giovedì 12 ottobre 2006

Marcuse: l'ultima intervista


Ogni promessa è debito e così ecco l’intervista a Marcuse che avevo preannunciato. Non so se l’osservazione appartenga al rimpianto per il passato, ma mi pare che molti anni fa le pagine culturali (e non solo) de “la Repubblica” fossero più ricche nell’austero bianco e nero, con scarso uso delle foto, rispetto a quelle odierne dove paillettes e lustrini, colore, banalità e gadget fanno tanto contenente e poco contenuto. Non sempre, s’intende.


 


L'ultima intervista rilasciata dal filosofo in Germania qualche giorno prima della morte


"Non dite di no alla poesia”


di JEAN MARABINI


 


MONACO — «In un mondo che è caduto nel prosaico, bi­sogna prima di tutto reintrodurre la dimensione estetica», dice Marcuse sorridendo. Siamo a Monaco seduti al tavolo di una birreria, qualche giorno prima della morte del filosofo. Marcuse è molto stanco per il cambiamento di fuso orario tra Los Angeles e l'Europa. È venu­to qui per battersi, ancora una volta, per la scarcera­zione di Rudolph Bahro, il contestatore della Germania orientale attualmente in pri­gione. Qualche settimana fa Marcuse ha preso la parola - io gli ero vicino - a San Diego, in California, nel cor­so di una grande riunione di studenti per appoggiare gli immigranti messicani che vo­gliono ottenere il rispetto dei loro diritti ignorati dalle mi­lizie sudiste: le quali hanno rimpiazzato il razzismo anti-indiano, antisemita, antinero, con l’ultimo razzismo di attualità nel palese di Lincoln, il razzismo antichicanos.


Guardo Marcuse bere il suo whisky della sera, fumare (troppo) i suoi eterni sigari e mi chiedo se questo vecchio clarmeur dall’eleganza innata, diritto, perfettamente a  suo agio, questo erede di Marx e di Freud, considerato a torto in Francia come un incendiario della società dei con­sumi, pensionato o come un reduce del '68, mi chiedo dunque se l'ultimo dei grandi filosofi tedeschi del diciannovesimo e del ventesimo secolo potrà ancora apparire agli occhi dei giovani dell’anno 2000 come una specie di profeta ispirato, un Voltaire moderno, un Trotsky che prepara la sua rivoluzione permanente. Sempre pronto a volare in aiuto di qualsiasi Calas, ovunque si trovi, in Sudafrica come in Urss...


È ancora marxista?


«Più che mai» risponde «così come sono sempre al­lievo di Freud e di Hegel. Soltanto, bisogna capirsi. Non credo a un crollo prossimo venturo del capitalismo. Pen­so, con l'esperienza formidabile, multiforme e molteplice che viviamo in questo seco­lo, che il capitalismo comin­ci solo ora ad esplorare le sue nuove possibilità nell’America del Sud, in Asia e in altri posti. E' ancora molto solido, anche se... (ride ancora, in modo quasi infantile) la maturità a volte può essere prossima alla decrepitez­za ».


E come va affrontata questa decrepitezza?


«Ritengo che il fenomeno essenziale della nostra epoca sia il fatto che il proletariato marxista è stato sostituito dalla classe media, dai pic­coli borghesi. I quali comin­ciano a ribellarsi dappertut­to contro i grandi monopoli che ormai li schiacciano, pro­prio come il vecchio capitale schiacciava il proletariato ai tempi di Marx. Siamo andati in giro insieme per le strade californiane nel maggio e giu­gno di quest'anno, e abbia­mo assistito alla rivolta dei consumatori contro i trust della benzina. È un fenome­no americano che Marx a modo suo aveva previsto, lui che diceva che negli Stati Uniti tutto si evolve molto rapidamente. Che gli Usa sono il luogo delle grandi rivoluzioni. Quello che aggiungo io è che la rivoluzione moderna consiste in questo: nella ri­volta degli uomini – in cui sono stati indotti dei bisogni - contro il fatto che non li si può più soddisfare. Non sarà facilissimo! ».


E qual è il senso, in tutto ciò, del suo libro sulla dimen­sione estetica?


«È l'eredità che lascio ai giovani di tutto il mondo al­le soglie degli anni terribili che si annunciano. I giovani devono capire (e in America hanno già cominciato a farlo) che bisogna recuperare al più presto i valori estetici che sono stati distrutti, da destra e da sinistra, dal mar­xismo "sovietico" e dal "fascismo". Non è vero che si debbano respingere, a favore di una violenza astratta e feroce, l'amore del mondo e la visione poetica, lirica del mondo, etichettandoli come arte e cultura e spirito dei "reazionari". È un'aberra­zione. Se si è arrivati a questo punto, è perché da un se­colo si è dimenticata la dimensione estetica, la sola che possa assicurare la rivoluzione del ventesimo secolo. La sola che possa galvanizza­re un mondo avido di pensa­re, di amare, di ammirare, e che per taluni è deludente so­lo perché sono stati loro sot­tratti i mezzi per goderla».


la Repubblica 5-6 agosto 1979


5 commenti:

  1. Allora: interessantissimo, il Marcuse. La mia opinione:

    1) è vero che le pagine culturali stiano scivolando verso l'incultura....gradualmente. Specchio di questa società orientata al consumo; "l'orrendo universo del consumo" di Pasoliniana memoria.

    2) il rapporto fra capitale e lavoro non è eterno ma sicuramente duraturo.

    3) piuttosto che dire che il proletariato (che non è mai stato completamente egemonizzato dalle idee di Marx) sia stato sostituito dalla classe media (a fare che?), direi che la classe media si è proletarizzata. Ma non vedo - sul piano politico - un movimento parificabile, in qualche modo, a quello operaio, oggi.

    4)il concetto di consumatore è interclassista. Copre quindi delle differenze sostanziali nella società.

    5)la mancanza di valori estetici - quindi umanistici - sono la conseguenza dello sviluppo di questo tipo di società. Si, probabilmente andrebbero - insieme ad altre cose - perseguiti in un progetto chiaro e finalizzato, in controtendenza a questo tipo di sviluppo.

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  2. Eh Marcuse mi ricorda la cara ingenuità dei miei 19 anni, quando lo scelsi per un esame di estetica. Speravo in una società in cui avremmo lavorato tutti, ma meno, grazie alle macchine, con equa distribuzione delle risorse e del tempo libero. Il prof. non amava Marcuse, ma mi diede egualmente un 27.

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  3. selvaggiamascaottobre 16, 2006

    Sto leggendo con piacere le tue pagine, un vero respiro di cultura nel soffocamento dei media. Del resto siamo il paese dove pullulano i reality... Ben trovato!

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  4. Interessante. Sempre spunti notevoli di riflessione qui!

    Come va?



    Un saluto.

    Anna :)

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  5. sermau, un intervento che ti qualifica egregiamente. La sintesi è impeccabile e non potendo rispondere punto per punto, mi limito a notare l'accenno a Pasolini (la sua voce come manca!), condividendo in sostanza le tue osservazioni. Restando catastrofico lo sviluppo, la tendenza dello sviluppo attuale.

    Aggiungo che mi fa particolarmente piacere che questa intervista, casualmente ritrovata, abbia destato interesse. Ma d'altra parte, quando ci sono uomini che hanno qualcosa da dire,anche a distanza di anni non cessano di produrre effetto.

    flaviablog, bello il tuo ricordo, voto eccellente in ogni caso, peccato solo che il sogno dei 19 anni si sia spezzato non molto tempo dopo. Forse è un'utopia, ma non dobbiamo mai smettere di sperare che ci si possa andare molto vicino. Purtroppo non è per adesso.

    selvaggiamasca, benvenuta! Ti accolgo con piacere, anche perchè hai subito individuato la cifra stilistica che sto perseguendo. Spero di non dover registrare mai cadute di stile (intendo riferite a me) anche per un dovere elemenatre di rispetto nei confronti di chi legge.

    Ti ringrazio per l'apprezzamento e non mancherò di venirti a trovare.

    Ciao!

    Anna, gradevoli le tue apparizioni e confortanti. Cosi come le belle e buone parole che sempre ti accompagnano.

    Come va? Argomento triste, il blog distrae quanto basta. Ma sarò più esplicito quando mi riuscirà di scriverti. Per il resto qui si fa quel che si può. D'altronde gli spunti non mancano e sono abbastanza in vena nel periodo attuale. Che sia l'autunno, la stagione che prediligo, a favorire tutto ciò?

    Un caro abbraccio

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