sabato 21 gennaio 2006

Vita da donne


Que viva Chile  che esulta per Michelle Bachelet, la prima presidente donna eletta a questa carica dal voto popolare in Cile e in Sudamerica. Un data storica per il paese, simbolo negli oscuri anni 70, della feroce dittatura dei generali fascisti in quella parte del mondo e che, in Italia, ebbe le sembianze degli Inti Illimani e del loro “Pueblo unido”. ''Come cilena mi sentirei profondamente a disagio nel dover scegliere funerali di Stato per il generale Pinochet''. E già questa prima dichiarazione dice molto della 54enne Michelle Bachelet,socialista, madre di due figli, single con due divorzi alle spalle che guiderà un paese dove restano ancora brucianti segni del regime. Figlia di un generale, amico di Salvador Allende, che morì sotto tortura, lei stessa venne sequestrata e torturata, assieme alla madre, nella tristemente famosa Villa Grimaldi, a Santiago. Dopo una fortunata liberazione andò in esilio e tornò in Cile nel 1979, laureandosi in chirurgia, senza poter esercitare per motivi politici. Perciò si specializzò in pediatria e salute pubblica. Michelle Bachelet si propone ora, salita al massimo livello, di combattere le differenze sociali ed economiche, ma anche ''la disuguaglianza tra uomo e donna, che, come le altre, va combattuta con forza''. Un collega, che ha vissuto nel paese sudamericano per alcuni anni e ha sposato una donna di Santiago, sostiene che la neopresidentessa avrà un compito arduo in una società prettamente maschilista e patriarcale. Vita da presidente.


 



Mi scrive Silvia Ferreri, che avevo citato nel post del 3 gennaio, intitolato “La culla sulla scrivania: uno punto due”. Lascio senz’altro a lei la parola.


13:03, 15 gennaio, 2006


carissime, ho letto l'articolo su uno virgola due, di cui sono regista e autrice. vi scrivo per incitarvi a continuare il dibattito e le denunce. il lavoro di ricerca su maternità e lavoro non è finito con il documentario. noi continuiamo a raccogliere materiale. se avete storie e volete scrivermele fatelo. è attraverso le testimonianze che si arriva a un numero e forse a un cambiamento. l'indirizzo a cui mi trovate è silviaferreri@unovirgoladue.com


grazie a tutte. silvia ferreri.


Vita da regista






"Liberate le detenute irachene entro settantadue ore, oppure sarò giustiziata". Questo il tragico appello che la giornalista americana Jill Carrol, rapita a Bagdad lo scorso 7 gennaio, ha lanciato da un video diffuso dall'emittente satellitare araba Al Jazeera. La giornalista, 28 anni, lavora come freelance per il Christian Science Monitor e ha collaborato con altri mezzi di informazione internazionali, tra cui l'Ansa. Carrol era stata vittima di un agguato, in cui era stato ucciso il suo interprete, alcuni giorni fa, mentre si recava a un appuntamento con un leader arabo sunnita. Nel video, la donna si rivolge alle telecamere dicendo che i suoi rapitori chiedono agli Stati Uniti la liberazione di alcune donne irachene detenute entro le prossime settantadue ore. Altrimenti, l'ostaggio sarà ucciso. L'ultima corrispondenza di Jim Carrol era stata pubblicata dal Christian Science Monitor il giorno prima del rapimento. L’ultimatum sta ormai per scadere e questa giovane donna è prossima alla morte. Vita (spero lunga) da giornalista.



 






“Orrore a Napoli, dove un 15enne ha stuprato una donna di 30 anni e poi l'ha derubata della borsetta e minacciata con una pistola. Dopo lo stupro è fuggito a bordo di uno scooter, ma è stato identificato e fermato dalla polizia grazie all'identikit fornito dalla vittima, che ha potuto vederlo in faccia quando, durante la violenza, si è tolto il casco. Il ragazzino è ora in un centro di prima accoglienza”.


Non ha volto e non ha nome, invece, questa giovane donna. Violenza si aggiunge a violenza in una città che rischia di essere maledetta e sprofondare, nell’indifferenza degli italiani, come denuncia Giorgio Bocca in un libro molto duro. Ricevo, al proposito, un messaggio da un’amica che abita in quella città. “Oggi pomeriggio – mi scrive – ho letto mezzo libro di Giorgio Bocca: “Napoli siamo noi”e poi... mia figlia mi ha detto: “mamma, andiamo in giro senza avere nessuna paura, dai!” E sono uscite.


Annotava, dolorosamente, Sandro Ruotolo, nel bel blog omonimo(www.sandroruotolo.splinder.com). “Napoli, la mia città, è ferita, in modo grave. E' la città più violenta d'Italia. Si muore di camorra, si uccide per la camorra e si è violentati quotidianamente come nelle altre città del nostro Paese. Per una rapina, per uno scippo. Ma quello che è appena successo è ancora più grave. E' la notte tra sabato e domenica, nel centro della città, lungo la strada che taglia a metà Napoli, il corso Vittorio Emanuele. A mezz'altezza tra i quartieri alti e la parte mare. E' quasi l'alba quando un branco di ragazzini, il capo ha appena 14 anni, rapina e violenta una donna. Una ragazza di trent'anni. Anche nel nord del Paese la cronaca, in questi anni, ha raccontato di stupri e violenze, con carnefici minorenni. Ma questo quattordicenne napoletano è figlio di un contrabbandiere legato alla camorra dei Quartieri Spagnoli e quando i poliziotti sono andati a prenderlo a casa sua alle sette del mattino e lui non c'era, la madre ha risposto ai poliziotti che lui non torna mai a casa per dormire. C'è, a Napoli, una emergenza giovanile. Nella guerra che ha insaguinato un anno fa le strade di Scampìa, erano loro a uccidere e ad essere uccisi”. Vite distrutte.


 


3 commenti:

  1. ho postato anch'io sul cile, riportando un'analisi un po' fuori dal coro.

    Per gli altri pezzi provo tanto sgomento. Mi si strige il cuore

    Un saluto

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  2. mafaldabluegennaio 22, 2006

    il post di ruotolo è bellissimo. Tra l'altro mi hai fato scoprire il suo blog. Grazie .

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  3. SPARTAUS, benvenuto. Ho letto l'interessante pezzo, molto al di fuori dal coro. A me peraltro interessava porre l'attenzione sul ruolo femminile sotto aspetti diversi. E' fuori di dubbio che la situazione cilena a tutto si presti fuorché essere esaltata oltre misura: gli anni di regime si scontano tutti e a lungo termine. Non solo, ma come anche da testimonianza raccolta vi è anche uno spesso strato di arretratezza nei rapporti sociali. Il padre comandava ancora a bacchetta mi raccontava il collega - la figlia ormai sposata, come se il tempo si fosse fermato. Ma la speranza dovrà pur mettere le radici nel terreno.

    Mi ha invece colpito l'imprecisione sottolineata de "la Repubblica", non credo davvero dovuta ad impreparazione giornalistica.

    Saluto ricambiato



    MAF, come sempre è un piacere averti qui e ancora maggiore se ti ho permesso di scoprire un blog importante che, pensa un po', davo per scontato che conoscessi.

    Un caro saluto

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