Chi ha visto i 35 miliardi sperperati dal Tesoro?
SONO molti, anzi moltissimi gli italiani che di fronte allo scandalo Berlusconi (non saprei chiamarlo altrimenti) rispondono: "A noi non importano i suoi vizi, privati o pubblici che siano; a noi importa che governi bene nell'interesse del paese e dei cittadini".
Si può non essere d'accordo su questo modo di ragionare che reputa la coerenza morale come un "optional" al quale un personaggio pubblico può sottrarsi.
Ma adattiamoci a questa diffusa indifferenza morale e seguiamo pure quel modo di ragionare: sta governando bene? Poniamoci solo questa domanda e cerchiamo di rispondervi con fatti e cifre.
Il governo ha varato un nuovo decreto legge per contenere la crisi e ha presentato il bilancio di un anno e mezzo di attività. Possediamo dunque tutti i dati per rispondere e non sono dati controversi perché è lo stesso governo a fornirceli.
Il deficit è arrivato al 5,2 ed è molto probabile che salga ancora. In parte questo pessimo risultato è dovuto a cause internazionali ma in altra parte è dovuto a cause esclusivamente interne e cioè all'andamento della spesa pubblica e delle entrate.
La spesa è aumentata in un anno del 4,9 per cento. In cifre assolute si tratta di 35 miliardi di euro. Stiamo parlando di spesa corrente della Pubblica amministrazione. Come è stato possibile uno sfondamento di queste dimensioni che equivale ad una pesantissima manovra finanziaria?
Voglio citare il commento che di questo sfondamento sorprendente ha fatto Romano Prodi in un articolo pubblicato sul "Messaggero" di mercoledì scorso: "Questo dato mette in evidenza una non prevista espansione della spesa ordinaria della pubblica amministrazione di fronte ad una preoccupante caduta degli investimenti. Tutto questo in presenza di una diminuzione del peso degli interessi sul debito pubblico per effetto della caduta dei tassi sui mercati internazionali. Davvero viene da pensare che qualche "fannullone" si sia dimenticato di esercitare il proprio compito di contenere la spesa corrente e indirizzarla invece verso gli investimenti necessari per sostenere lo sviluppo futuro del paese".
Io capisco che il nostro premier non voglia rispondere sulle veline, sulle "escort" e sul processo Mills. Ma qui stiamo ponendo a lui e al suo ministro dell'Economia una domanda di tutt'altra natura: che ne avete fatto di quei 35 miliardi di maggiori spese in un anno di vacche magrissime?
In teoria ci potreste rispondere che quei miliardi li avete usati per "stimolare" l'economia. Invece no, neppure quello avete fatto. I denari freschi per stimolare o sostenere l'economia ammontano in tutto e per tutto in 3 miliardi, pari allo 0,2 per cento del prodotto nazionale lordo in confronto con il 3 per cento che è la media dei paesi Ocse. Dieci volte meno di tutti gli altri.
Allora ripeto: che cosa ne avete fatto di quei 35 miliardi?
Altre domande non meno stringenti potrebbero esser fatte. Per esempio sul piano-casa che prevede centomila alloggi per famiglie con basso reddito. I progetti saranno certificati da un professionista di fiducia del committente. Sono veramente necessarie queste case, con le quali il territorio sarà definitivamente devastato mentre esiste una quantità di case sfitte per le quali non c'è domanda di mercato?
Un altro esempio riguarda la messa sotto schiaffo (nel decreto approvato venerdì dalla Camera) della Corte dei conti che il governo sta riducendo a un simulacro manomettendo i suoi poteri di controllo sulla pubblica amministrazione.
Chi è il "fannullone operoso" che stravolge dall'interno il sistema delle garanzie dilapidando risorse al punto che bisognerebbe segnalarlo al ministro Brunetta per le opportune sanzioni?
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Può darsi che i molti che se ne infischiano delle veline, delle "escort" e del processo Mills se ne freghino anche della dilapidazione delle pubbliche risorse se non sono loro ad esserne toccati e anzi se per caso ne sono addirittura beneficiati. La comunità nazionale affonda ma i molti che appartengono alla vasta cerchia clientelare ne godono. Il rampante Tarantini è solo uno dei tanti e fa il nababbo tra la sua fattoria pugliese e la villa di Porto Cervo in prossimità di Villa Certosa. Non saranno certo lui e i tanti come lui a preoccuparsi del "fannullone" che sperpera a Roma.
Però non c'è solo questo, il catalogo è lungo. Adesso faremo parlare Mario Draghi, governatore "pro tempore" della Banca d'Italia fino a quando i "fannulloni" non lo sbatteranno fuori perché sta diventando troppo ingombrante.
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Parlando mercoledì scorso davanti alle competenti commissioni parlamentari il governatore ha sollevato un tema del quale finora sono in pochi ad essersi accorti nell'ambito delle istituzioni e quei pochi si sono ben guardati di renderlo oggetto di pubblico dibattito: l'usura nelle sue più varie forme, la penetrazione della mafia, della camorra e della 'ndrangheta nel tessuto imprenditoriale, specialmente nel settore delle aziende medio-piccole e piccole che hanno poca capacità di resistere alla crisi.
Draghi ha lanciato un allarme rosso su questo fenomeno che sta penetrando massicciamente nel tessuto produttivo non solo sotto forma di racket o di prestiti usurari, ma anche di acquisto di aziende che non sono più in grado di sostenersi e che vengono utilizzate dalla criminalità come preziose stazioni di riciclaggio per capitali accumulati con il commercio della droga, gli appalti di favore e l'usura vera e propria.
Interrogato sull'efficacia dei controlli per impedire l'estendersi del fenomeno, il governatore ha detto a chiare lettere che i controlli esistenti sono assai poco efficaci e andrebbero rapidamente revisionati.
Interrogato anche sullo scudo fiscale (che verrà istituito con il decreto in corso di approvazione parlamentare) e sui suoi probabili effetti negativi sul riciclaggio di capitali, il governatore, molto prudente nel pronunciarsi su una legge in corso di approvazione, ha tuttavia manifestato un aperto scetticismo sui controlli che lo scudo prevede per impedire il riciclaggio di capitali mafiosi. Ha osservato che in altri paesi che hanno fatto ricorso in questi mesi a provvedimenti analoghi non è stato concesso l'anonimato a chi decide di far rientrare capitali, non sono state abbonate le tasse evase ed è stata prevista una rigorosa certificazione sull'origine dei predetti capitali. Nulla di simile è contenuto nella normativa predisposta nel decreto, sicché il rischio che capitali di origine criminale rientrino in Italia beneficiando per di più della robusta sanatoria che il decreto prevede, è ampiamente incombente.
All'allarme di Draghi si sono associate le parti sociali e in particolare
Intanto si è saputo che le "sofferenze" bancarie, cioè i crediti che i debitori non sono più in grado di restituire, sono aumentate in questi mesi del 125 per cento rispetto al periodo precedente e tutto fa prevedere che continueranno ad aumentare con ritmi ancor più intensi. La conseguenza inevitabile è una valutazione ancor più rigorosa del merito del credito, specie nel settore delle imprese medio-piccole, le più bisognose di sostegno.
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Parole che direi definitive sono state dette in proposito dall'amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, nell'intervista pubblicata venerdì sul nostro giornale. La fonte è insospettabile per oggettività politica e prudenza di giudizi: Passera è il banchiere che ha voluto e finanziato la nuova Alitalia, così come aveva voluto e finanziato la nuova Telecom senza più il controllo di Tronchetti Provera. Ed è quello stesso banchiere che ha già stipulato con Confindustria il finanziamento delle Pmi con una linea di credito complessiva di 500 miliardi di euro. Ed ecco il suo giudizio sulla situazione e su ciò che ci aspetta a partire dal prossimo settembre.
"Oggi produzione, fatturato interno, export e investimenti sono tutti in drammatico calo. Ciò che è stato fatto finora è nella direzione corretta, ma affinché queste misure abbiano effetto ci vuole molto di più di fronte ad una recessione di tale gravità. L'Italia ha ritardi infrastrutturali gravissimi. L'efficienza del sistema-paese è il nostro vincolo più grave e poi lo scarso dinamismo della società che viene da fattori che ci vedono in fondo a tutte le classifiche mondiali: mobilità, meritocrazia, capacità decisionale. Qui c'è il nostro problema maggiore che logora non solo l'economia ma anche la democrazia".
Più prudente ma più chiaro e più sincero di così...!
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Le conseguenze sul piano della governabilità sono sotto gli occhi di tutti. I dati e i giudizi sopra riportati sono anch'essi sotto gli occhi di tutti e c'è anche sotto gli occhi di tutti la necessità di quello che Corrado Passera ha chiamato uno "shock positivo", cioè un'immediata politica di rilancio che contenga la gravissima recessione che non sta affatto alle nostre spalle ma davanti a noi.
Se lo shock positivo non ci sarà - e non c'è alcun segno che possa arrivare in tempo utile - avremo uno shock negativo che un paese economicamente prostrato e politicamente imbambolito non è in grado di fronteggiare.
Il premier e i suoi sodali del partito guidato dall'avvocato Ghedini non sembrano rendersene conto e daranno priorità ad una dissennata riforma della giustizia che provocherà una traumatica torsione istituzionale.
Sono due mine vaganti ad altissimo contenuto esplosivo e questo spiega le preoccupazioni del presidente della Repubblica e nell'ambito del centrodestra del presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Occorrerebbe arrestare qui ed ora questa deriva. Non è un complotto politico né un catastrofismo perverso e infondato, ma una lucida visione dei fatti. L'esito è nelle mani degli italiani se sapranno essere all'altezza del compito.
EUGENIO SCALFARI
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