venerdì 28 agosto 2009

Ricominciamo

Un angolo di Napoli alle 12:30 del 22 agosto 2009. Il governo del fare... finta di aver fatto!










La ripresa delle normali attività ha ritmi propri, progressivamente ascendenti, senza esagerare. Torno e ritrovo una montagna di argomenti da trattare che avranno il loro giusto spazio in più fasi. Ricomincio con due firme illustri: Giorgio Bocca e Curzio Maltese.


Il primo è stato ricoperto da una copiosa e intollerabile ondata di insulti per un pezzo, scritto su “L’espresso”, in cui si occupava delle poco commendevoli vicende della Benemerita in Sicilia. Ne parlerò in seguito con doverose appendici. Nella rubrica sul Venerdì tratta del disagio di essere connazionali del papi. Un disagio che condivido in pieno.


Per Curzio Maltese, in “contromano”, l’argomento è la Lega che è stata la vera protagonista, naturalmente in negativo, dell’estate italiana (o padana?).


I ragli e i rutti legaioli ci hanno accompagnato per ogni giorno di agosto che Dio ha mandato in terra. Anche per i “fascisti verdi” c’è un bel faldone da postare.


E poi il razzismo, Napoli… Anticipi della nuova stagione di questo blog. 


 








fatti nostri


di GIORGIO BOCCA


 








Il disagio di dover vivere nell’Italia di Papi



Che cosa sono il disagio del vivere, l’insoddisfazione del vivere contemporanei? Direi una solitudine, mai così disperante prima, nell’età della fatica e della servitù. Capire di essere soli, senza pastori o maestri, senza padri. Tutto ciò che in un passato recente era ancora protettivo, solidale, fraterno, di cui fidarsi, in cui riconoscersi, è diventato un casuale compagno di viaggio.


Un partito oggi cosa è? Chi di noi vive ancora l’appartenenza a un partito politico come una scelta di vita, di avvenire, di solidarietà profonda, di fedeltà indiscutibile e magari di inimicizie totali, come furono l’antifascismo, l’anticomunismo. Che cosa è un giornale oggi di differente da quello di ieri, dell’altro ieri? «L’ha detto il giornale» ci dicevamo ed era come dire: sta nelle sacre scritture, nel decalogo, nelle verità rivelate. Molti il giornale lo portavano nella tasca della giacca come un distintivo: io leggo l’Unità comunista, leggo il Secolo fascista, leggo il Giornale di Montanelli, vi piaccia o meno. Oggi più spesso ci diciamo: l’ho letto da qualche parte, l’ho visto in tv. Ricorre il centocinquantesimo anno dell’Unità d’Italia e una tv ha chiesto ai suoi spettatori se la faccenda li interessi o se sia il caso o no di commemorare, di celebrare.


La maggioranza ha risposto che non gliene frega niente, che l’Unità d’Italia la interessa meno del prezzo della benzina, del contributo per la rottamazione. E la politica, la politica di casa nostra cos’ è? Una faccenda di ladrocini, di astuzie da galoppini elettorali. E quella estera: incomprensibili ferocie di talibani e di marines, se la vedano loro. C’è di mezzo anche la crisi economica, che nessuno sa bene cosa sia e quando finirà ma che è stata l’equivalente di una decimazione. Senza dire che, dal giorno di Nagasaki e di Hiroshima, può esserci nel cielo il ronzio di quella fortezza volante che sgancia la bomba e il pilota del Nebraska o del Wyoming si volta appena a guardare il fungo che sale nel cielo.


E anche queste storie nostrane della figlia di Berlusconi che non apprezza che suo padre vada con escort e minorenni e poi pensa all’eredità e corregge il tiro? Fingiamo di indignarci, ma quelle storie sono alla misura di questo tempo mediocre: raccontarci di come è fatto Papi non è una gran noia? Forse non è così, forse tempi di passioni forti stanno preparandosi nei cieli imperscrutabili della storia, ma oggi questa solitudine nella generale mediocrità ci sta addosso come una foschia che spegne i colori del mondo.


IL VENERDÌ DI REPUBBLICA  


21 AG0ST0 2009


 








contromano


di  CURZIO MALTESE


 








La Lega che scambia Zanzotto per un canto d’osteria



Prima o poi le Iene aspetteranno fuori da Montecitorio qualcuno dei leghisti che ci molestano con gli esami obbligatori di dialetto per interrogarlo sulle poesie del Porta o le commedie del Goldoni. Così, per farsi due risate. Peraltro, poiché vivono e lavorano a Roma, bisognerebbe anche valutare la competenza linguistica locale, invitarli a recitare un sonetto del Belli.


Sempre imbarazzante vedere i deputati lumbard che si distaccano dagli orizzonti angusti delle sagre paesane per avventurarsi nel vasto e periglioso mondo della cultura. La Lega ha poco o nulla da spartire con le grandi tradizioni metropolitane del Nord, per esempio con la Milano che ha prodotto Beccarla e Cattaneo, Manzoni e Gadda, guardando sempre all’Europa, a Parigi e Londra, Barcellona e Mosca. La dimensione leghista è municipale, arroccata nella fascia pedemontana, nutrita di rimasugli di civiltà contadina, tale da produrre al massimo alcune varietà di polenta e il cui sguardo cosmopolita non si spinge oltre Bellinzona.


Si riempiono dunque la bocca di una cultura dialettale che non conoscono, scambiano Zanzotto per i canti da osteria o da curva dell’Atalanta. Anche l’idea che esistano dialetti del Nord, Centro e Sud è una bella fesseria. Scommetto che Elvis Calderoli è in grado di capire il senso di Dicitincello vuie ma non saprebbe tradurre una poesia in friulano di Pasolini. In ogni caso molto meno del marocchino che anni fa vinse a sorpresa il concorso di poesia friulana indetto in nome del grande Pier Paolo e presieduta dalla nipote del poeta e curatrice delle opere, Graziella Chiarcossi.


Se c’è un patrimonio universale in Italia sono proprio i dialetti. La canzone e il teatro napoletani sono un pezzo di autentica identità collettiva. Il più grande interprete di Goldoni è Toni Servillo, nato ad Afragola. Nella scuola di mio figlio l’unico bambino che recita a memoria un sonetto di Trilussa è di origini africane. La questione è che quel che la Lega vuole distruggere non è il Sud e neppure l’Italia unita, ma la grandezza culturale di questo Paese. Massì, mettiamolo l’esame di cultura dialettale, agli stessi leghisti. Facciamo un test a quelli delle ronde e vediamo se, oltre che nell’outlet e nella birreria, si sono per caso imbattuti nella vita in un esempio concreto di quella identità nazionale che sono chiamati a difendere. Per provare anche a loro stessi che non sono soltanto dei poveri pirla (non si offendano, in milanese significa uno che gira a vuoto).


IL VENERDÌ DI REPUBBLICA  


21 AG0ST0 2009



5 commenti:

  1. Bentornato :))

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  2. astime, grazie!!! :-))))))))))))

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  3. grazie per aver postato il pezzo di Maltese che mi ero persa.

    Vivendo, con sofferenza, in una realtà leghista all'80% non posso che concordare in pieno con l'autore.

    marina

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  4. Ben tornato anche a te, Frank.

    Si ricomincia con il mal di fegato, purtroppo.

    Grazie per il passaggio sul mio blog e per i complimenti. Davvero lusingata.

    Un abbraccio,

    Artemisia

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  5. marina5, ecco mi sono chiesto spesso cosa provino i non legaioli a vivere in luoghi dove non si sentono rappresentati e, temo, anche mortificati. Occorre fortificarsi e resistere, aggrappandosi a tutto. Il pezzo del sempre ottimo Maltese (uno tra i giornalisti che ammiro) rappresenta un appiglio e una boccata di ossigeno. Non fosse per sentirsi meno soli.

    Altro, sulla Lega, a seguire, se avrai la bontà di seguirmi.

    Grazie a te per l'apprezzamento.

    Artemisia, il mal di fegato arriva proprio perchè si ricomincia. Non ci abitueremo mai all'andazzo corrente.

    Prego, ma i complimenti per te, per la tua persona,per come imposti i problemi o semplicemente racconti, attraverso foto, le emozioni, sono semplicemente ovvii.

    Un abbraccio.

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