenti? Distrutto documenti? Tranquilli, per lo scudo non c'è problema. Perché il Tesoro ha bisogno dei vostri soldi! Attenzione però, evasori senza scudo: per voi c' è l'uomo nero.
È questo il messaggio della campagna pubblicità progresso, che ha riempito l' estate con storie di paradisi fiscali diventanti bolge infernali, e di evasori smascherati: la settimana scorsa è toccato a Rocco Siffredi; per nuove storie con nomi più altisonanti c'è tempo, perché la campagna pubblicitaria andrà avanti fino alla conclusione dello scudo.
Ma quanti soldi rientreranno? Il Tesoro tace. La cifra più gettonata è 100 miliardi: quindi 5 per le casse di uno Stato Italiano che ogni anno ne spende 775. Se la credibilità di un Governo si misura dalla sua capacità di escutere le imposte, il Governo italiano è messo male. Giustamente preoccupato di difenderne la reputazione, Tremonti ha fatto notare che nel civilissimo regno di Sua Maestà britannica, stanno offrendo uno scudo (eufemisticamente battezzato New Disclosure Opportunity) così blando che, al confronto, il nostro è un vero salasso. Sfortunatamente, lo staff all'Agenzia delle Entrate che prepara gli appunti a Tremonti non bazzica internet e non mastica l'inglese. Facendo fare così una topica al Ministro: infatti, il fisco di Sua Maestà richiede che il contribuente dichiari la provenienza di ogni singola somma accumulata all'estero a partire dal lontano 1990, paghi tutte le imposte evase, gli interessi di mora e una penale del 10% (www.hmrc.gov.uk/offshoreaccounts/offshore-ndo.htm).
Un piccolo esempio per capire. Supponiamo che un certo sciur Brambilla abbia incassato 18 euro nel 1993 per una fattura pagata in nero, estero su estero, e altri 35 euro nel 2000. Se li avesse investiti decentemente, oggi il sciur Brambilla avrebbe 100 euro depositati a Lugano. Se fosse cittadino italiano, li farebbe rientrare con lo scudo, pagherebbe 5 euro, non dovrebbe spiegazioni a nessuno e sarebbe finita lì. Se fosse inglese, dovrebbe dichiarare la mancata fatturazione e calcolare Iva e imposte sul reddito che avrebbe dovuto pagare: ipotizzando il 20% di Iva e il 27% di corporate tax, fanno 8,5 e 16,5 euro di imposte evase nel 1993 e 2000. Aggiungi gli interessi di mora (mediamente il 4%), e la penale del 10%, e il Brambilla inglese dovrebbe scucire ben 51 euro. Quindi, sciur Brambilla, non dia retta a Tremonti e si tenga ben stretto il passaporto italiano.
Come insegna lo scudo precedente, anche i 100 miliardi di questo scudo finiranno in gran parte nelle gestioni di un pugno di banche italiane. Per queste banche, quanto valgono 100 miliardi di risparmio gestito? Si può calcolarlo con una certa precisione: proprio in questi giorni, Fideuram è in vendita; si stima che valga 33,5 miliardi, ovvero circa il 5% dei patrimoni in gestione (incidentalmente una cifra simile ai capitali rientrati con lo scudo del 2001-03). Il valore è probabilmente maggiore perché bisogna tener conto che l'acquirente potrà ragionevolmente usufruire di un mega finanziamento da parte della banca venditrice; e perché le valutazioni in Borsa delle concorrenti Azimut e Mediolanum sono superiori (mediamente 10% dei loro patrimoni). Ma soprattutto, perchè chi compera Fideuram non acquista solo le commissioni generate dai portafogli; si accolla anche i costi (stipendi, costi generali). I 100 miliardi dello scudo, invece, di costi non ne hanno: sono ricavi puri. Quindi, è ragionevole ipotizzare che, per le banche, i capitali ottenuti con lo scudo valgano almeno il 10% del loro ammontare. Morale della favola: per incassare, forse, 5 miliardi, lo Stato è disposto a regalarne
(23 settembre 2009)
FISCO | Bruno Tinti
A.A.A. Svendesi Stato
Scudo fiscale: un certo numero di evasori, falsificatori di bilanci, riciclatori, spacciatori, trafficanti di armi e di donne sta preparandosi a ripulire il bottino. Ecco come (e perché).
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate ci sono i moduli per lo “scudo fiscale”; e un certo numero di evasori, falsificatori di bilanci, riciclatori, spacciatori, trafficanti di armi e di donne sta preparandosi a ripulire il bottino. Pagheranno il 5% (contro la consueta percentuale dei riciclatori di professione, dal 30 al 50%) e avranno danaro lecito, realizzando il sogno di ogni delinquente: impiegare il provento del delitto senza essere scoperto. I soldi di questa gente adesso potranno rientrare.
Magari non hanno mai lasciato l’Italia: ma basterà portarli all’estero e poi portarli indietro. Una pacchia . Certo, necessità non vuol legge: siamo senza soldi, c’è la crisi (ma c’è? Berlusconi dice sempre di no); le spese correnti ci mangiano vivi; le grandi opere cui sarà affidata la memoria imperitura del regime ingoieranno risorse stratosferiche; gli sprechi hanno raggiunto soglie da Paesi arabi o africani; come si fa? Svendiamo tutto, tiriamo una boccata d’ossigeno e… Ecco e poi?
Poi niente: questo è il terzo scudo fiscale dal 2001 e il decimo condono in 30 anni; una svendita continuata. Sulle ragioni della svendita e sui suoi pregi politici poche parole: per riempire la cassa o così o una finanziaria da urlo e un aumento della pressione fiscale micidiale. Dopodiché la popolarità di Berlusconi e soci (il 68 % dei consensi!) crollerebbe a picco e i nostri si troverebbero ad affrontare numerosi processi, non più protetti dal Lodo Alfano. Ma quali gli inconvenienti? Perché i condoni, gli scudi fiscali, le amnistie fanno male al Paese? Perché ogni cittadino che può (e dunque tutti meno i lavoratori dipendenti che, poveretti, vorrebbero tanto evadere ma proprio non possono) si fa i suoi calcoli.
La percentuale di accertamento tributario su scala nazionale va dall’8 al 10 per cento; ogni cittadino sa che, se presenta una dichiarazione tributaria falsa, la farà franca in circa il 90 per cento dei casi: nessuno lo controllerà. Il rischio di finire tra gli sfigati in realtà è più basso perché, ogni 5 anni, la dichiarazione falsa non può più essere controllata. A questo si aggiunge il condono periodico. In media, uno ogni tre anni. Sicché anche quelle annualità ancora a rischio di controllo (sempre il 10 per cento) le sfiliamo da sotto il naso del Fisco pagando un piccolo obolo (5 per cento contro un’aliquota media del 40 per cento). Ma chi, in questa situazione, è così imbecille da pagare le imposte dovute? Una categoria sola, il lavoratore dipendente. Ecco perché la politica dei condoni è la prima responsabile dell’altissimo tasso di evasione in Italia. Eh, però, soldi ci servono e la cassa è vuota. Vero. Allora bisogna avviare una politica tributaria di lungo respiro. Dunque introdurre il principio della totale deducibilità dei costi (lo si fa negli Usa). Vado al ristorante? Mi faccio rilasciare la fattura e la deduco; compro un vestito? Lo stesso; ristrutturo una casa? Idem. In questo modo il Fisco sarebbe in grado di incrociare ogni costo con il relativo ricavo. Non sfugge più niente. Ah, certo, ci va una buona organizzazione, prima di tutto informatica. Però sono tempi in cui le capacità di calcolo informatiche sono incommensurabili; e, quanto all’organizzazione, mi pare che i dipendenti del Fisco siano circa 360.000; Naturalmente chissà quanti proverebbero a dedursi costi fasulli.
Qui ci va il secondo strumento: una lotta all’evasione seria. Che, nonostante tutte le balle raccontate ogni anno dal Governo (da tutti i Governi) e dalle sue strutture specializzate in materia, attualmente è una barzelletta. Prima di tutto perché la ridotta percentuale dei controlli e i ricorrenti condoni sono un ostacolo insuperabile: se ogni tre anni debbo tirare una riga sulle evasioni fatte fino ad allora, che lotta all’evasione faccio? Ma poi perché l’accertamento tributario è talmente complicato che, prima di arrivare alla conclusione passano anni; ma tanti. Io faccio il presidente di una sezione di Commissione tributaria regionale (l’Appello): in genere esaminiamo anni dal 1998 al 2000; ma qualche volta vediamo roba del 1995. E, dopo di noi, c’è ancora il giudizio di Cassazione... Infine perché il processo penale per i delitti tributari è una vera farsa: per le solite ragioni per cui il processo penale italiano è costruito per non funzionare; e poi anche perché la legge penale tributaria è stata scritta sotto dettatura del partito degli evasori. Pensate che, per essere sottoposti a processo penale per dichiarazione infedele, occorre aver evaso un’imposta superiore a 103.000 euro, il che vuol dire che non sono stati dichiarati ricavi per circa 250.000 euro. Insomma chi fa un nero da un quarto di milione (all’anno) non sarà mai imputato. Qualche anno con una politica tributaria assennata e un assetto sanzionatorio severo ed efficiente e anche l’Italia potrebbe aspirare ad un posto tra i Paesi civili.
Giovedì 24 settembre 2009—Anno I
Redazione: via Orazio n 10—00 193 Roma tel.+39 06 32 818 1 —fax +39 06 32818 100
Presidente, non firmi!
Bruno Tinti
Signor Presidente,
il Senato ha approvato l’emendamento Fleres alla legge che ha istituito lo scudo fiscale. Se anche
Signor Presidente, con questo emendamento una legge già odiosa diventerà uno strumento di illegalità. I beneficiati dallo scudo non potranno essere perseguiti per reati tributari e di falso in bilancio, il mezzo con cui sono stati prodotti i capitali che lo Stato “liceizza”; e intermediarie di professionisti che ne cureranno il rientro non saranno tenuti a rispettare l'obbligo di segnalazione per l'antiriciclaggio; insomma omertà, complicità, favoreggiamento.
Le prime due previsioni, in realtà, non cagioneranno un grave danno al concreto esercizio della giustizia penale: da anni (dal 2000) una legge costruita all’esplicito scopo di impedire i processi penali in materia di reati fiscali assicura l’impunità alla quasi totalità degli evasori. Perché l’evasione fiscale costituisca reato bisogna evadere un’imposta superiore a 103.000 euro per ogni anno di imposta; e i casi di evasione superiori a tale soglia si aggirano intorno al 10 % del totale.
È ormai impossibile celebrare un processo per falsa fatturazione, e dunque anche per frode all’Iva comunitaria: quando si scopre una “cartiera” (una società che emette fatture false) e quindi si scoprono gli “utilizzatori finali” (secondo una recente definizione che ha avuto molto successo) di queste fatture, poi non si può fare un unico processo ma tanti quanti sono i luoghi in cui questi utilizzatori hanno il loro domicilio fiscale; il che è fonte di tali sprechi di tempo e di risorse da garantire nella quasi totalità dei casi la prescrizione. Infine, una delle forme più insidiose di evasione fiscale, quella commessa mediante la sistematica falsificazione della contabilità (il sistema seguito dalla quasi totalità degli evasori), è stata considerata un reato lieve, punito con una pena massima di 3 anni di reclusione; il che significa che nessuno va mai in prigione per via di sospensione condizionale della pena, indulto, affidamento in prova al servizio sociale.
Quanto al falso in bilancio, non è certo una novità che dopo la riforma della legislazione societaria voluta dal governo Berlusconi (che ha consentito allo stesso Berlusconi di essere assolto in molti processi in cui era imputato per questo reato), in Italia di processi del genere non se ne fanno più: il falso in bilancio è divenuto un reato fantasma, che c’è in astratto ma non si processa mai in concreto.
Ma la nuova legge contiene una norma che è una calamità: essa assicura l’impunità a trafficanti di droga, di armi, di donne, sequestratori di persona e altri delinquenti di grosso livello.
Signor Presidente, il danaro non ha colore, non odora diversamente a seconda del reato da cui deriva, non ha etichette che lo identifichino. Il provento dell’evasione fiscale e del falso in bilancio non si differenzia visivamente dal riscatto pagato dalla famiglia del sequestrato o dal ricavo del traffico di esseri umani. I trafficanti di droga colombiani portano il loro denaro a Miami e lo “ripuliscono”pagando circa il 50 per cento: questo è il prezzo del riciclaggio. Se passasse questa legge, avremmo un riciclaggio di Stato, per di più assolutamente concorrenziale con quello praticato dai professionisti del settore: lo scudo fiscale costa solo il 5 per cento.
È vero, la nuova legge prevede che la possibilità per banche e altri intermediari di non rispettare l'obbligo di segnalazione per l'antiriciclaggio sia limitata ai reati fiscali e al falso in bilancio. Ma, signor Presidente, chi glielo spiegherà alle banche (che certamente non hanno molto interesse a scoraggiare queste iniziative da cui ricavano dei bei soldi) che i capitali che rientrano provengono da un traffico di armi e non da evasione fiscale? Come distinguere il provento dell’evasione fiscale da quello di altri truci e violenti delitti?
Non si può, signor Presidente: questa legge garantirà ai peggiori delinquenti una prospera e sicura verginità.
Signor Presidente, questa legge è una bandiera dell’illegalità: dove non avrà concreti effetti sul piano penale, trasmetterà un messaggio di opportunismo: renderà evidente a tutti che adempiere ai propri obblighi tributari, a principi etici irrinunciabili nella gestione delle imprese, è un’ingenuità, peggio è antieconomico. È una legge criminogena perché favorirà la futura evasione fiscale, convincendo tutti che “pagare le tasse” è cosa inutile, perfino stupida, tanto, prima o poi ….
E dove invece e purtroppo avrà concrete conseguenze, si tratterà di un formidabile favoreggiamento nei confronti delle forme più gravi di delinquenza organizzata. Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Magistratura non potranno nemmeno trovare le prove di questi reati, forse conosciuti per altre vie, poiché il provento del reato sarà ormai sparito.
Signor Presidente non firmi questa legge; eviti che il nostro Paese sia sospinto ancora più in fondo nel precipizio di illegalità, peggio, di immoralità che ci sta separando dai Paesi civili.
Sabato 26 settembre 2009—Anno I
Redazione: via Orazio n 10—00 193 Roma tel.+39 06 32 818 1 —fax +39 06 32818 100
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