La mattina di Sabato 2 agosto 1980 qualcuno lasciò una valigetta stipata di esplosivo nella sala d’attesa di seconda classe della stazione di Bologna. Di quella strage che ha causato 85 morti e 200 feriti sono rimasti soprattutto due simboli. L’orologio fermo alle 10.25, momento dell’esplosione, e l’autobus numero 37, quello che si occupò del trasporto dei cadaveri alle camere mortuarie. Per sedici ore alla guida di quell’improvvisato carro funebre vi fu Agide Melloni, classe 1949, autista Atc.
«Per anni non ho parlato di quell’episodio – racconta Melloni – avevo visto cose terribili e non amo il protagonismo. Solo di recente ho accettato di raccontare quella giornata, l’ho fatto perché mi sono accorto che stava scomparendo la memoria di quello che era accaduto quel terribile 2 agosto. D’altra parte chi oggi ha vent’anni non era ancora nato il giorno della strage. Ora è necessario che, chi è stato testimone di quei fatti, li trasmetta alle nuove generazioni».
La mattina del 2 agosto 1980 Agide Melloni si trovava a qualche centinaio di metri dal luogo della strage ed era in procinto di entrare in servizio.
«Stavo incamminandomi con un collega verso la stazione, perché lì avrei iniziato il mio turno, quando sentimmo un botto violentissimo. Pochi minuti dopo fermammo un autobus per chiedere cosa era successo e ci venne detto che era saltata per aria la stazione. Accelerammo il passo e, una volta giunti in stazione, ci si parò davanti il terribile scenario che potete immaginare. Come tutti quelli che si trovavano nel piazzale cercammo subito di aiutare i feriti e di prestare i primi soccorsi. Un collega, Guglielmo Bonfiglioli, decise di fare un primo viaggio con un autobus, per l’appunto il 37, caricando alcuni feriti per portarli all’ospedale Maggiore».
Mentre il 37 andava e tornava dall’ospedale, la drammaticità della situazione emerse in tutta la sua proporzione: i feriti erano centinaia e le vittime alcune decine. Era una caldissima giornata d’agosto e bisognava trasportare le salme il prima possibile verso le camere mortuarie.
«Una volta tornato Bonfiglioli, decidemmo quindi di utilizzare l’autobus per trasportare i cadaveri per lasciare tutte le ambulanze disponibili per i feriti. Togliemmo i mancorrenti (le sbarre a cui ci si aggrappa per salire) dalle porte per permettere ai corpi di passare ed io mi misi alla guida. Erano circa le undici di mattina, fino al pomeriggio trasportai le salme alla camera mortuaria di via Irnerio poi, quando non ci fu più posto, ci dirigemmo verso gli obitori degli ospedali. Restai alla guida fino alle tre di notte, con me a bordo salirono a turno, vigili o poliziotti, mentre l’autobus viaggiava scortato davanti e dietro da polizia e carabinieri».
Mentre Melloni proseguiva il suo viaggio tutt’intorno un’intera città dava una mano per i soccorsi, i volontari aiutavano i militari a scavare tra le macerie, negli ospedali si formavano code per donare sangue, si formavano servizi d’ordine per dirigere il traffico, si organizzava la distribuzione dell’acqua in qualche modo tutti cercarono di essere d’aiuto.
«Fu una cosa straordinaria – ricorda Melloni con la voce rotta dall’emozione – si sono innescati meccanismi di solidarietà impensabili. Tutti sembravano sapere come comportarsi, i bolognesi in quell’occasione diedero una lezione di vita importantissima».
Proprio di quella straordinaria generosità è simbolo il 37, quell’autobus rosso e giallo con le lenzuola fissate ai finestrini.
«Continuai a lavorare fino alle tre di notte – conclude Melloni - nonostante la stanchezza e nonostante avessi saputo che nella strage era morto Mario Sica, il responsabile del servizio personale dell’Atc, un «avversario», per me che ero un sindacalista. Una persona con cui avevo costruito un ottimo rapporto nonostante la divergenza di opinioni e che fui onorato di guidare in quel suo ultimo viaggio sul 37»
da "Sabato sera" del 3 agosto 2002
La foto è tratta dall'archivio dello stesso sito
http://www.cedost.it/news/2ago/scheda.htm
la gente da sempre lezioni di solidarietà incredibili...e a volte mi dico :"la gente siamo noi...la stessa gente che fa cose terribili"...è questa la cosa difficile da capire..
RispondiEliminati abbraccio
Maria
Sai Frank...quando leggo quella data "2 agosto 1980"...mi vengono ancora i brividi...avrei dovuto essere su quel treno...ma all'ultimo momento sono partita in macchina.
RispondiEliminaQuella fu una delle tante stragi di cui non ci dimenticheremo mai.
Buona serata.
Lady A.
MARIA, è verissimo ciò che affermi. Noi stessi facciamo parte della gente, siamo la gente ed è la gente stessa a rendersi incomprensibile a causa della contraddizione che intelligentemente rilevi. L’aspetto migliore delle persone emerge a contrastare proprio quello luciferino di certune. Ed è questa solidarietà tra quelle cose che, pur nell’immenso dolore per una tragedia, contribuiscono a non fermare mai la speranza.
RispondiEliminaTi abbraccio
LADY A. e adesso i brividi postumi vengono a me che mi ritrovo a pensare a come ti sia sentita quel giorno e poi dopo e ad ogni ricorrenza. Quale turbinio di sensazioni produce il 2 agosto di ogni anno. Il labile confine che separa la vita dalla morte in certe circostanze è talmente impalpabile da porre interrogativi a getto continuo. E se all’ultimo momento non avessi cambiato idea? Se non avessi modificato i piani di viaggio?
Quante volte te lo sarai chiesto, quanto tormento, anche, immagino. Per questo, per la casualità assoluta che determina il corso dell’esistenza, quando chiunque può trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, che la memoria di tante, troppe stragi, non potrà addormentarsi.
Buona serata, o giornata, anche a te.