giovedì 30 agosto 2007

Ci resterà solo l'aria?

 



L'effetto etanolo: il grano come l'oro


Maurizio Matteuzzi


il manifesto (25 agosto 2007)


Il prezzo del grano e dei cereali sta impazzendo. I mercati mondiali (e italiani) sono in fibrillazione. I grandi produttori si fregano le mani, i consumatori le mani se le metteranno nei capelli quando, alla ripresa di settembre, si troveranno gli aumenti del prezzo del pane, della pasta e via aumentando.

Le ragioni di questi prezzi del grano spesso più che raddoppiati, non sono ancora del tutto chiare e soprattutto non sono univoche. A seconda di chi le maneggi sono attribuite alla siccità che ha colpito grandi produttori quali il Canada (in calo del 20%), l'Australia e l'Ukraina o alle piogge che hanno colpito le regioni europee del Mar nero e la Cina (10% in meno) o - sostengono i più maliziosi - all'effetto etanolo che ha cominciato a farsi sentire cambiando la destinazione d'uso del grano e in generale dei cereali. Ma come diceva qualcuno a essere maliziosi forse si va all'inferno ma spesso ci si azzecca.


Certo è strano che subito dopo il lancio in grande stile, da parte prima di Bush e poi di Lula, della «nuova frontiera» degli agro-combustibili, nella prima metà dell'anno, i prezzi dei cereali siano schizzati alle stelle.


Sta di fatto che i rifornimenti sono diminuiti, la domanda è in costante aumento, le scorte si sono assottigliate e i prezzi volano. Giovedì scorso alla Borsa delle derrate alimentari di Chicago, la più importante del mondo, il bushel - l'unità di misura dei cereali, corrispondente a circa 35 litri - era quotato al livello record di 7.44 dollari e l'Euronext di Parigi giovedì ha chiuso il future sul grano riferito a novembre a 237. 50 euro la tonnellata (più 2.5%). Alla Borsa di Bologna, il grano tenero nazionale usato per la panificazione è passato fra il 2 e il 23 agosto da 215 a 245 euro la tonnellata (più 13.7%). Le scorte mondiali sono ridotte a 111 milioni di tonnellate e quelle strategiche in Europa, detenute dagli organismi internazionali di pronto intervento, sono «totalmente esaurite». In Francia il prezzo del grano è aumentato del 50% in un anno, Inghilterra è salito a 200 sterline la tonnellata: il doppio del 2006. La Siria ha annunciato la fornitura urgente di 276 mila tonnellate di frumento a Egitto, Giordania e Yemen, in crisi di grano duro e tenero. In Messico il prezzo della tortilla di mais, la base dell'alimentazione povera messicana, è aumentato del 150% in pochi mesi: da 7 (mezzo euro) a 18 pesos il chilo. La causa, per il presidente Felipe Calderon, il candidato di destra che ha scippato con la frode la vittoria a Lopez Obrador nelle elezioni del 2006, è l'aumento della domanda di mais destinato alla produzione dell'etanolo nei 110 impianti in attività negli Stati uniti (a cui stanno per aggiungersene altri 63), primo produttore ed esportatore. A meno che anche il fedele Calderon non si sia alleato con il leader cubano Fidel Castro o il leader dei Senza Terra brasiliani João Pedro Stedile, l'etanolo e gli agro-combustibili sono la causa - almeno la principale - dello spaventoso aumento del prezzo della tortilla. Anche se Calderon dovrebbe aggiungere, fra le cause a monte, l'impennata precedente dei prezzi del mais dopo la liberalizzazione del mercato messicano del mais dovuto al Nafta, l'Accordo di libero scambio fra Usa, Canada e Messico, che ha fatto piovere sui produttori e campesinos a sud del Rio Grande migliaia di tonnellate del (sovvenzionatissimo) mais made in Usa.


In Italia, paese molto vulnerabile essendo uno dei massimi importatori mondiali di grano, il ministro De Castro invita a «evitare inutili allarmismi» ma ha preparato per i primi di settembre un tavolo con esponenti della distribuzione, industria, cooperative e imprese agricole.Tuttavia la febbre dei prezzi non può essere imputata, a ben vedere, al calo della produzione: nel 2007, nonostante i danni della siccità o delle piogge, è aumentata dello 0.8%. Gira e rigira, si arriva all'etanolo, bio-combustibile (quindi «naturale» e «pulito») per Bush e Lula, agro-combustibile (derivato dai frutti della terra che dovrebbero servire a dare cibo e lavoro) per Stedile; «necro-combustibile» per frei Betto.


In pochi mesi il chicco da «verde» è diventato d'oro. D'oro in tutti i sensi mentre quello spacciato per « verde» non era affatto verde. Nell'aprile scorso, dopo il grande lancio mondiale delle fonti di energia «non inquinanti e rinnovabili» da parte di Lula e Bush a San Paolo, due autorevoli economisti dell'università del Minnesota hanno pubblicato sull'influente rivista Foreign Affairs un articolo che arriva alle stesse conclusioni degli estremisti Fidel, Stedile e Chavez. Nel loro articolo, intitolato «Come i bio-combustibili possono affamare i poveri», i professori C. Ford Runge e Benjamin Senauer, sostengono che «affidarsi ai bio-combustibili con ogni probabilità significa esacerbare la fame mondiale» e che se il programma americano di una produzione massiccia di etanolo da grano (quello made in Usa, da canna da zucchero quello brasiliano) andrà avanti, 1.2 miliardi di persone potrebbero soffrire di «fame cronica» entro il 2025. Non basta? La «sorprendente» impennata dei prezzi mondiali dei cereali di questi ultimi mesi «si spiega da un lato con la domanda di cibo dei paesi emergenti e dall'altro con i prezzi del bio-etanolo negli Usa e i pesanti riflessi sui prezzi del mais messicano». Parola di Simon Johnson, capo-economista del Fondo monetario internazionale.


Dopo la privatizzazione dell’acqua, autentico oro blu (chiedere a La Rocchetta, quella che fa “plin plin”, per esempio e tanto per restare in Italia e a W l’Italia, di Rai Tre del 14 agosto scorso), adesso il business mondiale si concentra sul grano. Perde quota il petrolio, che però rivendica a sé il primato più sanguinario (le cifre, sulla guerra in Iraq, fornite ieri sera nel programma di Riccardo Icona, beneamati, sono impressionanti). Mettere le mani sul grano, non significa tanto avere le mani in pasta, ma condannare alla fame una parte dei poveri del mondo e porre qualche problema in più anche a noi, nati per caso nella parte più florida della Terra. Gli aumenti, lungamente annunciati, di pane e pasta, creeranno difficoltà a chi già stenta di suo, perché si tratta di alimenti-base della nutrizione. Ma la forsennata speculazione e le leggi del mercato stanno imbarbarendo il nostro modello di vita, inquinando le relazioni sociali e dissolvendo la solidarietà. Nel “Padre nostro” che, per i cattolici è la preghiera più bella, rischia di restare senza risposta quell’invocazione che è anche speranza: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. È sbagliato il destinatario.

4 commenti:

  1. Vedo novità..la radio.

    :)

    Sotto questo post rimango senza parole, Frank..

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  2. marzia, cara ci dobbiamo sentire e bentornata. Sì, ho apportato piccole novità. Oltre alla radio, ci sono pure i quotidiani e l'implacabile contatore di quanto dissennata sia, dal punto di vista economico ed etico nella fattispecie, la guerra di aggressione in Iraq.

    Senza parole, perché si è oltrepassato il segno?

    Un caro abbraccio

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  3. Eppure al Tg5 hanno spiegato che se la pasta rincara è colpa del governo Prodi.......

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  4. Fratello, noto che disponi di notizie più attendibili delle mie e, soprattutto, di fonti al di sopra di ogni sospetto... Come ho potuto non pensarci???

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