lunedì 18 febbraio 2008

Lavoro in corso


Comincio a capire cosa sia il “mobbing” e quanto sfuggenti e indefiniti siano i suoi confini. Ho avuto una crisi personale nel primo pomeriggio, quando la prospettiva di dover trascorrere tante altre giornate come quella odierna mi stava annichilendo, annientando ogni mia risorsa.

L’uovo dell’ultimo titolo è totalmente immangiabile, l’ambiente di lavoro in avanzata decomposizione, la putrescenza si è impadronita di ogni angolo che rimanda miasmi irrespirabili. È a livello mentale il principale disagio, incapsulato in una realtà che non mi appartiene più, prigioniero senza vie d’uscita se non esistesse questo pulcino che, peraltro, domani sera saprò se potrà diventare - come desidera - un pulcinotto.

alenic59 li definisce due macigni chè poi in effetti sono tali. Il primo però è una realtà opprimente, simile ad una sanguisuga si appresta a succhiare energie vitali, il secondo potrebbe diventare pesante se le parole non si trasformassero in promesse per culminare nella certezza. Il pulcino, sempre per amor di metafora, raggiungerebbe così la mamma per vivere felice  e contento accanto a lei. zialaura, che rassicuro, perchè la mia firma c’è già da alcuni giorni (e come poteva mancare?), fa il tifo per me, auspica che la valigia sia pronta, ma molto realisticamente preannuncia che solo a posteriori si potrà sapere se la scelta sia stata giusta o meno. Purtroppo vanno così le cose. Mentre la cara fioredicampo sottolinea come “il lungo termine” sia da preferire all’’immediato.

In verità è ormai annullata l’incertezza su cosa preferire, dove orientarsi. Perché quando percepisci prima (e sai dopo) che il passaggio di reparto non equivale ad un’opportunità che viene offerta da chi crede in te e vuol promuovere una crescita professionale, che il tempo pieno che riscatta il modesto orario settimanale, conseguenza di una crisi aziendale poco assorbita, non rappresenta un segnale positivo della ditta che può sopportare questo costo, ma tutto, molto più semplicemente, accade per una serie di sostituzioni resesi necessarie a causa del contratto scaduto di una dipendente. E che a te non è stata presentata una proposta da lasciare alla personale valutazione, quanto la notifica di ciò che era tutto deciso. E negare oppure attendere, prendere tempo e, magari, rinunciare sarebbe equivalso ad un (falsamente) sconsolato allargare le braccia per ammettere che ce l’avevano messa tutta, che in quel reparto insomma dovevo proprio andarci, altrimenti come giustificare la presenza in un settore dove si erano prosciugate poco per volta tutte le attività compatibili con la mia qualifica? Poi non ci sarebbe stato altro da fare che indicarmi la porta, quasi suggerendomi il passo da compiere. E se, infine, il collega che sostituisco lavorava a tempo pieno non poteva che trattarsi di riempire quel vuoto. Nessuna concessione o “buonismo”.

Qui è necessaria una precisazione. Alla fine di settembre sono stato reintegrato, dopo un anno e mezzo di cassa integrazione, ma a condizioni ben precise: prendere o lasciare. Accettare 21 ore settimanali (che poi ho potuto contrattare a 25) oppure intrupparmi tra i dipendenti in mobilità. Perché – mi veniva spiegato con schiettezza – in azienda non avevo più prospettive (perchè neppure l'azienda ne ha e sopravvive. Ho ricevuto il 15 scorso lo stipendio di gennaio) e altro non avrei potuto chiedere. Che era già una sorta di sipario che stava calando:fine delle rappresentazioni.

Per domani pomeriggio, a orario avanzato, ho chiesto a Tommaso un incontro per ricavare certezze guardandolo in faccia, perché il telefono maschera gli stati d’animo, alterandoli e rendendoli, soprattutto nelle occasioni che contano, posticci. Io ho già scelto – come si sarà capito – la gallina, però voglio capire se la gallina abbia scelto me, se si faccia raggiungere (come da labirinto dell’immagine precedente) oppure si nasconda ancora, approfittandone per allontanarsi creando così una distanza incolmabile.

Ho bisogno di sapere (e dovrò saperlo) se una proposta scaturita di getto, potrà divenire a breve concreta, senza infingimenti, senza perplessità, senza “se” e senza “ma”. Perché, al di là di ogni cosa, i tempi sono davvero maturi e il prossimo mese risulterà quello decisivo. Un marzo di svolta oppure no. A me è richiesto di resistere, di stringere i denti in un ambiente che ormai mi è estraneo, dopo che è stata fatta terra bruciata attorno costringendomi ad arretrare, a limitare il raggio di azione, a dover raccogliere le briciole e alla fine neppure più quelle.

Il ritorno a casa, quando per fortuna con le sempre più lunghe giornate c’è ancora luce sufficiente a contrastare uno scenario mentale allucinante, è stato persino euforizzante pur nella solitudine che mi accoglie. C’era vita perché c’ero ancora io. L’acqua fredda gettata sul viso ha prodotto un senso di pace, rinfrescandomi e purificandomi. Ho acceso i termosifoni, mentre succhiavo alcuni scacchetti di cioccolato, ascoltando un po’ di musica. Ritrovavo la mia tastiera (quella adoperata al lavoro ha molte lettere indistinguibili per la sporcizia) e anche un po’ di sollievo. Una telefonata mi acquietava, facendomi rimpiangere la distanza. E poi è stata subito sera.

6 commenti:

  1. Aspettiamo gli eventi, allora: sperando che il fiammifero acceso alimenti un fuoco in un caminetto, anzichè essere usato sui tuoi abiti zuppi di benzina.

    Coraggio, fratello!

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  2. cosa si puo' fare per tifare piu' di quello che gia' sto facendo ?

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  3. ..e nel frattenpo consolati con le telefonate anche se da lontano,vicine.volare basso aiuta.anche se nel tuo caso non mi sembra puoi così basso...notte :)

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  4. zialaura, certo a consolarmi ci sono le telefonate e il senso dell'attesa fiduciosa. Poi anche la tua, la vostra, di attesa. Speriamo bene.

    Buona settimana :-)

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  5. sviluppi?? non lasciarci senza info e a presto con buone notizie :))

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  6. zialaura, dovrebbe essere decisiva la settimana che si apre domani, lunedì 3 marzo. Saprai, saprete. Grazie per l'interessamento.:-))

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