domenica 16 novembre 2008

Il volo della libertà




Ritrovo questo pezzo di Concita De Gregorio, in risposta ad una lettera pubblicata in prima pagina su “l’Unità” del 28 settembre scorso. “La realtà è un chilometro oltre l’orizzonte delle parole a vuoto”, scrive la direttrice del quotidiano romano e mi pare un’affermazione che scolpisce bene e in modo incisivo la realtà odierna, dopo la decisione della Cassazione sulla sorte di Eluana Englaro. Finalmente libera!



Dolce morte grande ipocrisia


Concita De Gregorio


Sono un cattolico che crede che sul tema della fine della vita si ascoltino molto i monsignori e poco i cittadini. Mi hanno colpito le parole di Mina Welby: «Bisogna arrivare a una legge sul testamento biologico che raccolga le dichiarazioni di fine vita non solo per rifiutare alcune cure, ma anche per chiederle». Penso che la libertà di chiedere cure faccia il paio con la scelta drammatica di lasciarsi morire. E ci si lascia morire in tanti modi: smettendo di lavarsi, di cibarsi, di interessarsi a ciò che ci circonda. Una legge può aiutare solo se ci sa mettere al riparo dalle ideologie, dalle demagogie. Una legge che non tuteli gli interessi di chi la fa ma quelli dei malati. Delle persone che vivono coi malati. Di noi.


Al riparo dalla demagogia. Che meraviglia sarebbe, no?, se per una volta, per questa volta almeno la discussione si concentrasse sull’oggetto – chi sta morendo, chi vive senza vivere - e non sul soggetto, sulla tronfia presunzione di chi pontifica, sul narcisismo di chi vuole un palcoscenico nuovo per dire gonfiando il petto qualcosa di clamoroso e di insolito, i riflettori ancora su di sé e qualche voto, qualche copia di giornale in più. Il dibattito sul testamento biologico è il festival nazionale delle parole a vuoto. Ipocrita fin dalla scelta dei termini: eutanasia non si può dire, non sta bene. Ipocrita alla radice, la più grande delle ipocrisie. L’eutanasia, in Italia, esiste già. Lo sanno bene tutti: i medici e i pazienti, le famiglie a cui è toccato e tocca il dolore di star vicino a chi se ne sta andando o se ne è andato già ma non può morire davvero. Esiste e funziona così: quando un malato terminale non reagisce più, quando la sua vita è solo un calvario di cateteri e di sonde c’è sempre qualcuno, tra i meravigliosi medici che lavorano al confine con la morte, che avvicina le mogli, i figli, i genitori e spiega loro, chiede, prova a capire. Nessuno domanda: volete voi che. No, non è così. Sono pochi, pochissimi quelli che riuscirebbero a rispondere. È enorme il peso della decisione, insopportabile. Allora succede questo. C’è un momento di non ritorno, i medici lo conoscono. Inutile declinarlo qui: quando il drenaggio delle urine rallenta, cose indicibili così. Quando i familiari smettono di parlare tra loro. Ecco, quello è il momento in cui arrivano, una mattina, gli infermieri (persone che hanno scelto di lavorare in hospice, angeli a volte rudi, ma angeli) e dicono con la voce squillante al malato in coma «buongiorno, come va stamattina?». Lo chiamano per nome. Gli raccontano cosa succede fuori e intanto lo spogliano nudo, lo lavano, aprono la finestra e meglio ancora se è gennaio, fanno cambiare aria, raccontano una storia, insaponano, fa freddo, l’acqua sul corpo corre, che buon profumo il sapone, no?, che bello sentirsi puliti. Loro lo sanno bene. Sanno cosa stanno facendo. Cantano, a volte. Non ci si sveglia più da quell’ultimo bagno. Era l’ultima aria quella entrata dalla finestra aperta. Poi la sera, poi la notte, poi basta. Basta andare negli hospice, basta vivere la vita per sapere che è così. Chi maneggia il dolore lo sa. Il Paese è più avanti – sempre - di chi dibatte sulle sue sorti. La realtà è un chilometro oltre l’orizzonte delle parole a vuoto. La vita vera è questa, la morte – succede - un sollievo. Chi la frequenta lo sa. E ora torniamo pure al dibattito: prego monsignore, dica pure onorevole.


l’Unità (28 settembre 2008)

3 commenti:

  1. Grande Concita, come sempre...

    RispondiElimina
  2. Beatasolitudinenovembre 17, 2008

    Ancora oggi il cardinal Ruini ha rilasciato l'ennesima dichiarazione "in difesa della vita".

    Questa gente non è mai sazia di sofferenza. Non le bastano ancora i diciassette lunghissimi, interminabili anni che un uomo ha passato a vegliare l'involucro di quello che era un essere umano: sua figlia. Da cui la vita è fuggita via da molto, molto tempo.

    Per contro, mai una parola incisiva contro la pena di morte, le barbarie, le stragi quotidiane per guerra o per fame. Mai.

    RispondiElimina
  3. kittymol77, vero. Ma come scalfire, con simili considerazioni, la banalità, la superficialità, la semplificazione e la stupidità che sono ormai buona parte del comune sentire?

    Beatasolitudine, sottoscrivo - sebbene in ritardo - ogni parola del tuo gradito commento. Soprattutto l'ultimo capoverso che conferma la somma ipocrisia dei vertici del potere cattolico.

    RispondiElimina