domenica 21 giugno 2009

"Non donna di provincie, ma bordello!"










Il papi contestato a Cinisello Balsamo il 19 giugno 2008


 


Era chiaro fin dall’inizio che il quorum sui referenda sarebbe stato irraggiungibile, visto che è poco faticoso e più gratificante invitare all’astensione, piuttosto che confutare i fautori dell’abrogazione delle norme sottoposte al giudizio popolare. Per questo motivo è sacrosanta la proposta dell’amico Antonio che invita a firmare una petizione  in cui si chiede il raddoppio delle firme necessarie a promuovere un referendum e, nel contempo, l’abolizione del quorum.


Chi scrive è ovviamente andato a votare esprimendo due no (schede 1 e 2) e un sì (scheda 3).


Ma che siano referenda o elezioni è sempre il popolo protagonista, nel male da un po’ di tempo a questa parte. Per tale motivo ritengo molto interessanti le riflessioni di Umberto Galimberti, sotto forma di risposta ad un lettore, sulla doppia coscienza degli italiani che soprattutto una consultazione elettorale evidenzia nitidamente. Notare la data.


Ai versi del Poeta, invece, mi è capitato di pensare spesso nelle ultime settimane, osservando un’Italia che, lo si può ben dire, sta andando a puttane, anche se di alto bordo.





LA DOPPIA COSCIENZA DEGLI ITALIANI


Risponde Umberto Galimberti


 


“Ahi, serva Italia, di dolore ostello, /nave senza nocchiere in gran tempesta, /non donna di provincie, ma bordello!”. Dante, Purgatorio Canto VI.


 


Volevo farle alcune domande che mi frullano per la testa.

Perché
lo, iscritto ai Ds, ho tanta fiducia In Prodi e così poca in D’Alema?

Perché il Pd nasce
già sbilenco? lo ci ripongo (riponevo?) grosse speranze. Perché gli amministratori di sinistra tengono così tanto alle cariche? E sempre stato così?

Perché le ingiustizie non fanno arrabbiare più nessuno? Perché non vengono valorizzate nuove risorse e potenzialità? Perché i politici fanno quello che conviene e non fanno quello che è giusto? E infine, perché siamo così ottusi, imbarazzanti, autolesionisti? Eppure siamo migliori della destra, specie quella Italiana.


Mi perdoni l’amarezza.


 


1. Io sono un grande estimatore di Prodi, anche se so di appartenere a una sparuta schiera. Le ragioni sono molto semplici. Nel suo primo governo, Prodi, con Ciampi, ha portato l’Italia nell’euro. Senza questo ingresso oggi noi saremmo del tutto fuori dal mercato mondiale. Nel suo secondo governo, con Padoa Schioppa, ha risanato in un anno i conti pubblici come riconoscono gli organismi monetari internazionali e le agenzie di rating che, nel periodo del governo Berlusconi, avevano declassato l’Italia. E siccome le agenzie di rating condizionano investimenti e fiducia nei Paesi che classificano, il loro giudizio, piaccia o non piaccia, va tenuto in gran conto. Ma gli italiani, sempre più televisivi e sempre meno democratici, sempre più tifosi e sempre meno attenti agli assetti strutturali del loro Paese, preferiscono chi li incanta con le battute a chi lavora con dedizione e passione all’emancipazione della coscienza civile in questa nostra Italia che ha tre gravi malattie: la mafia con i suoi trecento miliardi di fatturato, l’evasione fiscale al 25 per cento e i costi elevati della politica che, come una piovra, moltiplica i suoi presidi a livello centrale, regionale, provinciale, commerciale fino all’ultimo comitato di quartiere. Essendo questi problemi strutturali non è possibile risolverli in un anno, e per questo si tenta di non dare lunga vita al governo Prodi.


2. D’Alema ha tolto l’anima alla sinistra e la passione ai suoi militanti. E siccome la politica, oltre al governo dei conflitti e alla conciliazione degli interessi contrapposti è anche gestione delle passioni che alimentano gli ideali e conferiscono identità e appartenenza, azzerare le passioni significa perdere il proprio popolo e farlo rifluire in quel disorientamento che lo rende astensionista in occasione del voto. Anche in politica estera non apprezzo D’Alema a partire dalla guerra del Kosovo. Privo com’è di una cultura storico-antropologica, forse il nostro ministro degli Esteri non sa, e se lo sa è peggio perché cinicamente finge di ignorarlo, che il Kosovo è l’equivalente del Vaticano per la religione ortodossa che, dalla Grecia a Istanbul, dalla Serbia a Mosca, coinvolge milioni di persone che si rifanno alla cultura cristiana fondata e diffusa da Cirillo e Metodio proprio a partire dal Kosovo. Consegnare agli albanesi di religione musulmana questo piccolo territorio dalle quattrocento basiliche bizantine, oggi ridotte a duecento dopo le distruzioni durante la guerra, significa allontanare ancora di più il cristianesimo ortodosso dal dialogo con l’Occidente.

3. Tornando ai problemi di casa nostra, il Partito democratico a mio parere non ha alcuna possibilità di successo. L’utopia di Prodi che l’ha pensato purtroppo non si realizzerà, perché è impossibile fondere l’intransigenza dell’anima cattolica con i valori della laicità che dovrebbero essere tutelati, difesi e affermati dalla componente diessina. Basta che qualche teodem, tipo Binetti o Fioroni, si metta di traverso per difendere, arroccati, le loro posizioni, che la componente diessina si arrende e si consegna a una soluzione democristiana, con la benedizione di Santa Romana Chiesa al cui riconoscimento, da Rutelli a Veltroni, tutti ambiscono.


4. La sinistra, composta da Rifondazione, Comunisti italiani, Verdi e Sinistra democratica di Mussi e Salvi, è divisa tra una cultura di governo e una cultura della testimonianza. Sono due culture inconciliabili, perché per governare occorre mediazione, mentre per testimoniare basta l’intransigenza della fede o dell’ideologia, anche giuste in ciò che rivendicano, ma inefficaci per affrontare i problemi con quella gradualità che ne consenta la soluzione.


5. La destra italiana, purtroppo, non fa la “destra”, ma si accontenta di alimentare quel fondo irrazionale che alberga in ciascuno di noi e che, quando trova un leader che con quattro slogan incanta, coagula in quell’antipolitica, non rivoluzionaria, ma semplicemente ribellistica, dove tendono a convergere tutti coloro che non pensano a soluzioni, ma si entusiasmano nel rifiuto dell’esistente e nella difesa dei loro interessi particolari, come bene spiega Freud là dove illustra la psicologia delle masse.


6. È dai tempi di Dante che ci trasciniamo questi vizi e questa inosservanza delle regole comuni e condivise. E ciò è dovuto a quella doppia coscienza a cui il cattolicesimo (e non il protestantesimo) ci ha educati, per cui dal pulpito ascoltiamo i precetti e le regole e nel confessionale ci vengono perdonate le trasgressioni e le deroghe. Finché la politica non si fa carico di queste basi e strutture antropologiche che caratterizzano noi italiani, difficilmente potrà governare con incisività, senza trascurare i problemi fino a quel punto di degrado dove nessuna soluzione apparirà più all’altezza. La sua amarezza è del tutto giustificata.


Donna di Repubblica (7 luglio 2007)

1 commento:

  1. Io non sentendomi Prodiano non posso dire molto al riguardo; resta il fatto dell'amarezza condivisa nel vedere che purtroppo oramai il giogo dei media "ipnotici" che forniscono la loro verità si é definitivamente realizzato e la moltitudine diegli Italiani non riesce a disfarsene anche se forse ora si muove qualcosa.

    Forse....



    Daniele il Rockpoeta

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