sabato 10 giugno 2006

Ieri e oggi


Avevo 13 anni quando, il 17 giugno, scesero in campo Italia e Germania. Messico 70, mondiali di calcio.


Quattro anni prima ero troppo piccolo per capire cosa significò venire eliminati dalla Corea del Nord nella Coppa Rimet disputata in Inghilterra. Sì ne conservavo il ricordo, ma non afferrai le precise conseguenze, le polemiche dei giorni successivi. Per questo motivo non volevo farmi sfuggire il campionato del mondo messicano: questa volta sarei stato un testimone più consapevole. Ma, ahimé, la differenza di fuso orario penalizzava noi bambini. Le prime partite, deludenti e anche noiose, erano state superate stoicamente (nel senso che non mi addormentai). Allo stesso modo il quarto di finale (4-1) contro i padroni di casa. E così era arrivata la semifinale, gara importantissima, che si sarebbe disputata alle 16:00, ora locale, mezzanotte in Italia. Ma per quella partita ottenni una deroga. Ancora ignoravo la portata dell'evento di cui sarei stato partecipe e quanto sarebbe stato importante poter esclamare un giorno: “Io c’ero”.


Raduno di amici di famiglia, in casa, nella notte, con figli al seguito che erano anche miei compagni di scuola. Tutti riuniti per seguire quella che si apprestava a diventare la “madre di tutte le partite”, la “semifinale perfetta” come l’ha definita “Sfide”, la meritoria trasmissione di Rai Tre che non durerà ancora a lungo, dopo lo sciagurato accordo di vendita delle Teche Rai alle società di calcio.


Anche in quella circostanza, come però sempre accade quando si è testimoni della storia, fu impossibile capire cosa accadde realmente. Ai posteri come si usa dire, venne affidata l’ardua sentenza.


Un film e un libro omonimi, rievocazioni continue, una pietra miliare: Italia-Germania 4-3 è, per antonomasia, La Partita e continua, 36 anni dopo, a regalare emozioni, quelle che ormai sono state sostituite dall’arido business del calcio marcio, divenuto tale perché al posto del dribbling è subentrato il merchandising e i risultati indegni sono sotto gli occhi di tutti.


Un esempio illuminante è un ritaglio di giornale, della “rosea” (la Gazzetta dello Sport) che ho appositamente conservato. Si tratta della presentazione, in quasi metà pagina pubblicitaria, di una normale gara del campionato di serie A. Milan-Cagliari, 18 febbraio 2006, ore 20:30. A supporto ci sono tutti gli sponsor istituzionali con i loro loghi: EA Sports, Banca Intesa, Ricoh, Makita, Gatorade, Match Point Sisal, Amstrad, Europeo, il mobile di qualità, Tim, Mediaset.it, Eminflex, Bavaria, Casinò Lugano, Adecco, Msc Crociere, Errebian soluzioni per l’ufficio, Bilba Cadey, GLS Corriere Executive. Nella striscia sotto compaiono, invece, i fornitori ufficiali: AtaHotels, Spi finestre e persiane, Medusa, Editori PerlaFinanza, Algida, Grana Padano, Maniva oligominerale, RVA, La Gazzetta dello Sport, Rate Italia S.p.A. prodotti informatici, Lino Sonego international seating, Gruppo Gemeaz Cusin, Galileo, Vita Sangemini, Radio 105. E, per finire: Adidas (sponsor tecnico), SKY (Tv sponsor), Pagine Gialle (Gold Sponsor), Opel (sponsor ufficiale).


Davvero si pensa che sia ancora un gioco? E con questo stuolo di sponsor che tutto foraggiano, non è forse meglio evitare di correre rischi quando si è in campo? Quali sentimenti si cercano se non quelli che hanno il profumo dei soldi?


Ma le emozioni vere oltrepassano la dimensione spazio-tempo, possiedono un valore intrinseco che non ha prezzo. Per questo motivo, seguendo l’avvincente racconto di “Sfide”, mi sono ancora venuti i brividi per l’appassionante alternanza di reti, fino a quella liberatoria finale di Gianni Rivera.


Pure un cronista, come Gianni Brera (che poi era un formidabile raccontatore e ideatore di un vero e proprio linguaggio, argomento perfino di una tesi di laurea) aduso ad ogni stato d’animo, così attaccò il suo pezzo.


«"Il vero calcio rientra nell'epica... la corsa, i salti, i tiri, i voli della palla secondo geometria o labile o costante..."


Non fossi sfinito per l'emozione, le troppe note prese e poi svolte in frenesia, le seriazioni statistiche e le molte cartelle dettate quasi in trance, giuro candidamente che attaccherei questo pezzo secondo ritmi e le iperboli di un autentico epinicio. Oppure mi affiderei subito al ditirambo, che è più mosso di schemi, più astruso, più matto, dunque più idoneo a esprimere sentimenti, gesti atletici, fatti e misfatti della partita di semifinale giocata all'Azteca dalle nazionali d'Italia e di Germania». (Il Giorno, 18 giugno 1970).


Stadio Atzeca, Città del Messico. Un altro luogo della nostra memoria.  

7 commenti:

  1. Avevo 15 anni quella notte ed ero solo ad esultare, perché erano già iniziate le vacanze e stavo al mio paese. Tra l'altro dovevo esultare anche sottovoce perché mia zia dormiva e non potevo urlare. Ognuno a suo modo, quelli che c'erano, non possono dimenticare. Oggi c'è quello che ho detto in questo post http://antoniopersia.splinder.com/post/8310703/%E2%80%A6non+%C3%A8+neanche+un+calcio+ad+un+pallone%E2%80%A6. Che squallore...

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  2. franceschitogiugno 11, 2006

    Caro Frank, bentornato. All'epoca avevo 9 anni, ma i miei ricordi sono vivissimi (forse perché rinfrescati, di tanto in tanto, da repliche e rievocazioni). Dopo aver dormito per tutti i primi 90 minuti, venni svegliato da mio padre con un eccitato scossone e due epiche parole, un binomio allora a me ignoto: "tempi supplementari". Anche il loro suono emoziona, non trovi? Soprattutto se si indugia sulle "p", trascinandole...

    Emozioni indimenticabili, quelle, forse anche a causa del mito costruito successivamente attorno a quella partita e a quel punteggio.

    Emozioni rivissute poi ogni quattro anni, con intensità mai uguale, ma sempre insieme a mio padre. Almeno fino alla bruttissima finale americana con il Brasile, persa ai rigori. A partire dai mondiali francesi del 1998, infatti, le emozioni calcistiche per me hanno perso intensità e brillantezza: mio padre non c'era più.

    Un caro saluto.

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  3. pazyryk, è vero. chi c'era non può dimenticare. Ho letto il tuo infervorato post che mi trova d'accordo. Non a caso ho scelto il titolo "Ieri e oggi" per il fatale e inevitabile contrasto che scaturisce dalle emozioni della memoria con il disgusto per il presente.

    franceschito, intanto ciao e grazie. Stavo leggendo con interesse il tuo racconto, convenendo sulla strana e singolare emozione che suscita quel binomio (è proprio vero!) quando mi sono dovuto arrestare davanti al dolore che hai evocato e che, credo proprio in queste circostanze, punga di più.

    Un caro saluto a te

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  4. Ciao, all'epoca di Italia/Germania - 4 a 3 - io ero sono una ragazzina e neanche tanto infervorata per il calcio, ma QUELLA partita (ho scritto maiuscolo di proposito) è rimasta nei miei ricordi come la più bella in assoluto!

    Come dire... quando il calcio era ancora un sport che suscitava intense emozioni e non come oggi che devi sempre chiederti quali porcherie ci sono sotto.

    O forse ero solo io ad essere ingenua e a crederci profondamente.

    Un saluto.

    Fioredicampo

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  5. Fioredicampo, benvenuta. Con un nick così primaverile, poi, è anche di buon auspicio.

    Non si trattava di ingenuità, perché quelli sprigionati erano sentimenti ed emozioni vere, per nulla plastificate, come oggi. Per tale motivo Italia-Germania 4-3 rimane LA PARTITA.

    Aggiungo un’annotazione che rende appieno il pessimo gusto che, come una piovra, ha avvinto anche il calcio, attentando però proprio a quei ricordi. Ho letto che Sky (a cui oppongo fiera resistenza e non mi abbono, semmai vado dal vicino a scroccare le partite) ha proposto, in attesa dell’inizio del Mondiale (partito positivamente per l’Italia) le telecronache delle gare più significative del passato, macchiandole però con il commento attuale. Non disponendo di un archivio (poveracci) hanno supplito in questo modo. Di certo chi ha voluto rivederle si è ritrovato con tanti miti infranti, perché non si può decontestualizzare una partita. La modernità ha colpito ancora.

    Per fortuna quando voglio immergermi nelle suggestioni dell’epoca intervengono vhs e dvd in aiuto, con le telecronache e le voci originali. E il mito continua, felice ancora una volta di essere stato spettatore a suo tempo.

    Torna quando vuoi: qui è sempre aperto.

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  6. E infatti eccomi qui a lasciarti un saluto e ringraziarti per la risposta e la visita al mio blog. :-)

    PS ti ho messo tra i links.

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  7. Fioredicampo, grazie. Farò anch'io altrettanto. Ricambio il gentile saluto. Ciao

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