Se ne parlava da giorni ovunque e ad essere elettrizzati non eravamo soltanto noi ragazzi, ma pure gli adulti sembravano esser tornati alla fase della spensieratezza. Anche per loro sarebbe stata la prima volta e di colpo, senza esserne consapevoli, le barriere generazionali parevano dissolte, come liquefatte da quelle calde giornate estive.
La frenesia riempiva l’aria e non di rado, nelle sere di luna piena, mi ritrovavo col naso all’insù stregato io, come tanti, credo tutti, dall’evento di cui saremmo stati spettatori e, me ne rendo conto dopo quarant’anni, anche preziosi testimoni. Detentori di un primato epocale, baciati dalla buona sorte di essere chiamati in seguito a raccontare. Un privilegio unico.
Stavamo vivendo la storia con la soave leggerezza che l’età permetteva. E tutto aveva nuove sembianze.
Quella prima no stop televisiva, per esempio, che le immagini lattiginose di quello struggente bianco e nero rimandano con un tuffo al cuore, costituiva la novità assoluta. Significava poter stare davanti alla televisione senza sentir rimbrotti, rivoluzionando l’orario canonico della tv dei ragazzi e di Carosello, debordando in zone altrimenti “proibite“. Si poteva (e doveva) restare davanti allo schermo che nelle ore successive avrebbe regalato visioni indimenticabili.
Gli studi Rai attrezzati con il meglio che l’epoca garantiva, la magia dei collegamenti, le voci dallo spazio e dalla gigantesca struttura della Nasa, con più monitor che uomini. L’inglese tradotto in simultanea (che tenerezza quelle cabine che l’ottima puntata, ier l’altro di “Blob”, ha rivelato). Tito Stagno: il simbolo delle missioni spaziali. Ruggero Orlando: la voce amica. Apollo 11: la parola magica e onnipresente.
La lunghissima giornata televisiva non poteva però restare circoscritta agli studi Rai e così allestirono un programma propedeutico con documentari e film di genere. Giulio Verne, lo scrittore profetico, un regalo per bambini e ragazzi.
Ci nutrimmo di televisione, soffocando l’impazienza che ci stava pervadendo e contrastando l’ansia e l’eccitazione che stavano emulsionandosi. I minuti che separavano dal primo miracolo (e riproposti domenica sera) sono stati ancora in grado di emozionarmi. Ma l’allunaggio non fu certo sufficiente a placare l’insofferenza, anche se la visione innaturale di un veicolo spaziale, appoggiato sulla superficie del satellite, concretizzava molte fantasie.
È il secondo miracolo che si attendeva, perciò andai a letto a malincuore, ma necessariamente, dopo aver ottenuto la promessa (che era pure una garanzia) di essere svegliato quando stava per realizzarsi quel secondo miracolo.
Fu mia madre a scuotermi dal sopore, come solo le madri sanno fare, in un’ora assolutamente insolita per me. Balzai giù dal letto e in cucina ritrovai la televisione accesa e tutti svegli, come se in quella casa – come in tutte le case del mondo – non ci fosse stato spazio per il sonno, quella notte. E ciò che era un sogno ad occhi aperti, stava per diventare realtà.
che tenerezza in queste tue parole
RispondiEliminautente anonimo#1, grazie! Ma è molto tenero anche il tuo complimento:-)
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