mercoledì 8 ottobre 2008

Testimoni del tempo







Il cardinale Carlo Maria Martini è una nobile figura di uomo e di uomo di Chiesa, di altissimo profilo intellettuale, tra i maggiori biblista internazionali. Poteva diventare papa. Il cardinale Carlo Maria Martini è gravemente malato, da anni, del morbo di Parkinson. Lasciata a suo tempo Milano, per ritirarsi a Gerusalemme, è riapparso in pubblico alcuni giorni fa. Il “Corriere della Sera” ha riportato la sua testimonianza, commovente e da brividi.


In mezzo al letame del nostro quotidiano, tra rifiuti tossici di ogni genere, leggere le sue parole significa fare i conti con la realtà vera, fermandosi sulla soglia del mistero della morte. Un testimone esemplare del nostro tempo. E un altro osservatore contemporaneo di una Chiesa che non ti aspetti è Aldo Antonelli, parroco di Antrosano, piccolo comune della Marsica, autore recentemente di un’invettiva in grande stile contro l’omino B., tessera P2 n° 1816, che peraltro ha il buon gusto di non nominare mai.  


 


Il gesuita ammalato di Parkinson parla ai fedeli


Il cardinale Martini: sento la morte come imminente


MILANO - «Io, vedete, mi trovo a riflettere nel contesto di una morte imminente. Ormai sono già arrivato nell'ultima sala d'aspetto, o la penultima...». Il cardinale Carlo Maria Martini parla con un filo di voce ma sorride, «è stato un atto di audacia e anche di temerarietà chiamare a parlare una persona anziana che non sa se potrà esprimere bene le cose o tenersi in piedi», nell'auditorium dei gesuiti di San Fedele non vola una mosca e l'arcivescovo emerito di Milano prosegue sereno, è arrivato appoggiandosi a un bastone ma lo sguardo e il pensiero non vacillano. La sala è piena, si presenta il libro Paolo VI «uomo spirituale» (ed. Istituto Paolo VI-Studium), una raccolta di scritti martiniani su Montini curata dal teologo Marco Vergottini. E tanti sono rimasti fuori, l'attesa è grande per il «ritorno» del cardinale biblista a Milano, anche se da qualche mese «Padre Carlo» è tornato da Gerusalemme e risiede nella casa dei gesuiti a Gallarate. «Con i vostri tanti gesti di bontà, di amore, di ascolto, mi avete costruito come persona e quindi, arrivando alla fine della mia vita, sento che a voi devo moltissimo», sorride ai fedeli, quasi fosse un congedo. Gli ottantun anni, il Parkinson. E il tema della morte, quello che nel libro Martini chiama con espressione dantesca «il duro calle». Quando l'attore Ugo Pagliai legge «pensiero alla morte» di Paolo VI, «...mi piacerebbe, terminando, d'essere nella luce...», il cardinale ascolta con il volto affondato nelle mani aperte. «Se dovessi non lo scriverei così. È troppo bello, è meraviglioso, lirico», spiega Martini. «Come ho scritto nel libro, ritengo che il testo di Montini sia stato scritto anni prima, quando sentiva la morte incombente ma non imminente». Della sua morte, invece, il cardinale parla come «imminente». Ed è qui che ha accenti wittgensteiniani, il pensiero sul limite della vita diventa un'interrogazione sui limiti del linguaggio, «chi si trova in questa situazione, dovrebbe piuttosto sentirsi scarnificato nelle parole, e questo è per me un problema irrisolto: come descrivere una realtà tutta negativa con parole razionali che tuttavia, in quanto razionali, devono esprimere una esperienza positiva». «Dire» la morte. È una riflessione che nel cardinale si è fatta via via più urgente negli ultimi anni. L'anno scorso, nella basilica dei Getsemani a Gerusalemme, aveva salutato i pellegrini ambrosiani con una lectio vertiginosa sulla Passione e l' «angoscia» di Gesù, «i




n greco il termine è agonia e significa lotta, conflitto, tensione profonda». Martini non ama i discorsi facilmente consolatori, come sempre trova il modo di parlare «al credente e al non credente che è in ciascuno di noi» e guarda in faccia «il duro calle». Davanti all' «affidamento totale a Dio» di Montini, scrive nel libro, «mi sento assai carente. Io, per esempio, mi sono più volte lamentato col Signore perché morendo non ha tolto a noi la necessità di morire. Sarebbe stato così bello poter dire: Gesù ha affrontato la morte anche al nostro posto e morti potremmo andare in Paradiso per un sentiero fiorito». E invece «Dio ha voluto che passassimo per questo duro calle che è la morte ed entrassimo nell' oscurità che fa sempre un po' paura». Ma qui sta l' essenziale: «Mi sono riappacificato col pensiero di dover morire quando ho compreso che senza la morte non arriveremmo mai a fare un atto di piena fiducia in Dio. Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle "uscite di sicurezza". Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio». È l'insegnamento di Montini, «per me fu un po' come un padre». Perché ciò che ci attende dopo la morte «è un mistero» che richiede «un affidamento totale»: «Desideriamo essere con Gesù e questo nostro desiderio lo esprimiamo ad occhi chiusi, alla cieca, mettendoci in tutto nelle sue mani».


* La scheda. La vita. Carlo Maria Martini è nato 81 anni fa. Entrato nella Compagnia di Gesù nel ' 44, ha studiato alla scuola dei gesuiti di Torino, la sua città. Nel ' 52 è stato ordinato sacerdote. Il biblista Laureato in Teologia e in Scrittura, è stato rettore del Pontificio istituto biblico per nove




anni. Il cardinale Nominato arcivescovo di Milano nel dicembre '79 da Giovanni Paolo II, è stato ordinato vescovo nel gennaio successivo. Quattro anni dopo è stato elevato al rango di cardinale. Nel 2002 si è ritirato a Gerusalemme per dedicarsi alla preghiera e allo studio. Oggi risiede nella casa dei gesuiti di Gallarate. Il progressista È stato il candidato numero uno dei progressisti alla successione a Giovanni Paolo II e il profeta di un Concilio Vaticano III.


Gian Guido Vecchi


Corriere della Sera (3 ottobre 2008)


 





MINESTRONE TOSSICO


di don Aldo Antonelli


Ha usato la politica, prima tramite terzi poi scendendo in campo, per difendere e moltiplicare i propri interessi. Ora la uccide, la politica, per dare libero spazio al proprio protagonismo. Prima era semplicemente un ladro in libertà vigilata, ora è un ladro a piede libero.


Con le sue televisioni ha stuprato e violentato un popolo svuotandolo della sua anima, ha resettato la sua coscienza sui canoni volgari del denaro facile e del felice apparire, gli ha rubato la memoria storica e la capacità riflessiva vellicandone gli istinti da basso ventre fino a farne camera di risonanza delle sue ossessioni e delle sue droghe.


Ora questo popolo è diventato zerbino del suo impero, supporto alla sua anarchia e foglia di fico per le sue vergogne.


Prima per lui il popolo era un cavallo da domare , ora lo ha reso un asino da soma. Ha cooptato nel governo il razzismo bavoso della lega, la bulimia mercantilista della destra e l’interessata adulazione di avvocati, commercialisti, ragionieri e dipendenti di azienda (la sua) che, insieme, costituiscono un minestrone tossico da far paura.


Da oltre dieci anni vengono iniettate sul tessuto sociale italiano piccole dosi di disprezzo contro gli stranieri, i poveri, i rom, i nullatenenti, i diversi, i "comunisti", i "coloro-che-non-sono-dei-nostri" al punto di ritrovarci un paese tossico.


E senza vergogna ci si domanda se per caso noi italiani non siamo diventati razzisti...! Da anni vanno predicando a squarciagola il nuovo vangelo della salvezza: "più mercato e meno stato".


Hanno separato il danaro dal lavoro, hanno finanziarizzato il capitale, hanno ammazzato lo stato ed ora, di fronte al disastro, senza pudore alcuno, questa facce di culo (sì, perché facce di culo sono) fanno appello allo stato perché corra ai ripari.


In questi ultimi giorni vanno facendo i salti mortali per divorziare dai loro dogmi. Non li vedete?


Il tuttologo e logorroico Tremonti è tutto e il contrario di tutto: per il mercato e contro il mercato, global e antiglobal, clericale e anticlericale. C’è solo da accertarsi se sia "bi" o "trans".


Noi, da parte nostra, non ci facciamo prendere per il naso.


Ladro è chi ruba ma anche chi tiene il sacco.


Assassino chi uccide ma anche chi fa da palo.


Noi, non volendo essere né l’uno né l’altro, non reggiamo il sacco né facciamo da palo.


Aldo [don Antonelli]


(03.10.2008)


Tratto dal sito: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=3576

Foto di don Aldo dal blog:http://iltafano.typepad.com/il_tafano/page/2/

5 commenti:

  1. Commovente, profonda ma anche molto umana la testimonianza del cardinal Martini. Sicuramente induce alla riflessione. Penso non vi sia altro da aggiungere, parla da sola.



    Ciao

    Romina

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  2. Sono ammutolita...

    Lo vado a donare ad una amica che lo apprezzerà, Frank.

    Ti bacio

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  3. Caspita che invettiva Antonelli!

    Questo sì che è parlar chiaro!



    Artemisia

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  4. Silenzioindioottobre 12, 2008

    ritorno con piacere ricondotta da Marzia per leggere il Cardinale Martini che come sempre nonostante il suo spessore sirituale e intelletuale riesce limpidamente a condurre il pensiero alla Fonte di ogni riflessione



    "...Di fatto in ogni scelta impegnativa noi abbiamo sempre delle "uscite di sicurezza". Invece la morte ci obbliga a fidarci totalmente di Dio»."



    un saluto caro

    Sil

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  5. Romina, è esattamente quello che ho pensato quando l'ho letta la prima volta.

    Saluti.

    marzia, la nostra cara amica è venuta ed ha apprezzato. Grazie a te per il passaparola.

    Baci :-)

    Artemisia, Aldo Antonelli, prete, è uno di quelli che non le manda a dire e come lui è Paolo Farinella, prete genovese, presente in Rete. Avesse anche solo qualche grammo la derelitta opposizione, sempre attenta a bilanciare ("ma anche"), che vorrebbe dialogare e magari scendere in piazza, però senza disturbare. Tempi tristissimi, mia cara. Ce ne fossero di preti simili!

    Sil, cara amica ritornata a palesarsi (so che capiti sovente da queste parti, sono io il latitante), pensa che, quasi casualmente, ho notato il richiamo in prima pagina su un quotidiano che non acquisto quasi mai e solo perchè sporgeva dalla mazzetta. Quindi leggere quella testimonianza e desiderare di condividerla è stato un pensiero unico, anche da parte di chi credente non lo è più.

    Un caro saluto a te.

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