sabato 17 giugno 2006

La scelta


 


Il 25 e 26 giugno si svolgerà il referendum confermativo delle modifiche apportate alla Costituzione. Stupisce, ma in fondo neppure tanto considerato lo stato supino e comatoso in cui versa buona parte dell’informazione, che se ne parli – quando accade – sottovoce, per non disturbare. Di conseguenza, una consultazione importantissima non viene percepita come tale dalla popolazione e l’ignoranza regna beatamente sovrana. L’effetto-Mondiale di calcio (di cui sono un appassionato) contribuisce da par suo ad anestetizzare le coscienze, anche perché l’attenzione viene sapientemente deviata.


Taccio sul ruolo dei partiti, eternamente impegnati in un’irreale competizione, sicché la propaganda e gli slogan ad effetto colpiscono la pancia dell’elettorato, ma si rivelano scarsamente utili a comprendere quale sia la posta in gioco, che è poi la nostra libertà.


Per questo motivo, senza presunzioni ex cathedra, inizio a postare una serie di schede (in cinque parti) dedicate alla riforma costituzionale. Se mi posso permettere, consiglio di stampare, conservare e diffondere. La nota bibliografica, sotto riportata, s’intende riferita all’intera trattazione.


Chi scrive andrà ovviamente a votare e convintamente sarà un NO.


P.S. Laddove è scritto opposizione è da intendersi quella di centrosinistra, visto che l'analisi è antecedente al 9 aprile 2006.




  



LA RIFORMA DELLA II PARTE DELLA COSTITUZIONE*




Nota: L’analisi è svolta sulla base del testo licenziato dalle Camere e sottoposto a referendum oppositivo ex art. 138 Cost. e considera sia le posizioni delle due coalizioni di centro-destra e di centro-sinistra che della dottrina. Il testo è stato approvato in prima lettura dal Senato il 25 marzo 2004, dalla Camera, con modificazioni, il 15 ottobre 2004, e nuovamente dal Senato il 23 marzo 2005; in seconda lettura dalla Camera il 20 ottobre 2005 e dal Senato il 16 novembre 2005 (a.S. 2544-D). In corsivo sono riportati alcuni commenti alle misure di maggior rilievo..


*Pier Luigi Petrillo è dottore di ricerca in Diritto pubblico comparato presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Siena. Collaboratore di ricerca del Centro studi sul Parlamento della Luiss Guido Carli, docente di Diritto dei gruppi di pressione presso il Master in Lobbying and Public Affairs della Lumsa di Roma, vincitore per meriti di borse di studio della British Academy, dell’Accademia dei Lincei, della Royal Academy, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, della Regione Toscana, si è specializzato in diritto parlamentare presso le Università di Roma "La Sapienza" (Master, con eccellenza, in Istituzioni politiche comparate), Firenze (Seminario Tosi), Siena (Dottorato di ricerca), ed è stato visiting scholar presso l'Università di Edimburgo (Scozia), l'Università di Taskent (Uzbekistan), la Columbia University (New York). È autore di diverse pubblicazioni tra cui, da ultimo, con T. Groppi, il volume "Cittadini, governo, autonomie. Quali riforme per la Costituzione?", Giuffrè 2005





La forma di governo



IL CONTENUTO. La riforma introduce il cd. “premierato”, un sistema di governo basato sull’elezione diretta del Primo Ministro, sostenuto da una solida maggioranza a lui collegata, e sul potere del Primo Ministro di nominare e revocare i singoli Ministri (senza l’intermediazione del Presidente della Repubblica) e di proporre lo scioglimento della Camera dei deputati. Per l’attuazione del programma di governo (ed in virtù della legittimazione diretta ottenuta con l’investitura popolare), si riconoscono al Primo Ministro poteri “speciali” nei lavori parlamentari: così la richiesta di voto bloccato che impone al Parlamento di votare un disegno di legge nel testo formulato dal governo, senza possibilità di emendarlo.


LE POSIZIONI. Per il governo ed una parte della dottrina (Barbera, Fusaro, Ceccanti, Pitruzzella, Frosini, Merlini) il “premierato” rappresenta la formalizzazione di quanto già è accaduto e accade nel sistema politico italiano, dopo la riforma della legge elettorale in senso prevalentemente maggioritario. Per l’opposizione (Bassanini, Elia, Manzella) ed altra parte della dottrina (Sartori, Carlassare, Volpi, Pace, Ferrara) se tale riforma venisse approvata vi sarebbe “un uomo solo al comando” poiché tutti i poteri sono riconosciuti al solo Primo Ministro, nella totale assenza di garanzie, contrappesi, e bilanciamenti istituzionali (in tal senso si parla di “premierato assoluto”). Punto di maggiore scontro è il potere di scioglimento della Camera. Nell’ultima versione del provvedimento, dopo le modifiche introdotte dalla Camera, alla richiesta di scioglimento da parte del Primo Ministro, la sua stessa maggioranza può opporsi approvando una mozione ad hoc ovvero la sfiducia costruttiva.



ASPETTI PRINCIPALI


 Elezione del Primo Ministro e “fiducia” La candidatura alla carica di Primo ministro avviene mediante collegamento con i candidati ovvero con una o più liste di candidati all'elezione della Camera dei deputati, secondo modalità stabilite dalla legge. La legge disciplina l'elezione dei deputati in modo da favorire la formazione di una maggioranza, collegata al candidato alla carica di Primo ministro. Sulla base dei risultati elettorali, il PdR procede alla nomina del Primo Ministro. Spetta a quest’ultimo nominare e revocare i ministri, determinare la politica generale del governo, garantendo l’indirizzo politico e dirigendo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri. Entro 10 giorni dalla nomina il (solo) Primo Ministro illustra il programma di legislatura e la composizione del Governo alle Camere entro dieci giorni dalla nomina. La Camera dei deputati si esprime con un voto sul programma. Ci si chiede: che succede se la Camera non approva il programma? Si intende come una votazione di sfiducia? Oppure il Governo può comunque ritenersi legittimamente costituito? Può porre la questione di fiducia sul programma? Perché, inoltre, il voto è solo sul programma sebbene il PM presenti anche la composizione del governo?


Scioglimento della Camera Il Presidente della Repubblica decreta lo scioglimento della Camera dei deputati (art. 88 Cost.) in quattro casi: 1) su richiesta del Primo ministro che ne assume la esclusiva responsabilità; 2) in caso di morte del Primo Ministro o di impedimento permanente accertato secondo modalità fissate dalla legge; 3) in caso di dimissioni del Primo Ministro; In questi tre casi il Presidente della Repubblica non decreta lo scioglimento qualora alla Camera, entro venti giorni, venga presentata e approvata una mozione, sottoscritta (e successivamente votata) dai deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera, nella quale si dichiari di voler continuare nell’attuazione del programma e si indichi il nome di un nuovo Primo ministro. 4) in caso di approvazione della mozione di sfiducia. In questo quarto caso, non si dà luogo a scioglimento qualora la maggioranza espressa dalle elezioni, in numero non inferiore alla maggioranza dei componenti della Camera (ex art. 28 che sostituisce l’art. 94 4°c. Cost.), presenta una mozione di sfiducia costruttiva che obbliga alle dimissioni il Primo ministro in carica. Se la mozione di sfiducia è respinta con i voti determinanti dell’opposizione il PM è obbligato alle dimissioni e non si fa luogo a scioglimento solo se la stessa maggioranza parlamentare presenti una nuova mozione per continuare nell’attuazione del programma indicando il nome di un nuovo Primo ministro. Per alcuni tali norme, riconoscendo al Primo ministro il potere di chiedere lo scioglimento della Camera, introducono una forma di “premierato assoluto” (così Elia e Carlassarre1). Per altri il Premier non ha alcun potere di minaccia nei confronti della Camera: se infatti ne richiede lo scioglimento, contro la volontà della sua maggioranza, può essere sostituito dalla stessa (così Barbera2 secondo il quale tale disciplina assegna ai partiti più piccoli –“la minoranza della maggioranza”- un enorme potere di ricatto con l’effetto di avere un premier debole ed ingessato). In effetti, rispetto al testo presentato dal governo nell’ottobre 2003, lo scioglimento è stato notevolmente modificato, introducendo, su indicazione del centro sinistra, formule assimilabili alla “sfiducia costruttiva” prevista in Germania. Leggendo tale disposizione in combinato con altre norme, si vede come potrebbe crearsi un blocco contrapposto al premier costituito dal PdR e dal Senato (sul punto si rinvia al paragrafo sul procedimento legislativo).


Il Governo in Parlamento Definita una doppia corsia preferenziale rafforzata da voto bloccato per i ddl governativi. In primo luogo il PM può porre la questione di fiducia su tutti i ddl (con il solo limite dei ddl cost. e di revisione cost.) e chiedere che la Camera si esprima “con priorità su ogni altra proposta, con voto conforme alle proposte del governo”. In caso di voto contrario, il PM si dimette (art. 94 c.2). In secondo luogo il Governo può chiedere che siano iscritti all’odg di entrambe le Camere e votati entro tempi certi i ddl presentati o fatti propri dal Governo stesso. Decorso il termine fissato per la messa in votazione di tali ddl, il Governo può chiedere che la (sola) Camera dei deputati deliberi articolo per articolo e con votazione finale sul testo proposto o fatto proprio dal governo (art. 72 c.4).  1 Audizione della Commissione Affari costituzionali del Senato del 18 novembre e del 9 dicembre 2004. 2 Audizione in Commissione Affari costituzionali del Senato del 2 dicembre 2004.


La previsione del voto bloccato rende del tutto inutile la discussione parlamentare non potendo l’Assemblea modificare il testo ma solo accettare o rifiutare quanto “proposto” dall’esecutivo. Ciò appare grave soprattutto perché non è definito un limite nel numero dei ddl governativi così esaminati con l’effetto che il governo può chiedere la trattazione urgente per tutti i ddl, anche quelli non inclusi nel programma di governo. Il modello a cui la norma si ispira è il “discorso della Corona” britannico con una importante differenza: il governo può chiedere la corsia preferenziale per i soli ddl tassativamente elencati nel “discorso” e solo per quelli, non potendone aggiungere altri nel corso della sessione dei lavori. Viene inoltre da chiedersi: in un ordinamento maggioritario il Governo ha effettivamente bisogno di tali disposizioni costituzionali di “tutela” sull’ordine dei lavori del Parlamento? Non basta la presenza della maggioranza di cui è espressione? I pareri delle commissioni parlamentari di merito sugli schemi dei decreti legislativi divengono sempre obbligatori (oggi sono facoltativi) ma comunque non vincolanti.


                


2 commenti:

  1. Hai fatto un buon lavoro spiegando dettagliatamente i termini e le finalità della riforma che andremo a bocciare (almeno spero). L'informazione televisiva è stata quanto mai carente in tal senso... carente è dire poco, in alcuni casi è stata addirittura fuorviante. Inoltre ci sono stati troppi diversivi (calciopoli... mondiali... Savoia...)per dare il giusto risalto a questo appuntamento che ritengo il più importante tra tutti quelli che ci hanno visto andare a votare negli ultimi mesi. Domani, unitamente a molti altri bloggers del cannocchiale, pubblicherò un "post collettivo" ... una lettera alla Costituzione. Speriamo di renderci visibili, in un modo o nell'altro.

    Un caro saluto e buonanotte:-)

    Fioredicampo

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  2. Fioredicampo, in questi giorni sono un po' preso, altrimenti non risponderei in ritardo e in un orario oltre ogni limite. Per questo motivo passerò domani a leggerti meglio.

    Grazie per l'apprezzamento. Ho cercato di suddividere in quattro schede l'argomento che, in pdf, era certo più "gradevole" graficamente. Ma ognuno cerca di portare il proprio contributo alla causa. E questa credo proprio che sia una giusta causa. Una delle più importanti.

    Un caro saluto anche a te e, vista l'ora, decisamente buonanotte! :-)))

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