sabato 9 febbraio 2008

Spiragli di un nuovo giorno


La promessa è appesa là sui primi giorni dell'anno. Capiti al momento giusto, dalla persona giusta e le prospettive che si dispiegano appaiono inverosimili. “Troppo bello per essere vero” è il pensiero più ricorrente, eppure sembra non esserci nessuna sfasatura, nessuna controindicazione. E allora perché non crederci, perché per una volta almeno non dimostrare l'anomala (per me) inclinazione verso l'ottimismo?

Tra pochi giorni – mi viene illustrato con dovizia di particolari – si definirà il quadro della situazione e una nuova attività inizierà. Un nuovo lavoro che pare proprio materializzarsi all'alba del nuovo anno, un incontro che avviene quasi casualmente, prenotato prima delle festività natalizie, ma poi rinviato per sopraggiunti impegni. Però l'attesa è stata utile, quasi capitata appositamente. E continuo a non crederci, mentre ripasso le varie fasi della conversazione amichevole. La persona (Tommaso) è affidabile, amica di lunga data per comune frequentazione scolastica alle elementari, senza poi essersi persi di vista nonostante i trasferimenti, i cambiamenti di direzione. Quindi il ritorno alla base.

Ma adesso si cambia, si potrà scavalcare il periodo difficile ponendo al posto giusto uno dei tasselli mancanti. La cassa integrazione prima, il reintegro successivamente sebbene avvenuto con una pesante riduzione dell'orario di lavoro. Quell'ambiente è marcio ormai, io sento di aver fatto il mio tempo, ma anche le persone hanno dato il peggio di sé. E inoltre le prospettive dell'azienda sono poco confortanti. Getterò tutto dietro alle spalle. Finalmente.

Sono solo la mia prudenza, il realismo e quel sano pessimismo che m'impediscono di compiere scelte precipitose e irrevocabili. La lettera di dimissioni meglio ricamarla in testa, le anticipazioni sarà più opportuno rivelarle quando ne saprò di più. Perché poi quando una notizia è ottima, ma incompleta, perché manca la concretezza, si rischia di aggiungere dettagli e allargare le dimensioni, proiettarsi verso mete ardite. E le risalite, come cantava Battisti?

Basta aspettare, tanto il fine settimana è vicino. Così vicino che scorre senza che nulla accada. E niente avviene anche nelle giornate successive. Che abbia frainteso tutto? Che siano state prospettate solo ipotesi in quella amichevole conversazione e nulla più? Ma ho poi capito bene? Ed era a me che veniva rivolta quella proposta? Cosa faccio: rompo il silenzio, manifesto impazienza oppure taccio e aspetto? Meglio attendere, anche perchè l'accordo era questo. Però in tal modo l'attesa diventa snervante, ma soprattutto si ripercuote sulla qualità della vita. Eh sì, perché smetto di scrivere e-mail, smetto di comunicare con gli amici, perché l'argomento lavoro è sempre al primo posto e io vorrei dire e non posso, vorrei informare ma su che basi? E se poi si rivelasse essere un bluff?

Così mentre le giornate si srotolano lungo il mese di gennaio mi tormento nell'attesa, ormai messa a repentaglio anche da una sicurezza iniziale che ora svanisce. Si trattava di una soluzione imminente, ma se così non è significa che ci sono stati degli intoppi, significa che l'ottimismo di quel colloquio si è dovuto confrontare con altre e diverse realtà uscendone ridimensionato, se non annullato. E l'amico adesso non sa come comunicarmelo.

Perciò ogni fine settimana che arriva porta con sé anche la speranza che puntualmente si dissolve la domenica sera. E' difficile vivere così. Eppure il silenzio che altre spiegazioni potrebbe avere? Sono sommerso dalle inquietanti domande, inciampo in questi pressanti interrogativi, non riesco a trovare risposte plausibili. Quando ecco la telefonata attesa e forse liberatoria. I tempi si sono allungati e parlare con Carlo (Carlo?) non è stato facile. Lui ha chiesto qualche giorno per pensarci.

Brutto segnale il coinvolgimento inatteso di un'altra persona. Pensavo che Tommaso, l'amico del primo colloquio, avesse carta bianca e spettasse solo a lui decidere. Aspetteremo. “Ma posso essere ottimista?” chiedo arditamente. “Come si fa a rispondere a questa domanda? - replica (forse infastidito?). E intanto fissa la data dell'incontro con Carlo. Al termine mi fornirà tutti gli aggiornamenti. Mancano pochi giorni, allungo l'attesa, rinnovo le aspettative.

Ormai sono entrato in una diversa dimensione e, non solo a livello subliminale, sono assente dall'attuale lavoro. Pigro, indolente, infastidito: passivo in una sola parola. Mi pesa l'ambiente, trovo insopportabili i colleghi che certo non hanno mai brillato per giovialità, vorrei tanto sbattergli in faccia lo "scherzetto" che di lì a poco andrò ad attuare. Di lì a poco?

Il telefono squilla, mentre sto per iniziare la cena. E' lui. Dopo l'incontro programmato, mi parla di un altro piccolo passo che è stato compiuto. Questo può bastare. Altri dettagli da discutere in seguito. Sempre questione di giorni. Anche se sono ormai trascorse tre settimane da quel pomeriggio nebbioso in cui sembravano irrompere i raggi del sole.

Tutto rinviato, insomma e così quelle lettere di dimissioni, in cinque modelli, che avevo scaricato dalla rete, restano nella chiavetta. Ancora non posso stampare niente. Fino a quando ogni cosa diventa accelerata e forse pure illuminata.

Incrocio Tommaso mentre sto andando in edicola. Mi informa che siamo entrati nella fase operativa. Sarebbe stato inutile telefonarmi per aggiungere solo qualche dettaglio in più. Convengo che è giusto (penso che invece anche un solo dettaglio mi avrebbe fatto piacere e rassicurato). C'è però una frase che evidenzio mentalmente: “Ti avvertirò quando potrai presentare le dimissioni”. E me la ripeto più volte per convincermi che è esattamente così.

Le perplessità sono state fugate – elaboro - ormai è davvero questione di giorni anche se il mese di gennaio sta finendo. Quel mese in cui poteva iniziare la rivoluzione. E mentre si susseguono scenari nella testa, mentre mi chiedo quale tipo di lettera sceglierò di consegnare nei modi e nei tempi previsti, con la soddisfazione di usare la stampante aziendale per congedarmi (certe cose non hanno prezzo), ecco arrivare quello che non ti aspetti. La convocazione del responsabile di funzione e la proposta di cambiare reparto.

Non chiedo neppure tempo per pensarci e manifesto tutta la mia convinta e aperta disponibilità. Il cambiamento, in realtà, più che ad una promozione assomiglia ad un declassamento delle funzioni, ma è accompagnato da un particolare per nulla trascurabile: il ritorno al tempo pieno.

Ecco dunque fissarsi una situazione curiosa: mentre io sto per cambiare lavoro, vengo scelto per una diversa mansione aziendale destinata - spero – ad esaurirsi prima ancora che abbia fraternizzato con i nuovi colleghi e familiarizzato con la nuova attività. “Accetta, accetta” – m'incoraggia l'unico collega che ha raccolto le mie confidenze – fosse anche per un solo giorno, poi te ne andrai senza alcun rammarico”.

E con questo stato d'animo mi approssimo alla settimana che potrebbe rivelarsi determinante per una svolta, la prima della serie.

5 commenti:

  1. Allora in bocca al lupo! :)))

    Tienici informati eh, che adesso siamo in molti ad attendere....

    Buon sabato :))

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  2. incrociamo le dita con te.

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  3. sono già pronta con le congratulazioni..ecchè si sbrigasse tommaso.serena notte con sogni stellari :))

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  4. Sei intelligente, molto. E saggio. Saprai scegliere senza rimpianti la strada giusta per te. Non sarai mai solo.

    Ross

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  5. astime, che possa crepare! Naturalmente sarete aggiornati, nella speranza che decadano tanti condizionali. Grazie :-)

    Buona settimana a te :-))))

    alenic59, spero che non s'intorpidiscano, tieni duro anche tu. Grazie

    zialaura, il telefono è in fibrillazione da giorni. La telefonata, che deve arrivare, sarà liberatoria. Grazie

    Serena settimana a te :-))

    Ross, le tue affettuose parole s'incidono nel mio animo. Ti sono grato per la sensibilità. E poi se ci siete voi certo che non sarò solo neppure nella blogosfera.

    Ti ringrazio molto per l'apprezzamento.

    E un abbraccio collettivo. Grazie.

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