La cifra caratteristica e ben definita di questa campagna elettorale è stata la mutazione genetica (si può ben dire) del referendum non più, o non solo, considerato uno strumento per cambiare o conservare la legge 40, ma anche per determinare la misurazione dei rapporti di forza esistenti tra cattolici e laici nell’Italia di oggi.
I laici, in netta maggioranza, voteranno SI, anche se non in ugual misura per tutti i quesiti. I cattolici sono invece divisi tra il SI’, il NO e l’astensione. Senza entrare nel merito dei quesiti della legge, sottoposta a referendum (come la pensi io è denunciato dal fiocco in alto), mi preme invece evidenziare come l’argomentazione principale si sia spostata dalla contrapposizione logica tra SI’ e NO, a quella tra l’andare o meno a votare.
La principale motivazione utilizzata per invitare il popolo a disertare le urne è che sulla vita non si vota, Però in Parlamento si è “dovuto” votare sulla vita e allora? Significa forse che ai deputati e senatori tutto è concesso, mentre al comune cittadino è negata questa facoltà? Bizzarra suddivisione.
Un’ altra ragione che sconsiglierebbe il voto è che i quesiti sono complicati e difficili da capire e il popolo è ignorante (bella considerazione che si ha del potenziale elettorato). Così, invece di spiegarli, al popolo, gli viene consigliato benevolmente, s’intende (parla la Chiesa che invece di orientare le coscienze, come suo dovere, detta comportamenti elettorali) di rinunciare a pensare e di lasciar fare a chi sa, cioè ai politici, quegli stessi cioé che hanno varato una legge pessima e contraddittoria. Tra le più brutte della Repubblica. Se però sbagliare è lecito, perseverare è diabolico.
Un altro argomento, sostenuto da chi si vede costretto ad ammettere, in uno sprazzo di onestà intellettuale, che la legge 40 è contorta, è che va certamente modificata. Subito, però, si precisa che se cambiasse, come propone il referendum, diventerebbe più pasticciata di prima. Anche in questo caso il consiglio, ovviamente benevolo, è di lasciar fare a chi sa, cioè ai politici. Vi è presunzione e arroganza in questo.
Ma l’invito all’astensionismo attivo viene ribadito convintamene, con motivazioni ormai stucchevoli e fastidiose. Anzi irritanti. E molto. Ora è vero che l’astensione è permessa, ma in una buona democrazia (cosa che l’Italia ancora non è, purtroppo) deve semplicemente significare che l’elettore assente non ha particolare convinzione o opinioni, perciò rilascia ad altri un’implicita delega e accetta, quale che sia, il risultato finale della consultazione. Il problema nasce quando chi ha una posizione di potere induce altri cittadini ad astenersi.
Nella Repubblica Italiana esistono, infatti, norme precise e chiarissime al riguardo, richiamate in vari blog che però coinvolgono una minima parte della popolazione. In tv non mi è mai capitato di ascoltare un riferimento alle stesse.
L’articolo 48 della Costituzione della Repubblica Italiana (Titolo IV, Rapporti politici) recita:
”Sono elettori tutti i cittadini italiani, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. (...)”
Ora, si dà il caso che se il voto in cabina è segreto, non è segreta naturalmente la partecipazione o no al voto. Di conseguenza, chi consiglia di astenersi sarà perfettamente in grado, dopo il referendum, di verificare coloro che hanno o meno ascoltato il suggerimento. Non sarà allora che poter eseguire questo controllo costituisca proprio il motivo per cui, invece di consigliare di votare NO, si insiste tanto sull’astensione? A pensare male si farà pure peccato, però s’indovina spesso.
E ancora, poiché dovrebbe essere questo uno stato laico, anche se un brillantissimo amico ipotizzava più congrua la presenza al seggio delle guardie svizzere, continuo ad esaminare le leggi vigenti. Ed è interessante l’art. 98 del Testo Unico delle leggi elettorali, Titolo VII (1957 e sgg):
”Il pubblico ufficiale, l'incaricato di un pubblico servizio, l'esercente di un servizio di pubblica necessità, il ministro di qualsiasi culto, chiunque investito di un pubblico potere o funzione civile o militare, abusando delle proprie attribuzioni e nell'esercizio di esse, si adopera
1. a costringere gli elettori a firmare una dichiarazione di presentazione di candidati o
2. a vincolare i suffragi degli elettori a favore od in pregiudizio di determinate liste o di determinati candidati o
3. ad indurli all'astensione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire 600.000 a lire 4.000.000.”
Non solo, ma a chi afferma che invitare ad astenersi dai referendum non è reato per il fatto che è previsto ci debba essere un ‘quorum’ (e poi lo esaminerò) va ricordata la norma seguente che è l’art. 51. della legge 352/1970 (Norme sui referendum):
”Le disposizioni penali, contenute nel titolo VII del testo unico delle leggi per la elezione della Camera dei deputati, si applicano anche con riferimento alle disposizioni della presente legge. Le sanzioni previste dagli articoli 96, 97 e 98 del suddetto testo unico si applicano anche quando i fatti negli articoli stessi contemplati riguardino le firme per richiesta di referendum o per proposte di leggi, o voti o astensioni di voto relativamente ai referendum disciplinati nei titoli I, II e III della presente legge”.
Indurre all’astensione, quindi, è reato. Chi commette tale reato? Non il papa, che è cittadino di uno Stato straniero e al quale, semmai, si potrebbe solo far osservare l’opportunità della ‘non ingerenza’ nelle questioni interne di un altro Stato. Sicuramente, invece, lo commettono i preti che sono cittadini italiani ed elettori e che dal pulpito possono “indurre” i loro parrocchiani all’astensione, come è verosimile accadrà domenica prossima. Stessa cosa per gli insegnanti di religione. Qui, peraltro, occorre notare come molti di loro, laici, siano ricattati (revoca dell’idoneità annuale all’insegnamento) dalle rispettive diocesi qualora andassero a votare. Quanto ai politici, sono certamente investiti di un pubblico potere, i presidenti di Camera e Senato, se parlano come tali. E sicuramente i ministri. A tal proposito questa è una notizia Ansa, battuta da Firenze il 3 giugno. “Il segretario della Federazione dei Liberali, Raffaello Morelli, ha presentato stamani alla Procura di Firenze un esposto-denuncia, affinché l'autorità giudiziaria accerti se il presidente del Senato, Marcello Pera, istigando i cittadini italiani ad astenersi dal voto nei referendum del 12-13 giugno, abbia violato la legge che stabilisce sanzioni penali per chiunque, investito di pubblico potere o funzione civile, abusi delle proprie attribuzioni per indurre gli elettori all'astensione' La legge di riferimento è la 361/1957, art.98". (ANSAweb)
E veniamo al quorum, Avendo ormai accertato che gli elettori che vanno alle urne oscillano percentualmente tra il 70 e l’80’% degli aventi diritto al voto e tenendo conto della logica che vadano a votare, in larga parte, solo i sostenitori del SI’, il quorum dovrebbe essere abbassato al 40%.
Peraltro, non c’è il quorum in nessun Paese dove il referendum e l’iniziativa funzionano davvero come ad esempio in Svizzera e a livello dei singoli stati degli USA. Non c’è quorum di partecipazione neppure in Irlanda, Spagna, Regno Unito, Francia, C’è il quorum più basso del 50% in alcuni paesi: del 40% in Danimarca e del 25% in Ungheria. Le elezioni amministrative, comunali, provinciali e regionali in Italia non prevedono nessun quorum di partecipazione. In molti paesi del mondo la percentuale media degli elettori che si recano alle urne è vicina o al di sotto del 50% degli aventi diritto, come ad esempio negli USA, dove è quasi una tradizione.
Nelle elezioni presidenziali del 1996 vinse Clinton, ma la percentuale dei votanti fu del 49% degli aventi diritto. Nessuno si sognò, peraltro, di mettere in dubbio la sua legittimità democratica solo perché meno della metà degli aventi diritto si recò alle urne a votare.
Il referendum confermativo, su una legge di modifica costituzionale sul federalismo (previsto automaticamente per le riforme costituzionali), effettuato l’8 ottobre 2001 non aveva obbligo di superare il quorum ed ha avuto una percentuale di elettori votanti del 34% sugli iscritti a votare nella media nazionale (di cui 64,2 % per il SI’), ossia il 21,8 % degli aventi diritto al voto totali ha detto SI’ e il referendum è passato.
Esistono, allora, referendum di serie A (quelli costituzionali, determinati dai partiti politici) senza obblighi di quorum e quelli di serie B (quelli chiesti dai cittadini con faticose raccolte di firme) con maggiori obblighi?
Il quorum a livello locale non è previsto in nessuna legge nazionale che regola gli enti autonomi, neanche nel Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Pubblici – Decreto Legislativo 18 Agosto 2000, n. 267. Si parla di referendum, ma non si fissano quorum.
Alcuni comuni, come Ferrara, prevedono nel loro statuto il quorum per i referendum del 40 %, ulteriore prova del fatto che sono i consiglieri a decidere sulla percentuale del quorum. La Regione Toscana calcola il quorum sui votanti della precedente consultazione. E’, quindi, una loro stretta scelta politica, non un’imposizione dettata da qualche legge nazionale.
Poiché il tasso di astensione dal voto è in continua crescita, è verosimile che in futuro (come è già stato nel recente passato) sia impossibile o molto difficile raggiungere il quorum. Quindi il referendum diverrebbe uno strumento inutile. Privati, tutti noi, di una scheggia di democrazia che si alimenta di scelte e non di astensioni. La presenza del quorum scoraggia la partecipazione e preclude la possibilità dell’astensione vera e propria. Dove non esiste il quorum, chi è contro la proposta contenuta nel referendum, partecipa per votare NO. In Italia, almeno alla luce di quanto avvenuto negli ultimi anni, chi desidera votare NO, semplicemente evita di recarsi alle urne e, quindi, somma il proprio voto negativo a tutte le astensioni, facendo vincere scorrettamente la propria scelta. Infatti spesso vince il partito del NO, anche se in minoranza nel Paese. E così, la maggioranza degli italiani che voleva votare per il SI’, si ritrova defraudata del proprio voto. In tal modo viene penalizzato chi partecipa e premiato chi non partecipa.
Questo è il succo, lungo, delle mie peregrinazioni in Rete, saltellando tra un blog e l’altro, che metto a disposizione per completare l’informazione. La ricerca, tra l’altro, mi ha sottratto quel tempo che, in genere, dedicavo alla corrispondenza personale. La spiegazione è, come minimo, doverosa nei confronti di coloro che gentilmente mi hanno scritto di recente, ricevendo in cambio silenzio. Si è trattato di un silenzio attivo. Non s’è fatto apposta. Tornerà ben presto tutto come prima.
E, naturalmente, andate a votare.