Accade nel cuore della notte. All’improvviso. Apro gli occhi: le 2:53. Acqua da emettere e immettere. Mi reco verso i luoghi obbligati. Cammino in silenzio, brancolando un po’ nel buio prima di farci l’abitudine. Il percorso inverso per tornare a letto, sempre piano piano. Adesso so che viene il difficile: ritrovare la posizione giusta per riprendere il sonno interrotto. La sensazione è simile a quella che accompagna il primo sorso di birra: ti senti bene, rilassato, in armonia con il mondo sebbene l’impressione sia fugace.
Chiudo gli occhi, accompagnato dal frinire ininterrotto della cicala. Quanto amo, invece, la formica silente ed operosa. Utile ed avveduta. Ma è estate e la cicala si gode i suoi momenti di gloria effimera. Il motore di un’auto che si avvia: ma dove va a quest’ora? Lavoro? Anche per il divertimento è ormai troppo tardi. Il pigro rumore di avviamento par quasi propendere per la prima ipotesi. Una serranda che si alza. Questo è M. che rientra a casa e ha il garage di fronte. L’automobile sembra muoversi con il silenziatore. Qualche minuto di attesa e poi la serranda si riabbassa.
Mi giro dall’altra parte. Ci sono lei e il suo respiro. Calmo, regolare. Ne intravedo al buio le forme che solo poche ore prima erano ben visibili strette a me. La tentazione di allungare un braccio, anche solo per sfiorarla, è forte, ma le piacevoli fatiche dell’amore fiaccano il fisico, esigono riposo ed è giusto che il suo seno si alzi e si abbassi tranquillamente, senza sussulti. Io dovrei tenere gli occhi chiusi, per riaddormentarmi, ma non mi riesce.
La cicala ha terminato il suo verso stridente e prolungato. Nessun mezzo passa più. Il silenzio impera. Ecco che si gira, cambia posizione. Temo (o spero?) che mi abbia sentito. Il rumore dei pensieri, che ricorda gli orgasmi recenti, è forse così rumoroso da averla svegliata? No. Ha solo allungato le gambe e, nel movimento, la microtunica che indossa la lascia adesso completamente scoperta fino all’inguine. La accarezzo con la mente, seguendo il profilo del suo corpo. E’ facile. Non solo perché gli occhi si sono abituati all’oscurità. E penso a come organizzare la giornata. Alla colazione innanzitutto. A quello che potremo fare prima della colazione. Al suo profumo (non della colazione).
Ma ecco che un tuono mi sveglia. La luce filtra tra le imposte. Mi giro a sinistra e vedo il letto vuoto. Se n’è andata. Ieri l’ho riaccompagnata a casa. Ieri? Oppure è stato un mese fa? Ma tutto questo tempo è già passato? Si trattava, dunque, soltanto del sogno di una notte di mezza estate? Forse si è alzata prima di me, azzardo in un velleitario tentativo, però non arriva dalla cucina l’aroma inconfondibile del caffè e neppure vedo i suoi abiti sparsi attorno. No, non l’ho immaginata. Lei era qui accanto a me e sto accarezzando le lenzuola che l’avvolgevano, mentre affondo la testa in mezzo al cuscino che ha conservato un suo lungo capello. E l’odore inconfondibile di lei.
Ma sono passati solo giorni, oppure settimane, mesi? È lacerante un legame che s’interrompe quando ciò non significa certo la sua fine. Un intervallo di tempo tra una visita e l’altra: è questo il panorama che appare chiaro, ma ingiusto, perfino umiliante per i sentimenti. Perché la distanza sottrae attimi preziosi, la mancata condivisione accresce il rimpianto. Se due persone si vogliono bene non devono (non possono) alimentare a strappi le reciproche trepidazioni, centellinando emozioni. Va vissuto tutto assieme in modo che le speranze diventino la realtà quotidiana e non ci si debba più svegliare con la ruvida sensazione di aver sognato. Forse.
Il letto adesso è vuoto, devo tirarmi su definitivamente. Il caffè stamattina lo preparo io. Come sempre.
spero che sia un sacrificio temporaneo
RispondiEliminae che siate abbastanza giovani da avere un lungo futuro di appagante realta quotidiana
yetbutaname, grazie per gli ottimistici auspici, ma ahimè l'età anagrafica non corrisponde a quella del cuore e il sacrificio durerà ancora a lungo. Però basta restare giovani dentro, o no?
RispondiEliminaFratello, non oso immaginare quale disgustoso sapore avesse quel primo caffè "senza".
RispondiEliminaFratello, per stemperare l'ho fatto diventare zucchero con caffè. Eppure sempre superiore al peggior disgusto immaginabile.
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